UN MONSIGNORE DURANTE L’OCCUPAZIONE TEDESCA A ROMA

di Pier Luigi Guiducci -

Tra il 1943 e il 1944 Luigi Traglia – sostituto del cardinale vicario Marchetti Selvaggiani – seguì con attenzione le iniziative dirette a nascondere cittadini italiani di religione ebraica e altri ricercati dalle autorità germaniche.

 

Negli anni del secondo conflitto mondiale numerose persone agirono a favore delle popolazioni colpite dagli effetti bellici e dalle persecuzioni del tempo (in particolare gli Ebrei). La gran parte di questi “Giusti”, nel dopoguerra, non vollero ricevere encomi e mantennero un silenzio sulle opere umanitarie compiute. Tra loro, a Roma, emerge anche la figura del cardinale Luigi Traglia.[1] Nel periodo 1943-1944 era vice gerente nell’Urbe, e sostituiva di fatto il cardinale vicario Marchetti Selvaggiani[2] condizionato da problemi di salute.[3] In questo saggio sono ricordate alcune sue azioni significative.

1938. La predica di mons. Traglia a Pietralata

Nel 2005, in occasione della presentazione del libro di Marco Politi dal titolo Il ritorno di Dio[4], il senatore a vita Giulio Andreotti[5] volle raccontare dei fatti significativi che riguardavano il 1938. Si riporta una sintesi del suo intervento.
“Era il 1938. Allora, noi giovani universitari, come conferenza di San Vincenzo, andavamo a Pietralata. Quando ci furono le cresime invitarono anche mons. Traglia, che non era ancora cardinale, e che fece un discorsetto dalla pedagogia straordinaria. Disse: “Ragazzi, io devo approfittare di questa occasione per parlare ai grandi, perché voi in chiesa ancora ci venite, ma loro, se non gli parlo in un’occasione come questa, o a un funerale, chi li vede mai?”.
E poi, lui che aveva due lauree, una grande cultura teologica, ma che sapeva avere una comunicativa unica, raccontò un episodio: “Quando stavo entrando in chiesa, uno m’ha detto: Monsigno’, lei parla bene, ma so’ duemila anni che c’è il cristianesimo e tanta gente è ancora cattiva! Sapete che gli ho risposto? Pure il sapone c’è da tanto tempo e c’è ancora chi è zozzo. Ma mica è colpa del sapone, è colpa sua!”.[6]

Giugno 1940. Traglia e la tutela degli Istituti religiosi

Il Diario della casa generalizia delle Orsoline dell’Unione Romana è una fonte utile per conoscere un dato. Nel giugno del 1940 la Nunziatura Apostolica d’Italia adottò delle misure di informazione sulle religiose straniere presenti a Roma e sulla proprietà degli immobili. L’iniziativa era collegata alla promessa del governo italiano di non importunare le comunità, purché restassero estranee alle questioni politiche e apparisse una superiora italiana davanti all’autorità (senza per questo sostituire la reale superiora interna), o almeno una consacrata con cittadinanza italiana[7]. L’elenco delle religiose soggette a nazioni in conflitto con l’Italia fu trasmesso al governo italiano e al card. Luigi Maglione[8], Segretario di Stato Vaticano. L’operazione fu ripetuta per i religiosi esteri, delle cui case nella capitale rimane un elenco nell’archivio storico del Vicariato[9]. Quest’ultimo documento era la risposta (datata 24 giugno 1940) alla richiesta di mons. Montini[10] al vicegerente Luigi Traglia.
Montini chiedeva di mandare l’elenco dei religiosi stranieri rimasti in Italia al Nunzio Apostolico mons. Francesco Borgongini Duca[11] allo scopo di proteggerli con un’opera di mediazione presso le autorità italiane. L’elenco comprendeva l’indicazione di undici nazionalità, con il nome degli istituti e l’indirizzo, in totale 48, con una accentuata prevalenza di francesi e spagnoli.

traglia

Traglia negli anni di guerra

19 luglio 1943. Bombardamento di San Lorenzo

Il 19 luglio del 1943 bombardieri alleati colpirono con effetti tragici il quartiere di San Lorenzo. Al riguardo, nell’Enciclopedia Treccani, si trova un riferimento. “(…)Negli anni della seconda guerra mondiale (Mons. Traglia) infuse conforto e forza morale nella popolazione. Dopo il bombardamento del quartiere San Lorenzo, il 19 luglio 1943, fu considerato tra i soccorritori più generosi”.[12]
Oltre a questa fonte ne esiste un’altra che proviene dall’archivio delle Suore Dorotee di Vicenza. Al riguardo, occorre ricordare che a Roma, nel quartiere San Lorenzo, queste religiose si occupavano di 200 bambini dell’asilo, 60 piccoli del nido, 50 ragazze del doposcuola, e prestavano servizio nella cucina del Circolo di San Pietro per chi versava in condizioni economiche disagiate. Il 19 luglio del 1943 le consacrate condussero i loro protetti in un rifugio. E nessuno venne colpito dalle bombe. Con riferimento a quest’ora così drammatica scrive – tra l’altro – suor Albarosa Ines Bassani: “(…) Il giorno seguente il Vice Reggente del Vaticano (sic) mons. Luigi Traglia, pregò le suore di non abbandonare la cucina del Circolo di San Pietro che dava da mangiare a migliaia di persone, così esse si organizzarono e riuscirono a dare da mangiare a più di tremila sfollati, con l’aiuto di sacerdoti e di soldati che venivano ad aiutarle in cucina; e questo tra un’ondata e l’altra di bombardamenti, senza acqua, luce e gas, e senza comunicazioni telefoniche”.[13]

8 settembre 1943. Traglia e la resa italiana

L’8 settembre del 1943 il capo del governo e maresciallo d’Italia Pietro Badoglio[14] annunciò alla radio che era stato firmato un “armistizio” (resa senza condizioni) con le Forze anglo-americane. L’evento era avvenuto a Cassibile il giorno 3 dello stesso mese. In molti pensarono alla fine della guerra, ma non fu così. In tale contesto, mons. Traglia ricevette, tra gli altri, anche due compiti delicati.
L’8 settembre, il vicegerente venne inviato dal card. Marchetti Selvaggiani a Frascati. La popolazione (poche migliaia di abitanti) aveva subìto per mezz’ora il bombardamento dei B-17 del 301° Gruppo della Dodicesima Air Force americana. Colpita la cattedrale, distrutto il seminario, interrotta la ferrovia, sospesa l’erogazione di luce elettrica e acqua, bloccati i telefoni. Oltre Traglia, arrivò anche il nunzio del Belgio, Clemente Micara[15], nativo di Frascati e, al momento, presente a Roma.[16]
Il 9 settembre mons. Traglia si recò in Questura per comprendere l’evolversi della situazione urbana. La realtà si rivelò critica. Il re era partito. Il governo aveva lasciato Roma. Comunque, pur nell’ora critica, nell’Urbe rimaneva un certo movimento. I tram erano in funzione. I negozi riaprivano.[17]

