SPIGOLANDO TRA LE VICENDE DELLA CHIESA

di Pier Luigi Guiducci -

 

La storia della Chiesa non è fatta solo di magistero e apostolato. Nella suo lungo percorso bimillenario si sono accumulati aneddoti, racconti e curiosità che meritano di essere raccontati.

 

Nel corso del tempo sono diversi gli episodi che ricordano dei fatti accaduti nel mondo ecclesiale. Si tratta in genere di avvenimenti che hanno lasciato un segno. Ovviamente, il modo di trasmetterli ha subìto delle modifiche nel tempo. Sul piano storico si tratta quindi di individuare le fonti, e di cancellare inutili aggiunte. Quelle che comunque rimangono significative, al riguardo, sono le diverse espressioni dell’umano che attraversano i secoli.

La prima parolaccia nella storia della Chiesa

san-clemente

L’affresco di San Clemente con le frasi evidenziate

Negli ambienti sottostanti la basilica di San Clemente a Roma (vicino San Giovanni in Laterano) si trova una pittura particolare.  Riguarda la Passio Sancti Clementis. In più “quadri” è raffigurato il martirio del Papa Clemente I [1].  Il capo degli aguzzini, Sisinnio, fa trascinare il Pontefice verso la prigione. Ma avviene un fatto. Dio libera il perseguitato. E i due servitori non si accorgono che non stanno trascinando il santo, ma una pesante colonna., impossibile da trasportare. Per questo motivo il capo  dei carnefici, Sisinnio, comincia a imprecare. Dalla sua bocca esce un urlo che è trascritto nella parete (come un moderno fumetto): “Fili de le pute, traite!”. Cioè: “Figli di puttana, tirate!”.
Con riferimento a tale rappresentazione pittorica si deve annotare che si tratta di una delle prime iscrizioni in Italiano antico. La frase è a metà tra il latino tardo e l’italiano antico. Al riguardo occorre osservare la presenza della preposizione articolata “DE LE” (delle), in latino non esistevano né le preposizioni né gli articoli, oppure all’assenza dell’H nella parola “TRAITE” (in latino: “trahite”).[2]

Lo “schiaffo” di Anagni

Bonifacio VIII

Bonifacio VIII

Nell’ambito del conflitto tra il Papa Bonifacio VIII[3] e la Casa di Francia (che proteggeva la Famiglia Colonna), si inserisce anche un episodio critico. Nel 1303, aveva raggiunto l’Italia un alto esponente della monarchia francese. Si trattava di Guglielmo di Nogaret[4], membro del Consiglio di Stato.
Sulla missione diplomatica che doveva svolgere mancano i dati. Si rimane comunque dell’avviso che egli fosse stato incaricato dal monarca Filippo IV “il Bello”[5] di consegnare al Papa un atto di notifica. In tale documento, probabilmente, si ordinava al Pontefice di presentarsi a un concilio di vescovi francesi al Louvre. Qui, Bonifacio VIII sarebbe stato giudicato con riferimento ai reati di cui era accusato. In definitiva, si trattava di obbligare il Papa a convocare detto Concilio, e di condurlo a Parigi anche con la forza.
In tale contesto, il Nogaret venne informato (2 settembre 1303) che Bonifacio VIII stava per pubblicare la Bolla Super Petri solio. Con tale documento era scomunicato il re di Francia. Il rappresentante del monarca decise allora di abbreviare i tempi. Unendo i propri armati con quelli di Giacomo Colonna, detto “Sciarra” (= ‘’litigioso’, ‘attaccabrighe’)[6], raggiunse Anagni, ove risiedeva il Pontefice.
All’alba del 7 settembre le truppe entrarono in città. L’incontro con il Papa avvenne nell’episcopio annesso alla cattedrale. È probabile che verso la persona del Capo della Chiesa furono compiuti atti violenti. Ci fu anche una carcerazione. Dopo due giorni, la situazione si sbloccò per due motivi. Da una parte permaneva un rifiuto del Pontefice ad accettare le condizioni imposte dagli assalitori. E, dall’altra, divenne minacciosa per i nuovi arrivati la presenza di chi intendeva liberare Bonifacio VIII. Il Papa fu salvato e tornò a Roma. Morì un mese dopo.
Con il trascorrere del tempo “l’oltraggio di Anagni” si arricchì di alcuni dettagli. Corse voce che il Pontefice era stato schiaffeggiato da Giacomo Colonna (“lo schiaffo di Anagni”). In mancanza di dati certi, lo storico rimane prudente. Si può solo dire che se lo “schiaffo” avvenne con un guanto di ferro certamente procurò lesioni.[7]

