PURGATORIO: ORIGINE E SUO SIGNIFICATO TEOLOGICO

di Pier Luigi Guiducci -

 

L’indicazione del purgatorio non deriva da un’invenzione umana ma dai dati biblici. La relativa dottrina fu definita dal Secondo Concilio di Lione (1274), da quello di Firenze (1438) e poi ribadita dal Concilio di Trento (1563).

 

 

 

Sono diverse le persone che, in più occasioni, si sono interrogate (e si interrogano) sul significato del Purgatorio. Tale ricerca di significato è legata anche al fatto che non sembra essere frequente una riflessione sulle realtà che vanno oltre la vita terrena. Di conseguenza, il riferimento al Purgatorio lo si trova o in testi di teologia dogmatica, o – sul piano sacramentale – in occasione delle messe celebrate per i fedeli defunti. In realtà, anche un certo dibattito su questo tema, non ha sempre facilitato una chiarezza di idee nella vita delle comunità. Qualcuno si è concentrato sulle posizioni di taluni studiosi[1], altri hanno preferito leggere le testimonianze di mistici[2], e non è mancato anche chi ha visitato il “Museo delle Anime del Purgatorio” [3] che si trova presso la chiesa romana del Sacro Cuore del Suffragio. Al riguardo, può risultare utile cercare di comprendere meglio il perché del Purgatorio rivolgendo una primaria attenzione ai testi biblici.

I dati biblici. La misericordia di Dio. Il perdono

Una realtà che attraversa l’intera Rivelazione riguarda la misericordia di Dio. Già nel Libro dell’Esodo (34,6) si presenta il Signore come “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. Un altro esempio lo si trova nel XV capitolo del Vangelo di Luca. Qui, sono raccontate tre parabole che evidenziano l’atteggiamento divino di premura verso chi non partecipa a un rapporto di comunione con il Padre che è nei Cieli. Si tratta delle parabole della pecora smarrita[4], della moneta perduta[5], e del padre misericordioso.[6]
I tre racconti didattici hanno una premessa. “Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’. Ed egli disse loro questa parabola”.[7] Gesù è con diversi ascoltatori, ma la parabola non è diretta a loro. È rivolta ai farisei e agli scribi. Questi si ritenevano giusti, irreprensibili. E si attribuivano il diritto di criticare il Messia, che metteva in discussione prassi religiose, superando i rigidi schematismi del tempo.
Le tre parabole costituiscono, in definitiva, un messaggio. Non ci sono persone perfette. Tutti hanno dei limiti. E ognuno deve imparare ad essere misericordioso. Proprio nel c.d. ‘discorso della pianura’ il Signore era stato molto chiaro su questo punto: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”.[8]
In tale contesto, la misericordia di Dio si traduce nel perdono e nel sostegno. Nei diversi passi evangelici il perdono rimane un fatto concreto, immediato.[9] Non ci sono attese, anticamere, ritualismi particolari. Ogni dinamica di riconciliazione è protesa in avanti. Si apre a un nuovo progetto di vita. Si colloca qui anche un passo del Vangelo secondo Matteo ove si fa riferimento alla possibilità del perdono di alcuni peccati “nel secolo futuro”. Questo è il testo: “A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro”.[10] È un’affermazione significativa. Esiste un perdono divino che va oltre la vita terrena. Tale realtà, però, si indebolisce sempre di più se la creatura umana, fino alla fine, non riconosce l’azione della misericordia divina.[11]

Gli effetti nella vita della Chiesa

La misericordia divina nella vita della Chiesa ha più volti. Si traduce in tutti quei doni della Grazia che aiutano i fedeli ad affrontare le prove di ogni giorno. In tale contesto, in questa dinamica salvifica, un ruolo centrale è ricoperto dai sacramenti. In quello della Riconciliazione[12], in particolare, avviene un fatto importante. Il fedele continua a fare esperienza della paternità di Dio. Tale caratteristica, infatti, non è legata a schemi giuridici valutativi ove si giudica dall’alto in basso. Piuttosto, è un cammino comune ove il sacerdote e il fedele si ritrovano a contemplare insieme la bontà del Signore, il Suo “scendere in strada”, il Suo “cercare i più fragili”, il Suo “aprire la Casa comune”. L’assoluzione dei peccati, quindi, favorisce il proseguimento di un cammino nella comunione con il Padre e con i fratelli. In tal senso, la Grazia santificante è una forza che purifica e che sostiene il cammino di ogni anima. Dal sacramento della Riconciliazione deriva un rinnovato impegno di prossimità, e un vedere con gli occhi della fede un Disegno redentivo che “va oltre”. Oltre le logiche, le ipotesi, le previsioni.[13]

