WILLIAM SIDNEY SMITH, AMMIRAGLIO ALL’OMBRA DI NELSON
di Massimo Iacopi –
Personaggio eccentrico e assetato di gloria, fu ingiustamente posto nell’oblio dal vincitore di Trafalgar. Ma Smith fu il vero incubo di Napoleone, che di lui disse: “Quest’uomo mi ha fatto mancare la mia fortuna”.
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A Thirst for Glory, “Una sete di gloria”. Così si intitola la bella biografia di William Sidney Smith, scritta da Tom Pocock e pubblicata nel 1996. Sir Sidney Smith (1674-1840) non è stato semplicemente un marinaio pieno di ambizione, conosciuto per le sue rocambolesche azioni, è stato anche, dopo la Campagna d’Egitto (1798-1801), il principale avversario di Napoleone Bonaparte, che ha tenuto in scacco a San Giovanni d’Acri, in Siria, e il grande rivale di Horatio Nelson, proprio nel momento in cui la popolarità del vincitore di Abukir (1° agosto 1798) iniziava a svilupparsi. Cosa rimane oggi del ricordo di questo marinaio? In Inghilterra, una statua in marmo all’entrata del Museo Marittimo di Greenwich e nulla più. Per mettere meglio in luce la sua figura, occorre evocare l’omaggio ufficiale reso dai marinai inglesi e francesi il 21 maggio 1999… nel cimitero monumentale Père-Lachaise di Parigi. In effetti, è proprio nella capitale francese che l’ammiraglio ha trascorso gli ultimi anni della sua vita e dove è morto, il 26 maggio 1840. I suoi eredi gli hanno dedicato un monumento importante con un bassorilievo in marmo tratto da un ritratto di David d’Angers.
Strano destino!
Questo singolare marinaio, che conosceva bene la Francia e dominava perfettamente la lingua francese, non godeva di una buona reputazione presso i Transalpini. Essa era legata all’occupazione di Tolone, nel 1793 e all’incendio della flotta francese rimasta nel porto. Smith all’epoca aveva diretto le operazioni. Questa immagine, per certi aspetti in penombra, l’accompagnerà lungo tutto il percorso della sua carriera. Ma proprio per questo motivo sorprende il fatto di vederlo stabilirsi in Francia dopo la Restaurazione. L’ammiraglio condusse a Parigi una vita sociale molto attiva, interessandosi di attività umanitarie, fondando, ad esempio, con l’approvazione del re Luigi Filippo, una Società Generale dei Naufragi.Tre fatti della sua vita meritano, comunque, le nostre attenzioni. Il primo è l’assedio di Tolone. Smith, ufficiale ventinovenne della Royal Navy, lascia la marina turca dove aveva servito come volontario, per raggiungere, su una nave acquistata a Smirne, la squadra dell’ammiraglio Sir Samuel Hood, che nel frattempo si era impadronito del porto di guerra francese su sollecitazione dei monarchici francesi. L’occupazione inglese avviene senza opposizione, ma scatena una forte reazione della Convenzione contro la “città infame”. La riconquista di Tolone sarà lunga e sanguinosa. Nel dicembre 1793 l’ammiraglio Hood, bombardato dall’artiglieria agli ordini di Napoleone Bonaparte, viene costretto a evacuare d’urgenza il porto e a distruggere numerosi magazzini. Più grave risulterà l’ordine di mettere a fuoco l’arsenale e le navi francesi alla fonda nella rada. Smith avrebbe avuto da Hood l’ordine di attivare l’incendio; un lavoro che porterà a termine con coscienza e meticolosità. Il bilancio è spaventoso e si conclude con la distruzione di 10 vascelli di linea, 2 fregate e 2 corvette. Smith si sarebbe poi lamentato di non aver avuto tempo a sufficienza per fare meglio!Divenuto celebre, verrà salutato a Londra come l’autore “del più glorioso avvenimento di questa campagna”. Ma il sinistro compito al quale Sidney Smith si era dedicato con zelo nella notte dal 17 al 18 dicembre 1793 gli verrà sempre rimproverato dai francesi.
