PRERIFORMA CATTOLICA: LA RIFORMA PRIMA DELLA RIFORMA

di Giancarlo Ferraris -

 

Tra XIV e XVI secolo, molto prima della riforma protestante, la Chiesa si aprì a un processo di rinnovamento che prese forma con la Devotio moderna e i Fratelli della Vita Comune, un movimento di rinnovamento spirituale.

 

 

Un rinnovamento spirituale dal “basso”

La storia della Chiesa cattolica non è una serie di eventi compatti, monolitici, ma poliedrici, sfaccettati per il semplice fatto che essa è stata ed è, principalmente, una storia di uomini, santi e/o peccatori che siano, comunque sempre e soltanto uomini con le loro virtù e i loro limiti. È noto, e ciò non solo agli storici ma anche ai più, che tra il XVI e il XVII secolo la Chiesa cattolica andò incontro a grandi trasformazioni che furono preparate da un lungo e complesso lavoro di ricerca e di approfondimento compiuto dai suoi membri, dallo stile di vita di alcune sue personalità eccezionali nonché da errori e cadute. Questo rinnovamento della Chiesa cattolica si venne determinando in due momenti: quello della Preriforma, che abbracciò il XIV, il XV e la prima metà del XVI secolo e che vide molte iniziative isolate dal “basso”, e quello della Riforma, che interessò la seconda metà del XVI secolo e la prima metà del XVII e che vide invece iniziative dall’“alto” ovvero guidate dall’autorità ecclesiastica. Le prime, pur con tutti i loro limiti, furono d’incentivo per le seconde stabilendo così l’importanza della Preriforma cattolica non meno che della Riforma cattolica.

La Devotio moderna e i Fratelli della Vita Comune

Alla base della Preriforma cattolica ci fu la Devotio moderna, un movimento di rinnovamento spirituale che proponeva una religiosità intima e soggettiva, in netta contrapposizione alla pietà collettiva di origine medievale, fondata su una meditazione ben strutturata e condotta con metodo, sulla lettura personale della Bibbia – tema riproposto poi dalla Riforma protestante – e sull’imitazione di Cristo come modello di vita. La Devotio moderna fu attiva anche sul piano pratico dal momento che dette origine a un robusto apostolato laico molto attento all’educazione religiosa e al rinnovamento della vita spirituale. La sua importanza travalicò i confini delle Fiandre e dell’Olanda in cui era nata, diffondendosi in Italia, in Francia, in Spagna e in Germania, dove influenzò personalità importanti dell’epoca quali l’umanista Erasmo da Rotterdam, il futuro fondatore dei gesuiti Ignazio di Loyola e il pittore Hyeronimus Bosch.
I promotori, e al tempo stesso precursori, della Preriforma cattolica furono il mistico fiammingo Jan van Ruysbroeck (1293-1381), autore di opere di ascetica e di spiritualità, e il predicatore olandese Geert Groote (1340-1384), fondatore della comunità religiosa dei Fratelli della Vita Comune.
Jan Van Ruysbroeck, detto Dottore Ammirabile, fu ordinato sacerdote a ventiquattro anni, ottenendo subito dopo un canonicato presso l’attuale Concattedrale dei Santi Michele e Gudula a Bruxelles, dove iniziò a condurre una vita austera e a praticare la comunione dei beni. Nel 1343 con alcuni compagni si ritirò a Groenendael, nella foresta di Soignes, non lontano da Bruxelles, vivendo da eremita. L’anno dopo ottenne dal vescovo di Cambrai il permesso di costruire una cappella. Nel 1349 dette un assetto regolare alla sua comunità di eremiti fondando un monastero, di cui divenne in seguito priore, e adottando l’abito e la regola dei canonici regolari di Sant’Agostino. Nelle sue opere, di cui la maggiore è Lo splendore delle nozze spirituali, descrive le fasi della vita mistica suggerendone i metodi di discernimento.
Geert Groote, dopo aver studiato a Parigi, ottenne due canonicati che gli permisero di condurre un’esistenza agiata fino a quando, nel 1373, non si convertì all’ascetismo. Ritiratosi in un monastero dove restò per alcuni anni in preghiera, divenne diacono e iniziò la sua attività di predicatore nella diocesi di Utrecht proponendo un modello di fede fortemente interiore, invitando al pentimento e all’espiazione e puntando il dito sia contro la tendenza a ritenere che la salvezza risiedesse più nelle opere che nella fede – questo concetto venne poi ripreso dalla Riforma protestante attraverso la nozione della salvezza tramite la grazia divina e non attraverso le opere – sia contro la corruzione del clero, tanto che gli venne alla fine revocata la licenza di predicare. Groote si sottomise all’autorità del suo vescovo, appellandosi però al pontefice. Attorno a lui si era nel frattempo andato raccogliendo un piccolo gruppo di compagni che dettero origine intorno al 1380 al primo nucleo dei Fratelli della Vita Comune. Geert Groote morì pochi anni dopo prodigandosi nell’assistenza agli appestati.
I Fratelli della Vita Comune furono una comunità religiosa ispirata alla Devotio moderna. Nonostante le accuse di eresia mosse dal clero, venne approvata dal Papato ponendosi quindi come una realtà di rinascita spirituale. Il suo centro fu il monastero di Windesheim, in Germania. I membri di questa comunità religiosa non prendevano i tre voti religiosi della povertà, della castità e dell’obbedienza, conducevano una vita semplice, si dedicavano alla preghiera, al lavoro manuale nonché allo studio e all’insegnamento, sia ai bambini che agli adulti, del latino, della letteratura e delle Sacre Scritture. Operando in questo modo essi crearono un sia pur elementare modello pedagogico basato sulla progressione degli studi, distinguendosi così da altre associazioni religiose del tempo che invece di diffondere il sapere tra i laici intendevano conservarlo all’interno delle strutture ecclesiastiche. Geert Groote riteneva che la fusione tra dimensione religiosa, lavoro manuale e insegnamento fosse una via eccellente per l’elevazione spirituale dell’uomo e quindi per la sua salvezza. Dai Fratelli della Vita Comune ebbero poi origine altre associazioni religiose che continuarono il processo di rinnovamento del cattolicesimo.

