UN GINECOLOGO AL SERVIZIO DEL REICH NAZISTA

di Renzo Paternoster -

La sterilizzazione dei “popoli inferiori” rientrava nella logica darwinista del nazismo. Carl Clauberg, medico tedesco, condusse ad Auschwitz numerosi esperimenti sugli esseri umani per definire un sistema che consentisse di rendere infeconde le donne ebree e rom.

L’ossessione per la “purezza razziale” non è nuova nella storia dell’umanità. Già difesa in passato da autori classici (da Platone a Tommaso Campanella) per auspicare la filiazione tra gli individui “migliori”, nella seconda parte dell’Ottocento la “filosofia per migliorare l’umanità” diventa una scienza applicata. È Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che il 1883, in Inquiries into the human faculty and its development, introduce il neologismo eugenics, derivandolo dal greco eugéneia (“di buona stirpe”, “di buona nascita”), per indicare il programma finalizzato a migliorare, attraverso procreazioni selettive, la specie umana.
Le tesi di Galton ottengono subito un certo successo negli Stati Uniti d’America. Nel 1907 lo Stato dell’Indiana vara la prima legge sulla sterilizzazione delle persone considerate “socialmente inadeguate”: pazienti psichiatrici, oligofrenici, alcolizzati, talassemici, epilettici, condannati per crimini sessuali, individui “moralmente depravati”. In seguito, altri ventinove Stati della Federazione americana adottarono questa norma.
Sempre negli Stati Uniti, nel 1922 viene coniato il termine under man (“sub-umano”). Autore è Theodore Lothrop Stoddard, tra i padri del razzismo scientifico, che intitola un suo saggio The Revolt Against Civilization. The Menace of the Under Man (“La rivolta contro la civilizzazione. La minaccia del sub-umano”), in cui definisce sub-umani i bolscevichi russi. Il termine è in seguito adottato dai nazisti grazie alla versione tedesca del libro: Der Kulturumsturz: Die Drohung des Untermenschen.
Le teorie della purezza e qualità della razza trovano terreno fertile negli ambienti nazionalsocialisti, influenzati dal razzismo congenito del partito e dalle idee dei darwinisti sociali tedeschi. Questi ultimi, infatti, erano convinti che gli esseri umani potessero essere classificati in “razze” con caratteristiche specifiche distinte e trasmesse geneticamente. I darwinisti sociali tedeschi erano anche convinti che le qualità ereditarie riguardassero non solo l’aspetto esteriore (la struttura fisica, il colore degli occhi o dei capelli, l’altezza, la forza fisica e così via), ma che potessero dare forma anche alla vita interiore e mentale (modi di pensare, intelligenza, malizia, coraggio, abilità creative, gusti).

Himmler e Hitler

Himmler e Hitler

L’elemento fondamentale che dà il via definitivo alla politica demografica e razziale nazista è il concetto della “purezza della razza” diffuso da Hitler. Scrive il Führer nel suo Mein Kampf (“La mia battaglia”): «Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino. Qui, lo Stato nazionale deve fornire un enorme lavoro educativo, che un giorno apparirà quale un’opera grandiosa, più grandiosa delle più vittoriose guerre della nostra epoca borghese. Lo Stato deve, con l’educazione, insegnare agli individui che l’essere malati e deboli non è una vergogna, ma è solo una disgrazia meritevole di compassione, e che è delitto e vergogna il disonorarsi e il dar prova d’egoismo imponendo la malattia e la debolezza a creature innocenti. […]. Basterebbe impedire per sei secoli la capacità e la facoltà di generare nei degenerati di corpo e nei malati di spirito per liberare l’umanità da un’immensa sventura e per condurla ad uno stato di sanità oggi quasi inconcepibile. Quando sarà realizzata, in modo cosciente e metodico, e favorita la fecondità della parte più sana della nazione, si avrà una razza che, almeno in principio, avrà eliminati i germi dell’odierna decadenza fisica e morale».
Supportato dalle idee dei darwinisti sociali tedeschi, Hitler teorizzò la necessità di proteggere la razza ariana, di cui il popolo tedesco sarebbe la più pura espressione, da tutti quei fattori di “corruzione” che avrebbero potuto indebolirla. Dato che nessuno ebbe il coraggio di suggerire a Hitler che il “gruppo razziale ariano” era un’errata trasposizione sul piano biologico di una “famiglia linguistica”, il nazismo applicò le teorie eugenetiche per garantire “l’igiene della razza”, sia nella versione negativa – sterilizzazione coatta di degenerati, poi eutanasia, poi ancora sterminio delle “razze inferiori” – sia in quella positiva – incentivi alla natalità per coppie considerate sane e procreazione mirata (il cosiddetto Progetto Lebensborn, “Progetto fonte della vita”). In questo modo si pensò di impedire lo sviluppo dei caratteri ereditari sfavorevoli (disgenici) e di favorire i caratteri ereditari favorevoli (eugenici).
Con il Progetto Lebensborn il nazismo progettò, attraverso “accoppiamenti controllati”, la nascita di una stirpe di uomini alti, belli, biondi e forti, cioè corrispondenti ai canoni di appartenenza alla cosiddetta “razza ariana”, dediti al dovere e al sacrificio. Attraverso il programma di sterilizzazioni di massa, invece, il nazismo avrebbe voluto sfruttare la capacità lavorativa delle vittime, destinandole a un progres¬sivo declino demografico.

