RUS DI KIEV: UNA FONDAZIONE SCANDINAVA NELL’ORIENTE EUROPEO

di Max Trimurti -

Il territorio occupato oggi da una parte della Russia occidentale, della Bielorussia e dell’Ucraina, nel Medioevo era un principato sovrano con capitale Kiev.

Questo principato slavo orientale costituisce la più antica entità politica comune alla storia dei tre Stati slavi orientali moderni: la Bielorussia, la Russia e l’Ucraina. Concetti molto diversi, come l’entrata degli Slavi nel Cristianesimo, l’utilizzazione dell’alfabeto cirillico, la regola dinastica autocratica, i primi codici giuridici e l’etnonimia “russo”, che noi associamo pienamente alla sola Russia, vi trovano la loro origine. La Rus di Kiev (chiamata dagli storici anche lo Stato di Kiev, Rutenia premongola, Principato di Kiev o ancora Russia kieviana) controllava un vasto insieme geografico con le sue numerose vie commerciali (vie navigabili dal Mar Baltico al Mar Caspio, passando per il Mar Nero; numerose rotte carovaniere della Via della Seta, che collegavano la Cina all’Occidente). Avorio, pelli, spezie, argento, prodotti esotici e schiavi transitavano attraverso questo principato slavo orientale. La Rus di Kiev, durante la sua esistenza, ha mantenuto contatti, sia commerciali, sia bellicosi con l’Impero bizantino, pur continuando a lottare contro le invasioni dalla steppa asiatica, prima di crollare nel 1240 con l’arrivo dei Mongoli.
La presenza degli Scandinavi in Oriente durante il periodo dei Vichinghi pone diversi interrogativi, spesso lontani dai problemi che interessano gli storici che studiano i Vichinghi in Occidente. Se gli uomini del Nord, che hanno operato in Occidente, devono molto ai chierici che li hanno dipinti come barbari o pirati, probabilmente quelli dell’Europa dell’Est portano il “peso” della paternità della Rus di Kiev. Questo costituisce il nocciolo delle dispute storiografiche del mondo scientifico dalla fine del XIX secolo (normannisti contro anti-normannisti).
Ci si può domandare che cosa rimane oggi di questa controversia, diversi decenni dopo la caduta del blocco sovietico, anche a seguito della libera circolazione delle idee e degli studi universitari, oltre al considerevole progresso dell’archeologia medievale. Nell’insieme, le prove archeologiche, numismatiche e testuali, evidenziano chiaramente l’influenza scandinava in questo vasto territorio slavo orientale, anche prima della fondazione dello Stato di Kiev. Tuttavia, rimane il quesito fondamentale: quale ruolo gli Scandinavi hanno realmente giocato nel processo di costruzione del principato di Kiev?
Prima dell’arrivo degli Scandinavi e degli Slavi in questa parte dell’Europa del nordest, fra l’VIII e il IX secolo, la regione era popolata in maniera sparsa da piccoli gruppi di cacciatori ugro-finnici e di raccoglitori agricoli, probabilmente di origine slava e da pastori di origine turca. La situazione trovata dagli Scandinavi nei vasti territori dell’Oriente risultava sensibilmente diversa da quella incontrata in Occidente, con Stati carolingi e anglo-sassoni in pieno sviluppo.
In questa ottica, risulta più prudente inserire l’attività scandinava in un modello di cooperazione interetnica. Agli inizi del Medioevo esistevano nell’area diversi gruppi etnici che praticavano differenti strategie di sopravvivenza che si riveleranno tutte essenziali allo sviluppo dell’economia del nascente principato di Kiev. Le tribù ugro-finniche delle foreste del nord della regione erano composte da cacciatori che fornivano pellicce, ricercate sui mercati stranieri e locali. I contadini, emigrati dalle fertili terre del sudovest dell’attuale Ucraina, disponevano di tecniche agricole avanzate e di una esperienza amministrativa di tipo tribale. I pastori turchi nomadi, che risiedevano nella zona delle steppe della Rus, hanno, a loro volta, introdotto tattiche di combattimento a cavallo nella popolazione slava. Infine, gli Scandinavi hanno avviato la navigazione a lunga distanza, le pratiche commerciali e una organizzazione militare (ivi comprese le armi), che hanno facilitato i contatti con il mondo islamico e bizantino. Utilizzando itinerari più antichi e più specifici, gli Scandinavi hanno contribuito a fondare un sistema commerciale che ha unito questo territorio slavo orientale per la prima volta nella sua storia. In tal modo, la combinazione di queste diverse strategie economiche ha fornito le condizioni per la nascita di un potente principato su un vasto spazio, molto diverso per quanto attiene agli aspetti geografici, climatici, etnici così come per gli usi e i costumi. Se gli Scandinavi hanno giocato un ruolo importante nella creazione della Rus di Kiev, essi hanno fatto parte di un processo etnoculturale complesso, nel quale altri gruppi hanno fornito autonomi e importanti contributi.