20 settembre 1943. Traglia e la questione del coprifuoco

Tra i problemi che mons. Traglia dovette affrontare ci fu anche quello di ottenere per i sacerdoti il permesso di circolare anche nelle ore soggette al coprifuoco. Prima dell’8 settembre 43, i bandi dell’autorità militare avevano autorizzato tale eccezione alla regola generale. Dopo l’8 settembre non ci fu un rinnovo del permesso. Da qui l’esigenza di trattative. Mons. Traglia, il 20 settembre del 1943, incontrò il generale Riccardo Maraffa.[18] Quest’ultimo lo rassicurò. Avrebbe impartito opportune istruzioni per assicurare ai parroci e ai loro cooperatori la libertà di circolazione durante il coprifuoco.[19]

1° ottobre 1943. Traglia e le Suore dei Sette Dolori

Già all’inizio dell’ottobre 1943 sono diverse le iniziative vaticane a tutela degli Ebrei perseguitati. Il 1° ottobre del 1943 Pio XII accordò a mons. Montini per vie brevi il permesso di far accogliere un ebreo e la sua famiglia presso le Suore Oblate Agostiniane di Santa Maria dei Sette Dolori (Trastevere). Montini annotò l’autorizzazione al margine del foglio di udienza[20]. In seguito venne coinvolto mons. Traglia per attivare i contatti con le religiose.

16 ottobre 1943. Rastrellamento degli Ebrei

Il 16 ottobre del 1943 avvenne a Roma un rastrellamento di Ebrei ad opera di formazioni tedesche.[21] Da Berlino fu inviato un esperto in deportazioni il capitano delle SS Theodor Dannecker.[22] Questo ufficiale, con il suo staff, organizzò la razzia con l’apporto delle forze germaniche presenti a Roma. Più di mille Ebrei vennero arrestati e confinati presso il Collegio Militare di via della Lungara. Dopo un breve periodo, furono trasportati nel lager di sterminio di Auschwitz. Proprio nella fase di provvisoria prigionia nell’Urbe, si attivarono una serie di tentativi per salvare gli Ebrei. Tale strategia non venne promossa in modo clamoroso perché i tedeschi erano armati, avevano bloccato accessi e comunicazioni, e perché pochi giorni prima erano stati deportati in Germania 1500 carabinieri (unica forza militare capace di contrastare i germanici). Trattandosi di iniziative non ufficiali, rimane oggi una scarsa documentazione. Ciò non consente di effettuare una puntuale ricostruzione delle azioni umanitarie intraprese. Malgrado ciò, dopo la morte del sacerdote Pancrazio Pfeiffer[23], che per la Santa Sede intercedeva a favore dei perseguitati presso i comandi militari, è stato trovato un biglietto ad uso pro memoria. Vi è scritto:Hauptsturmbannführer Danegger [sic] Collegio Militare. Dietro al piccolo pezzetto di carta è trascritto il nome del vicegerente del Vicariato mons. Luigi Traglia.
Questo documento rimane significativo perché attesta più realtà: 1] il Vicariato di Roma venne informato della razzia in corso; 2] il vescovo Traglia contattò il padre Pfeiffer per una richiesta di aiuto; 3] è probabile che il religioso non si recò presso il Collegio Militare (con Dannecker ogni contatto era inutile) ma presso un’alta autorità tedesca (quasi sicuramente il gen. Stahel che Pfeiffer conosceva bene perché erano stati anni prima compagni di scuola).

Dopo il 16 ottobre 1943. Mons. Raganella e mons.Traglia

Dalle ricerche effettuate risulta anche una storia significativa. L’ebreo romano Renato Astrologo[24], estratto sotto le macerie nel bombardamento di San Lorenzo, ebbe poi necessità di nascondersi per gli arresti di Ebrei. La sua famiglia, con la nonna Emma Piperno, il padre Giuseppe, la madre Valeria De Nola, i due fratelli maggiori (Angelo e Alberto) e la sorellina Fiorella trovò aiuto presso le Suore Cistercensi del monastero romano di Santa Susanna.
In un primo momento queste religiose accolsero le donne della famiglia (24.10.43).[25] Aprirono poi i loro ambienti (fine gennaio 1944) anche a Renato, al padre e ai fratelli maggiori. In quei mesi, gli Astrologo non si accorsero della presenza di altri fuggiaschi, ma in realtà le suore di Santa Susanna stavano nascondendo 42 persone.
Il contatto tra gli Astrologo e la madre superiora fu mediato da padre Libero Raganella.[26] Questo sacerdote ricordò che esisteva un ordine “dall’alto” per far aprire le porte della clausura. Tale precisazione non è marginale: un’operazione del genere, condotta in più Istituti, non sarebbe stata possibile senza un assenso di Pio XII. In tale contesto occorre pure evidenziare un ulteriore dato. Don Libero conosceva personalmente mons. Luigi Traglia, vicegerente del Vicariato di Roma. Ciò gli permise di esercitare una certa libertà di movimento.[27]

21 dicembre 1943. Irruzione nel Seminario Lombardo

Dopo il 16 ottobre del 1943 le forze di occupazione utilizzarono bande armate di italiani per ricercare quanti erano sfuggiti ai rastrellamenti del tempo. Il 24 dicembre, diversi miliziani irruppero nei locali del Pontificio Seminario Lombardo e in altri stabili religiosi (l’Orientale e il Russicum), violando l’extraterritorialità. L’operazione si concluse con diversi arresti. A questo punto mons. Traglia ricevette direttamente da Pio XII – per accentuare una protesta vaticana – l’ordine di non far celebrare la tradizionale messa di Natale della vigilia nelle chiese di Roma.[28] Furono avvisate diverse parrocchie. In seguito, però, il Pontefice rivide la decisione, anche per accogliere alcune istanze. In tale situazione, Traglia fu attivato nuovamente per far conoscere il mutamento deciso. Rimase comunque abolita la messa natalizia. A questo punto, il card. Luigi Maglione parlò con mons. Traglia specificando alcune linee di comportamento legate alle irruzioni di bande repubblichine. In pratica: era meglio indirizzare in altri ambienti chi aveva obblighi militari. Era pure necessario avvisare i molti rifugiati in edifici ecclesiastici dei pericoli incombenti.[29] Nel Seminario Lombardo rimasero pochi rifugiati. Restarono alcuni falsi chierici con i documenti in regola (firmati da mons. Traglia). E furono accolti anche due bambini ebrei.

