Senti che Storie…

di Af -

Una rubrica di notizie, spigolature e curiosità per leggere l’attualità e lo “stato” della Storia attraverso i media italiani e internazionali.

Je suis Galileo

Dicono: comunque le principali vittime del terrore islamico sono musulmane… Dicono: non dobbiamo rincorrerli nell’alzare il livello dello scontro perché è ciò che vogliono… Dicono: guai ad abolire Schengen, significherebbe  rinunciare alle nostre libertà, ed è proprio ciò che vogliono… Dicono: però forse a un pizzico di libertà bisogna rinunciare, con un’etica responsabile che imponga un limite alle nostre azioni, così da astenerci dal diritto di satira/critica di fronte al sentimento religioso altrui…
Con il che il Je suis Charlie di un paio di mesi fa è definitivamente morto e sepolto. E insieme ai disegnatori francesi si rivoltano  nella tomba tutti quei fanatici che nel corso dei secoli non sono riusciti a cucirsi la bocca con il filo dell’etica della responsabilità. A partire da quel Galileo Galilei che in un Paese religiosamente sensibile e fanaticamente geocentrico pretese di divulgare la blasfema teoria copernicana.

Neutralità faziosa

Nei primi giorni di febbraio, in occasione della “Preghiera nazionale” alla Casa Bianca, il presidente americano Obama ha affermato che «durante le Crociate e l’Inquisizione la gente ha commesso atti terribili in nome di Cristo», e che negli Stati Uniti la schiavitù e la segregazione razziale «troppo spesso sono state giustificate nel nome di Cristo». Subito dopo ha quindi liberato l’islam da qualsiasi responsabilità per ciò che accade ai giorni nostri: «coloro che perpetrano la violenza e il terrore sostenendo di farlo nel nome dell’islam, in realtà tradiscono l’islam».
La civiltà occidentale è intollerante nei confronti di sé stessa e timidamente rassegnata nei confronti di chi non tollera i suoi stessi principi. Tant’è che anche il lessico ormai si è adeguato. Quando in ambito storico ci si riferisce all’acquisizione di territori da parte del mondo occidentale si parla di “conquiste”, “crociate”, “invasioni” e “colonialismo”. Quando invece si ha a che fare con il mondo arabo-musulmano – che non fu da meno –  si usa esclusivamente una locuzione neutra: “espansione”.

Ribbentrop-Molotov-Nenni

Cauto e circospetto, incapace di giungere a una rottura con i comunisti e abile a destreggiarsi dialetticamente in nome dell’unità a sinistra. Alla notizia della firma del patto Ribbentrop-Molotov, nell’agosto 1939, Pietro Nenni da un lato accusò Stalin di aver abbandonato la classe operaia a se stessa senza spiegare il motivo del traumatico accordo con il dittatore nazista. Dall’altro suscitò ampie critiche all’interno del Psi – tanto da doversi dimettere da segretario – per non aver usato parole più nette contro l’Urss. Una doppiezza evidenziata recentemente anche da Roberto Gremmo sul n. 40 di Storia Ribelle. Accusato dalla rivista Lo Stato Operaio di non perseguire una linea sufficientemente schierata a favore dell’Urss, Nenni abbozzò rispondendo (siamo nel marzo 1940) che sì, in fondo avevano ragione anche loro: il patto era la logica conseguenza della politica anglo-francese che a Monaco aveva lasciato «mani libere a est a Hitler» e quindi «mani libere contro la Russia». Ci volle l’operazione Barbarossa per rinsaldare l’unità antifascista e porre fine al cerchiobottismo del leader socialista…

Petrucci e la Carriera

Lo avete visto tutti e se vi è sfuggito lo trovate qui. È il tenente colonnello dell’aeronautica Filippo Petrucci, meteorologo Rai, che con supremo sprezzo del pericolo si è cimentato in un elogio autoreferenziale in apertura della sua rubrica televisiva. «Non posso esimermi dal ringraziare i conduttori che hanno sottolineato come noi dell’aeronautica, in particolar modo io, siamo bravi ad assicurare un servizio di qualità anche in condizioni avverse». Un risultato reso possibile «grazie alla preparazione dell’aeronautica militare, all’esperienza e anche grazie alle mie due lauree in ingegneria e scienze della comunicazione, conseguite entrambe con la lode…». Viene in mente un altro tenente colonnello, descritto da Emilio Lussu in Un anno sull’altipiano: «Il sottoscritto tenente colonnello Carriera cavalier Michele comandante del 2° battaglione del 399° fanteria, si onora segnalare a codesto comando la condotta del tenente colonnello Carriera cavalier Michele durante il combattimento del 17 agosto 1916». È passato un secolo ma sembra ieri.