Carl Clauberg

Carl Clauberg

La Legge sulla sterilizzazione del 14 luglio 1933 portò alla sterilizzazione chirurgica di circa trecentocinquantamila cittadini tedeschi indegni di riprodursi. Tuttavia, questa fase del progetto di “igiene razziale” costò ben quattordici milioni di Reichsmark. I gerarchi nazisti, sostenuti dai medici e dagli scienziati, si convinsero dell’importanza che una sterilizzazione di massa, economica e non chirurgica – da utilizzare senza che chi la subiva se ne accorgesse – avrebbe potuto avere per il Reich. Scoprire un sistema di sterilizzazione efficace e, soprattutto, discreto, avrebbe comportato l’eliminazione di problemi con l’opinione pubblica internazionale e alleggerito la farraginosa e lenta macchina di morte dei campi di sterminio.
Pur considerando gli ebrei i principali “soggetti” della sterilizzazione, in base alle teorie ideologiche della razza elaborate dal nazismo, anche altre categorie avrebbero dovuto subire lo stesso trattamento: Rom-Sinti, prigionieri di guerra sovietici, asociali, disabili, afro-tedeschi, Testimoni di Geova, omosessuali.
Heinrich Himmler, uno dei più potenti gerarchi nazisti e architetto della “soluzione finale”, cercò una soluzione definitiva al problema della sterilizzazione di massa. La sterilizzazione, come riferito, era stata già attuata chirurgicamente, ma ora, anche per rimediare ai forti costi e ai tempi lunghi, si cercavano metodi alternativi, come l’uso di farmaci o dei raggi X per sterilizzare intere popolazioni.
Horst Schumann, medico già protagonista dell’operazione eutanasia negli istituti di Grafeneck e Sonnenstein, valutò l’impiego dei raggi X sulle ghiandole germinali al fine della sterilizzazione. A tal fine, Himmler gli mise a disposizione alcuni prigionieri del lager di Auschwitz che divennero così Versuchkaninchen (“conigli da esperimento”). Tali esperimenti portarono alla conclusione che sottoponendo gli organi genitali all’azione dei raggi X si determinava una sterilizzazione senza narcosi.
Il dottor Viktor Brack, collaboratore di Schumann, presentò anche un piano per dissimulare l’intera operazione: si trattava di chiamare le persone da “trattare” a uno sportello attrezzato per l’irradiazione da ambo le parti e opportunamente camuffato, trattenendole per alcuni minuti con la scusa della compilazione di qualche modulo. Secondo i calcoli di Brack e Schumann, nell’arco di una giornata si potevano sterilizzare da centocinquanta a duecento persone a sportello.
Il programma fu valutato da Himmler, che però alla fine non lo ritenne praticabile. Infatti, non essendo possibile una schermatura delle altre parti del corpo, sarebbero stati lesi altri tessuti determinando malesseri, o ustioni che avrebbero allarmato l’opinione pubblica.
Un’altra strada per sterilizzazioni in serie, da attuare all’insaputa delle vittime, era stata quella intrapresa dal dottor Gerhard Madaus, che prevedeva l’utilizzo di una pianta sudamericana, il Caladium seguinum, vegetale conosciuto per i suoi effetti sterilizzanti già collaudati su alcuni animali. Il progetto fu abbandonato perché la pianta, nonostante gli sforzi dei botanici, non attecchiva in serra.
Un ulteriore sistema fu ideato da Carl Clauberg, un famoso ginecologo tedesco che dirigeva un’importante clinica molto frequentata dalle mogli dei gerarchi nazisti.