30 dicembre 1943. Arresto di don Adolfo Petriconi

Mentre erano in azione le forze di occupazione, i repubblichini e le bande armate, avvenne pure un fatto. La sera del 30 dicembre 1943, per una delazione, tre persone munite di lanterne e giunte con un camion, fecero irruzione nei locali della parrocchia del Santissimo Redentore a Val Melaina. Fu arrestato il parroco, don Adolfo Petriconi[30], il suo vice, don Parisio Curzi, e la domestica Luisa. L’accusa fu di “favoreggiamento del nemico”. Petriconi, infatti, aveva nascosto in canonica, soggetti ricercati dai tedeschi e dai fascisti. La vicenda divenne critica. Il parroco fu detenuto per circa tre mesi in carcere. Subì due interrogatori. Alla fine, venne condannato a morte. Nel frattempo, per salvare la vita al sacerdote, si era mossa la Santa Sede e il Vicariato di Roma. Mons. Luigi Traglia seguì più strade. Quella che dette risultati fu legata all’azione di un certo Glautius, dipendente della Todt (Organizzazione tedesca che si occupava di costruzioni militari). La condanna a morte fu in seguito tramutata a dieci anni di carcere.[31]

Gennaio 1944. Interazione Traglia-Canonici Lateranensi

Dopo la razzia del 16.10.1943 gli Ebrei romani accentuarono le loro richieste di protezione. Queste vennero accolte seguendo strade diverse, a seconda dei casi da affrontare. Muovendosi con cautela, mons. Traglia si avvalse dell’aiuto di più interlocutori. Tra questi, si ricordano i Canonici Lateranensi.[32] Si ricordano al riguardo le figure di padre Giuseppe Ricciotti[33] e di padre Carlo Egger[34].

10 gennaio 1944. Il parroco della Trasfigurazione a Traglia

Mentre si cercava di salvare dalla morte anche i sacerdoti, fu necessario affrontare pure la questione di quei soggetti che il regime del tempo classificava come ‘sovversivi’ (fondamentalmente: antifascisti). Al riguardo, si conserva una lettera del parroco della chiesa della Trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo, Monteverde Nuovo. La missiva era indirizzata a mons. Luigi Traglia in appoggio alle istanze del muratore comunista Antonio Catani che voleva essere tolto dall’elenco dei sovversivi, conservato presso l’autorità fascista. In queste situazioni il Vicariato di Roma cercò sempre di distinguere la valutazione religiosa da quella politica. Traglia, quindi, interveniva solo sul piano ecclesiale.[35]

Febbraio 1944. Traglia e due donne ebree

Un altro fatto riconducibile a un’azione di mons. Traglia a favore degli Ebrei avvenne nel febbraio del 1944. In quel mese, il vicegerente chiese alla responsabile della ‘Casa delle Neofite’ di accogliere una donna ebrea con la figlia.[36] Le due donne trovarono protezione. 

Notte tra il 1° e il 2 marzo 1944. Bombardamento

Mons. Traglia conobbe gli effetti dirompenti del conflitto in corso anche molto da vicino. Nella notte tra il 1° e il 2 marzo 1944 un bombardamento colpì gli edifici della Santa Sede a ridosso del Gianicolo, e una zona del Vaticano (quattro appartamenti, tra cui quello di Marchetti Selvaggiani e Traglia).[37]

3 marzo 1944. Bombardato anche il Tiburtino

Il 3 marzo del 1944 uno dei bombardamenti alleati di quei giorni causò una strage anche nel quartiere Tiburtino. Una bomba da 500 libbre colpì il ricovero antiaereo in una casa al numero 364 della via Tiburtina, proprio accanto alla fabbrica ‘Fiorentini’[38]. Vi avevano cercato riparo 200 operai, il loro edificio non aveva un rifugio. Le squadre dei vigili del fuoco dovettero lavorare tre giorni per trovare ed estrarre le salme. Al termine di questo pietoso lavoro, sul marciapiede della Tiburtina c’erano 189 bare. Padre Francesco Maria da Pinerolo, parroco di San Lorenzo al Tiburtino, assistito da padre Lealy, benedisse le salme che in modo progressivo erano estratte.
Riguardo alle vittime di quel giorno non esiste un conteggio certo. L’unico dato ufficiale rimane quello del ministero dell’Interno della R.S.I., che – in accordo con il comando tedesco della piazza di Roma – comunica la cifra di 600 morti e 10.000 senza tetto. Il bombardamento del 3 marzo si verificò nel giorno in cui Papa Pacelli festeggiava il quinto anniversario del suo pontificato. Pio XII, date le circostanze, fece annullare la cerimonia nella Cappella Sistina. Nelle ore successive all’incursione alleata giunsero sul posto le autorità germaniche e monsignor Traglia.[39] Quest’ultimo, insieme al prof. Salvatore Salvatori[40], a mons. Pietro Ercole del Vicariato[41] e al principe don Enzo di Napoli Rampolla[42], interagì con i sacerdoti e con i soccorritori, e si impegnò a sostenere i provvedimenti di emergenza a tutela dei sopravvissuti.[43]

7 marzo 1944. Bombardata la Garbatella

Nella storia dei bombardamenti su Roma la gente ricorda soprattutto quello del 19 luglio 1943 che colpì il quartiere San Lorenzo. In tale occasione, fu lo stesso Pio XII (senza scorta) a recarsi nelle zone colpite e a interagire con il parroco dell’Immacolata[44] riguardo alle azioni umanitarie della Chiesa. Meno noto ai romani, ma non agli abitanti del quartiere della Garbatella, fu il bombardamento del 7 marzo 1944 che colpì l’area dell’Ostiense. Si voleva distruggere il polo ferroviario e quello industriale.[45]
Il lancio delle bombe, fu impreciso. Venne colpita non solo la via Ostiense, ma anche una parte della Garbatella. Sulla via Pellegrino Matteucci, subirono gravi danni palazzi e l’edificio della tipografia Luigi Salomone. La zona più colpita fu quella dell’attuale Circonvallazione Ostiense. La grande arteria che nel lontano 1944 era appena tracciata ma non ancora costruita. C’erano quattro grandi edifici dei cosiddetti ‘Alberghi’, la chiesa di Santa Galla, e il centro residenziale per anziani ‘Santa Galla’ (ospizio). In zona c’erano anche il convento delle monache benedettine di via della Moletta, le case dei ferrovieri di via Pigafetta e di via Girolamo Benzoni e, a ridosso della via Ostiense, alcuni palazzi di via Pellegrino Matteucci. Oltre a questi edifici, la zona era pure caratterizzata da acquitrini, canneti e dalla marrana dell’Acquataccio (si tratta del piccolo fiume Almone).
Riguardo al bombardamento del 7 marzo 1944 esistono testimonianze e documenti. Significative rimangono alcune pagine del Diario dell’allora parroco di Santa Galla: don Teocle Bianchi.[46]