Prigioniero a Parigi
Il secondo aspetto della vita di Sidney Smith è degno di un romanzo d’avventura. Dopo Tolone, Smith viene impiegato in missioni di spionaggio, in special modo sulle coste della Manica. A bordo della fregata Diamond tenta di agganciare e di rimorchiare il battello corsaro Vengeur, che rientrava nel porto di Havre. Un marinaio francese però riesce a tagliare il cavo; una all’inseguimento l’altra, le navi vanno alla deriva per effetto della marea. A quel punto, diversi battelli leggeri francesi riescono ad avvicinare la fregata inglese, in difficoltà, che viene presa. La cattura del commodoro inglese suscita una grande eco. Il giornale Moniteur del 4 floreale dell’anno IV (23 aprile 1796) riporta l’avvenimento: “Finalmente abbiano nelle nostre mani Sidney Smith, l’incendiario inglese che ha bruciato i nostri vascelli a Tolone, lo stesso che ha tentato, qualche tempo fa, di mettere a fuoco ai magazzini e le strutture di Le Havre; colui, che, in poche parole, aveva promesso e giurato a William Pitt di trasformare tutti i nostri porti e la nostra marina in un cumulo di ceneri”. Smith, prigioniero, viene messo in prigione a Parigi nella torre del Tempio, dove qualche tempo prima era stata rinchiusa la famiglia reale. Il governo francese rifiuta tutte le proposte britanniche di scambio di prigionieri e Sidney Smith rimane due anni dietro le sbarre prima di evadere in modo rocambolesco. L’agente monarchico Antoine Le Picard de Phelippeaux, rientrato dall’emigrazione e vecchio compagno di studi di Napoleone nella Scuola Militare di Parigi, riesce, con l’aiuto di diversi complici, a far evadere il commodoro dalla sua residenza coatta, proprio qualche giorno prima della partenza della spedizione in Egitto. L’agente utilizza un falso ordine con intestazione e firma di George René Pleville Le Pelley, ministro della Marina, nel quale si comanda il trasporto del prigioniero a Fontainebleau. L’evasione riesce e i due arrivano prima a Rouen e quindi a Le Havre, da dove, con un battello da pesca, riescono a raggiungere la fregata inglese Argo.
A Londra viene riservata un’accoglienza entusiasta a Sidney Smith, che farà attribuire a Phelippeaux il grado di colonnello. Entrambi partono, poi, per San Giovanni d’Acri, piazzaforte turca assediata da Bonaparte dal 20 gennaio al 21 marzo 1799.
San Giovanni d’Acri e Sudamerica
La città palestinese possiede solide mura, difese dalle forze turche dell’emiro Ahmed al Djazzar Pasha. Gli Inglesi preferiscono appoggiare la guarnigione di San Giovanni d’Acri: per la parte terrestre il compito è affidato a Philippeaux, mentre la difesa navale viene affidata allo Smith, che dispone di due vascelli, di una fregata e di una decina di avvisi. L’ammiraglio francese Jean Baptiste Perrée, riesce comunque a catturare tutte le navi turche che cercano di entrare in porto, sfuggendo allo stesso tempo alla squadra di Smith. Nonostante questi aspetti positivi per l’esercito francese, le forze inglesi e turche, riunite nella piazzaforte, continuano la loro resistenza.
Dopo 60 giorni di assedio Bonaparte è costretto a ritirarsi e rientra al Cairo con un esercito decimato dalla peste e spossato dall’attraversamento del deserto.
Le considerazioni di Napoleone tratte dal Memoriale di Sant’Elena sul fallimento a San Giovanni d’Acri, senza il quale “la faccia del mondo avrebbe potuto cambiare”, hanno contribuito alla gloria di Sidney Smith. Questi in effetti, si presenta come il vincitore di Napoleone, mentre, nei fatti, pur se pericoloso e tenace, è stato solo uno degli avversari di Napoleone. Da questa resistenza e dalla ritirata dei Francesi Smith trae molta sicurezza e fierezza, ipotizzando persino di condurre un’operazione su Alessandria, ma la sua condotta verrà censurata per aver oltrepassato le decisioni del governo inglese. Egli scopre, soprattutto, che deve condividere l’ammirazione del pubblico con il vero eroe del momento, Horatio Nelson, appena aureolato dalle vittorie di Abukir (1798) e Copenhagen (1801). Tutti e due ricevono un omaggio nazionale in occasione di un grande banchetto il 2 giugno 1802 a Londra, ma Nelson sorpasserà di gran lunga in popolarità Sidney Smith, che appare agli occhi dell’establishment una personalità superficiale ed egocentrica. Nelson, per contro, viene ammirato soprattutto per il suo coraggio e la sua umanità.
Da quel momento Sidney Smith non avrà più l’occasione di esibirsi in azioni spettacolari. Continuerà, tuttavia, a servire il suo paese, prima come rappresentante di Rochester alla Camera dei Comuni e quindi in missioni marittime.