Il dottor Clauberg in sala operatoria

Il dottor Clauberg in sala operatoria

Il dottor Clauberg nasce nel 1898 nella cittadina di Wuppertal, vicino Essen. Suo padre è un artigiano, fabbricante di coltelli, sua madre si occupa della casa e della famiglia. Nonostante le modeste condizioni economiche, il giovane Carl intraprende gli studi di medicina. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, il giovane Carl interrompe il suo percorso universitario per combattere in un reggimento di linea. Finita la Grande guerra, gli studi presso le università di Kiel, di Amburgo e infine a Graz. Nel 1925 si laurea specializzandosi in ginecologia e ostetricia. Esercita subito la professione nell’ospedale di Kiel. Nel 1933 aderisce al nazismo, iscrivendosi al NSDAP, il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori. La sua carriera subisce un’impennata. La sua fanatica adesione al nazismo gli permette di conquistare rapidamente molti gradi, fino al distintivo in oro del Partito e alla nomina a Gruppenführer (tenente generale) della riserva delle SS. Nello stesso tempo è nominato professore di Ginecologia all’Università di Königsberg. Qui definisce dei metodi per il trattamento contro la sterilità femminile con i preparati ormonali Progynon e Proluton. Ancora oggi viene utilizzato il “test di Clauberg” per misurare l’azione del progesterone nel processo della fecondazione.
Nel 1941 Himmler chiede al professor Clauberg, fino a quel momento interessato ai sistemi di incremento della natalità, di “rovesciare” la sua ricerca dedicando i suoi studi alla messa a punto di una procedura non chirurgica per una sterilizzazione permanente, efficace e veloce.
Lo scienziato – che aveva già ottenuto una sterilizzazione dei ratti usando una soluzione al 5-10% di formalina che, provocando un’infiammazione alle tube di Falloppio, le chiudeva impedendo il concepimento – accettò la richiesta di Himmler.
Nel maggio di quello stesso anno, venne creata commissione medica destinata ad approfondire il metodo messo a punto da Clauberg. La commissione, sotto la supervisione dell’Ufficio medico delle SS, era formata, oltre da Clauberg, anche dai dottori Schulze, von Wolff ed Erhardt, tutti ginecologi di fama.
Himmler pretese di far lavorare la commissione nel lager femminile di Ravensbruck, ma il dottor Clauberg chiese al gerarca nazista che fossero le detenute a essere trasferite nella sua clinica. Ma le sperimentazioni si arenarono in poco tempo.
Convinto dal colonnello delle SS Fritz Arlt, e nella prospettiva di poter disporre di cavie umane, Clauberg cedette alla richiesta di Himmler, offrendosi però di continuare le sue ricerche nel campo di Auschwitz. A seguito di una riunione svoltasi a Berlino il 7 luglio 1942, il professor Clauberg ricevette da Himmler l’incarico di approfondire i suoi studi sulla sterilizzazione non chirurgica proprio nel campo di concentramento di Auschwitz. All’equipe di Clauberg, Himmler aggiunse anche il professor Hans Holfelder, importante specialista in radiologia delle SS e già membro attivo del progetto Aktion T4, il programma nazista di eutanasia delle persone affette da malattie genetiche inguaribili o da gravi malformazioni fisiche.