I dati biblici. La preghiera per i defunti

Nel Secondo Libro dei Maccabei[14] viene descritto un episodio particolare. Dopo uno scontro armato, Giuda Maccabeo[15] si aggira tra i suoi soldati ebrei uccisi. E si accorge che, sotto le vesti, alcuni di loro avevano con sé dei piccoli idoli a protezione dai pericoli. Ciò violava la legge del Decalogo.[16] Malgrado ciò, essi erano morti per una causa importante, religiosa e nazionale. Il comandante dell’esercito ordinò allora una colletta per offrire a Dio un sacrificio espiatorio. Egli era convinto che questi defunti “potessero essere assolti dal peccato” commesso attraverso l’intercessione dei vivi. In tal modo sarebbe stato possibile per loro entrare nella gloria. A suggerire questa idea a Giuda Maccabeo era stato “il pensiero della risurrezione” perché “se egli non avesse sperato che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti”. Si riporta qui di seguito il testo.
“(…) Perciò tutti, benedicendo l’operato di Dio, giusto giudice che rende palesi le cose occulte, ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda esortò tutti quelli del popolo a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto per il peccato dei caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dramme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio, agendo così in modo molto buono e nobile, suggerito dal pensiero della risurrezione”.[17]
Scrive al riguardo l’autore sacro: “(…) Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota. Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato”.[18]

Alcune sottolineature. La risurrezione

Il testo riportato, tratto dal Secondo Libro dei Maccabei, rimane significativo per più motivi. Per sette volte si fa riferimento alla risurrezione nelle forme più diverse. I Maccabei sono convinti che Dio darà di nuovo a loro “respiro e vita” insieme ai loro corpi martoriati. La loro speranza è quella di “essere risuscitati ad una vita nuova, eterna”. Al tiranno invece viene negata una “risurrezione alla vita”. Tutto ciò attesta un pensiero chiave del Popolo di Israele. Dove esistono tombe, ci sono anche risurrezioni.[19] Permane quindi nell’Antico Testamento la consapevolezza che YHWH (Yahweh; Dio) può “rendere vivi i morti”, e “far entrare e uscire dal Sheol”.[20] Ciò è possibile perché il Signore esercita un potere assoluto sulla vita e sulla morte. Nel Libro la risurrezione include anche quelle persone che hanno necessità di essere in precedenza purificate. Emerge in definitiva l’idea di una risurrezione generale, che tornerà di salvezza solo per i giusti e i purificati.

Gli effetti nella vita della Chiesa

L’indicazione biblica di pregare per i defunti ha trovato poi una serie di applicazioni in diversi momenti della vita della Chiesa. Un esempio riguarda il ‘Cippo di Abercio’. Si tratta di una epigrafe che venne redatta dal vescovo di Ierapoli Abercio per la sua tomba. Può essere datata all’ultimo quarto del II secolo.[21] Ha un contenuto eucaristico. Fornisce una serie di dati sull’ambiente cristiano, e sulle caratteristiche dogmatiche e liturgiche del tempo. In questo reperto si trova anche l’invito a pregare per l’anima di Abercio. Si riporta la parte che interessa questo saggio: “Io Abercio ho fatto scrivere queste cose qui, in mia presenza, avendo settantadue anni. Chiunque comprende quel che dico e pensa come me, preghi per Abercio”.[22]
Un altro esempio significativo si trova nel diario di una giovane cristiana: Vibia Perpetua.[23] Questa donna, insieme a Felicita[24], Saturo (il catechista di Perpetua), Revocato, Saturnino e Secondolo, subì il martirio a Cartagine negli anni dell’imperatore Settimio Severo (II secolo). Nel diario viene descritta una visione in sogno riguardo all’anima del fratello defunto della scrivente e viene dichiarata l’efficacia della preghiera per l’espiazione dei peccati dei defunti.[25]
In tale contesto, è pure significativo ricordare che diversi Padri della Chiesa, e anche scrittori cristiani (specie Tertulliano[26]), hanno evidenziato l’importanza di intercedere per i fedeli defunti attraverso preghiere. Unitamente a ciò si trova pure il riferimento al fuoco espiatorio da intendere come passaggio verso una personale purificazione. Il vescovo Agostino di Ippona[27], in particolare, sostenne l’esistenza di uno stato intermedio di prova tra la felicità futura e la dannazione, quello della purificazione delle anime attraverso il fuoco.[28]