Papa Pio II Piccolomini

Enea Silvio Piccolomini (1405-1464) divenne Papa nel 1458. Con il tempo si accorse di quanti si avvicinavano a lui per ottenere favori. Così, un giorno esclamò: “Quand’ero Enea / nessun mi conoscea; / adesso che son Pio / mi chiaman tutti zio”.[8]

L’epitaffio dedicato a Pietro Aretino

Il poeta Pietro Aretino nacque ad Arezzo (1492) e morì a Venezia nel 1556. Fu poeta, scrittore e drammaturgo. Sul piano storico si ricorda di frequente una sua opera: I sonetti lussuriosi. Si tratta di un lavoro a sfondo erotico (1526).[9] Le sue critiche verso i contemporanei non lo resero gradito in più ambienti. Per questo motivo, il vescovo Paolo Giovio (1483ca-1552) propose di scrivere sulla lastra tombale dell’Aretino: “Qui giace l’Aretin, poeta Tosco, / che d’ognun disse mal, fuorché di Cristo / scusandosi col dir: “Non lo conosco”.[10]

Santa Teresa d’Avila

Teresa nacque ad Ávila il 28 marzo del 1515. Morì ad Alba de Tormes il 15 ottobre 1582. Fu una religiosa spagnola. Rimane una delle figure più importanti della Riforma Cattolica. Fondatrice delle Carmelitane Scalze, e sostenitrice della nascita dei Carmelitani Scalzi. Fondò diversi monasteri e scrisse testi di elevata spiritualità. Donna pratica ma anche mistica. È stata nel 1970 proclamata Dottore della Chiesa.
Teresa si stava recando un giorno in una città della Spagna per una fondazione. Il tempo era avverso. Vento e pioggia. Ad un tratto, i cavalli della carrozza sbandano. I viaggiatori sono rovesciati nell’acqua del vicino fossato. La santa si lamentò con il Signore: ‘Sono consacrata ai tuoi interessi e tu mi lasci soffrire così?”. E Gesù: ‘‘Teresa, così tratto i miei amici!’. E la santa: ‘‘Per questo ne hai così pochi!”.[11]
Con riferimento a Teresa d’Avila si può anche ricordare il fatto che è la patrona dei giocatori di scacchi. Tale titolo le deriva da un suo scritto, Cammino di perfezione (1564-1566), che si riporta qui di seguito.“(…) Credetemi, colui che giocando a scacchi non sa dispor bene i pezzi, giuocherà molto male: se non sa fare scacco, non farà neppure scacco matto… Voi certo mi biasimerete nel sentirmi parlare di giochi… Dicono che qualche volta gli scacchi sono permessi; a maggior ragione sarà permesso a noi di usarne ora la tattica. Anzi, se l’usassimo spesso non tarderemmo a fare scacco matto al Re divino… A scacchi la guerra più accanita il re deve subirla dalla regina, benché vi concorrano da parte loro anche gli altri pezzi. Orbene non vi è regina che più obblighi alla resa il Re del cielo quanto l’umiltà”.[12]

