POZZO DI BORGO, IL CÒRSO NEMICO DI NAPOLEONE

di Massimo Iacopi -

Lontano cugino di Bonaparte, metterà il suo talento diplomatico al servizio dello zar di Russia contro l’imperatore dei Francesi. Sostenitore di Pasquale Paoli assumerà un ruolo decisivo nella caduta di Napoleone nel 1814, quando convincerà lo zar a marciare su Parigi.

Pozzo di Borgo

Carlo Andrea Pozzo di Borgo

Carlo Andrea Pozzo di Borgo è stato, secondo molti storici, un personaggio di rilievo nella storia contemporanea. Karl Marx lo ha definito, forse con un po’ di esagerazione, “il più grande diplomatico di tutti i tempi”. Ambasciatore dello zar Alessandro I a Parigi dal 1815 al 1834, quindi a Londra dal 1835 al 1839, Pozzo di Borgo nasce nel 1764 ad Alata, poco lontano da Ajaccio, in Corsica. E’ il figlio di un allevatore di ovini discendente dalla vecchia nobiltà isolana. Cresciuto da uno zio prete, studia inizialmente nel convento di Vico e quindi nel Collegio Reale di Ajaccio, presso i parenti di Napoleone, di cui era un cugino di 5° grado, “nutrito dalla Madame Mere” per usare l’espressione dello stesso Napoleone. Sia i Pozzo di Borgo che i Bonaparte erano eredi di due famiglie fedeli a Pasquale Paoli nel suo tentativo indipendentista e Carlo Andrea conobbe assai bene, oltre a Giuseppe Bonaparte, anche Napoleone. Tra l’altro, Carlo Maria Bonaparte aveva addirittura servito come aiutante di campo del Paoli nella battaglia di Pontenuovo del 9 maggio 1769, che segnò la sconfitta dei Còrsi e l’esilio del Paoli, imbarcatosi a Porto Vecchio il 13 giugno di quell’anno.
Sebbene carente di grandi risorse finanziarie, Carlo Andrea riuscirà a frequentare, secondo una vecchia tradizione della nobiltà corsa, l’Università di Pisa, dove sarà compagno di studi di Giuseppe Bonaparte e dove conseguirà, nel 1787, il dottorato in Legge sotto la guida del professor Tosi.
Chi è dunque Pozzo di Borgo? Un uomo che, da buon còrso, era animato da forte spirito di clan, aveva una memoria da elefante e soprattutto non dimenticava facilmente i torti subiti. “Un gigante”, dichiara Honoré de Balzac. “Il signor Pozzo di Borgo è un uomo di grande spirito, francese come Bonaparte, contro il quale nutre un odio che è stato l’unica passione della sua vita”. “Un odio da corso”, ha lasciato scritto il ministro degli esteri francese Charles Maurice de Talleyrand Perigord, che lo ha conosciuto così come lo hanno conosciuto il principe Klemens von Metternich e lo zar Alessandro I.
Secondo Adele d’Osmond, contessa de Boigne, che lo ha incontrato a Londra, l’uomo è poco “civilizzato”. La dama lo trova alquanto rustico. Ma nonostante ciò la sua intelligenza ha contribuito a cambiare il destino dell’Impero francese, dell’Europa e del mondo, secondo le stesse affermazioni di Napoleone.

Pozzo e la Rivoluzione

Al momento della Rivoluzione francese Pozzo è un gentiluomo della nobiltà, esattamente il contrario di Pasquale Paoli, che è nipote di un mugnaio. Il giovane còrso, molto legato alla città di Roma, dove i suoi antenati hanno comandato la guardia pontificia, è molto lontano dal sistema di pensiero pre-democratico del vecchio Paoli.
Il suo debutto politico avviene nel 1791 con l’elezione a deputato (delegato) della Corsica all’Assemblea Legislativa di Parigi. Inizialmente gli viene affidata, grazie all’appoggio di Paoli, la redazione di uno speciale documento di lamentele (cahier de doléances): non senza ragione, tenuto conto che nel 1789 l’Assemblea, su sollecitazione del deputato Antonio Cristoforo Saliceti [1], aveva dichiarato la Corsica parte integrante del regno di Francia e vi aveva esteso i diritti e le leggi francesi; inoltre, era stato autorizzato il ritorno dei fuorusciti còrsi, vietando ogni loro persecuzione. In questo periodo Pozzo, sebbene schierato fra i moderati sui banchi della destra, si dichiara ammiratore del paese dei Diritti dell’Uomo, ma si oppone fermamente a provvedimenti quali quello della Costituzione civile del clero. Di fronte alle sommosse del giugno 1792 e all’arresto del re a Varennes, egli è costretto, nell’agosto dello stesso anno, a fuggire, anche in concomitanza della svolta rivoluzionaria della prima Comune di Parigi e la proclamazione della Repubblica: in fin dei conti Pozzo era rimasto convinto assertore delle sue idee monarchiche: posizione estremamente pericolosa nella Parigi di quel tempo.