7.3.1944. Dal Diario di don Teocle Bianchi

Don Bianchi annotò in un Diario, le esperienze vissute nell’Urbe dopo l’armistizio (resa senza condizioni) dell’8 settembre 1943. Scrisse anche con riferimento ai bombardamenti del marzo 1944.[47] Il Diario è oggi conservato nell’archivio della parrocchia di Santa Galla. Di questo documento si riporta qui di seguito un brano.
“(…) Più funesto fu il bombardamento del martedì successivo 7 marzo. Stavo per recarmi in città, quando verso le 10 suonò la sirena. Tutti corsero al ricovero. Mi ricordo che era affollatissimo quello del Lotto 41 (il cosiddetto ‘Albergo Bianco’). Era presente un po’ tutta la parrocchia. Con viva commozione recitammo il Santo Rosario. Al termine, avevo appena dato l’assoluzione, quando un enorme fragore e lo spostamento d’aria ci spinsero verso l’uscita. Le prime bombe caddero poco distanti da noi. Che spavento! La mia veste talare diventò più bianca della neve. Dopo circa un’ora la seconda ondata. Le bombe caddero anche nella zona vicina a piazza Pantera. Mi trovavo con il padre Alfredo Melani[48], dei Filippini di Sant’Eurosia. Ci assolvemmo reciprocamente.
Tragico il bilancio, circa 50 morti, molti del Lotto 41. Tanti i feriti. Provvidenzialmente si salvarono ben 50 bambini, forse anche di più, dell’asilo nido della Maternità del Lotto 41. Nella febbrile opera di soccorso si distinsero i sacerdoti di San Francesco Saverio e di Sant’Eurosia”.[49]
Con riferimento alla confusione di quel momento tragico, don Bianchi scrive: “Avvenne che i bambini furono battezzati più volte e i feriti ricevettero ripetutamente l’olio santo. Un vecchio totalmente sordo, non avendo sentito nulla, non voleva essere portato in salvo. Un uomo si salvò provvidenzialmente essendosi spostato più volte: dove era prima caddero le bombe. La domenica precedente un parrocchiano era venuto per il battesimo del figlio. Nel lasciare Santa Galla, mi augurò di rivederci presto. Purtroppo lo attendeva la morte il martedì appresso con tutta la famiglia. Un sacerdote, non ricordo chi fosse, riuscì a salvare una decina di ricoverati nel rifugio del Lotto 42, l’Albergo Rosso”.[50]

7.3.1944. La visita di mons. Traglia

“L’opera di soccorso durò intensamente tutta la giornata, fino alla sera. Nel pomeriggio venne il cardinal Traglia[51], (…) ci promise che da parte del Santo Padre ci avrebbe mandato del pane (…). Intanto a Santa Galla non era più possibile dormire: vetri rotti, dappertutto calcinacci, tutto pericolante. La sera fui ospite di un parrocchiano, Pietro Sannitu, al Lotto 43, il Terzo Albergo. Quando ebbi un po’ di quiete dopo una giornata tanto agitata non potetti trattenere il pianto…
Al mattino celebrai a San Francesco Saverio.[52] Arrivò il pane del Santo Padre. Ben 250 kg di pane bianco: che fragranza! Tanti i sinistrati venuti a ritirarlo. A ciascuno potetti dare soltanto uno sfilatino, di più non si poteva. Era ricevuto come un tesoro! A ciascuno poi diedi il certificato del sinistro. E così trascorsi tutta la giornata nel distribuire sfilatini e certificati”.[53]
Il racconto prosegue. “Nei giorni successivi continuò febbrile l’opera di rimozione delle macerie e di disseppellimento delle salme. Varie vennero alla luce. Io ero chiamato per la benedizione. Che scene strazianti! Specialmente i giovani commuovevano tanto.
Ammirevole un parrocchiano: per una settimana e oltre scavò tra le macerie per ritrovare la salma della vecchia madre. Quando la trovò, mi chiamò per benedirla (…). Incominciai ad abitare a San Francesco Saverio e rimasi presso quella parrocchia per oltre tre anni. Ero sempre parroco a Santa Galla, ma la chiesa era chiusa perché pericolante[54] (…)”.[55]

La difesa degli Ebrei a Santa Galla

La ricerca sulla presenza di mons. Traglia alla Garbatella colpita dal bombardamento, ha fatto trovare anche un’altra cronaca significativa. Secondo la testimonianza di don Giovanni Battista Proja[56], viceparroco a Santa Galla, ci fu anche un intervento significativo a tutela degli Ebrei perseguitati. Furono diverse le azioni che riguardarono l’ospitalità e il sostegno economico. Si aggiunse inoltre una ricerca di espedienti per non applicare le leggi razziali. È da ricordare al riguardo che già nel 1942 i fascisti avevano divulgato un opuscolo con 200 cognomi di Ebrei.
Don Proja dichiarò che Pio XII, a voce, aveva esortato Ordini religiosi e parrocchie ad attivare iniziative di ospitalità e di difesa del perseguitati. Raccontò al riguardo un fatto: “Quando venivano fidanzati che volevano celebrare il matrimonio e avevano uno di questi cognomi (ebraici), era un problema grosso perché non si poteva procedere al matrimonio. Non sapendo come fare, il Vicariato di Roma diede disposizione per aggiungere un giuramento suppletivo. Chi aveva cognome ebraico dichiarava di essere cristiano da tante generazioni. Questo documento si piegava e si metteva in una busta e lo si portava in Vicariato. In tal modo si riusciva a non applicare la legge razziale, mentre in parrocchia non rimaneva traccia della dichiarazione”.[57]

21 marzo 1944. Montini scrive a Traglia

Il 21 marzo del 1944 l’allora mons. Montini, sostituto alla Segreteria di Stato vaticana per gli affari ordinari, scrisse a mons. Traglia per informarlo di una situazione assistenziale riguardante un gruppo di Ebrei. Si riporta qui di seguito il testo.
“Vatican, 21 mars 1944. Situation des juifs emprisonnés a Vérone. A seguito di numerose istanze qui pervenute, da parte di persone interessate alla sorte dei non ariani deportati da Roma con destinazione ignota, questa Segreteria di Stato non mancò a suo tempo di prendere dette suppliche in benevola considerazione, sollecitando una risposta al riguardo, da chi si supponeva fosse in grado di poterla dare.
In data 2 marzo u.s., Mons. Giuseppe Chiot[58], cappellano delle carceri di Verona, mi ha trasmesso il qui unito elenco di ebrei romani che si trovano al presente colà reclusi e che egli ha frequente occasione di visitare. Non essendo tali arrestati meglio identificati se non con il loro nome e cognome e non essendo essi, d’altra parte, tutti compresi nelle istanze qui pervenute, non è cosa scevra di difficoltà per questa Segreteria di Stato comunicare tali nominativi agli interessati. Sono a pregare quindi l’E.V. R.ma di voler gentilmente fare quell’uso che Ella riterrà migliore dell’elenco qui allegato, nella speranza che non mancherà al suo illuminato zelo il modo di rassicurare tante famiglie in ansia per la sorte dei loro congiunti”.[59]
Mons. Traglia si attivò, con i suoi collaboratori, e fu possibile operare un collegamento tra le famiglie ebraiche romane e il reclusorio di Verona.