Papa Sisto V

Sisto V

Sisto V

Il marchigiano Sisto V (al secolo Felice Peretti) nacque nel 1521 a Grottammare, allora nella giurisdizione di Fermo. Appartenne all’Ordine dei Frati Minori Conventuali. Fu inquisitore a Verona. Il suo pontificato ebbe inizio nel 1585. Morì nel 1590.
Divenuto Papa si mostrò rigoroso sul piano disciplinare. Affrontò la piaga del brigantaggio, le opposizioni interne e le posizioni avverse alla dottrina cattolica. Si racconta che un giorno fu avvisato di un fatto. Da un crocifisso di una chiesa usciva sangue. La situazione era delicata. Il popolo andava a pregare davanti alla sacra effigie. Inoltre, i crocifissi erano in genere proprietà di confraternite, ed erano portati all’aperto all’inizio delle processioni. Serviva cautela.
A questo punto il Papa raggiunse il luogo di culto. Si mise davanti al crocifisso. Si fece dare un’ascia. E poi esclamò a gran voce: “Come Cristo Ti adoro, come legno ti spacco!”. E colpì la sacra opera. Si vide allora che dentro la statua c’era una spugna imbevuta di sangue. Chi aveva lucrato sul fatto “straordinario” fu incarcerato a Castel Sant’Angelo.
Da quel fatto derivò un detto romano: “Papa Sisto, che nun la perdonò manco a Cristo”. L’episodio, comunque, doveva avere alcuni elementi veri se il poeta Giuseppe Gioacchino Belli[13] lo volle ricordare in un sonetto del 9 aprile 1834:
“Fra ttutti quelli c’hanno avuto er posto / de vicarj de Dio, nun z’è mai visto / un papa rugantino, un papa tosto, / un papa matto uguale a Ppapa Sisto. / E nun zolo è da dì che dassi er pisto / a chiunqu’omo che j’annava accosto, / ma nu la perdunò neppur’a Cristo, / e nemmanco lo roppe d’anniscosto. / Aringrazziam’Iddio c’adesso er guasto / nun po’ ssuccede ppiù che vienghi un fusto / d’arimette la Chiesa in quel’incrasto / perché nun ce po’ èsse tanto presto un altro papa che je piji er gusto / de mèttese pe nome Sisto Sesto.”
Esiste pure un altro aneddoto. Sisto V non si fidava dei funzionari locali che avevano il compito di riscuotere le tasse. Per questo motivo il Pontefice, che era marchigiano, assergno il compito di esattore a dei suoi fidati compaesani. Da tale episodio derivò un detto romano: “mejo ‘n morto dentro casa / cchè ‘n marchisciano fori daa porta”.[14]
Sempre con riferimento al pontificato di Sisto V si ricorda un altro fatto: la “Trasportatione” dell’imponente obelisco egizio in piazza S. Pietro a Roma. Durante le operazioni di innalzamento, il Papa aveva ordinato l’assoluto silenzio, pena la morte. Nel momento più delicato, le corde stavano però per cedere e un temerario marinaio ligure gridò “Acqua alle corde!”: i lavoratori bagnarono immediatamente le funi, scongiurando la tragedia. Al termine dell’operazione, le campane suonarono a festa e il marinaio venne graziato dal Papa.[15]

La sorella di Sisto V

Il Papa Sisto V aveva una sorella maggiore. Si chiamava Camilla Peretti (1519-1605). Aveva trascorso la prima parte della sua vita nel Piceno. Dopo la nomina di suo fratello a Pontefice si trasferì a Roma (1586). Sposò Giovanni Battista Mignucci. Nacquero Francesco e Maria Felice. Donna di cultura, sensibile alle arti. Conobbe il pittore Caravaggio. Nei primi mesi del 1590 le fu dedicata una medaglia in bronzo. Vi era impressa la dicitura “CAMILLA PERETTA SYXSTI V. P.M.SOROR” (Camilla Peretti sorella di Sisto V Pontefice Massimo). Il 27 agosto 1590 morì il fratello Papa. Divenuta vedova, venne corteggiata da diversi nobili, ma non trovò un pretendente gradito. Scelse in ultimo di entrare in un monastero e morì suora. In tempi successivi, nell’immaginario popolare romano, divenne noto un detto romano: “[È come] La sòra Camilla, tutti la vònno e nissuno la pija”.[16]

L’esclamazione di san Filippo Neri

San Filippo Neri[17] è stato un presbitero nato a Firenze ma vissuto a Roma. Sapeva coniugare la vita mistica con un comportamento allegro che talvolta stupiva le persone. In realtà, i suoi momenti ilari, la sua arguzia, erano mirati a celare quanto sperimentava nella sua anima. Insieme a ciò, le frequenti battute simpatiche che usava esclamare erano un modo per calmare a volte degli usi del tempo ove le vertenze tra singoli o tra nobili erano regolate anche con duelli. In tale contesto, quando qualcuno gli faceva perdere la pazienza, il santo usava talvolta un’espressione romanesca ma “addolcita” in senso apostolico. Ecco la frase: “te possi morì mmazzato…ppe la fede!”.[18]
Fa sorridere anche un altro fatto. Con arguzia romana, il popolo dell’Urbe, quando il Papa canonizzò Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Isidoro il Fattore, Teresa d’Àvila e Filippo Neri, mise in giro la voce che il Pontefice aveva canonizzato “quattro spagnoli e un santo”.[19]