I dati biblici. La purificazione. La veste bianca

Dal contesto fin qui delineato sono emersi dei dati significativi. Da una parte, assume rilievo la misericordia divina. Essa è rivolta a tutti, senza preferenze. Dall’altra, rimangono i peccati commessi dai defunti durante la vita terrena. Di conseguenza la Chiesa, contemplando Dio Misericordia, ha cercato di riflettere su taluni punti chiave. Il peccatore defunto può arrivare a godere della felicità eterna? E, in caso affermativo, quale percorso deve affrontare? Da tali interrogativi si è sviluppato nei secoli un percorso di ricerca teologica. Si riassumono qui di seguito alcune evidenze significative.
Nel Vangelo secondo Matteo, capitolo 22 (1-14), è descritta una parabola che riguarda un banchetto di nozze. Il re, padre dello sposo, invita alla festa. Ma non trova risposte positive. Allora ordina ai servitori di andare per le strade, e di far venire chiunque. La sala stavolta si riempie. Il re osserva i nuovi arrivati. Un invitato non indossa la veste bianca, segno di partecipazione alla gioia comune. Per tale motivo, viene respinto.
Questo racconto conferma più dati. Dio chiama alla gioia nella Sua Casa. Molti però non tengono conto di tale apertura. Altri saranno chiamati. In questa situazione un invitato tenta di entrare nella comunione con Dio ma è segnato dal peccato in modo accentuato. Per lui non ci sarà festa.
La parabola pone in evidenza la libertà di ogni persona e il giudizio divino. In tale contesto, emergono delle evidenze. Già nel trascorrere del tempo è possibile operare una scelta di fede. L’opzione rimane essenziale fino al termine della vita terrena. Nell’ora della chiamata, però, l’anima gravata da peccati non può godere del sommo bene: Dio stesso.
Nella Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi, si trova al capitolo 3 (10-15), un passo che offre una indicazione significativa. Si riporta qui di seguito il testo.
10Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. 11Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. 12 E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, 13l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. 14Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; 15ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco”.
Il passo di san Paolo rimane significativo perché conferma il momento di valutazione dell’anima, e perché indica la possibilità di salvezza attraverso una fase di purificazione “come attraverso il fuoco”.

Gli effetti nella vita della Chiesa

Alla luce dei passi biblici citati, la Chiesa, attraverso molteplici contributi di pensiero, ha cercato di approfondire il tema della purificazione. Lo ha fatto individuando una fase già in terra, e uno stato particolare post mortem. Per quanto riguarda il vissuto quotidiano, un riferimento significativo lo si trova nella celebrazione del sacramento della riconciliazione, in una formula di congedo. Si riporta qui di seguito il testo.
“La Passione di Gesù Cristo nostro Signore, l’intercessione della beata Vergine Maria e di tutti i santi, il bene che farai e le sofferenze che avrai da sopportare ti giovino per il perdono dei peccati, l’aumento della grazia e il premio della vita eterna”.
Nella dinamica descritta la fase di purificazione terrena attraversa l’esistenza umana. Si traduce in un aiuto che proviene da Dio, dalla Madonna e dai santi, e nell’offertorio dei fedeli delle prove di ogni giorno. Tutto è orientato a ricevere il premio della vita eterna.
Sullo stato particolare post mortem la riflessione della Chiesa ha tenuto conto di un dato che deriva direttamente dal Vangelo: la misericordia di Dio non termina nel periodo vissuto in terra ma si manifesta anche in Cielo. Il quesito che ci si è posti è: come si “traduce” quest’amore divino?
Al riguardo, si deve tener conto che nella realtà post mortem non esiste il tempo e lo spazio. Di conseguenza, gli schemi umani non possono essere utilizzati per “capire” in qualche modo le vicende ultraterrene. Dai dati biblici, però, è possibile comprendere l’esistenza di un giudizio particolare (valutazione dell’anima, ove rimane centrale il vissuto di fede[29]), una fase di attesa del giudizio universale, e l’attuazione di quest’ultimo che include l’anima e il corpo.[30] Già nel giudizio particolare è possibile godere della Presenza di Dio, mentre nella fase di purificazione l’anima soffre perché non è possibile vivere pienamente in Dio. Esiste poi un’altra situazione che riguarda coloro che hanno respinto fino all’ultimo la misericordia divina. In questo caso l’anima non può trovare accoglienza nella Casa del Padre. La sua sofferenza è legata proprio all’impossibilità di partecipare alla gloria eterna.