Il Block 10 ad Auschwitz

Il Block 10 ad Auschwitz

Nel dicembre del 1942, Clauberg si trasferì inizialmente a Birkenau, nella Baracca 30. Successivamente gli venne assegnata parte del famigerato Block 10 del campo di Auschwitz. Lo accompagnava il suo assistente Johannes Golbel. Dopo aver chiesto e ottenuto da Himmler fondi per l’acquisto delle attrezzature e dei medicinali necessari, iniziò i suoi esperimenti sulle internate, costrette a diventare cavie-umane dietro la minaccia di finire nei forni crematori di Birkenau. Per tranquillizzare le ignare prigioniere fu detto loro che stavano sperimentando metodi per contribuire alla fertilità.
La donne internate nella baracca 10 furono inizialmente duecentosessantaquattro: ebree e rom tra i venti e i quaranta anni, provenienti per lo più da Belgio, Francia, Olanda e Grecia. A queste inconsapevoli cavie, Carl Clauberg iniettò nella cervice uterina soluzioni caustiche per inaridire le ovaie oppure per occludere le tube di Falloppio.
Tutti gli esperimenti erano verificati attraverso accertamenti radiografici, per rilevare se la sostanza iniettata fosse penetrata in profondità nelle ovaie. In alcuni casi, il dottor Clauberg immortalò alcuni esperimenti servendosi di Wilhelm Brasse, un fotografo polacco deportato dai nazisti nel campo di concentramento di Auschwitz con la matricola 3444.
Particolarmente arrogante e antipatico al personale militare e ai colleghi medici del Block 10, Clauberg mostrava atteggiamenti di sadismo nella sperimentazione.

Internate al lavoro a Ravensbrück

Internate al lavoro a Ravensbrück

Gli esperimenti provocarono sulle “cavie” dolori lancinanti, causando nel migliore dei casi febbre alta e infiammazioni delle ovaie, nel peggiore gravissime infezioni ed emorragie delle vie genitali, fino alla morte. Molte donne perirono, altre furono uccise per eseguirne l’autopsia, altre ancora furono destinate alle camere a gas al termine degli esperimenti. In molti casi, per constatare i risultati della sperimentazione, dopo circa un anno, alcune donne furono costrette a sottoporsi a rapporti sessuali con prigionieri del campo selezionati a questo scopo. Chi sopravvisse alla ricerca di Clauberg portò per tutta la vita i segni e i dolori di questi esperimenti.
Margita Neumann un’ebrea ceca raccontò l’esperimento cui fu sottoposta: «Il dottor Clauberg ordinò che mi sedessi sulla sedia ginecologica. Io potevo osservare Sylvia Friedmann», una detenuta infermiera della Slovacchia «mentre preparava una siringa con un lungo ago. Il dottor Clauberg mi fece una puntura nel basso ventre. Ebbi la sensazione come se la mia pancia dovesse scoppiare dal dolore. Incominciai a urlare così forte che tutto il blocco poteva sentirmi. Il dottor Clauberg mi apostrofò, ordinandomi di smettere subito di urlare, altrimenti sarei ritornata immediatamente nel campo di concentramento a Birkenau. Dopo questo esperimento ebbi un’infiammazione alle ovaie».
Altre testimoni riferiscono sul lavoro del medico nazista. Chopfenberg Chana, internata con matricola 50344, riferisce: «Il dottor Clauberg mi sottopose a quattro iniezioni, a due prove del sangue e a diversi altri esperimenti al basso ventre, soprattutto sull’utero. […] Nonostante dolori intensissimi, dopo ogni esperimento dovevo andare cantando al lavoro, col sorriso sulle labbra». Benguigui Chouraqui Fortunee, deportata con matricola 52301, dice: «Senza anestesia, il dottor Clauberg mi praticò ripetute iniezioni molto dolorose. Durante questa pratica, mi tenevano ferma per le mani ed i piedi, e mi tappavano la bocca. Dopo le iniezioni sopravvennero dolori terribili al basso ventre, e rimasi nel letto quasi priva di conoscenza. Per non essere punita dovevo trascinarmi agli appelli ed eseguire dei lavori». Goldgevit Chawa, matricola 52313 ad Auschwitz assicura che furono molte le vittime di Clauberg: «Al blocco 10 portavano sempre nuove vittime. Quando arrivava un nuovo gruppo, un altro di relitti umani veniva spedito ai forni crematori di Birkenau».