Le origini e la presenza degli Scandinavi in Oriente (VIII-IX secolo)

Nella Cronaca dei tempi passati, opera composita compilata in vecchio slavo orientale intorno al 1111 dal monaco Nestor di Pecerska o di Kiev e che racconta i primi tempi dello Stato di Kiev, il periodo temporale che va dall’862 al 1106, si scopre una leggenda sull’origine della presenza degli Scandinavi in questa parte d’Europa. Viene riferito che nell’anno 856 diverse città del Nord (Novgorod, Beloozero, Isborsk), dopo aver rifiutato di pagare il tributo ai Variaghi, che si erano spartiti le zone di influenza con i concorrenti Khazari e Scandinavi della regione, e dopo essere cadute in una vera anarchia dovettero risolversi a rivolgersi nuovamente verso i vecchi padroni: «Dall’860 all’862 i Variaghi hanno attraversato di nuovo il mare; questa volta, i popoli che essi avevano sottomesso si sono rifiutati di pagare il tributo e hanno deciso di autogovernarsi; ma non esisteva fra di loro ombra di giustizia: una famiglia si scagliava contro un’altra e questa discordia originava frequenti litigi e risse. Essi si dilaniavano fra di loro, tanto che alla fine si dissero: “Cerchiamo un principe che ci governi e che ci parli secondo giustizia”. Per trovarlo, gli Slavi hanno attraversato il mare recandosi presso i Variaghi, che erano denominati Variaghi-russi, come altri si denominavano Variaghi-svedesi, Urmaniani (Normanni), Inglieni e altri Goti. Gli Sciudi, gli Slavi, i Krivitch e altri popoli riuniti in ambasciata dissero allora ai principi di Svezia: “Il nostro paese è grande e tutto vi è in abbondanza, ma vi mancano l’ordine e la giustizia; venite a prendere possesso del solo e a governarci”. Tre fratelli variaghi riunirono le loro famiglie e vennero, in effetti, a occupare la Slavonia. Essi approdarono quindi presso gli Slavi, nel cui paese hanno costruito il villaggio di Ladoga. Il più anziano dei tre, Riurik, fissò la sua residenza sulle rive del fiume che porta questo nome, Il secondo, Sineus, si è stabilito presso di noi, nei dintorni del Lago Bianco. Il terzo, Truvor, si è stabilito a Isbork. Questa parte della Rus ha ricevuto più tardi, dai Variaghi, il nome di Novgorod; ma gli abitanti di questa contrada, prima dell’arrivo di Riurik, erano conosciuti solo con il nome di Slavi». (Nestor di Pecerska, Cronaca dei tempi passati, secondo il manoscritto di Könisberg, volume I, capitolo II).
In definitiva, questa Cronaca dei tempi passati del monaco Nestore, fornisce l’impressione di essere stata confezionata ad hoc, proprio allo scopo di dare valore alla presenza slava nella regione.