I dati biblici. La Chiesa Corpo Mistico

Nel Vangelo secondo Giovanni, tra le frasi di Gesù, viene ricordata anche quella che evidenzia la salvezza post mortem. Si riporta qui di seguito il passo.
“37 Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, 38 perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39 E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. 40 Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Per entrare nella vita eterna, quindi, è necessaria un’intimità divina con l’unico Salvatore. Tale affermazione viene ripetuta anche in un altro passo biblico.
“ 1Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. 2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. 4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. 9Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.[31]
Questo brano è significativo perché specifica che esiste una vera vita solo in Cristo. Di conseguenza, chi è unito a Gesù nel tempo della vita terrena, rimarrà con Lui nella gloria eterna.
Tale realtà divina viene poi risottolineata dall’apostolo Paolo che, per meglio essere compreso, specifica come si realizza la comunione con il Figlio di Dio. Si tratta dell’insegnamento sul ‘Corpo Mistico’. Vengono riportate qui di seguito alcune espressioni paoline che si estendono a tutta la Chiesa.
“(…) 12 Come infatti il corpopur essendo uno, ha molte membra e tutte le membrapur essendo molte, sono un corpo solocosì anche Cristo13 E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo (…)”.[32]
“ (…) 4Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno una medesima funzione, 5così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo (…)”.[33]
Le affermazioni dell’apostolo Paolo sono significative perché presentano la realtà del Corpo Mistico. In pratica, tutto avviene (nella vita quotidiana terrena e nel post mortem) in Cristo, con Cristo e per Cristo.

Gli effetti nella vita della Chiesa

I dati biblici ricordati sono significativi perché ricordano che la Salvezza è solo in Cristo. Per questo motivo sia le preghiere per i defunti, sia la loro memoria nelle celebrazioni eucaristiche, tutto è accolto nel Cuore misericordioso di Gesù.
È solo il Figlio di Dio, infatti, che può agire sulla condizione di ogni anima. Al riguardo, è utile evidenziare: la giustizia divina non segue i criteri giuridici umani. Essa guarda nell’anima di ogni battezzato, e nel cammino spirituale percorso. Inoltre, ogni orazione che proviene dalla Chiesa in esodo per i defunti costituisce un atto comunionale che viene valorizzato a favore di tutti coloro che attendono ancora di essere ammessi nella gloria eterna. Non sono quindi le offerte in denaro che influiscono sullo stato di un fedele defunto, ma è piuttosto la vita cristiana del credente – in unità con Cristo Eucaristia – che fa giungere a Dio l’invocazione a favore di chi è passato “all’altra sponda”.
All’interno di questo dinamismo, che segna in modo incessante la vita del Corpo Mistico, le anime dei defunti trovano aiuto anche da coloro che già godono della Presenza divina. Ciò spiega perché diversi mistici hanno più volte ricordato, ad esempio, l’azione della Madonna a favore di chi deve passare per una fase di purificazione.[34] Non è poi da dimenticare l’intervento caritativo di tutti i santi.[35] Si crea in tal modo un continuo collegamento tra terra e Cielo che passa attraverso l’unico Salvatore del mondo.
Per meglio aiutare quanti sono viandanti nell’esodo terreno, e coloro che necessitano post mortem di una purificazione, la Chiesa concede delle indulgenze.[36] Tale dono spirituale si basa sui meriti del Signore Gesù e su quelli di tutti i santi (incominciando dalla Madonna). Questi meriti vengono offerti al Padre che è nei Cieli per purificare già in terra i cristiani in cammino, e per donare la veste bianca a chi – in fase post mortem – attende di essere ammesso alla gloria eterna.
Esiste ancora una situazione particolare: quella di coloro che non fanno parte della Chiesa. Per comprendere al riguardo l’azione della misericordia di Dio occorre evidenziare un punto chiave. La Salvezza divina dell’unico Redentore coinvolge l’intera azione trinitaria. Questa, non agisce unicamente in direzione di coloro che accolgono la Rivelazione, ma si estende a ogni essere umano. Ciò è basato sul fatto che Dio è Creatore[37] e Padre[38]. Per tale motivo esiste un percorso ordinario di Salvezza che si realizza attraverso i Sacramenti elargiti dalla Chiesa Sacramento di Salvezza.[39] Ma non si può escludere anche un percorso straordinario che si sviluppa in modi che solo Dio conosce.[40]