Dopo circa un anno dall’accettazione dell’incarico, e quindi al termine di una prima serie di esperimenti, Clauberg si convinse di aver scoperto il sistema per la sterilizzazione efficace e mascherata. Probabilmente si trattava di una soluzione composta da formalina e novocaina.
Clauberg scrisse a Himmler il 7 luglio del 1943, sostenendo che il suo metodo era quasi a punto e che un qualsiasi medico, con l’aiuto di dieci ausiliari, poteva sterilizzare sino a mille donne al giorno mascherando l’operazione come semplice visita ginecologica: «Il metodo da me ideato per effettuare la sterilizzazione dell’organismo femminile senza operazione è stato messo pressoché a punto. Consiste in una sola iniezione eseguita nell’apertura dell’utero e può essere praticato – nel corso dei consueti, noti esami ginecologici – da ogni medico».
Nell’inverno dell’anno seguente, tornò a scrivere a Himmler sostenendo di aver terminato gli esperimenti e che i risultati avrebbero potuto essere sottoposti al vaglio di una commissione. A riscontro del successo della sua attività di ricerca, affermò nella missiva, egli disse di aver sterilizzato di propria mano, fino all’autunno del 1943, ventitré donne, mentre il suo collaboratore Goebel, fino al tardo autunno del 1944, ne avrebbe sterilizzate altre centoventisette.
All’approssimarsi dell’Armata Rossa, il dottor Clauberg fuggì da Auschwitz per insediarsi nel campo di concentramento di Ravensbrück, dove continuò i suoi esperimenti.

I ferri di Clauberg rinvenuti nel 2010

I ferri di Clauberg rinvenuti nel 2009

Il crollo dell’esercito nazionalsocialista nel 1945 costrinse Clauberg ad abbandonare le sperimentazioni e a fuggire. Nel tentativo di raggiungere Himmler, fu catturato l’8 giugno dagli Alleati nello Schleswig-Holstein, la più settentrionale regione tedesca, ai confini con la Danimarca. Consegnato ai sovietici, fu sottoposto a un processo in Unione Sovietica è condannato a venticinque anni di reclusione in un Gulag.
Dopo soli sette anni di prigionia, Clauberg beneficiò dell’Accordo Adenauer-Bulganin, del 13 settembre 1955, con il quale si stabiliva tra le altre cose il rimpatrio degli ultimi prigionieri di guerra tedeschi reclusi nei campi sovietici.
Trasferito nel lager di Friedland nell’ottobre di quell’anno, il dottor Clauberg, che mai aveva rivelato la sua vera identità, divenne un uomo libero. Si stabilì a Kiel, dove riprese l’attività di medico ginecologo. Convinto che la storia si fosse dimenticata di lui, il medico cercò di aprire un centro clinico, ma commise un errore: nella ricerca di personale medico e paramedico utilizzò il suo vero nome e tutti i suoi titoli professionali e accademici. Per questo, nel novembre del 1955 lo Zentralrat der Juden (Consiglio Centrale Ebraico) presentò contro di lui un dossier alle autorità tedesche denunciandolo per crimini di guerra. Arrestato, Clauberg non fu mai giudicato: nell’agosto del 1957, poche settimane prima dell’apertura del processo, morì per attacco cardiaco.
Nell’agosto del 2010, in una casa abbandonata vicino al campo di Auschwitz, sono stati ritrovati oltre centocinquanta ferri chirurgici e ginecologici. Con ogni probabilità sono gli strumenti utilizzati proprio da Clauberg: ora sono conservati nel museo del campo per ricordare le vittime della criminale medicina nazista.

Per saperne di più
F. Galton, Essays in Eugenics – Eugenics Education Society, London 1909
A. Hitler, La mia battaglia – Bompiani, Milano 1939
D. Czech, Kalendarium. Gli avvenimenti nel campo di concentramento di Auschwitz 1939-1945 – ANED gennaio 2002 (http://www.deportati.it/librionline/Kalendarium.html)
R. J. Lifton, I medici nazisti. La psicologia del genocidio – Rizzoli, Milano 2003
A. Pavia, A. Tiburzi, Non perdonerò mai – Nuova Dimensione, Portogruaro 2006
K. Ericsson, E. Simonsen (a cura di), I “figli” di Hitler. La selezione della “razza ariana”. I figli degli invasori tedeschi nei territori occupati – Boroli, Milano 2007
H. J. Lang, Die Frauen von Block 10 – Hoffmann und Campe, Hamburg 2011
L. Crippa, M. Onnis, Il fotografo di Auschwitz. «Il mondo deve sapere» – Piemme, Milano 2013