THOMAS SKELTON, IL JOKER DI MUNCASTER

di Alberto Ferrero –

Sadico giullare o killer seriale? La figura di questo misterioso personaggio del XVI secolo, a metà tra storia e leggenda, sembra abbia suscitato l’interesse non solo di curiosi e giornalisti ma anche di William Shakespeare e, in tempi recenti, di Stephen King.

 

Il castello di Muncaster

Muncaster Castle - A P Kapp

Muncaster Castle – AP Kapp

Muncaster è un castello di proprietà privata, con vista sul fiume Esk, a circa un miglio a est della costa occidentale della città di Ravenglass in Cumbria, in Inghilterra. Risulta registrato nella National Heritage List for England, tra i palazzi britannici considerati di “primo grado”. Il toponimo “Muncaster” contiene la parola latina castra, che significa “accampamento” o “forte”. Si sospetta che il sito del castello si trovi su fondamenta risalenti all’epoca romana, che, se esistono, potrebbero rappresentare un castellum per la vicina fortezza romana di Glannoventa, a Ravenglass. Muncaster è di proprietà della famiglia Pennington, che ha vissuto lì per almeno 800 anni. La tenuta fu concessa ad Alan de Penitone nel 1208. Le parti più antiche del castello comprendono la Sala Grande e la cosiddetta “pele tower” del XIV secolo, un tipo di “orologio-torre di fortificazione” unico nella regione di confine inglese-scozzese. Tra il 1860 e il 1866 Anthony Salvin ristrutturò ampiamente il castello per i baroni di Muncaster.

Chi era Thomas Skelton

Come molti dei castelli inglesi e case signorili, Muncaster è presumibilmente ossessionato da una certa dose di fantasmi, tra i quali quello di un giullare di corte infame e criminale, di nome Thomas Skelton.
Anche se gli aspetti della vita di Skelton sono solo abbozzati (perché era tecnicamente un servo, senza una sua registrazione dettagliata, di lui si sa qualcosa solo nei documenti del castello), si crede che sia stato assunto da sir Alan Pennington, probabilmente come buffone di corte, ma anche in qualità di insegnante del vero signore del castello di Muncaster, William Pennington, che aveva quattordici anni quando suo padre morì a metà del XVI secolo. Come i Penningtons vennero a sapere di Skelton e lo avessero assunto non è chiaro, ma quest’ultimo comunque non impiegò molto tempo nel crearsi una fama non solo come brillante intrattenitore ma anche, se la leggenda è da credere, come una sorta di joker cinquecentesco mortalmente pericoloso.
Secondo una storia locale, Skelton aveva l’abitudine di sedersi sotto un albero di castagno (presente ancora oggi) nel parco del castello, lì dove era solito offrire indicazioni per i viaggiatori e i passanti sulla strada che correva dal castello stesso. Chiunque avesse avuto la sfortuna di essere preso in antipatia da Skelton, non sarebbe stato mai condotto sulla strada giusta, ma era invece intenzionalmente diretto verso le pericolose sabbie mobili delle vicine scogliere, da cui c’era poca possibilità di fuga. Quante persone Skelton abbia presumibilmente inviato alla morte in questo modo non è noto, ma, sia vero o no, anche questa triste storia non è la cosa peggiore a lui attribuita.

Le mani assassine del clown

thomas skelton

Skelton nel dipinto conservato al castello di Muncaster

Skelton veniva chiamato Tom Fool, Tom il pagliaccio, da cui il termine tomfoolery, ovvero “pagliacciata”. Solo che i suoi scherzi non erano quelli tipici dei ben noti e simpatici clown da circo di oggi, bensì qualcosa di molto più perfido, di fronte al quale forse persino lo storico joker di Heath Ledger sarebbe impallidito. C’è una voce che vorrebbe il personaggio di Tom Fool, nel Re Lear di William Shakespeare, basato proprio su Thomas Skelton, un pazzo dal senso dell’umorismo sadico. Il detto “Tom Foolery” presumibilmente deriva dal talento di Skelton nell’inviare i viaggiatori che non gli piacevano verso la morte nelle sabbie mobili del fiume Esk.
Nel 1825 un giornalista e redattore locale di nome John Briggs pubblicò una serie di saggi e lettere in cui raccontò una vicenda risalente ai tempi di Skelton a Muncaster.
La storia racconta che la figlia non sposata di sir Pennington, Helwise, uscì di nascosto una notte per andare a un ballo nel villaggio locale. Vestita come una pastorella, Helwise Pennington nascose la sua identità ma respinse le avances di un tizio piuttosto invadente, conosciuto come Wild Will di Whitbeck. Helwise incontrò quella sera un giovane falegname di nome Richard, che alla fine divenne il suo amante segreto. Ma Whitbeck, che Helwise aveva respinto, era così geloso che li seguì fino a quando non apprese la loro vera identità. Un cavaliere, tale sir Ferdinand, che avrebbe voluto sposare Helwise, venuto a sapere della relazione tra la giovane figlia di lord Pennington e il falegname, contattò Skelton, che aveva accusato Richard di aver rubato degli scellini (probabilmente non era vero) per avere il suo appoggio: il falegname la doveva pagare per l’affronto subito. Un’altra versione vorrebbe lo stesso Skelton aver visto coi suoi occhi la tresca, prontamente riferita a sir Pennington, che gli ordinò così di sbarazzarsi del falegname.
Alcune versioni della storia raccontano che Skelton, mentre intratteneva Richard con scherzi e trucchi di magia promettendogli di aiutarlo a fuggire con Helwise, riuscisse farlo ubriacare con una notevole quantità di sidro; una volta addormentato, Skelton prese gli strumenti da lavoro del falegname e, secondo il racconto di Briggs, gli tagliò la testa con un’ascia, nascondendola sotto un mucchio di trucioli di legno. Quando poi tornò al castello, Tom (così come si suppone) disse agli altri servitori con freddo sarcasmo: «Quando questo stupido pigrone si sveglierà, avrà difficoltà a trovare la testa». Skelton portò poi al suo padrone la testa del falegname, ma non è chiaro quale sia stata la reazione di sir Pennington. Briggs racconta anche dei numerosi tentativi di corteggiamento, ovviamente tutti falliti, di sir Ferdinand nei confronti di Helwise. Entrambi furono destinati a un’infausta sorte: la figlia di sir Pennington andò a vivere in un convento e impazzì, mentre sir Ferdinand morì in battaglia.