Confraternite e Anni Santi

Nei Giubilei del XVII secolo svolsero un ruolo significativo le Confraternite. Ognuna di loro aveva una propria organizzazione. I membri si distinguevano per gli abiti e per alcuni stendardi e insegne. Tutte queste associazioni di laici arrivavano a Roma per lucrare l’indulgenza, e purificarsi così dai peccati. Esisteva però un certo spirito campanilistico tra Confraternite italiane, e tra queste e quelle di altri Paesi. Al riguardo, la cronaca registra fatti incresciosi. Se due gruppi si trovavano sullo stesso percorso e il passaggio era stretto, nasceva un diritto di precedenza. Siccome nessuno riconosceva all’altro tale vantaggio, avvenivano anche tafferugli.[20]

Un Giubileo tranquillo?

Il Giubileo del 1650 fu un anno di Grazia per la Chiesa, ma non si svolse proprio in modo tranquillo. Non mancarono, ad esempio, le rivalità interne alla Famiglia Pamphili. Da questo nucleo proveniva Innocenzo X. La sua politica si era scontrata con quella del card. Mazzarino (filofrancese; successore del Richielieu) e con due cardinali Barberini (Francesco e Taddeo; rifugiati in Francia). Si arrivò comunque a un compromesso ma le criticità non erano finite. Emerse infatti la figura di donna Olimpia Maidalchini (viterbese; benestante).[21] Aveva sposato il fratello maggiore di Innocenzo X (Pamfilio). Rimasta vedova, utilizzò il proprio ruolo per influire sulle dinamiche interne.
Il figlio di Olimpia, Camillo, fu nominato capo della flotta e delle forze dell’ordine della Chiesa. In seguito, fu creato cardinale, ma vi rinunziò per sposare Olimpia Aldobrandini (giovane vedova del principe Borghese). La Maidalchini non fu favorevole al matrimonio. Da qui, una serie di episodi non sereni tra le due donne che fornirono ampio materiale di pettegolezzo.
Unitamente a ciò, si registrarono anche vari alterchi e scontri tra pellegrini francesi e spagnoli, i cui Stati in quel periodo erano tra loro in guerra.[22]

Le battute di spirito di Benedetto XIV

Benedetto XIV (nato Prospero Lorenzo Lambertini (1675-1758), arcivescovo di Bologna, divenne Papa nel 1740 con il nome di Benedetto XIV. Il suo pontificato durò dal 1740 alla morte. Di lui si raccontano molte battute. Al superiore generale dei Gesuiti disse: “È di fede che io avrò un successore; di voi non è detto”. “Benché tutta la verità sia racchiusa nel mio petto, devo confessare che non trovo la chiave”. “Patì sotto Ponzio” esclamò sul letto di morte, alludendo al nome del suo medico, Ponzio.[23] La sua politica aperta al dialogo con più interlocutori lo rese gradito anche a Pasquino che di lui scrisse: “Ecco il papa che a Roma si conviene. / Di fede ne possiede quanto basta, / manda avanti gli affari della casta / e sa pigliare il mondo come viene”.[24]

