Senti che Storie…

di Af -

Una rubrica di notizie, spigolature e curiosità per leggere lo “stato” della Storia attraverso i media italiani e internazionali.

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Rai News24, Tg del 19 agosto. Un servizio cita i principali highlights di Alcide De Gasperi in occasione del 60° anniversario della sua morte: 1)  è stato un grande “segretario della DC”; 2) fu costretto dagli Stati Uniti a interrompere la collaborazione con il PCI; 3) fu ostile all’adesione dell’Italia alla NATO, prefendo in cuor suo un’alleanza esclusivamente europea. Dal che si evince: 1) che De Gasperi non era uno statista ma un semplice segretario di partito; 2-3) che i suoi due più grandi risultati politici – la vittoria dell’aprile 1948 e l’inequivocabile scelta occidentalista – furono in realtà delle sconfitte, inflitte da Washington e subite obtorto collo. Insomma un Togliatti senza attributi…

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Sempre in merito alla rivisitazione della figura di De Gasperi, nella la seconda metà di agosto si sono rincorse proposte per farne un’icona del Festa dell’Unità. La finalità: mettere in evidenza la proficua collaborazione con Togliatti nei governi unitari dell’immediato dopoguerra. Massimo Bordin rompe l’idillio su il Foglio del 22 agosto: «Sfortuna vuole che sia da poco in libreria l’epistolario del Migliore, edito da Einaudi. Naturalmente Togliatti parla di De Gasperi e nel 1948 scrive inferocito a Celeste Negarville che, da sindaco di Torino, era andato a omaggiare il presidente del Consiglio arrivato per un comizio. Togliatti lo descrive così: “uomo che ricorre contro di noi ai mezzi più canaglieschi, sporchi e vili, moralmente più bassi di quelli cui ricorse Mussolini; che in lui non vi è un briciolo non dico di lealtà, ma nemmeno dell’onestà elementare che hanno perfino i delinquenti comuni”».

1914-1918: vacche al buio

La prima guerra mondiale unì il nostro Paese, non solo geograficamente  – cioè portando Trento, Bolzano e Trieste all’interno dei nostri confini –, ma anche socialmente, cementando il senso di appartenenza nazionale e riconciliando i cattolici con lo Stato unitario. Sul piano internazionale fece presagire l’avvio di una definitiva (ma illusoria) affermazione della libertà dei popoli contro il militarismo e scaldò i cuori all’idea della costruzione di un mondo (ancor più ingannevole) epurato dal capitalismo e forzosamente egualitario. Dalla carta geografica sparirono l’impero tedesco, russo, austro-ungarico e ottomano. Per tutti questi motivi ridurre la Grande guerra al solo computo numerico delle vittime, all’inutile strage di Benedetto XV o alla denuncia della retorica nazionalista dei Paesi belligeranti significa fare un pessimo servizio alla storia. Significa trasmettere l’idea di un magma indistinto in cui non esistono schieramenti, valori o finalità. E’ la notte hegeliana in cui tutte le vacche sono nere. E in cui l’unica luce è data dall’«ideologia che attualmente ci domina: intrisa di individualismo e di umanitarismo, molto cosmopolita e razionalista, molto politicamente corretta». Lo osserva acutamente Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 4 agosto.

Gaza: vacche al mattatoio

E’ un’immagine che circola ormai da tre anni sul web (Tweeter, Facebook,  blog vari) e periodicamente ricompare suscitando sdegno e orrore. La didascalia recita sempre: “Un bambino palestinese lava il sangue di un suo familiare”. Come spiega Israele.net, si tratta di uno degli innumerevoli falsi per dimostrare i crimini di Israele verso la popolazione civile palestinese. In realtà, l’immagine proviene da un sito di foto artistiche e ritrae un bimbo palestinese mentre pulisce il pavimento dopo l’abbattimento di una vacca nel mattatoio dei suoi parenti a Ramallah. In guerra, la prima vittima è sempre la verità. E, come sempre, le immagini più truci – false o vere che siano – sono le armi più forti. Soprattutto nei regimi sanguinari.