Senti che Storie…
Economia di mercato
«L’unica economia è quella di mercato. Eppure nella nostra Costituzione non esiste nemmeno una parola a sua difesa. La Costituzione italiana è equivoca, frutto di compromessi, può essere applicata in un Paese liberista, anche se è improbabile, e molto più facilmente può essere impiegata in un Paese comunista. Non ci sarebbe nemmeno da cambiare una virgola. […] Dire che esiste solo l’economia di mercato non vuol dire che essa funzioni sempre bene. Semplicemente essa è la sola attività umana che meriti il nome di economia e perciò dobbiamo studiare come farla funzionare al meglio».
Sergio Ricossa, Contro lo Stato massimo, 1998
Economia in malora
«Basta che un numero sufficientemente alto di persone creda che l’economia va male perché l’economia vada effettivamente male».
Sergio Ricossa, Scrivi che ti passa, 1999
Perché la partitocrazia?
«La risposta più semplice è questa: molti ne traggono vantaggio e pochi protestano. Ne traggono vantaggio tutti i partiti e tutte le loro clientele, che sono parecchio estese. Queste clientele ricevono dai partiti, direttamente o indirettamente, denaro, cariche, posti di lavoro, case, terreni espropriati, licenze, appalti, servizi in apparenza gratuiti o semigratuiti, crediti agevolati, protezioni, raccomandazioni, speranze. S’intende che tutto ciò qualcuno lo paga, e in particolare lo pagano i contribuenti non evasori. Ma mentre chi riceve un favore se ne accorge, chi paga le tasse spesso non se ne accorge o dà la colpa agli evasori, non ai politici. Quando accendiamo la luce o prendiamo un caffè o facciamo benzina paghiamo le tasse, ma non ce ne accorgiamo. I pochi che se ne accorgono, e non danno la colpa agli evasori, ragionano sovente così: “Pago, ma cercherò di rifarmi chiedendo anch’io qualcosa ai partiti”. Conclusione: un regime politico corrotto può durare illimitatamente, perché spesso corrompe anche coloro che dovrebbero opporvisi».
Lettera di Sergio Ricossa ad A.F., 26 aprile 1988
Una scienza inconcludente
«La scienza economica mi interessa sempre meno. E’ una non-scienza, fatta di vaniloqui. E’ questo che ora insegno ai miei studenti, perché siano critici».
Lettera di Sergio Ricossa ad A.F., 5 dicembre 1994