Un piatto di pasta anticlericale

Esiste una pasta chiamata “strangulapriévete”, “strozzapreti”. Secondo alcuni studiosi il termine deriva dal greco: da straggalào, arrotolare e da prepto, incavare. Tale prodotto culinario si ricava dall’impasto di acqua, farina e sale. Questo, viene poi arrotolato sul tagliere cosparso di farina asciutta. Si ottengono dei piccoli bastoncini, spessi un centimetri. Si tagliano poi in piccoli cilindretti di un paio di centimetri ognuno. In seguito, sono incavati, facendoli strusciare sul tagliere, e tenendoli premuti contro lo stesso con il polpastrello dell’indice o del medio della mano.
Con il trascorrere del tempo, e con le vicende legate allo Stato della Chiesa, il termine “strozzapreti” assunse un significato allegorico. In pratica, lo si utilizzò per esprimere una posizione anticlericale. Carola Francesconi nel libro La cucina napoletana[25] ha raccontato una storiella raccolta nei quartieri “bassi napoletani”. Un prete, buongustaio e affamato, mangiò con tale rapidità e abbondanza un piatto di gnocchi da restarne soffocato.
Tale allegoria è simile a quella che fa rif. ai notabili clericali di Manfredonia (Puglia). Qui, si racconta una storiella legata al toponimo della pasta. Un prete di nome Matteo Marino, dopo un pellegrinaggio alle grotte di San Michele di Monte Sant’Angelo, si fermò a pranzare in un’osteria frequentata da gente anticlericale. L’oste, vedendo un abito talare nel suo locale, chiese alla moglie di inventare un tipo di pasta gustosa ma capace di “strozzare” l’avventore.
La cit. leggenda si ritrova, con modifiche, anche nei paesi dell’Emilia Romagna. Ai romagnoli non erano molto graditi i preti per le tasse e i costumi severi imposti dallo Stato della Chiesa. Secondo alcuni popolani i preti vivevano sfruttando la povera gente. Le massaie non potendo ribellarsi all’invadenza clericale, avrebbero inventato il piatto in oggetto da offrire ai prelati in visita nelle case. In tal modo, il prete goloso, mangiando, poteva strozzarsi e morire.
Sempre in chiave anticlericale, si può cit. la Toscana. Qui si ritiene che il termine strangolapreti o l’analogo strozzapreti, derivi della pasta lunga simile alle stringhe utilizzate dagli anarchici per strangolare i preti. Nel caso degli gnocchi, l’augurio era che la pasta potesse andare di traverso al prete in modo da ucciderlo per soffocamento.[26]

Il cardinale Consalvi e Napoleone

Durante il periodo napoleonico la Santa Sede dovette affrontare molte criticità. Pio VI era morto prigioniero in Francia nel 1799. Sulla cassa fu scritto: “Cittadino Giannangelo Braschi – in arte Papa”. In tale contesto, Pio VII affidò al suo Segretario di Stato, cardinale Ercole Consalvi[27], di affrontare l’imperatore di Francia per arrivare alla firma di un Concordato. In assenza di tale atto i rapporti tra la Santa Sede e lo Stato francese rimanevano conflittuali. Consalvi fu inviato a concludere (1801) a Parigi un’intesa con Napoleone I. Le trattative non furono semplici. Durarono 13 mesi. Consalvi si trovò davanti un interlocutore che voleva, tra l’altro, tutti i beni ecclesiastici incamerati dallo Stato francese con la Costituzione Civile del Clero (1790). Inoltre, Napoleone – su consiglio di Talleyrand – si mostrò in apparenza flessibile in alcuni punti mentre, in segreto, faceva preparare 77 Articoli Organici a favore dell’impero che allegò al Concordato in modo unilaterale. In tale contesto si racconta un episodio che evidenzia la capacità del Consalvi di contrastare Napoleone senza offenderlo.
Si racconta che un giorno, l’imperatore in un impeto di collera disse: “Io distruggerò la Chiesa”. E Consalvi: “Maestà, non ci siamo riusciti noi preti in 17 secoli…”.[28]

Leone XII e il vescovo americano

Il pontificato di Leone XIII (1810-1903) durò dal 1878 alla sua morte. Un aneddoto che lo riguarda è quello dell’udienza concessa uno o due anni prima della morte a un giovane vescovo americano in visita ad limina. All’epoca i viaggi transoceanici erano più impegnativi rispetto ad oggi. Un vescovo USA non aveva quindi molte opportunità di recarsi a Roma. Il giovane presule, sapendo che difficilmente avrebbe avuto modo di rivedere l’anziano Pontefice, nel congedarsi da lui, disse: “Addio, Beatissimo Padre, credo che non potrò mai più rivederLa”. E il Papa: “Eccellenza, soffre forse di un brutto male?”.[29]

Trilussa e certi “cattolici”