La dottrina cattolica nei secoli

Alla luce di quanto fin qui annotato, può essere utile indicare anche il percorso storico che la Chiesa ha affrontato con riferimento alle anime dei defunti. Uno degli aspetti che vennero meditati nel corso dei secoli riguardò il linguaggio più adatto per definire lo stato dei fedeli non ancora purificati. Per tale motivo comparve per la prima volta il termine “purgatorio”. Tale espressione si trova in un testo di Papa Gregorio I detto Magno.[41] Il riferimento è al libro IV, capitolo 41, dell’opera I Dialoghi.[42] L’espressione venne ideata traendola dal latino purgatorium (purgare; liberare da materiale biologico che blocca; epurare).
Questo Pontefice avvertì in modo sensibile l’esigenza di pregare per le anime dei defunti. Era convinto, infatti, come i suoi predecessori, che chi aveva sensibilmente peccato in terra doveva affrontare una fase di purificazione per poter alla fine godere della luce eterna. In tempi successivi, tale convinzione fu alla base delle decisioni adottate anche dal Secondo Concilio di Lione, dal Concilio di Firenze, e dal Concilio di Trento.
Il Secondo Concilio di Lione (1274) emanò la seguente dichiarazione:
“Se coloro che fanno sinceramente penitenza sono deceduti nella carità prima di aver pagato la pena con degni frutti di penitenza a seguito di cose fatte o di cose omesse: le loro anime sono purificate dopo la morte (…) con pene che lavano e purificano; e a sollevarli da tali pene giovano loro i suffragi dei fedeli viventi, vale a dire i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine e gli altri esercizi di pietà che sono soliti farsi, secondo le indicazioni della Chiesa, da dei fedeli a vantaggio di altri fedeli”.[43]
Vengono evidenziati in tal modo due elementi della dottrina cattolica sul purgatorio: l’esistenza di una purificazione finale di alcune anime dopo la morte; l’utilità per esse delle preghiere e delle opere di pietà offerte dai viventi a loro beneficio.
Un secolo e mezzo più tardi, i Padri del Concilio di Firenze (1439) vollero evidenziare nuovamente quanto era stato enunciato dal Secondo Concilio di Lione. Si riporta al riguardo il testo.
“Definiamo che le anime di chi, veramente pentito, muore nell’amore di Dio, prima di aver soddisfatto per i peccati e le omissioni con degni frutti di penitenza, vengono purificate dopo la morte con le pene del purgatorio; che, perché siano sollevate da queste pene, sono loro utili i suffragi dei fedeli viventi, cioè il sacrificio della messa, le preghiere, le elemosine, ed altre pratiche di pietà, che i fedeli usano offrire per gli altri fedeli, secondo le consuetudini della Chiesa”.[44]
Il Concilio di Trento ((1563), oltre a ripetere gli stessi due punti, raccomandò di limitarsi ad essi, e di evitare la discussione di punti incerti e di mera curiosità:
“Poiché la Chiesa cattolica, istruita dallo Spirito Santo, conforme alle Sacre Scritture e all’antica Tradizione, ha insegnato nei sacri Concili, e recentissimamente in questo Concilio ecumenico, che il purgatorio esiste e che le anime lì tenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli e in modo particolarissimo col santo Sacrificio dell’altare, il santo Sinodo comanda ai vescovi che con diligenza facciano in modo che la santa dottrina sul purgatorio, quale è stata trasmessa dai santi Padri e dai sacri Concili, sia creduta, ritenuta, insegnata e predicata ovunque.
Nelle prediche rivolte al popolo meno istruito si evitino le questioni più difficili e più sottili, che non servono all’edificazione, e da cui, per lo più, non c’è alcun frutto per la pietà. Così pure non permettano che si diffondano e si trattino dottrine incerte e che possono presentare apparenze di falsità. Proibiscano, inoltre, come scandali e inciampi per i fedeli, quelle questioni che servono (solo) ad una certa curiosità e superstizione e sanno di speculazione”.[45]

