PUTIN E I CRIMINI DI GUERRA IN UCRAINA

di Michele Strazza -

 

Aggressione, crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio: la Corte Penale Internazionale può muoversi all’interno degli articoli del proprio statuto per spiccare, in un prossimo futuro, un mandato di cattura nei confronti di Putin e dei suoi generali.

I recenti avvenimenti della guerra in Ucraina, dai bombardamenti di Kiev, Leopoli e Mariupol su obiettivi civili agli episodi di violenza delle milizie filorusse, hanno indotto il presidente americano Joe Biden a definire Vladimir Putin un “criminale di guerra”, sollecitando alcune iniziative a riguardo delle cancellerie europee.
Agli inizi di marzo il procuratore capo della Corte penale internazionale, l’inglese Karim Khan, ha annunciato l’immediata apertura di una indagine sui presunti crimini di guerra commessi in Ucraina dalle truppe russe, dopo aver ricevuto il via libera di trentanove Stati membri del tribunale dell’Aja, tra cui l’Italia.
Alla Corte Penale Internazionale, con sede all’Aja, è affidata la competenza su crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio e aggressione. Il 17 luglio 1998 venne, infatti, approvato dalla Conferenza diplomatica di Roma lo Statuto della nuova Corte Penale Internazionale che entrò in vigore soltanto nel 2002. Si ricorda che lo Statuto di Roma ad oggi è stato ratificato da centoventitrè (123) Stati, ma non risultano ancora firmatari gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, membri permanenti del Consiglio di sicurezza ONU. La Corte non giudica gli Stati bensì gli individui, anche se titolari di organi statali, i quali rispondono a titolo personale dei crimini commessi. In nessun caso possono invocare l’immunità per evitare il giudizio e l’eventuale condanna.
Il procuratore Karim Khan ha annunziato la raccolta delle prove per tutti gli atti commessi in Ucraina qualificabili come crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Lo stesso ha, però, sottolineato il difetto di giurisdizione della Corte con riferimento al crimine di “aggressione” di cui all’art. 8 bis dello Statuto.

Tale crimine è anch’esso considerato come crimine internazionale anche se, per lungo tempo, non si è addivenuti ad una definizione condivisa. Tuttavia, tale fattispecie nel 1998 risultò inserita nell’art. 5 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, pur in mancanza di un accordo a riguardo.
Soltanto nel 2010 alla Conferenza di Revisione dello Statuto della Corte, tenutasi a Kampala, in Uganda, è stato approvato l’art. 8 Bis che definisce finalmente l’aggressione come «pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che per carattere, gravità e portata costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite». Dal luglio del 2018 la Corte Penale Internazionale può, quindi, esercitare la giurisdizione anche su tale crimine. Purtroppo, però, la Russia non è Stato parte della Corte Penale Internazionale, mentre l’Ucraina ha firmato ma non ratificato il Trattato di Roma.
Pertanto, nonostante l’invasione russa configuri la fattispecie di “aggressione” di cui all’art. 8 bis dello Statuto della Corte, la giurisdizione si infrange di fronte alla posizione della Russia, oltre che alla mancata ratifica ucraina.
A onor del vero dobbiamo dire che quest’ultima situazione aveva subito una modifica a seguito dell’attivazione, nel 2014, da parte dell’Ucraina, della giurisdizione della Corte Penale attraverso la “procedura speciale” prevista dall’art. 12 dello Statuto e dall’art. 44 delle “Rules of procedure and evidence” secondo cui uno Stato non membro può, tramite formale dichiarazione depositata presso la cancelleria della Corte, accettare la competenza del tribunale internazionale relativamente ai crimini previsti dall’art. 5 dello Statuto.
La dichiarazione, depositata il 9 aprile 2014 e riferita ai crimini commessi prima dell’attuale attacco russo, aveva portato all’apertura di una “preliminary examination” precedente alla “investigation” vera e propria. La questione riguardava i fatti commessi in tre zone diverse: Maidan, Crimea e Donbass.
Successivamente, precisamente l’8 settembre 2015, l’Ucraina depositava una ulteriore dichiarazione nella quale riconosceva la giurisdizione della Corte senza alcun termine temporale. Pertanto dobbiamo ritenere ancora valida la “preliminary examination” prima attivata, qualora la procura, pur dopo la sua conclusione del dicembre del 2020, ritenesse di mantenerla aperta per i crimini attualmente commessi.
Ma l’attuale procuratore Karim Khan il 28 febbraio di quest’anno, a seguito dell’attacco russo, ha aggirato tale possibilità, scegliendo l’apertura di una nuova “preliminary examination” e della conseguente “investigation”.

Tale scelta, tuttavia, se sicuramente ammette la giurisdizione della Corte per i crimini di guerra, per quelli contro l’umanità e per un eventuale genocidio, non allarga tale giurisdizione alla fattispecie di aggressione, non avendo la Russia accettato la competenza del tribunale internazionale ed essendo la dichiarazione ucraina precedente al luglio del 2018.
In definitiva, a mio modesto parere, la giurisdizione della Corte sarebbe operante per i crimini prima citati, commessi dai russi, sulla base del precedente riconoscimento ucraino della competenza del tribunale ex art. 12, ma non sarebbe valida per la fattispecie di aggressione ex art. 8 bis, radicalmente differente. Quest’ultima fattispecie, infatti, deve riguardare un atto commesso da uno Stato parte e la Russia non lo è. Del resto l’art. 15 bis, tutelando gli Stati che non hanno aderito allo Statuto, richiede, ai fini dell’avvio del procedimento per la fattispecie di aggressione, il consenso dello Stato aggressore stesso.
In conclusione, per la sola fattispecie di aggressione, la disciplina è più rigida, essendoci la giurisdizione del tribunale soltanto in presenza di ambedue Stati parte, l’aggressore e quello aggredito, e soltanto per gli eventi successivi al 17 luglio 2018, data di entrata in vigore della modifica statutaria approvata a Kampala.
Peraltro, pur invocando altri meccanismi internazionali come quelli della Carta ONU, anche i tentativi di un intervento delle Nazioni Unite si infrangono contro il diritto di veto della Russia nel Consiglio di Sicurezza.
Pur con i limiti indicati per il reato di aggressione, la Corte Penale Internazionale conserva intatta la sua competenza sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità, oltre che sul genocidio. Ed è indubbio che per le prime due fattispecie sono numerosi gli episodi riportati dalla stampa internazionale.
Non è improbabile, dunque, che in futuro, nei confronti di Putin e dei suoi generali, vengano spiccati dei mandati di cattura i quali, pur se difficilmente attuabili, costringeranno il presidente della federazione russa a non uscire dai suoi confini, aumentandone l’isolamento internazionale.