La Preriforma in Italia

La Preriforma cattolica fece sentire la sua voce in Italia nella prima metà del XVI secolo, prima dell’inizio della Riforma protestante e soprattutto prima del Concilio di Trento, ad opera, tra gli altri, di tre forti personalità: il frate domenicano Battista da Crema (1460-1534), il filantropo genovese Ettore Vernazza (1470-1524), il vescovo di Verona Gian Matteo Giberti (1495-1543).
Battista da Crema, al secolo Giovanni Battista Carioni, vestì l’abito domenicano e successivamente fu direttore spirituale di Gaetano di Thiene e di Antonio Maria Zaccaria, rispettivamente fondatori dei teatini e dei barnabiti, due tra ordini religiosi più noti del Cinquecento. Battista da Crema fu anche un predicatore i cui sermoni ponevano l’accento sulla riforma spirituale del singolo individuo e sostenevano che la grazia divina non manca mai all’uomo il quale, tuttavia, spesso non risponde a Dio. Nel 1525 pubblicò a Venezia lo scritto Via de aperta verità nel quale riconosce nella povertà, nella castità, nell’obbedienza, nei sacramenti della confessione e della comunione oltre che nelle opere di carità spirituale e corporale le basi su cui fondare la propria vita religiosa. Tempo dopo Battista da Crema divenne direttore spirituale di Ludovica Torelli contessa di Guastalla, che in seguito a una profonda crisi religiosa trasformò la sua corte, spostata da Guastalla a Milano, in una comunità ecclesiale guidata dallo stesso Battista da Crema oltre a dare un notevole contributo alla fondazione del già citato ordine dei barnabiti e dell’ordine delle suore angeliche. Nel 1532 le autorità ecclesiastiche rimproverarono a Battista da Crema di condurre una vita fuori dall’ordine domenicano a cui apparteneva, ma la polemica non andò avanti per molto tempo ancora poiché Battista da Crema morì due anni dopo a Guastalla, assistito dalla contessa e da Antonio Maria Zaccaria.
Ettore Vernazza, di professione notaio, creò a Genova, la sua città natale, diverse istituzioni per i malati e gli emarginati: l’Ospedale degli Incurabili, che si prendeva cura dei malati cronici e dei malati mentali, il Conservatorio delle Figlie di San Giuseppe preposto all’educazione delle fanciulle povere, il Lazzaretto destinato ad ospitare gli appestati. Nel 1497 il Vernazza, per volontà della mistica Caterina Fieschi Adorno nota come Caterina da Genova, fondò la Compagnia (detta anche Oratorio) del Divino Amore, una confraternita di laici – nobili, borghesi, popolani senza alcuna distinzione di provenienza sociale – dediti a pratiche di culto e di solidarietà umana in omaggio allo spirito caritativo del cristianesimo antico. Il fine della Compagnia era quello di radicare e piantare nei cuori l’amor di Dio, cioè la carità. I suoi componenti erano tenuti a confessarsi mensilmente e a ricevere la comunione quattro volte all’anno. La Compagnia concretizzò il suo ideale attraverso la creazione di altri ospedali in diverse città d’Italia, a Roma, Brescia, Venezia, Vicenza, Verona, Napoli e Palermo che divennero anche tappe obbligate dei pellegrinaggi.
Gian Matteo Giberti, di origine palermitana, studiò a Roma eccellendo nelle lingue classiche. Ordinato sacerdote, svolse alcune missioni diplomatiche in Europa per conto del cardinale Giulio de’ Medici, il quale, diventato papa con il nome di Clemente VII, lo nominò responsabile della dispensa dei benefici ecclesiastici e successivamente vescovo di Verona oltre ad affidargli altri incarichi diplomatici. Scampato al sacco di Roma compiuto dai lanzichenecchi, nel 1527 prese possesso effettivo della diocesi di Verona, dove iniziò subito una vasta e intesa attività di riforma e di moralizzazione del clero locale che anticipò l’applicazione dei decreti elaborati dal Concilio di Trento in materia disciplinare. Gian Matteo Giberti, che fu autore di alcune opere di diritto canonico tra cui le Constitutiones Gibertinae, condusse un’esistenza austera e risiedette sempre nella sua diocesi di cui visitò regolarmente le parrocchie dove restaurò il culto. Il suo operato fu soprattutto inteso al rinnovamento del clero attraverso la formulazione di un modello di sacerdote dotato di qualità morali specificatamente cristiane e di una cultura adeguata, aliena alle elucubrazioni teologiche e fondata sulla conoscenza dei testi sacri. Allo stesso modo il Giberti sorvegliò sulla predicazione, imponendo come modelli di riferimento il Vangelo e la lezione dei Dottori della Chiesa insieme all’uso di un linguaggio di facile comprensione per il popolo di fedeli. Non meno incisiva fu la sua azione in termini prettamente disciplinari: sospese gli ecclesiastici incapaci, incarcerò quelli indegni e riformò i monasteri soprattutto quelli femminili, che erano inquinati da presenze maschili e sottoposti alle interferenze delle famiglie potenti della città. San Carlo Borromeo, quando divenne arcivescovo di Milano, ebbe come modello proprio Gian Matteo Giberti.

