Senti che Storie…

di Af -

La comunione di Obama…

«Dovrai alzarti presto la domenica per la messa, frequentare il catechismo e confessarti una volta al mese: tutto tempo sottratto al riposo, ai giochi e alla palestra. Io ti ho avvisato». Così i genitori laici convincono i figli a non farsi venire strane idee quando vedono i compagni di scuola prepararsi alla prima comunione.
«L’intervento costerebbe 100 morti al mese e 10 miliardi di dollari». Così il presidente Obama, leader di una grande potenza in crisi di leadership, ha convinto la sua opinione pubblica a non farsi venire strane idee mentre si levano voci a favore di un intervento contro il califfato in Siria.
La prima comunione godrebbe di un maggiore appeal se la messa fosse il pomeriggio e venisse meno qualche obbligo formale? Con 10 morti al mese e un miliardo di spesa il prezzo dell’intervento sarebbe più equo? Pensiamo proprio di no. Perché i costi e le fatiche per tenere desti i valori sono ormai ritenuti improduttivi. Viviamo un negoziato edonistico che dichiara superfluo tutto ciò che impedisce la conquista del superfluo.

In controtendenza

La Grande Guerra. Fede e Valore, a cura dello Stato Maggiore dell’Esercito, è il titolo della mostra itinerante allestita al Castello Sforzesco di Milano fino al 16 gennaio. Sono esposti pannelli didattici, documenti, stampe, fotografie, illustrazioni (bellissime quelle di Anselmo Bucci), cimeli e divise. E fin qui nulla di strano. È quel titolo a porsi in controtendenza rispetto alle rievocazioni del centenario della Grande guerra, gran parte delle quali incentrate sulla declinazione di quello che è diventato l’unico stereotipo, cioè l’«inutile strage». Che certo ci fu, ma che non va disgiunta dalle vicende politiche, diplomatiche e sociali di cui quel conflitto è stato il frutto. E dai suoi successivi esiti: la modernità è passata anche attraverso le trincee.

Il senso di Tolstoj per la storia

«Quando la mela è matura e cade, perché cade? Perché gravita verso la terra, perché il picciuolo si atrofizza, perché è disseccata dal sole, perché si è fatta pesante, perché il vento la scuote, perché il bambino che è di sotto la vuol mangiare? Niente è la causa, tutto questo non è che concomitanza di quelle condizioni in cui si compie ogni fatto vitale, organico, elementare. E il botanico il quale crede che la mela cade perché il tessuto se ne è decomposto, o cose simili, avrà ragione quanto il bambino che, stando di sotto, crede che la mela sia caduta perché lui se la voleva mangiare e l’ha chiesto con una preghiera. Così avrà torto e avrà ragione chi dirà che Napoleone è andato a Mosca perché lo voleva e che vi ha trovato la sua rovina perché Alessandro ne voleva la perdita, come avrà torto e avrà ragione chi dirà che una montagna che pesa milioni di libbre, ed è minata, è caduta perché l’ultimo lavoratore le ha dato l’ultimo colpo di piccone. Negli avvenimenti storici gli uomini così detti grandi sono etichette che danno il titolo all’avvenimento e, come etichette, meno che mai hanno rapporto con l’avvenimento stesso. Ogni loro azione, che ad essi sembra volontaria, nel senso storico è involontaria, e si trova legata a tutto il corso della storia ed è determinata da sempre».
Lev Tolstoj, Guerra e pace.

 Il senso di Hugo per la storia

«Se c’è una cosa che non posso sopportare, quando assisto a qualcosa di particolarmente stupido o cattivo, è pensare che tutto questo domani sarà storia».
Victor Hugo