Fra queste vale la pena di ricordarne almeno due: la prima, che si svolge nella primavera del 1807 e che viene denominata “l’affare dei Dardanelli”. La squadra inglese viene inviata in questa zona per minacciare il sultano Selim III, che si è appena alleato alla Francia; la forza navale inglese è agli ordini dell’ammiraglio John Thomas Duckworth, con Sidney Smith come assistente e consigliere. La campagna, in cui, per gelosia di Duckworth, lo Smith avrà un ruolo secondario, si concluderà nell’estate del 1807 con una coraggiosa ritirata della flotta inglese da Costantinopoli attraverso i Dardanelli, sotto il fuoco nemico.
La seconda missione si svolge nel novembre dello stesso anno: essa consentirà al principe reggente e alla famiglia reale portoghese (spodestata da Napoleone) di raggiungere il Brasile. Smith, di fatto, organizzerà anche la fuga della flotta portoghese verso Rio de Janeiro, all’epoca colonia portoghese. Egli, contrariamente agli ordini ricevuti, aveva progettato anche un attacco alle colonie spagnole in Sudamerica con il concorso della flotta portoghese, ma prima di poter attuare il suo piano verrà richiamato in patria. Qui riceve grandi acclamazioni popolari per le sue azioni e verrà trattato come un eroe, ma il governo continuerà a sospettare di lui non riconoscendogli alcuna onorificenza ufficiale. Questa operazione costituisce una delle ultime grandi missioni all’estero di Sidney Smith.
Dal Mediterraneo a Parigi
Nominato contrammiraglio nel 1805, Smith era stato nuovamente inviato nel Mediterraneo sotto il comando dell’ammiraglio Cuthbert Collingwood, che aveva assunto la carica di comandante in capo della flotta del Mediterraneo a seguito della morte di Nelson a Trafalgar. Anche in questa occasione i ripetuti dissidi con il comandante in capo gli procureranno l’esonero dal comando della forza navale da sbarco e la sua sostituzione con il generale John Moore. Il 31 luglio del 1810 consegue la promozione a Vice Ammiraglio, ma non riuscirà più a ottenere i grandi comandi nei quali aveva sperato. Ne proverà una grande delusione, perché continuerà, anche tardivamente, a sollecitare l’Ammiragliato con richieste per ottenere un comando in mare e riprendere servizio. Tentativi che, però, non avranno esito.
Infine, nel luglio del 1812 è inviato ancora una volta in missione nel Mediterraneo a bordo della sua nuova nave ammiraglia da 74 cannoni, Tremendous, come comandante in seconda del viceammiraglio, Edward Pellew, visconte di Exmouth. Il suo compito era quello di bloccare il porto di Tolone e per questo egli si trasferisce su una nave più potente, il vascello di prima classe da 110 cannoni Hibernia. Il blocco sarà lungo e noioso, poiché i Francesi non faranno alcun tentativo per affrontare la flotta inglese.
La delusione per non aver ricevuto un comando adeguato alla sua altezza, è forse il motivo che lo induce a stabilirsi definitivamente in Francia dopo il congedo. Al momento della Restaurazione Smith si lancia ancora in azioni umanitarie e interviene per la liberazione degli Europei tenuti in schiavitù negli stati barbareschi. La sua azione troverà un’importante risonanza pubblica, a seguito dei buoni risultati della spedizione condotta contro Algeri dall’ammiraglio Edward Pellew: nel 1816 verranno infatti liberati un migliaio di prigionieri cristiani. Dopo la morte, nel 1826, della moglie Carolina Rumbold (sposata nell’ottobre 1810 e vedova di un diplomatico e agente dello spionaggio, Sir George Rumbold, con il quale aveva collaborato), Sidney Smith continua a condurre una vita sociale attiva, essendosi ben adattato alla vita in Francia e a Parigi. Colpito da una paralisi totale, muore il 26 maggio 1840 all’età di 76 anni. Le sue esequie vengono organizzate con molta pompa da un suo nipote, il capitano William Smith, che sembra essere il solo membro della famiglia con il quale l’ammiraglio era rimasto in contatto.
Sir Sidney Smith può essere ricordato come un personaggio importante, un po’ eccentrico, che ha operato in un periodo storico turbolento, un eroe assetato di gloria e di ambizione, i cui successi in Medio Oriente sembrano, per certi aspetti annunciare quelli futuri di Lawrence d’Arabia.
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Per saperne di più
Pocock Tom, A Thirst for Glory: the Life of Admiral Sir Sidney Smith, London, Aurum, 1996.