Gli Scandinavi nelle fonti storiche

Riferendosi all’etimologia si può cercare di comprendere chi erano gli Scandinavi che frequentavano questo vasto territorio. Già dal periodo medievale il vocabolo islandese vaeringi (plurare: vaeringjar), nome comune tradotto con “Variago” o “Varego”, designa agli inizi un gruppo di uomini legati da un giuramento, per poi indicare con lo stesso vocabolo un Variago o Varego, vale a dire, uno Scandinavo, operante sulla rotta dell’Est (Austrvegr) (vedi Gregory Cattaneo, Le parler viking: vocaboulaire historique de la Scandinavie ancienne et medievale, Heimdal, Bayeux, 2017). L’espressione fara i Austrveg indica nelle fonti storiche le attività di pirateria e di commercio condotte dai Variaghi nell’est del Baltico, presso i Vendi e presso i Rus. Si parlerà nelle cronache anche di austrviking come sinonimo di vaeringi. Alcuni Vairaghi, che mettono le loro capacità guerriere al servizio del basileus bizantino o dei principi della Rus di Kiev, portano il nome di Varanghi o “guardia varanghiana” (vaeringjaseta).
Vaeringi (Variago) designa uno scandinavo che risiede nell’Europa dell’Est. In alcuni testi lo stesso termine viene rimpiazzato da “uomini del Nord” (Norömenn). I documenti in vecchio slavo orientale traducono il termine vaeringi con Varjaghi, quelli venuti a regnare sulle tribù del nord-ovest della Russia, mentre la letteratura bizantina parla di Varangoi, attribuendo a questo termine un significato più guerriero rispetto al termine Rhos, che designava appunto i Rus. La storia della presenza dei Variaghi come mercenari e guardie del corpo dei dirigenti rus e bizantini nell’XI e XII secolo spiega verosimilmente la distinzione che si è operata fra i Rus ed i Variaghi durante lo stesso periodo.
L’etnonimo Rus, impiegato dagli storici per designare gli abitanti della Rus di Kiev, non esiste nella lingua norvegese e scandinava. Le fonti utilizzano il termine Gardarikismaor (maor, singolare di menn), abitante di Gardariki o Gardaveldi o “Regno delle fortificazioni”. Il termine scandinavo gardar (il slavone gorod) fa riferimento alle fortezze che gli Scandinavi o gli Slavi hanno eretto in quella che diventerà la Rus e che si ritrovano nei toponimi norvegesi di Hölmgardar (Novgorod) e Kaenugardar (Kiev) e nel titolo del loro sovrano, che si denomina Garöskonungr (Re dei Rus). In alcune fonti norvegesi, la Russia orientale viene nominata come la “Grande Svezia” o la “Svezia fredda”, testimoniando in tal modo una rilevante presenza di popolazioni scandinave in questi territori.