La fine di Skelton e il suo testamento

Tom Skelton, il joker di Muncaster, l’enigmatico buffone di corte, l’uomo dai sinistri modi e dai perfidi tiri mancini, annegò nelle acque del fiume Esk, in prossimità di quelle stesse sabbie mobili in cui si dice abbia inviato alla morte diversi ignari (e sventurati) viaggiatori: secondo il folklore locale, fu il salato conto che Tom Fool dovette versare alle sue vittime. Un ritratto inquietante, a figura intera, del malvagio Tom si trova ancora oggi nella sala del castello di Muncaster: Skelton, armato di bastone, indossa una lunga veste bizzarra e variopinta. Nella parte sinistra del quadro si vede il testamento nel quale Skelton predice la sua morte per annegamento.
Ecco il testo.

Thoms. Skelton late fool of Muncaster last will and Testament
Be it known to ye, oh grave and wise men all,
That I Thom Fool am Sheriff of ye Hall,
I mean the Hall of Haigh, where I command
What neither I nor you do understand.
My Under Sheriff is Ralph Wayte you know,
As wise as I am and as witty too.
Of Egremond I have Burrow Serjeant beene,
Of Wiggan Bailiff too, as may be seen
By my white staff of office in my hand,
being carried straight as the badge of my command:
A low high constable too was once my calling,
Which I enjoyed under kind Henry Rawling;
And when the Fates a new Sheriff send,
I’m Under Sheriff prick’d World without end.
He who doth question my authority
May see the seal and patten here ly by.
The dish with luggs which I do carry here
Shews all my living is in good strong beer.
If scurvy lads to me abuses do,
I’ll call ’em scurvy rogues and rascals too.
Fair Dolly Copeland in my cap is placed;
Monstrous fair is she, and as good as all the rest.
Honest Nich. Pennington, honest Ths. Turner, both
Will bury me when I this world go forth.
But let me not be carry’d o’er the brigg,
Lest falling I in Duggas River ligg;
Nor let my body by old Charnock lye,
But by Will. Caddy, for he’ll lye quietly
And when I’m bury’d then my friends may drink,
But each man pay for himself, that’s best I think.
This is my Will, and this I know will be
Perform’d by them as they have promised me.
Sign’d, Seal’d, Publish’d, and Declared in the presence of
HENRY RAWLING
HENRY TROUGHTON
THS. TURNER
THS. SKELTON, X his Mark

L’eredità di Tom

it-stephen-kingAl di là dei dettagli della sua vita e di come siano stati raccontati dalla tradizione locale, la memoria di Tom Skelton resiste nel tempo e coloro che vengono definiti i suoi eredi, vale a dire i giullari di corte di oggi, continuano ad allietare le giornate del castello di Muncaster in concorsi annuali ritenuti non soltanto una forma di divertimento, bensì un modo per onorare la figura di un uomo che avrebbe non solo dato spunti a Shakespeare, ma che forse sarebbe persino l’ispiratore dell’It (se non anche del Jack Torrance di Shining) di Stephen King. E, naturalmente, il modello cardine dei malvagi clown per anni sfornati in ambito televisivo e cinematografico. Per chi non crede ai fantasmi, nel caso di Skelton dovrà purtroppo ravvedersi: le tomfooleries di Tom echeggerebbero ancora oggi, stando a molte testimonianze, dalle mura di Muncaster, all’ossessiva ricerca di qualche altro tragico scherzo.

 

 

Per saperne di più

Anthony Emery, Greater Medieval Houses of England and Wales, 1300-1500, Volume I: Northern England – Cambridge, Cambridge University Press, 1996.
www.muncaster.co.uk
William Hurrell Mallock, Memoirs of Life and Literature – New York, Harper & Brothers Publishers, 1920.