24 marzo 1944. Eccidio presso le Cave Ardeatine

Il 23 marzo 1944, un nucleo di resistenti organizzò un attentato a via Rasella contro soldati del reggimento Bozen. 33 militari rimasero uccisi. Il comando tedesco organizzò una rappresaglia nelle 24 ore. Presso le Cave Ardeatine furono trucidati 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, Ebrei o detenuti comuni. L’iniziativa, promossa dai G.A.P.[60], non trovò l’appoggio di altre formazioni. Solo in seguito forze politiche di varia natura avallarono il fatto. Lo scoppio di una bomba in una strada romana del centro storico, con nefaste conseguenze, non trovò consensi tra la popolazione. L’azione fu considerata inopportuna (gli Alleati erano ormai vicini) e inutile (non vi fu alcun mutamento sostanziale a Roma).
Anche l’allora vice gerente mons. Traglia disapprovò un episodio che aveva causato centinaia di morti. In un colloquio con mons. Venier, Traglia commentò: “la resistenza che hanno fatto, l’hanno fatta perché ci siamo esposti noialtri, che sennò loro che resistenza facevano?”.[61] Le parole del cardinale si possono comprendere alla luce del fatto che il Comitato di Liberazione Nazionale era nascosto in Laterano.

3 aprile 1944. Traglia accanto a don Morosini

Oltre ad essere presente nei luoghi dell’Urbe colpiti dai bombardamenti, mons. Traglia fu anche vicino a un sacerdote condannato a morte. Si trattava di don Giuseppe Morosini.[62] Venne fucilato a Forte Bravetta Il 3 aprile del 1944 (lunedì santo). Questo presbitero di 31 anni era membro della Congregazione della Missione (fondata da san Vincenzo de’ Paoli). Di carattere espansivo, gli piaceva la musica (fu autore di una ‘Ninna nanna’). Già cappellano militare, nel periodo dell’occupazione tedesca di Roma operò sia a favore di chi aveva subito gli effetti tragici della guerra (minori[63], feriti, sfollati), sia di quanti facevano parte della Resistenza armata ai germanici. Per quest’ultima attività venne denunciato da un delatore (Dante Bruna[64]). Arrestato il 4 gennaio 1944, subì tre mesi di duri interrogatori. Malgrado le violenze, non fece alcun nome. Non poteva celebrare la Messa. Dalla cella ogni sera recitava a voce alta il Rosario, invitando i carcerati a pregare “per la nostra cara Patria, per coloro che soffrono, per quelli che ci fanno soffrire”.
A mons. Cosimo Bonaldi, cappellano del carcere[65], che gli annunciava la prossima esecuzione disse: “monsignore, ci vuole più coraggio per vivere che per morire”. Allo stesso sacerdote, aveva detto in precedenza, con riferimento a un pensiero di santa Teresa di Lisieux[66]: “Vorrei avere mille cuori! Il cuore del martire, il cuore del confessore vorrei! Invece quel poco che ho fatto finora è poco e imperfetto”. Per salvarlo dalla morte, intervenne Pio XII. Ma Hitler rifiutò la concessione della grazia. A questo punto, il Papa incaricò mons. Traglia di assistere il condannato nelle ultime ore della sua vita terrena. Traglia conosceva molto bene don Morosini perché sette anni prima l’aveva ordinato sacerdote.
Mons. Traglia fu accanto a don Morosini quando al prete venne concesso di celebrare per l’ultima volta una messa nella cappella del carcere. Seguì tra i due un fraterno abbraccio. Il vescovo salì poi con il condannato (al quale fu concesso di indossare la veste talare e di non essere ammanettato) sul furgone che doveva raggiungere il luogo della fucilazione. E iniziò a recitare il Rosario meditando i ‘misteri gaudiosi’ perché era lunedì. Don Giuseppe, però, chiese di contemplare i ‘misteri dolorosi’. Quando mons. Traglia arrivò al quarto mistero (Gesù condannato a morte percorre la Via dolorosa) don Giuseppe guardò il suo vescovo e sorrise.
Davanti al plotone di esecuzione, don Morosini chiese a Traglia di ringraziare Pio XII per aver tentato di salvarlo. Affermò che offriva la sua vita secondo le intenzioni del Papa. Baciò per l’ultima volta il proprio crocifisso di missionario, e lo consegnò al vescovo. Lo pregò di darlo poi al fratello: “E gli dica che il mio pensiero in questo momento è rivolto a lui, so quanto soffrirà”.[67]
Dalla testimonianza di mons. Traglia risulta anche un dato: i componenti del plotone di esecuzione, finanzieri italiani al comando di un ufficiale tedesco, non ebbero la forza di colpire a morte il presbitero. Ricordò poi l’allora arcivescovo Traglia: “Fu bendato. Gli fu letta la sentenza in nome del popolo italiano: ascoltò tranquillamente. L’ufficiale comandò il fuoco, ma fosse la trepidazione, fosse un po’ di timor reverentialis, non lo colpirono mortalmente: cadde in avanti, perse i sensi. Mi avvicinai e gli diedi rapidamente l’estrema unzione prima che l’ufficiale […] gli desse il colpo di grazia; ma anche questo non lo finì; e allora gli fu scaricato addosso un fucile mitragliatore”.[68] 

Traglia ricorda Morosini

Il ricordo di don Morosini rimase impresso nella mente di mons. Traglia. Egli tornò a parlare di questo sacerdote anche in una intervista rilasciata a mons. Venier. Si trascrivono qui di seguito alcuni passaggi. “(…) lui ha cercato di fare bene, forse si può dire che è stato un ingenuo, perché con due fucili, con tre fucili, non avrebbe cambiato la situazione di Roma.
“Dobbiamo resistere” (mons. Traglia cita una frase del clero, ndr), li chiamai[69]: “ma che siete pazzi! Bisogna non rendere più difficile la situazione della popolazione”. Perché poi si può resistere quando c’è speranza d’un risultato… se invece non c’è questa speranza sarebbe da sciocchi. Non se po’ fa’ la guerra con i manici di scopa e contro i carri armati. Difatti il generale Stahel[70], che seppe poi, mi mandò l’aiutante di campo a ringraziarmi perché avevo dato questa istruzione, che era la cosa giusta”.[71] La disposizione di mons. Traglia ai parroci romani si trova anche nelle Memorie del vescovo austriaco mons. Alois Hudal.[72]

Aprile 1944. Marchetti Selvaggiani, Traglia, Volpino

Pochi giorni dopo la fucilazione del vincenziano don Giuseppe Morosini, mons. Ferdinando Volpino[73], venne chiamato dal cardinale vicario Marchetti Selvaggiani, presente mons. Traglia. Il sacerdote era parroco di Santa Maria Madre della Provvidenza, in via di Donna Olimpia, alle pendici di Monteverde. Volpino, il cui vice era don Elio Venier, arrivò a nascondere nelle sale parrocchiali e nei seminterrati circa 65 Ebrei e 6-7 rifugiati. Fu sostenuto dagli abitanti del quartiere e anche da agenti della P.A.I. (Polizia Africa Italiana). Gli venne comunicata la preoccupazione di Pio XII per i preti che mettevano a rischio la propria vita per tutelare i ricercati del tempo. Su questo incontro Venier ricorda con due espressioni quello che gli riferì Volpino: “stai attento”, e “fate quel che volete”.[74]