Il museo del purgatorio

Nel contesto fin qui delineato, si collocano anche alcune iniziative che riguardano il purgatorio. In questo saggio si ricorda, in particolare le vicende del ‘museo del purgatorio’ di Roma. La storia ebbe inizio con l’azione pastorale svolta a Roma da un missionario marsigliese. Si chiamava don Victor Jouët.[46] Questo sacerdote acquistò nel 1893 un terreno nel quartiere romano Prati per farvi edificare una chiesa (aperta al culto nel 1917). Fondò, inoltre, l’Associazione del Sacro Cuore di Gesù per il suffragio delle anime del purgatorio. Il 15 settembre del 1897, mentre il sacerdote stava celebrando messa in una piccola cappella provvisoria, l’altare prese inspiegabilmente fuoco. Spente le fiamme con l’aiuto dei fedeli presenti, tutti si accorsero che sul muro dietro l’altare era comparso un sofferente volto maschile.
Padre Jouet si convinse che si trattasse di un’anima del Purgatorio che in quel modo chiedeva suffragi. Da quel momento, con l’appoggio di Pio X, dedicò la sua vita a viaggiare per l’Europa alla ricerca di testimonianze concrete di altre simili apparizioni. Raccolse vari reperti in Italia, Francia, Belgio e Germania. Il materiale suddetto, il cui oggetto più antico risale al 1637, fu esposto nella sagrestia della chiesa. La collezione costituì il “museo cristiano d’Oltretomba”. Doveva servire per ricordare che i fedeli in purgatorio hanno necessità di preghiere e di messe di suffragio.
La raccolta subì un ridimensionamento dopo la morte di padre Jouët. Nel 1921, infatti, p. Gilla Vincenzo Gremigni[47], allora responsabile della chiesa, volle ridurre l’esposizione dei cimeli a quelli che potessero essere ritenuti in modo indiscutibile autentici, ed esposti con una minore pubblicità.
La collezione è ora conservata in un’unica sala presso la sagrestia della chiesa del Sacro Cuore del Suffragio. Si possono vedere documenti e foto che riguardano manifestazioni delle anime dei defunti.
Tra questi reperti sono conservati:
- un libro di preghiere con l’impronta di una mano impressa su una pagina;
- camicia da notte di suor Isabelle Fornari, badessa delle Clarisse di Todi, alla quale il 1° novembre del 1731 apparve il “defunto padre Panzini, abbate olivetano di Mantova” il quale le lasciò sulla manica della camicia ben quattro impronte infuocate e sanguinanti;
- la federa del cuscino di suor Margherita del Sacro Cuore dove si nota la bruciatura lasciata dal dito della consorella Maria manifestatasi il 5 giugno 1894 nel monastero di Santa Chiara a Bastia Umbra;
- tracce lasciate dal passaggio di una donna defunta sul berretto del vedovo mentre gli chiedeva di recitare delle preghiere per affrettare il suo passaggio in Paradiso;
- la mano che la defunta Clara Scholers fece sfrigolare sulla sottoveste di sour Margherita Herendorps la notte del 13 ottobre 1696 nel monastero di Winnedorf in Westfalia;
- la fotocopia di una banconota da dieci lire, in parte bruciata, che lo spirito di un sacerdote trapassato avrebbe lasciato tra l’agosto e il novembre del 1920 nel monastero di San Leonardo di Montefalco, insieme ad altre ventinove banconote, per convincere i suoi confratelli a celebrare per lui una messa di suffragio;
-la camicia da notte appartenuta a Giuseppe Leleux di Wodecq. Sulla manica è impressa la bruciatura della mano della madre morta nel 1762. L’evento sarebbe avvenuto nel 1789 quando la defunta apparve al figlio durante la notte, rimproverandolo per la vita dissoluta che conduceva, e per il fatto di averla dimenticata nelle sue preghiere. Il figlio rimase così colpito dalle parole della visione da dedicarsi da quel momento in poi a una intensa vita spirituale.[48]

Alcune considerazioni

Le annotazioni precedenti possono aiutare il lettore a passare tra posizioni estreme. Da una parte c’è il rischio di delineare delle prospettive misteriose, inquietanti, angoscianti. Dall’altra, permane la possibilità di rimanere ancorati a un devozionalismo che accentua un elenco rigoroso di preci ove si trova di tutto: orazioni da ripetere più volte, suppliche personali e comunitarie, invocazioni per ogni momento della giornata, litanie per le anime del purgatorio[49], esclamazioni adatte ad esprimere i diversi stati d’animo.
In tale contesto, può essere utile ricordare anche alcune usanze che riguardavano atti di tutela di singole salme. Ad esempio, in area napoletana, si “adottava” un defunto (avendo particolare cura del suo cranio) seppellito nella cripta di una chiesa.[50] Da non dimenticare, in ultimo, le iniziative di diversi fedeli che, attraverso dei medium, vogliono stabilire dei “contatti” con le anime dei trapassati.[51]
Nelle posizioni estreme manca in genere la centralità dell’Eucaristia, Cuore del Corpo Mistico.[52] È talvolta assente anche una riflessione sulla misericordia di Dio (respiro dell’amore trinitario). Quest’ultima è vista come semplice benevolenza, mentre – al contrario – è tutta la vita divina che accoglie e sostiene le anime dei vivi e quelle di chi si trova nel post mortem.[53]