Un territorio al centro dell’Austrvegr

Come per la presenza dei Vichinghi in Occidente, la storia dei Variaghi in Oriente (e della popolazione locale) risulta in larga misura legata ai fiumi e ai sistemi fluviali. I territori slavi orientali presentano immense zone di terre umide, che rendono difficili gli spostamenti terrestri. In numerose regioni, i grandi fiumi offrivano anche una protezione contro gli attacchi, mentre i Variaghi avanzavano nelle contrade ostili.
Si possono individuare tre vie principali fra il “mare dei Variaghi” (Baltico) e il Califfato, situato a sud della Rus di Kiev: i fiumi Volkhov e Lovat, fino al Dnepr; il Volga, che passa per l’antico khanato bulgaro, fino al Mar Caspio; e i fiumi Vistola e Dvina, che attraverso la Lettonia e la Bielorussia si collegano al Dnepr nella regione di Gnezdovo (Smolensk). Lungo questi fiumi si sono sviluppate, a partire dall’VIII secolo, piazze commerciali e città, mentre nello stesso periodo numerose altre città si sono insediate intorno al mar Baltico, come Wolin, Hedeby, Grobina e Birka. In altri termini, le prime città di questo vasto territorio si inseriscono in una tendenza generale di sviluppo delle reti urbane, come conseguenza di scambi commerciali sempre più estesi.
L’essenziale delle nostre conoscenze sulla reale rotta affrontata dai Variaghi verso il Mar Nero deriva da fonti bizantine e in particolare da un manuale di politica redatto dall’imperatore Costantino VII Porfirogenito verso la metà del X secolo. Il De administrando Imperio (Riguardo l’amministrazione dell’Impero) è il nome latino comunemente impiegato per definire quest’opera scritta in greco antico verso il 950 dal basileus bizantino. Composto a favore del futuro imperatore Romano II (939-963), questo manuale costituisce un’esposizione geografica e storica delle etnie che popolano o circondano l’impero, delle relazioni che conviene intrattenere con le stesse e delle procedure diplomatiche o militari suscettibili di produrre risultati.
I pericolosi viaggi intrapresi dagli Scandinavi sul Dnepr ogni mese di giugno dopo lo scioglimento dei ghiacci, sono descritti con grande vivezza, soprattutto quando si legge che essi trasportavano le navi sulle spalle per una serie di sette rapide e combattevano gli attacchi di predoni locali. Anche nelle fonti greche, le rapide portano dei nomi scandinavi riconoscibili: Aifur, il nome attribuito a una delle rapide del Dnepr nella documentazione greca, si ritrova sulla pietra commemorativa di Pilgard, sull’isola di Gotland, in Svezia. La pietra, eretta intorno all’anno 900 in memoria di un uomo di nome Hrafn da parte dei suoi quattro fratelli che l’avevano accompagnato in una spedizione verso l’Est, indica che essi hanno percorso un lungo cammino fino ad Aifur. In Svezia, numerose iscrizioni runiche fanno riferimento alla rotta fluviale verso Bisanzio, dai “Variaghi ai Greci”. E’ proprio in omaggio di persone come Spialbodi (morto a Novgorod) o Rognvaldr (capo di un contingente di uomini in Grecia) che l’espansione dei Variaghi in Oriente ha trovato una eco nei suoi monumenti che hanno resistito ai tempi.
Se alcuni Scandinavi hanno viaggiato a sud di Staraja Ladoga nella Russia, fino al Mar Nero, altri si sono impegnati in un percorso ancora più lontano in Oriente, in pieno territorio del khanato bulgaro del Volga (attuali repubbliche del Tatarstan e di Ciuvascia), presso i nomadi khazari (nel Caucaso) e infine verso il deserto d’Arabia e l’assedio del califfato abbaside di Baghdad. I Variaghi, oltre alle infrastrutture intorno al lago Ladoga, hanno navigato nelle acque superiori del Volga, attraversando le colonie di Beloozero, Jaroslav, Vladimir, Riazan, Muriom, dove numerosi artefatti scandinavi sono stati riscoperti grazie a scavi archeologici.
Il Volga, che disegna una grande ansa a Bolgar (vicino a Kazan, nel Tatarstan) e devia a sud verso il Mar Caspio, marcava l’estremità occidentale della Via della Seta, la via commerciale terrestre che attraversava i centri protourbani di Samarcanda e di Taskent (attuale Uzbekistan), fino in Cina. Il villaggio fortificato di Bolgar, al centro del khanato bulgaro del Volga, costituiva un grande emporio delle tribù bulgare. E’ probabilmente in questo luogo che i Variaghi hanno incontrato le carovane che percorrevano la Via della Seta. Stoffe cinesi sono state ritrovate in tombe a Birka, così come una figura del Buddha ad Helgö, non lontano da Birka. Alcuni archeologhi hanno ipotizzato quindi che dei Variaghi abbiano potuto continuare i loro viaggi sulla Via della Seta, fino alla corte dell’imperatore cinese, se non addirittura in India. E’ proprio su questi argini del Volga che gli Scandinavi hanno stabilito nel 922 un contatto con l’emissario del califfato di Baghdad, il celebre Ahmad Ibn Fadlan, che in arabo li denominò Rusiyyah o Rus.

Una politica di assimilazione

Dopo l’invito semi-leggendario dei Variaghi da parte dei capi delle tribù slave orientali verso la metà del IX secolo, la Rus appartiene pienamente all’ecumene dei Vichinghi. Lo scandinavo Riurik diventa principe di Novgorod (862-879) e fonda la dinastia dei Riurikidi, che perdurerà per tutto il periodo medioevale. A questa epoca, i centri del potere di questo vasto territorio si spostano progressivamente da Staraia Ladoga, nel Nord alle regioni sotto il dominio di Novgorod e di Kiev. Questi due centri urbani, allora rivali, vengono unificati sotto la tutela dei figli di Riurik, Oleg (Helgi in scandinavo) di Novgorod, poi di Kiev, che annette Kiev (882) e la fa diventare la capitale dei Rus.
Fino agli inizi dell’XI secolo gli aristocratici della Rus di Kiev mantengono strette relazioni con la Scandinavia, pur assimilandosi alle culture locali. I nomi scandinavi iniziano a tingersi di slavo: Helgi diventa Oleg, Helga diventa Olga (945-964), fino a Valdemarr il Grande o Vladimiro I di Kiev (958-1015), che diventerà il principe Vladimir. L’identità scandinava si mantiene principalmente grazie alle alleanze matrimoniali dell’aristocrazia dei Rus e al continuo flusso di Variaghi che circolano nel territorio, sulle rotte variaghe verso Bisanzio per ragioni di commercio. Le saghe del XIII secolo, redatte nella lontana Islanda, vanteranno l’importanza di Valdemarr gamli, “il Vecchio”, parente prossimo dei sovrani scandinavi, che sarà il primo principe di Kiev a circondarsi di una guardia variaga.

