Senti che Storie…

di Af -

Pietà l’è morta.

«È la parola d’ordine del momento. I nostri morti devono essere vendicati tutti. I criminali devono essere eliminati. La peste fascista deve essere annientata. Solo così potremo finalmente marciare avanti. Con risolutezza giacobina il coltello deve essere affondato nella piaga, tutto il marcio deve essere tagliato. Non è l’ora questa di abbandonarsi a indulgenze che sarebbero tradimento della causa per cui abbiamo lottato. Pietà l’è morta!».
Le parole di Giorgio Amendola, pubblicate su l’Unità del 29 aprile 1945, ci sono tornate in mente dopo la mattanza islamista di Barcellona. Perché, diciamola tutta, se di fronte all’ennesima strage nazifascista l’esponente del Pci avesse lanciato la parola d’ordine “Non cambierete il nostro modo di vivere”, Togliatti lo avrebbe inviato a un salutare corso di rieducazione siberiana.

Uno, centotrenta, nessuno

Anche quest’anno Paolo Ferrero, già segretario di Rifondazione Comunista, ha voluto ricordare Carlo Giuliani, ucciso a Genova nel 2001 durante le manifestazioni contro il G8: «Noi non dimentichiamo e continuiamo la lotta di Carlo, sempre dalla stessa parte della barricata». Nessuna parola di partecipazione per i centotrenta Carlo Giuliani uccisi dalla forze dell’ordine di Maduro in Venezuela negli ultimi mesi, solo un plauso al governo sudamericano perché «agisce nella legalità e sta facendo un ottimo lavoro».

Ventotene?

Anche noi non avevamo mai letto integralmente il Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Ci eravamo pigramente fidati, come Luca Ricolfi (Sinistra e popolo, Longanesi, 2017), di quel comodo bignami rappresentato dal citazionismo per sentito dire, o meglio, di quella vulgata scolastica antifascista ed europeista che pretende di incarnare lo spirito ultimo del federalismo europeo. Spiega Ricolfi che, secondo gli autori del Manifesto, il processo che «dovrà instaurare la federazione Europea non potrà essere né pacifico né basato su libere elezioni, ma dovrà essere guidato “per via di agitazione popolare”, ossia “provocando stati di fatto rivoluzionari, avvenuti i quali non sia più possibile tornare indietro”. In questo processo, il soggetto cruciale non sono i cittadini europei, e nemmeno le masse popolari, ma solo l’élite illuminata che dovrà guidarle, incanalandone le passioni». Insomma, una rivoluzione giacobino-socialista per nulla democratica, con tanto di abolizione della proprietà privata e statalizzazione dei mezzi di produzione. Siamo sicuri sia questo lo spirito su cui rifondare le deboli istituzioni comunitarie?

Ricordo di un esule

«L’esilio è come un suicidio indolore e quasi notarile dell’improbabile persona che l’esule era stato una volta e che non è più. Agisce alla stregua di un notaio all’apparenza distratto, sommesso, ma implacabile, che morbidamente costringe l’io a stipulare con se stesso un atto di rinuncia consensuale a quei marcanti beni ereditari che sono la memoria e l’identità». Un omaggio dal suo Esilio (Mondadori, 1996) a Enzo Bettiza (1927-2017), straordinario scrittore cosmopolita prestato al giornalismo.