Qualche annotazione di sintesi

Da quanto è stato riassunto in questo saggio derivano alcune evidenze che qui di seguito si riassumono.
L’indicazione del purgatorio non deriva da un’invenzione umana ma dai dati biblici. Senza necessità di usare questo termine, l’autore sacro fa comprendere, attraverso più riferimenti alla giustizia e alla misericordia divina, che lo stato delle anime non è una realtà ignorata dal Signore. Al contrario permane un cammino di purificazione che ha inizio già in terra e che proseguirà, se necessario, anche nel post mortem. Tale situazione non è debole a motivo del fatto che ogni anima è preziosa al Padre che è nei Cieli, perché è stata riscattata dal Sangue dell’unico Redentore.
Sul purgatorio esiste anche un riferimento della Madonna in occasione delle sue apparizioni alla Cova (Conca) da Iria (Fatima 1917). In particolare suor Lucia, una dei tre veggenti[54], nella Quarta Memoria ha scritto che la Vergine Maria ha raccomandato (13 luglio) di recitare anche questa preghiera: “Ó meu Jesus, perdoai-nos e livrai-nos do fogo do inferno, levai as almas todas para o Céu, e socorrei principalmente as que mais precisarem”. La traduzione in italiano è la seguente: “O mio Gesù, perdonaci, e salvaci dal fuoco dell’inferno, porta in Cielo tutte le anime, e soccorri soprattutto chi ne ha più bisogno”.[55]

 


 