Una politica di conquiste

Alla fine del X secolo, le aristocrazie diventano sempre più influenzate dalla cultura bizantina e, sotto la direzione del principe Valdemarr, si convertono al Cristianesimo greco ortodosso nel 988. All’opposto di altri capi scandinavi che hanno accettato, nella stessa epoca, il battesimo per conservare gli scambi con i paesi della Cristianità, il “fornicator maximus” adotta la fede bizantina per conservare i suoi interessi militari con i suoi vicini. Se la politica estera della Rus di Kiev risulta ambivalente nei confronti di Constantinopoli e va incontro a numerosi conflitti, le due potenze formano spesso un’alleanza contro i vicini bellicosi del nord est (Khazari, Peceneghi, Magiari e Bulgari del Volga) e il potente califfato di Baghdad a sud. Inoltre, dall’alleanza militare con i Bizantini, la Rus di Kiev aveva mire sui mercati bizantini e arabi e si lanciava regolarmente in spedizioni nel Mar Caspio.

Conclusione

L’archeologia ha corroborato i racconti medievali sul ruolo occupato dagli Scandinavi nell’ambito del territorio slavo orientale, popolato da un mosaico di tribù. Seguendo la rotta dell’Est e dominando le vie fluviali, i Variaghi, originari della Svezia, gestivano un commercio che li portava dal Baltico alle terre dei Greci bizantini e al Califfato di Bagdad, interagendo con le numerose tribù slavo orientali. Gli Scandinavi hanno preso parte allo sviluppo dai grandi empori commerciali e di conseguenza a quelle che diventeranno la Russia (Staraia Ladoga o Aldeigjuborg), la Bielorussia (Novgorod o Hölmgardar) e l’Ucraina (Kiev o Kaenugardar). Questi poli commerciali principali e luoghi di incontro di popoli si trovano su una serie di lunghi sistemi fluviali navigabili che collegano il nord del Baltico a Constantinopoli o alle regione del Caspio. Fondando la dinastia dei Riurikidi, che dominerà la Rus di Kiev, i Variaghi diventano “Rus” e si assimilano le aristocrazie slave per dare nascita a una importante potenza politica e commerciale. Sia alleato, sia rivale di Constantinopoli, il principato di Kiev rappresenterà una pedina chiave nella geopolitica di questa parte dell’Europa, fra Oriente, Estremo Oriente e Occidente. Approfittando delle agitazioni dinastiche e di una certa debolezza del principato agli inizi del XIII secolo, i Mongoli metteranno fine alla Rus di Kiev, assumendo il controllo degli antichi territori sotto il dominio dei Rus.

Per saperne di più
Aḥmad ibn Faḍlān, Mission to the Volga, New York: New York University Press, 2017;
Biblioteca Nazionale di Madrid, Cronaca di Skilitzes, Codex Skylitzes Matritensis, XII secolo;
Cattaneo Gregory, La Nouvelle Histoire Des Vikings, Ed. Heimdal, 2018;
Cattaneo Gregory, La Saga de gens du Ljosavatn, Ed. Heimdal, 2018;
Cianci Eleonora, Vichinghi, Variaghi e la “Grande città”, in Culture del Mediterraneo. Radici, contatti, dinamiche, a cura di Elisabetta Fazzini. Edizioni LED, Collana Il Segno e le Lettere, Milano, 2014;
D’Amato R., The Varangian Guard 988-1453, Oxford, Osprey, 2010;
Jones G., I Vichinghi, Roma, Newton Compton, 1995;
Nestore di Pecerska o di Kiev, Cronaca dei tempi passati, manoscritto di Könisberg, 1111;
Montgomery James. E., “Vikings in Arabic Sources”, in Y. Suleiman, Living Islamic History Studies in Honour of Professor Carole Hillebrand, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2010;
Ostrogorsky Georg, Storia dell’Impero bizantino, Milano, Einaudi, 1968;
Picchio R., La Letteratura Russa antica, Milano, 1993.