TRA DUE “ETERNITÀ”: IL CALENDARIO DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

di Giancarlo Ferraris -

 

«L’era volgare fu l’era della crudeltà, della menzogna, della perfidia e della schiavitù; essa è finita con la monarchia, sorgente di tutti i nostri mali». Così, nel 1792, una commissione scientifica varò il calendario rivoluzionario, svincolato da riferimenti religiosi e basato sul sistema metrico decimale. La settimana lavorativa passò da sei a nove giorni, scontentando tutti. Rimase in vigore fino al 1805.

 

Rivoluzione anche nel tempo

        Quella del calendario è sicuramente una delle più originali, forse la più originale, novità introdotta dalla Rivoluzione francese. Se fosse rimasto in vigore fino a oggi le scuole inizierebbero negli ultimi giorni di fruttidoro e terminerebbero verso la fine di pratile. Le cose, però, non sono andate così: il calendario rivoluzionario francese detto anche calendario repubblicano francese rimase, infatti, in vigore per circa tredici anni, dal 1792 al 1805, e fu strettamente legato all’evento storico che lo generò. Vediamone brevemente la genesi. I rivoluzionari, dopo aver istituito il Sistema Metrico Decimale, pensarono di creare un nuovo calendario con cui celebrare e commemorare la fine della monarchia e la nascita della repubblica che era stata proclamata il 22 settembre 1792, giorno di capodanno per la nuova epoca repubblicana e quindi primo giorno del suo calendario. Il progetto, elaborato da una commissione scientifica di cui facevano parte, tra gli altri, i matematici e astronomi Joseph-Louis Lagrange e Pierre-Simon Laplace e il matematico e politico Gilbert Romme, venne presentato alla Convenzione Nazionale il 20 settembre 1793, entrando poi in vigore il 24 ottobre successivo. Così Gilbert Romme motivò la creazione del calendario rivoluzionario: «La Rivoluzione deve incidere con un nuovo bulino gli annali della Francia rigenerata. L’era volgare fu l’era della crudeltà, della menzogna, della perfidia e della schiavitù; essa è finita con la monarchia, sorgente di tutti i nostri mali […]. La nomenclatura antica è un monumento di servitù e d’ignoranza alla quale i popoli hanno successivamente aggiunto il segno del loro avvilimento […]. Così l’uguaglianza del giorno e della notte era segnata nel cielo nello stesso momento in cui l’uguaglianza civile e morale viene proclamata dai rappresentanti del popolo francese come il fondamento consacrato del suo nuovo giorno».
Il nuovo calendario si fondava sul Sistema Metrico Decimale, che doveva scandire il tempo della novella epoca inaugurata dalla Rivoluzione, non prevedeva più il ciclo delle settimane mutuato dal cristianesimo e dall’ebraismo, si caricava di valori prettamente laici e doveva armonizzare la nuova epoca della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità con le abitudini di vita tradizionali, comunque fortemente radicate nel costume e nella mentalità della gente. La Convenzione Nazionale incaricò il poeta, attore, drammaturgo nonché membro della Convenzione stessa Philippe François Nazaire Fabre detto Fabre d’Églantine di ideare i nomi dei mesi e dei giorni in sostituzione di quelli del calendario gregoriano.

La nomenclatura del nuovo calendario

        Il nuovo calendario era articolato in dodici mesi, ciascuno dei quali comprendeva tre decadi; la settimana, e quindi la domenica con tutti i suoi significati, era abolita. Per pareggiare il conto furono aggiunti cinque giorni liberi (sei per gli anni bisestili) dopo il dodicesimo mese. Venne previsto anche di suddividere il giorno in dieci ore anziché in dodici in concomitanza con la fabbricazione di orologi adatti. I mesi assunsero nomi pittoreschi ed evocativi, con intrinseci significati allegorici, in stretta correlazione ad aspetti del clima e a momenti della vita agricola della Francia, con l’obiettivo di dimostrare al popolo, come spiegò Fabre d’Églantine, «le ricchezze della natura, per fargli amare i campi e designargli con metodo l’ordine delle influenze del cielo e delle produzioni della terra»:

Autunno
Vendemmiaio (22 settembre – 21 ottobre)
Brumaio (22 ottobre – 20 novembre)
Frimaio (21 novembre – 20 dicembre)

Inverno
Nevoso (21 dicembre – 19 gennaio)
Piovoso (20 gennaio – 18 febbraio)
Ventoso (19 febbraio – 20 marzo)

Primavera
Germinale (21 marzo – 19 aprile)
Fiorile o Floreale (20 aprile – 19 maggio)
Pratile (20 maggio – 18 giugno)

Estate
Messidoro (19 giugno – 18 luglio)
Termidoro (19 luglio – 17 agosto)
Fruttidoro (18 agosto – 16 settembre)

Il mese di Brumaio in una incisione di Salvatore Tresca su disegno di Louis Lafitte, 1798

Il mese di Brumaio in una incisione di Salvatore Tresca su disegno di Louis Lafitte, 1798