17 febbraio 1945. Mons. Traglia battezza il Rabbino Capo di Roma

Il 17 febbraio 1945, mons. Traglia, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, battezzò Israel Anton Zoller e sua moglie. Si trattava del Rabbino Capo di Roma. Da questo momento in poi il battezzato si chiamò Eugenio Pio Zolli. L’evento destò clamore perché alcuni detrattori dell’ex Rabbino videro nella nuova scelta un allontanamento da una Comunità che gli aveva procurato amarezze. Fu accusato, in particolare, di essersi nascosto durante la fase precedente il rastrellamento a Roma del 16 ottobre 1943.
In realtà, gli storici sono oggi largamente convinti che fu proprio Zoller a insistere presso i presidenti della Comunità ebraica di Roma e dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per salvare il maggior numero di Ebrei che rischiavano imminenti persecuzioni. Inoltre, spetta anche a Zoller, il merito di essersi recato in Vaticano per chiedere la disponibilità della Santa Sede a elargire una parte di oro necessaria da consegnare a Kappler (per un totale di 50 kg). C’è da aggiungere, in ultimo, che Zoller era ricercato dai tedeschi (fecero irruzione due volte nella sua casa) perché ebreo, apolide, e perché aveva sostenuto una posizione anti germanica a Trieste.
Unitamente a ciò, occorre ricordare che Zoller aveva percorso anche un proprio cammino spirituale attraverso lo studio delle Sacre Scritture e sviluppando una profonda meditazione. Tra i molti suoi approfondimenti, egli rimase particolarmente colpito dalla figura del “servo di YHWH” (“del Signore”), o “servo sofferente”.

Alcune considerazioni di sintesi. Vita pastorale

Traglia con Papa Paolo VI

Traglia con Papa Paolo VI

Nell’esercizio delle sue funzioni mons. Traglia, specie in periodo bellico, si trovò ad affrontare delle criticità notevoli senza poter usufruire di mezzi adeguati alle necessità. Il suo studio si trovava in una stanza del Vicariato di Roma che in quel periodo era in via della Pigna (Palazzo Maffei Marescotti). Malgrado i condizionamenti, egli fu presente nelle ore più tragiche della vita diocesana. Seguì con attenzione anche le iniziative dirette a nascondere i ricercati del tempo, inclusi gli Ebrei. Su quest’ultimo aspetto esiste un’intervista che mons. Traglia rilasciò a mons. Elio Venier.[75] Ricordò tra l’altro i rifugiati nascosti nel Seminario Romano (1943-1944), e le vicende collegate all’allora rettore mons. Roberto Ronca.[76] Si trascrivono qui di seguito alcuni passi del colloquio. “(…) Il Seminario Romano fece moltissimo in mezzo a tante difficoltà. Poi certe cose non se possono scrivere. Perché a un certo momento papa Pio XII ebbe un forte momento de paura… si arrabbiò e questo aveva ragione perché li avevano nascosti tutti con nomi falsi (…)”.[77]
Con riferimento a Ronca, Traglia raccontò un momento difficile: “(…) ce prese un cicchetto dal papa; il papa si inquietò. E allora doveva essere il giorno dopo, dopo due giorni ci dovevano essere gli auguri di Natale. Ronca mi disse “Che faccio?”. “Nun ce venì, sennò il papa chissà che…”, e infatti non venne. Il papa domandò “monsignor Ronca? “no, non c’è” e così se la passò. Lasciò sbollì un po’ la situazione che sennò je faceva… Beh qualche cosetta è stata un po’ azzardata. Il papa aveva ragione perché nel territorio suo, perché il Laterano è proprio territorio pontificio…”.[78]
Nell’intervista si trova anche un riferimento al cardinale vicario Marchetti Selvaggiani. Si trascrive qui di seguito il passaggio. “(lui) qualche volta, e qualche volta anche il papa, si era lamentato che in fondo avevano usato dei privilegi dati dai fascisti contro i fascisti… Per esempio, lì a San Giovanni c’era una radio, una radio trasmittente e questo non si doveva fa’ perché era contro… trasmittente per dare l’ordini a questi della cosiddetta resistenza… Poi non era secondo la neutralità e in questo il papa si era un po’… il cardinale dice, era una mancanza di lealtà… A San Giovanni, proprio a San Giovanni. E questo non era giusto”.[79]

L’arguzia

Mons. Traglia, fin dall’inizio del suo cammino sacerdotale, usò in più occasioni uno spontaneo umorismo che lo aiutò a indebolire le asprezze dell’ora e a favorire una diretta sintonìa. A volte, nella corrispondenza privata, non era infrequente che anteponesse alla firma l’esclamazione: “Forza Roma!”. A una popolana che confessava di parlare spesso male del prossimo, l’allora giovane sacerdote disse che si trattava di un peccato, ma la donna replicò: “A parla’ male sarà pure peccato, ma spesso ce se indovina”.
Negli anni da vicegerente, o meglio da “vicario der vicario der vicario[80], come si definiva scherzosamente[81], avvennero più episodi simpatici. Una volta, un giovane prigioniero lo prese in disparte e gli disse in romanesco: “A don Lui’, domani sorto! Me fai lavora’ n’Vaticano?”. Il cardinale si voltò e gli rispose: “Accontentate de n’artro lavoro, ché n’Vaticano ce lavoreno già tutti quelli che so’ sortiti prima de te”.
Forse, l’epigrafe più adatta, potrebbe essere la frase pronunciata un giorno da un popolano romano, che dopo aver ascoltato una sua predica disse: “Ammazzelo! Questo ce crede davero!”.[82]
A parere di chi scrive, la battuta più simpatica del card. Traglia, e profondamente vera, è quella ricordata anche dal card. Giovanni Canestri: “Il prete che non sa ridere non è persona seria”.[83]

 

 

 

 

 

 

 