Tra i più noti poeti romaneschi si colloca Trilussa (pseudonimo di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri). Era nato a Roma nel 1871 e nella stessa città morì nel 1950. Le sue composizioni in dialetto rimangono a tutt’oggi diffuse. Tra le molte, ne esiste una ove l’A. trasmise un messaggio a un amico.
Questo, da anticlericale era divenuto – dopo il Concordato Stato-Chiesa – una persona “religiosa”. Trilussa lo mise alla berlina con prudenza a motivo della censura. E inserì la strofa in un sonetto dal titolo:”Er testamento di Meo Del Cacchio”. Per evitare problemi con Mussolini specificò che il testamento era di un poeta un po’ sbronzo. “Oggi li ventinove de febbraro / der millenovecentotrentasette, / doppo bevuto dodici fojette /assieme ar Dottor P., reggio notaro, / benché nun sia sicuro de me stesso / dispongo e stabbilisco quanto appresso /.”
Poi Trilussa toccò sul piano generale il tema della falsa fratellanza: “(…) Lascio all’Umanità, senza speranza, / quer tanto de buon senso e de criterio / che m’ha ajutato a nun pijà sur serio / chi un giorno predicò la Fratellanza, / eppoi, fatti li conti a tavolino, /condannò Abbele e libberò Caino /”.
Arrivò infine la stoccata sul Concordato: “(…) A Mario P., che dopo er Concordato / nun attacca più moccoli e va in chiesa, / je lascerò, sia detto senza offesa, / er sospetto che c’abbia cojonato / e fosse più sincero ne li tempi / quanno ce dava li cattivi esempi / (…)”.[30]

La telefonata del venerabile Pio XII

Pio XII (1876-1958), eletto nel 1939, utilizzò il telefono (il suo predecessore era solito far chiamare dalla segreteria). Pochi giorni dopo la sua elezione fece una telefonata in Segreteria di Stato. Disse: ”Pronto? Qui parla il Santo Padre.”. E dalla Segreteria (ove non si era ancora abituati a ricevere chiamate dal Papa) risposero: ”Ah sì? Se tu sei il Santo Padre io sono Napoleone!”. E riattaccarono.[31]

Monsignor Tardini e monsignor Chiappetta

Mons. Domenico Tardini[32] fu, nell’arco del suo cursus ecclesiastico, anche Sostituto della Segreteria di Stato per gli Affari Straordinari. Era Pontefice Pio XII . Sopra il suo appartamento c’era quello di mons. Spirito Maria Chiappetta.[33] Quest’ultimo, aveva l’abitudine di spostare di notte dei mobili. Tardini si contrariò. Disse con voce forte a una suora: “va da lui e digli che se non la smette lo piglio a calci nel cognome”. Smisero d’improvviso i rumori. Il fatto fu noto in Vaticano.
Per motivo di ufficio, Tardini incontrò poi Pio XII. Disse il Papa: “Perché voleva prendere quello a calci nel cognome?”. E Tardini: “Santità mica lo potevo prendere a calci nel nome, si chiama Spirito Maria!”.[34]

San Pio da Pietrelcina

Pio da Pietrelcina (al secolo Francesco Forgione) nacque a Pietrelcina nel 1887 e morì a San Giovanni Rotondo nel 1968. Religioso (Frati Minori Cappuccini) e presbitero. La Chiesa lo ha canonizzato nel 2002. Con rif. a questo santo, Saverio Gaeta ha riportato in un suo libro un episodio raccontato da padre Pellegrino Funicelli. Si riporta qui di seguito il testo.
“Nel 1952 ci fu la visita del Procuratore generale padre Agatangelo da Langasco e noi di San Giovanni Rotondo avevamo saputo una frase che egli avrebbe pronunziato a nostro riguardo: “Vado laggiù e metto a posto io quella famiglia di quattro stupidi”. Prima che arrivasse, noi frati ci chiedevamo come accoglierlo. Allora padre Pio suggerì ridendo: “Ha detto che siamo una famiglia di stupidi? E noi lo accoglieremo come uno di famiglia!”.[35]
Esistono poi una serie di testimonianze dell’attore Carlo Campanini (1906-1984). Era un convertito. Divenne figlio spirituale di padre Pio. In una conferenza ricordò due aneddoti.[36]
Nel primo ricordò un fatto. Un giorno, a San Giovanni Rotondo, venne intonata a fine liturgia una lode mariana (“Andrò a vederLa un di’”) ove il ritornello è : ‘Al Ciel, al Ciel, al Ciel…”. Anche Campanini cantò in chiesa ma stonò in modo accentuato.
Comunque era tranquillo. C’era molta gente e quindi la sua voce scompariva. In seguito, raggiunta la sacrestia, vide padre Pio. Questi gli disse a bruciapelo: “Quando si tratta di salire in Cielo fai un po’ fatica…”.
In un’altra occasione Campanini avvisò padre Pio che per un clinico le stimmate del frate erano l’effetto di isterismo perché il santo pensava continuamente al Crocifisso. L’accusa parlava di autosuggestione, di dissociazione di personalità. Che fare? La risposta del religioso fu: “Dite a quel clinico di pensare intensamente di essere un bue, e poi vediamo se gli spuntano le corna”.