Per quanto riguarda i singoli giorni essi vennero chiamati Primidì, Duodì, Tridì, Quartidì, Quintidì, Sestidì, Settidì, Ottidì, Novedì, Decidì e vennero dedicati non più ai santi, ma ai frutti della terra, con la sola eccezione del quinto e del decimo di ogni decade intitolati rispettivamente agli animali e agli attrezzi agricoli, esaltando in questo modo i valori della campagna e riconoscendo il ruolo centrale dell’agricoltura nell’economia francese. I cinque o sei giorni supplementari, chiamati Sanculottidì, furono dedicati alla Virtù (17 settembre), al Genio (18 settembre), al Lavoro (19 settembre), all’Opinione (20 settembre), alle Ricompense (21 settembre), alla Rivoluzione (22 settembre, solamente negli anni bisestili). Nel maggio 1794 vennero stabilite le feste da celebrarsi in sostituzione di quelle cristiane, una per ogni decade: l’Essere Supremo e la Natura, il Genere umano, il Popolo francese, i Benefattori dell’umanità, i Martiri della Libertà, la Libertà e l’Eguaglianza, la Repubblica, la Libertà del mondo, l’Amore per la patria, l’Odio per i tiranni e i traditori, la Verità, la Giustizia, il Pudore, la Gloria e l’Immortalità, l’Amicizia, la Frugalità, il Coraggio, la buona Fede, l’Eroismo, l’Abnegazione, lo Stoicismo, l’Amore, la Fede coniugale, l’Amore paterno, la Tenerezza materna, la Pietà filiale, l’Infanzia, la Gioventù, l’Età virile, la Vecchiaia, la Sofferenza, l’Agricoltura, l’Industria, i nostri Avi, la Posterità, la Felicità.
Il calendario rivoluzionario francese venne adottato anche in Italia e nei paesi europei dove sorsero, in seguito all’occupazione militare francese, le cosiddette Repubbliche sorelle modellate sull’esempio delle istituzioni della Francia rivoluzionaria e nei vari Stati creati da Napoleone Bonaparte il quale, tuttavia, il 9 settembre 1805 lo abolì (rimase in essere fino al 31 dicembre di quell’anno) ripristinando il calendario gregoriano che rientrò in vigore il 1° gennaio 1806. Esso fu riadottato, ma soltanto per diciotto giorni, durante i drammatici giorni della Comune di Parigi nel 1871.

Significati e funzionamento del calendario

        Tradizionalmente gli storici hanno visto nel calendario della Rivoluzione francese un palese attacco al cristianesimo e più in generale alla Chiesa cattolica. In realtà con il suo calendario la Rivoluzione francese espresse soprattutto la volontà di possedere la nuova epoca che da essa era sgorgata liberandosi dal passato assolutistico (e dalla sua scansione del tempo), benché non mancasse l’intenzione di abbattere il potere della Chiesa attaccandone la simbologia: i santi legati ai giorni, la domenica coincidente con il riposo settimanale, le feste annuali. Il calendario rivoluzionario, concepito anche per armonizzarsi con lo stile di vita tradizionale, incontrò molte resistenze da parte dei francesi, a partire dai membri della Convenzione Nazionale e dai funzionari pubblici, i quali la domenica, diventata giorno lavorativo, continuarono a fare festa: ciò per il semplice motivo che le decadi per la gente comune non avevano alcun significato pregnante oltre al fatto che la settimana lavorativa era passata da sei a ben nove giorni scontentando così tutti. La Convenzione Nazionale cercò di rendere interessanti e seducenti le nuove feste rivoluzionarie organizzando balli e distribuzioni gratuite di alimenti, ma senza alcun risultato. Anche altre ricorrenze tradizionali di stampo prettamente popolare, prima fra tutte il Carnevale, continuarono a essere festeggiate. Interessante a tale proposito l’osservazione della storica Mona Ozouf: «Per gli uomini che hanno sperato di “decretare l’eternità”, ma facendola partire da una rottura del tempo, ovvero l’eternità in avanti, è drammatico dover scoprire indietro un’altra eternità che sale dalla notte dei tempi, un passato che si impone senza nemmeno avere bisogno di essere rappresentato da un’istituzione o dai suoi agenti».
        Poco alla volta il calendario della Rivoluzione francese andò incontro al fallimento. I rivoluzionari intendevano determinare per sempre uno scorrere regolare e diverso del tempo, ma si scontrarono con la fortissima tradizione popolare, cristiana e non, del ritmo settimanale. A ciò si aggiunse il ripristino del riposo domenicale che cancellò automaticamente le decadi. Infine nel 1805 l’autorevole voce di Pierre-Simon Laplace condannò anche dal punto di vista scientifico il calendario rivoluzionario: Laplace, infatti, fece notare che l’introduzione del Sistema Metrico Decimale non aveva alcuna relazione con la misurazione del tempo il quale rimaneva (e rimane tuttora) connesso a fatti astronomici e non a eventi politici e storici oltre a denunciare il fatto che il nuovo computo del tempo aveva ripercussioni negative sullo svolgimento delle relazioni politiche ed economiche tra la Francia e il resto dell’Europa.

 

 

 

Per saperne di più
C. Cantù, Cronologia per servire alla Storia Universale, Torino, 1838
M. de Paulis – G. Pontremoli – M. Salomone, La Rivoluzione del Calendario, Torino, 1988
F. Furet – D. Richet, La Rivoluzione francese, trad. it., Bari, 1974
F. Mastropasqua, Le feste della Rivoluzione francese (1790-1794), Milano, 2009
Mona Ozouf, La festa rivoluzionaria 1789-1799, Bologna, 1982