Note


[1] Cf anche: H. U. von Balthasar, Escatologia nel nostro tempo. Le ultime dell’uomo e il cristianesimo, Queriniana, Brescia 2017.
[2] Cf anche: G. Giacometti – P. Sessa, Mistici e Purgatorio. Storie, visioni, rivelazioni, Edizioni Segno, Feletto Umberto (UD) 2019.
[3] P. Staccioli, Museo del purgatorio, in: ‘I musei nascosti di Roma’, Newton Compton Editori, Roma 1996, pp. 52-53.
[4] Lc 15,4-7.
[5] Lc 15, 8-10.
[6] Lc 15,11-32.
[7] Lc 15,1-3.
[8] Lc 6,36.
[9] Cf ad es. Lc 7,36-50.
[10] Mt 12,32.
[11] Lettera Enciclica Dominum et Vivificantem del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sullo Spirito Santo nella vita della Chiesa e del mondo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1986, n. 6, ‘Il peccato contro lo Spirito Santo’, 46-48.
[12] 2 Cor 5,20: “Lasciatevi riconciliare con Dio”.
[13] Cf anche: E. Bianchi, La Confessione, Monastero di Bose, Bose 2016. La Confessione. Sacramento della misericordia, a cura del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2015.
[14] 2 Mac 12,38-45.
[15] Giuda Maccabeo (II sec. a.C.). Apparteneva alla nobile famiglia degli Asmonei. Guidò la ribellione ebraica contro l’oppressione del re Antioco IV Epifane, sovrano di Siria e dell’area palestinese.
[16] Es 20,2-17; Dt 5,6-21.
[17] 2 Mac 12,41-43.
[18] 2 Mac 12,44-45.
[19] Cf anche: O. Schilling, Risurrezione, in: AA.VV., ‘Dizionario di Teologia Biblica’, Morcelliana, Brescia 1969, p. 1190.
[20] 1 Sam 2,6. Sap 16,13. Lo Sheol è il regno dei morti situato nel “cuore della terra”.
[21] 170-200 d.C.
[22] M. Guarducci, Epigrafia greca, vol. 4, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1978, pp. 378-386.
[23] Perpetua (… – 7 marzo 203).
[24] Felicita (… – 7 marzo 203).
[25] Atti e passioni dei martiri, introduzione di A.A.R. Bastiaensen, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1987.
[26] Tertulliano, De anima, Libro LVIII. Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (155ca – 230 ca).
[27] Aurelio Agostino d’Ippona (354-430; Santo).
[28] Agostino d’Ippona (sant’), De civitate Dei, Libro XXI (La finale pena eterna).
[29] Gv 1,25: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se è morto vivrà”.
[30] Mt 25,31-46: “ 31 Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 (…) 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.44
[31] Gv 15, 1-11.
[32] 1 Cor, 12-13.
[33] Rm 12, 4-5.
[34] I Padri del Concilio Ecumenico Vaticano II, con la Costituzione Lumen Gentium, hanno affermato che la protezione materna di Maria non cessa con la morte dei fedeli, ma continua “fino a quando i suoi figli non siano condotti alla patria beata” (Lumen Gentium 62).
[35] Cf ad esempio: A. Parente, Padre Pio e le anime del purgatorio, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo 2007.
[36] Per i fedeli in cammino su questa terra occorre un impegno di conversione, la partecipazione ai sacramenti (Penitenza e Eucaristia), e la recita delle preghiere stabilite dalla Chiesa.
[37] Gen 1,1.
[38] Cf anche: Mt 11, 25-27.
[39] Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, 21.11.1964, cap. I, paragr. 1.
[40] Cf ad esempio Lc 1, 26-27 (“nulla è impossibile a Dio”). Interessante al riguardo è anche l’articolo di Lorenzo Cappelletti dal titolo: “Possibilità di salvezza per tutti nel modo che Dio conosce”. In: ‘30Giorni’, n. 9, 2000.
[41] Papa Gregorio Magno (540ca-604). Il suo pontificato durò dal 590 alla morte.
[42] L. Castaldi, Dialogorum libri IV, in La trasmissione dei testi latini del Medioevo, 5, cur. L. Castaldi, Firenze 2013, pp. 135-159.
[43] Conciliorum oecumenicorum decreta, a cura di G. Alberigo, EDB, Bologna 1973, pp. 309-331. H. Denzinger, Enchiridion Symbolorum et Definitionum (prima ed., Würzburg, 1854), 856; testo originale latino: “… quod , si fieri contingat , non licere cum aliis contrahere , tertias etiam et ulteriores nuptias in Domino non esse … vere paenitentes in Dei charitate decesserint, antequam dignis paenitentiae fructibus de commissis satisfecerint et (…)”.
[44]
Concilio di Firenze, sessione VI del 6 luglio 1439.
[45] Concilio di Trento, Decreto sul purgatorio del 4 dicembre 1563.
[46] P. Francesco Maria Victor Jouët (1839-1912). Missionario del Sacro Cuore di Gesù.
[47] P. Gilla Vincenzo Gremigni (1891-1963). Dal 1921 fu parroco della chiesa del Sacro Cuore del Suffragio nel quartiere romano Prati. Il 18 gennaio 1945 fu nominato vescovo di Teramo e, il 1º luglio 1949, vescovo di Teramo e Atri. Il 29 giugno 1951 venne trasferito alla diocesi di Novara e il 17 aprile 1958 gli fu concesso il titolo personale di arcivescovo.
[48] P. Staccioli, Museo del purgatorio, in I musei nascosti di Roma, Newton Compton Editori, Roma 1996, pp. 52-53.
[49] https://magnificat.ca/odm/it/litanie-in-favore-delle-anime-del-purgatorio/.
[50] Cf anche: M. Niola, Anime. Il purgatorio a Napoli, Meltemi Editore, Milano 2022. U. van Loyen, Napoli sepolta. Viaggio nei riti di fondazione di una città, Meltemi Editore, Milano 2020.
[51] https://www.liberidalmale.it/contenuti/articoli/parlare-coi-morti-e-pericoloso-padre-amorth-ci-spiega-perche/?print=print.
[52] Catechismo della Chiesa Cattolica, parte II, sezione seconda, cap. I, art. 3, VI. Il banchetto pasquale. I frutti della Comunione, n. 1396.
[53] https://www.ilvangelo.net/approfondimenti/card-gianfranco-ravasi-la-strada-della-misericordia/.
[54] Nel 1917, i tre piccoli veggenti erano: Lùcia dos Santos (1907-2005), Francesco Marto (1908-1919), Giacinta Marto (1910-1920).
[55] Lucia Dos Santos, Lucia racconta Fatima. Memorie, lettere e documenti di Suor Lucia, Queriniana, Brescia 1999. Cf anche: https://www.ilregnodimaria.it/nostra-signora-di-fatima-e-le-anime-del-purgatorio/.

 

Per saperne di più
J. Auer – J. Ratzinger, Escatologia. Morte e vita eterna, Cittadella, Assisi 1979. D. Carnovale Guiducci, Mia forza e mio canto è il Signore. Meditazioni e preghiere per le anime del Purgatorio, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997. Id., Sete del Dio vivente. Il Purgatorio, preludio alla gioia piena. Ricerca umana, Rivelazione, Magistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992. G. Ravasi, Raggiungere la meta. Oggi sarai con me in Paradiso, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013. D. Ruotolo, Chi morrà, vedrà. Il Purgatorio e il Paradiso, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV) 1970. D. Santangini – A. Fioravanti, Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Prati e Piccolo Museo del Purgatorio, Litografia Leberit, Roma 2013.