Note

[1] S.E. Mons. Luigi Traglia (1895-1977). Nato ad Albano Laziale, fu ordinato sacerdote nel 1917. Iniziò a collaborare con vari uffici della Curia Romana. Nel 1930 divenne assessore e sottopromotore della Fede presso la Sacra Congregazione dei Riti. Prelato Uditore della Sacra Rota Romana nel 1936. Pio XI lo nominò nel 1936 arcivescovo, e vicegerente della Diocesi di Roma (aveva 43 anni). Nel 1951 collaborò con il nuovo vicario di Roma (card. Clemente Micara, successore del card. Marchetti Selvaggiani). Nel 1960 fu creato cardinale e nominato pro-vicario generale della diocesi di Roma. Partecipò al Concilio Vaticano II. Divenne pro-presidente della Conferenza Episcopale Italiana (1964-1965). Cardinale vicario per l’Urbe (dal 1965 fino al gennaio 1968). Fu nominato in seguito cancelliere di Santa Romana Chiesa, ricevendo anche altri titoli. Alla sua morte venne sepolto presso il Cimitero del Verano, la salma fu poi trasferita nella basilica romana di San Lorenzo in Damaso.
[2] Card. Marchetti Selvaggiani (1871-1951).
[3] G. Loparco, Gli Ebrei negli istituti religiosi a Roma (1943-1944) dall’arrivo alla partenza, in: ‘Rivista di Storia della Chiesa in Italia’, anno LVIII, n. 1, gennaio-giugno 2004, nota 59, p. 117.
[4] M. Politi, Il ritorno di Dio. Viaggio tra i cattolici d’Italia, Mondadori, Milano 2005.
[5] On. Giulio Andreotti (1919-2013).
[6] https://www.radioradicale.it/scheda/162450/il-ritorno-di-dio-viaggio-tra-i-cattolici-ditalia.
[7] Cf Année 1940. Diarium de la Maison Généralice, in: Diarium de la Très Révérende Mére Marie de Saint Jean Martin, prieure générale. Diarium de la Maison Généralice, Rome, via Nomentana 234-236 (1939-1942), manoscritto di madre M. Vianney Boschet, in Archivio delle Orsoline dell’Unione Romana, Roma.
[8] Card. Luigi Maglione (1877-1944).
[9] Cf Elenco delle case estere religiose maschili di Roma, in: Archivio storico del Vicariato [ASV], Atti della Segreteria, N. 204, fasc. 11, Assistenza stranieri-Nunzio Apostolico.
[10] Mons. Giovanni Battista Montini (1897-1978). Era in quel momento Sostituto presso la Segreteria di Stato vaticana per gli affari ordinari. Divenne Papa (Paolo VI) nel 1963.
[11] Mons. Francesco Borgongini Duca (1884-1954).
[12] D. Rocciolo, Traglia, Luigi, Dizionario Biografico degli Italiani, volume 96, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, Roma 2019.
[13] A.I. Bassani, Le Suore Dorotee durante la seconda guerra mondiale, Accademia Olimpica, Vicenza 2008, p. 161.
[14] Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio (1871-1956).
[15] Card. Clemente Micara (1879-1965).
[16] F. Motto, “Non abbiamo fatto che il nostro dovere”. Salesiani di Roma e del Lazio durante l’occupazione tedesca (1943-1944), LAS, Roma 2000, p. 130.
[17] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza. I. Intervista con il card. Luigi Traglia; II. Nella roccaforte del Laterano. In: ‘Rivista diocesana di Roma’, volume 10, 1969, pp. 995-1001; 1302-1327.
[18] Generale Riccardo Maraffa (1890-1943). Morto a Dachau.
[19] Appunto di mons. Luigi Traglia del 20.9.1943 sulla nota del 15.9.1943, in: Archivio Storico Vicariato Roma, b. 204.
[20] Conservato poi nell’Archivio del Sostituto in Vaticano.
[21] P.L. Guiducci, Shoah a Roma. 16 ottobre 1943. Salvare gli Ebrei, EDUCATT, Milano 2023.
[22] Capitano Theodor Dannecker (1913-1945).
[23] P. Pancrazio Pfeiffer (1872-1945). Presbitero tedesco. Superiore generale della Società del Divin Salvatore (dal 1915 alla morte).
[24] Si convertì poi al cattolicesimo.
[25] Provenienti dalla Casa romana delle Clarisse Missionarie Francescane del SS. Sacramento di via Vicenza.
[26] P. Libero Raganella (1914-1990). Cf P.L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno, Bulzoni Editore, Roma 2003, pp. 160-161.
[27] Cf P.L. Raganella, Senza sapere da che parte stanno, op. cit., pp. 116-117.
[28] Questa messa si celebrava di norma a mezzanotte, ma era stata anticipata alle 17 a motivo del coprifuoco.
[29] A. Riccardi, L’inverno più lungo, Laterza, Roma-Bari 2011, pp. 174-175.
[30] Don Adolfo Petriconi (nato nel 1909).
[31] R. Alessandroni, Le parrocchie della periferia romana durante l’occupazione tedesca, in: AA.VV., ‘Chiesa, mondo cattolico e società civile durante la Resistenza’, volume 12 dell’opera ‘Ricerche per la storia religiosa di Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2009, pp. 372-375.
[32] A. Riccardi, op. cit., p. 260.
[33] P. Giuseppe Ricciotti (1890-1964). Durante il secondo conflitto mondiale assicurò la protezione a perseguitati razziali e politici.
[34] P. Carlo Egger (1914-2003). Negli anni della II guerra mondiale ricevette dalla Santa Sede (Pio XII)  l’incarico di assistere i rifugiati. La sua conoscenza del tedesco come lingua madre gli permise di mediare con gli ufficiali tedeschi a favore di prigionieri ed Ebrei. Riuscì a salvare molte vite umane. Si adoperò inoltre per reperire i viveri necessari alla sussistenza dei rifugiati di Roma.
[35] L. Saletti, I sorvegliati politici, in: AA.VV., ‘LIBERI. Storie, luoghi e personaggi della Resistenza del Municipio Roma XVI, a cura di A. Pompeo, Sinnos Soc. Coop. Sociale – ONLUS, Roma 2005, p. 51.
[36] Memoria della Casa delle Neofite, 1942-43, in: Archivio Generale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, armadio 10.
[37] Bombe sul Vaticano – Storia & Storie (lorenzograssi.it).
[38] Macchinari per l’edilizia.
[39] Cf relazione di S.E. Mons. Luigi Traglia, scritta a mano, sui bombardamenti a Roma. 3 marzo 1944. Conservata nell’Archivio Storico Diocesano del Vicariato di Roma.
[40] Prof. Salvatore Salvatori (1899-1983).
[41] Direttore del Centro diocesano della carità.
[42] Principe Don Enzo di Napoli Rampolla (1898-1965).
[43] Fonte: C. De Simone, Roma città prigioniera. I 271 giorni dell’occupazione nazista (8 settembre 1943 – 4 giugno 1944), Mursia, Milano 1994.
[44] Parrocchia Santa Maria Immacolata e San Giovanni Berchmans.
[45] https://caragarbatella.it/sessant-anni-fa-le-bombe-oggi-un-impegno-di-pace/.
[46] Don Teocle Bianchi (1908-2001). Fu parroco di Santa Galla, poi di Santa Maria in Trastevere. Morì a 93 anni di età.
[47] Don Bianchi annotò pure un primo elenco dei morti. È scritto con una penna stilografica, contiene alcuni nomi poco leggibili e diverse cancellature, ma rimane comunque l’unico documento attendibile, oltre al Diario.
[48] P. Alfredo Melani: fondatore dell’Oratorio San Filippo Neri nel 1925, e della società calcistica A.S.T.R.O. nel 1947.
[49] T. Bianchi, Diario, op. cit.
[50] T. Bianchi, Diario, op. cit.
[51] In quel periodo era arcivescovo.
[52] Un’altra parrocchia del quartiere Garbatella.
[53] T. Bianchi, Diario, op. cit.
[54] Fu riaperta nel Natale dell’Anno Santo 1950.
[55] https://www.facebook.com/photo?fbid=10204537022157928&set=oa.666477216758724.
[56] Mons. Giovanni Battista Proja (1917-2017).
[57] Redazione, Storia/Roma: ebrei salvati da parroci di borgata, in: ‘San Francesco’, sito online, 30 novembre 2001. https://www.sanfrancescopatronoditalia.it.
[58] Mons. Giuseppe Chiot (1879-1960). Molti particolari sulla pietà e l’umanità di don Chiot sono riportati da Giuseppe Silvestri che fu detenuto nel carcere degli Scalzi nel 1943-1944. Vedi G. Silvestri, Albergo agli Scalzi, Neri Pozza, Vicenza 1963.
[59] “111. Mgr Montini à Mgr Traglia”. ‘Acta Apostolicae Sedis’, 77011/S, minute. Vatican, 21 mars 1944. Cf anche: ‘Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la période de la Seconde Guerre Mondiale’ volume 10, 21 mars 1944, pp. 186-187.
[60] Gruppi di Azione Patriottica (formazioni comuniste).
[61] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza, op. cit.
[62] Don Giuseppe Morosini (1913-1944). Cf anche: A. Cedrone, Don Giuseppe Morosini. Ricordi e testimonianze di chi l’ha visto da vicino, Edizioni Terme Pompeo, Ferentino 1994.
[63] Fece accogliere in una scuola 150 ragazzi delle zone sinistrate.
[64] Dante Bruna ricevette dai nazisti una ricompensa che ammontava a 70 mila lire.
[65] Fu poi parroco della basilica di Santa Maria degli Angeli dal 1944 al 1955.
[66] Suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, detta di Lisieux, al secolo Marie-Françoise Thérèse Martin (1873 -1897; Santa).
[67] Fonte: E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della Resistenza, op. cit., pp. 999-1000.
[68] F. Malgeri, 25 aprile. Don Morosini eroe delle beatitudini, in: ‘Avvenire’, 25 aprile 2013.
[69] Mons. Traglia parlò a una riunione dei parroci, presente p. Vincenzo Gilla Gremigni (1891-1963), camerlengo del collegio dei parroci.
[70] Generale Reiner Stahel (1892-1955). Dal 10 settembre 1943 fu il Comandante militare di Roma. Venne poi sostituito.[71] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della Resistenza, op. cit.. Il generale Stahel (cit.), cattolico, in più occasioni rispose in positivo a richieste della Santa Sede.
[72] Mons. A. Hudal (1885-1963). Cf: A.C. Hudal, Römische Tagebücher, Graz-Stuttgart 1976, pp. 200-201.
[73] Cf anche: A. Cerulli, Don Ferdinando Volpino, un prete scomodo, in: ‘Il gazometro’, n. 1, 2003.
[74] Cf anche: M. Sfaradi, Ci sono eroi che non vanno dimenticati, in: ‘L’Opinione’, 2 giugno 2009, p. 6.
[75] Mons. Elio Venier (1916-2011).
[76] Mons. Roberto Ronca (1901-1977).
[77] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza, op. cit.
[78] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza, op. cit.
[79] E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza, op. cit.
[80] Cioè: vicario del cardinale che a Roma svolge funzioni di vicario del Papa, mentre il Pontefice è vicario di Cristo.
[81] Citando un sonetto del poeta romanesco Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863).
[82] https://www.istitutomounier.it/luigi-traglia-cardinale-di-santa-romanesca-ecclesia/.
[83] Card. Giovanni Canestri (1918-2015), ‘Osservatore Romano’, 15 giugno 1996.