Un giudizio finale

La Preriforma cattolica, oltre alle personalità e alle iniziative ricordate in questo breve articolo, produsse molto altro, primi fra tutti diversi nuovi ordini religiosi, la cui fondazione avvenne prima della convocazione del Concilio di Trento (1545), il quale dette inizio alla Riforma cattolica e anche alla Controriforma: le clarisse cappuccine (1519), i teatini (1524), i cappuccini (1525), i somaschi (1528), i barnabiti (1530), le angeliche (1530), i gesuiti (1534), le orsoline (1535), gli ospedalieri o fatebenefratelli (1537), che svolsero molteplici attività nel campo religioso, culturale e assistenziale.
Particolarmente significativo è il giudizio espresso sull’epoca della Preriforma cattolica dallo storico francese Jean Delumeau (1923-2020) nella sua opera Il cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo: «Nel tempo della Preriforma, dunque, la Chiesa aveva ancora importanti riserve di giovinezza e di salute. Il governo di essa, però, era corrotto. Ora, questo era cresciuto assai di importanza e di peso, specialmente dal XIV secolo in poi, e quindi, nella misura in cui non avesse mutato le proprie strutture tradizionali, la Chiesa di Roma, presa nel suo insieme, non avrebbe potuto riformarsi se il Capo non si fosse riformato. Per prendere una simile decisione non ci volle meno del trauma dovuto alla secessione del protestantesimo».

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Per saperne di più
“B. da Crema”, in Enciclopedia Treccani in www.treccani.it
L. Cristiani, “La Chiesa al tempo del Concilio di Trento (1545-1563)” in Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri a cura di A. Fliche e V. Martin, trad. it., Torino, 1977, vol. XVII
J. Delumeau, Il cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, trad. it, Milano, 1976
“G.M. Giberti”, in Dizionario Biografico degli Italiani in www.treccani.it
G. Martina, Storia della Chiesa da Lutero ai nostri giorni. 1. L’età della riforma, Brescia, 1993
“E. Vernazza”, in Dizionario Biografico degli Italiani in www.treccani.it