Paolo VI e una suora

Giovanni Battista Montini (1897-1978) venne eletto Papa nel 1963. Il suo pontificato durò fino alla morte. Un giorno, telefonò a una congregazione religiosa intitolata alla Terza Persona della Santissima Trinità. Rispose una suora: “Sono la madre dello Spirito Santo”. E il Santo Padre: “Be’, deve accontentarsi dell’umile Vicario di Cristo in terra”.[37]

Cardinal Giacomo Biffi

Tra i suoi ricordi, il cardinal Giacomo Biffi (1928-2015), arcivescovo di Bologna, citò anche un episodio: “[...] Una volta, in una visita pastorale, un bambino mi ha chiesto: ‘Ma tu saresti disposto a dare la vita per il Signore’. Io ci ho pensato su e gli ho risposto: «Senti, io sarei anche disposto a dare la vita per il Signore. Però mi seccherebbe parecchio».”[38]

 

Note

[1] Papa Clemente I (Clemente Romano) nacque a Roma e morì a Cherson nel 99/100 d.C.. Il suo pontificato durò dall’88 al 97.
[2] A. Monteverdi, L’iscrizione volgare di San Clemente, in: ‘Saggi neolatini’, Storia e Letteratura, Roma 1945, p. 71.

[3] Bonifacio VIII (nato Benedetto Caetani; 1230ca-1303). Il suo pontificato durò dal 1294 alla morte. Cf anche: A. Paravicini Bagliani, Bonifacio VIII, Einaudi, Torino 2003 (RCS, Milano 2006).
[4] Guglielmo di Nogaret (1260ca-1313).
[5] Filippo IV “il Bello” (1268-1314). Il suo regno ebbe inizio nel 1285.
[6] Giacomo Colonna, detto Sciarra (1270-1329). Cf anche: ‘Colonna, Sciarra’, in: ‘Dizionario di storia, Istituto dell’Enciclopedia Italia Treccani, Roma 2010.
[7] Cf anche: P. Fedele, Per la storia dell’attentato di Anagni, in: ‘ Bulletino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo’, n. 41, 1921, pp. 195-232.
[8] https://sites.google.com/site/poesiaitalianafacile/poeti/07-enea-silvio-piccolomini.
[9] I sonetti sono ispirati dalle incisioni erotiche, realizzate dal pittore Marcantonio Raimondi su disegni di Giulio Romano.
[10] Cf anche: A. Romano, Pietro Aretino tra Roma e Venezia. Ritratto di un intellettuale rinascimentale, Carocci, Roma 2019.
[11] J. Gicquel, I fioretti di Teresa d’Avila, Città Nuova, Roma 2005, p. 142.
[12] Teresa d’Ávila, Cammino di perfezione, trad. dal testo spagnolo, Ed. P. Silverio di Santa Teresa, Ediz. El Monte Carmelo, Burgos 1954, Edizioni OCD, Roma 2005.
[13] Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863).
[14] G.G. Belli, I sonetti, a cura di P. Gibellini, L. Felici, E. Ripari, Einaudi, Torino 2018.
[15] https://www.sisto500.it/acqua-alle-corde/.
[16] R. Grandi, Guida ai detti romaneschi, Loro origine e significati, Sugar Editore, Milano 1971.
[17] Filippo Romolo Neri nasce a Firenze il 21 luglio 1515. Muore a Roma nel 1595. Tra le molte pubblicazioni cf anche: A. Cistellini, San Filippo Neri, l’Oratorio e la Congregazione oratoriana, storia e spiritualità, prefazione del card. Carlo Maria Martini, 3 volumi, Morcelliana, Brescia 1989.
[18] G. Fumagalli, Chi l’ha detto?, Hoepli, Milano 1921, p. 746.
[19] T. Maynard, Il buffone di Dio. Vita di San Filippo Neri, Longanesi, Milano 1984, p. 246.