Per saperne di più
M. Canciani, Personalità straordinaria e stile semplice e bonario, in: ‘RomaSette.it’, 27 novembre 1977. L. Cardinali, Luigi Traglia, cardinale di santa romanesca Ecclesia, Istituto Emmanuel Mounier – Italia per gli studi filosofici, Roma, 15 luglio 2022. G. Gennari, Risvegliò Roma aprendola al Vaticano II, in: ‘Il Messaggero’, mercoledì 15 ottobre 2014. A. Ilari, I cardinali Vicari. Cronologia bio-bibliografica, in: ‘Rivista Diocesana di Roma’, III (1962), 4, p. 295. D. Rocciolo, Traglia, Luigi, in: ‘Dizionario Biografico degli Italiani’, Istituto Enciclopedia Italiana Treccani, volume 96, Roma 2019. E. Venier, Il clero romano nella Resistenza. Colloqui con i protagonisti di 25 anni fa, Colombo, Roma 1969. Id., E. Venier, La Chiesa di Roma durante il periodo della resistenza. I. Intervista con il card. Luigi Traglia; II. Nella roccaforte del Laterano. In: ‘Rivista diocesana di Roma’, volume 10, 1969, pp. 995-1001; 1302-1327.

 

Ringraziamenti
Arch. Carlo Galeazzi, fondatore e direttore del blog ‘Roma Città aperta. Gli anni della guerra’ (Roma). Dott. Antonio Consalvo, Segreteria Parrocchia San Michele a Pietralata (Roma). Abate Generale Franco Bergamin, Canonici Lateranensi (Roma). Prof. Filippo Paciotti, Archivista, Canonica San Secondo (Gubbio).

 

 

Il Diario della casa generalizia delle Orsoline dell’Unione Romana è una fonte utile per conoscere un dato. Nel giugno del 1940 la Nunziatura Apostolica d’Italia adottò delle misure di informazione sulle religiose straniere presenti a Roma e sulla proprietà degli immobili. L’iniziativa era collegata alla promessa del governo italiano di non importunare le comunità, purché restassero estranee alle questioni politiche e apparisse una superiora italiana davanti all’autorità (senza per questo sostituire la reale superiora interna), o almeno una consacrata con cittadinanza italiana.[1] L’elenco delle religiose soggette a nazioni in conflitto con l’Italia fu trasmesso al governo italiano e al card. Luigi Maglione[2], Segretario di Stato Vaticano. L’operazione fu ripetuta per i religiosi esteri, delle cui case nella capitale rimane un elenco nell’archivio storico del Vicariato.[3] Quest’ultimo documento era la risposta (datata 24 giugno 1940) alla richiesta di mons. Montini[4] al vicegerente Luigi Traglia.

Montini chiedeva di mandare l’elenco dei religiosi stranieri rimasti in Italia al Nunzio Apostolico mons. Francesco Borgongini Duca[5] allo scopo di proteggerli con un’opera di mediazione presso le autorità italiane. L’elenco comprendeva l’indicazione di undici nazionalità, con il nome degli istituti e l’indirizzo, in totale 48, con una accentuata prevalenza di francesi e spagnoli.



[1] Cf Année 1940. Diarium de la Maison Généralice, in: Diarium de la Très Révérende Mére Marie de Saint Jean Martin, prieure générale. Diarium de la Maison Généralice, Rome, via Nomentana 234-236 (1939-1942), manoscritto di madre M. Vianney Boschet, in Archivio delle Orsoline dell’Unione Romana, Roma.

[2] Card. Luigi Maglione (1877-1944).

[3] Cf Elenco delle case estere religiose maschili di Roma, in: Archivio storico del Vicariato [ASV], Atti della Segreteria, N. 204, fasc. 11, Assistenza stranieri-Nunzio Apostolico.

[4] Mons. Giovanni Battista Montini (1897-1978). Era in quel momento Sostituto presso la Segreteria di Stato vaticana per gli affari ordinari. Divenne Papa (Paolo VI) nel 1963.

[5] Mons. Francesco Borgongini Duca (1884-1954).