[20] F. Barberini – M. Dickmann, I pontefici e gli Anni Santi nella Roma del XVII secolo. Vita, arte e costume, Ugo Bozzi Editore, Roma 2000, p. 72. Cf anche: Giubilei e Anni Santi, a cura di L. Mezzadri, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, p. 136.
[21] Cf anche: L. Capranica, Olimpia Pamfili, Salerno Editrice, Roma, 1988.
[22] Cf anche R. Fisichella, Gli Anni Santi nella storia della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2015.
[23] Cf al riguardo: R. Giovagnoli, Leggende romane. Papa Lambertini, E. Perino, Roma 1887.F. Cantoni, Lambertiniana, ossia i motti di papa Lambertini, Bologna 1920. T. Valenti, Papa Lambertini umoristico. Con ritratti e caricature, Fratelli Palombi, Roma 1938.
[24] Trilussa, La satira in Roma. Pasquino e i Papi. Da Pasquino a Trilussa, in: ‘Vita e Poesie’, pubblicazione mensile, I della serie, E.D.I., Roma 1972.
[25] J.C. Francesconi, La cucina napoletana, Newton Compton Editori, Roma 2007.
[26] Nella cucina umbra  il termine strozzapreti o strangozzi si intende una pasta lunga a sezione quadrata fatta di acqua e farina.
[27] Ercole Consalvi (nato e morto a Roma; 1757-1824). Sarà nominato cardinale da Pio VII pur avendo solo gli Ordini Minori. Dal Pontefice ricevette il Suddiaconato e il Diaconato, rispettivamente il 20 e il 21 dicembre 1801. Rimase diacono a vita.
[28] Su questo episodio cf anche: L’unica certezza, in: ‘L’Osservatore Romano’, 11 novembre 2021.
[29] Simpatici aneddoti, battute, aforismi e citazioni di Papi, cardinali, santi!- pag. 9 (cattoliciromani.com).
[30] Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2004.
[31] Simpatici aneddoti, battute, aforismi e citazioni di Papi, cardinali, santi! – pag. 8 (cattoliciromani.com).
[32] Mons. Domenico Tardini (1888-1961). Cardinale. Segretario di Stato dal 14 dicembre 1958 alla morte.
[33] Mons. Spirito Maria Chiappetta (1868-1948). Sacerdote. Ingegnere. Architetto. Si firmava con una sola “p” nel cognome.
[34] Simpatici aneddoti, battute, aforismi e citazioni di Papi, cardinali, santi!- pag. 12 (cattoliciromani.com)
[35]
S. Gaeta, Padre Pio. Sulla soglia del Paradiso, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, pp. 68-70.

[36] La registrazione di questa conferenza si trova in: https://www.youtube.com/watch?v=VKlLVkpxCXo.
[37] A. Cova, Conoscevate questi 10 divertenti aneddoti sui papi?, in: “San Francesco”, periodico on line, lunedì 30 maggio 2022.
[38] G. Biffi,

 

 

Per saperne di più

R. Allegri, La storia di Papa Giovanni, raccontata da chi gli è stato vicino, Àncora, Milano 2014.
Anonymus, Anche in Vaticano… Aneddoti, curiosità, facezie sui papi del XX secolo, Àncora, Roma 1999.
F. Castelli, I santi sanno ridere, in: “L’Osservatore Romano” 29 agosto 2009. Tratto da: Id., All’uscita del tunnel. Panoramiche religiose dell’odierna letteratura, LEV, Città del Vaticano 2009.
A. Cova, Conoscevate questi 10 divertenti aneddoti sui papi?, in: “San Francesco”, periodico on line, lunedì 30 maggio 2022.
E. Crotti, Dalla penna dei papi. Ritratti, caratteri e segreti dei Pontefici dell’ultimo secolo, Gribaudo, Torino 2002.
C. Rendina, Pasquino Statua Parlante. Quattro secoli di pasquinateNewton Compton, Roma 1991.