Il rientro in Corsica e l’esilio

Pasquale Paoli

Pasquale Paoli

Di fronte agli sviluppi rivoluzionari e fortunatamente prima dei massacri del settembre 1792, Carlo Andrea decide di rientrare in Corsica, accolto calorosamente da Pasquale Paoli, luogotenente generale delle forze militari dell’isola, che lo nomina Capo del Governo (Procuratore Generale Sindaco) della Corsica.
Durante questo periodo Paoli e Pozzo di Borgo organizzano, per conto del governo francese, una prima fallita invasione della Sardegna, affidata all’ammiraglio Laurent Truguet, con la collaborazione dei Bonaparte ed un reggimento di volontari còrsi, guidati dal nipote dello stesso Paoli [2]. Dopo un secondo fallito tentativo di invadere la Sardegna (obiettivo: conquista dell’arcipelago della Maddalena) con la collaborazione dei Bonaparte, i rapporti fra i due iniziano a deteriorarsi. Nel corso di questa spedizione [3] si mettono in luce Napoleone Bonaparte, che nel frattempo era stato promosso tenente colonnello e posto al comando di un reggimento di volontari corsi, e, da parte piemontese, il nocchiero di 1a classe Domenico Leoni, alias Millelire, che sarà la prima medaglia d’oro delle forze armate italiane.
Proprio in questo periodo si consuma la rottura politica con i Bonaparte, rimasti filofrancesi. Sulla base delle dure critiche contenute nella relazione di Napoleone al Ministero della Guerra di Parigi (nelle quali egli lamentava viltà e tradimento), il giacobino còrso Bartolomeo Arena (già Commissario politico nella fallita spedizione di Cagliari) presenta denuncia formale contro Paoli e Pozzo di Borgo alla Convenzione Nazionale, che, a sua volta, convoca gli accusati per rispondere sui fatti. Saggiamente, Paoli rifiuta di rispondere davanti alla Commissione e la Convenzione ne decreta, nell’aprile 1793, l’arresto. Davanti a questa situazione di fatto, Paoli sceglie di accettare la protezione della flotta inglese che, agli ordini di Orazio Nelson, provvede nel corso dello stesso anno all’occupazione dell’isola.
Pozzo, nel 1794, si schiera con Paoli [4] dalla parte degli Inglesi e proprio nel corso dello stesso anno, dopo la dichiarazione di secessione dell’isola dalla Francia, verrà nominato Presidente del Consiglio di Stato del governo anglo-corso, dal viceré inglese Sir Gilbert Elliot Murray Kynynmound, conte di Minto. L’11 giugno 1794 Napoleone e i suoi familiari sono costretti a lasciare la Corsica [5], da Bastia per Tolone, e Pozzo di Borgo emette un decreto di confisca dei beni dei fuoriusciti, compresi i Bonaparte, in quanto “traditori della Patria”.
Dopo il fallimento del Regno anglo-còrso e la riconquista francese della Corsica nell’ottobre 1796, Pozzo di Borgo vive otto anni in terra d’esilio, mentre, condannato dalla Convenzione, subisce a sua volta la confisca dei beni in quanto “nobile emigrato”. Dopo un breve periodo a Roma, sorvegliato strettamente dai giacobini, si trasferisce in Inghilterra sotto la protezione di Elliot, che lo farà incontrare in Scozia con il futuro re Carlo X Borbone. Recatosi nel 1801 a Vienna al seguito di Elliot, incaricato di una missione speciale, Pozzo conosce il diplomatico russo conte Andrey Razumovsky, il principe di Metternich e il principe polacco Adam Jerzy Czartorysky.

Diplomatico in missione per lo zar e nuovo esilio

Nel 1804, dopo l’incoronazione di Napoleone, Carlo Andrea offre i suoi servizi allo zar Alessandro I e viene accolto alla corte di San Pietroburgo grazie all’intercessione del principe Czartorysky. Da quel momento inizia a viaggiare un po’ per tutta l’Europa a nome della Russia. Lo si ritrova a San Pietroburgo e a Mosca; a Mittau con il futuro Luigi XVIII Borbone; a Vienna nel 1805, dove ricopre un ruolo importante nella stipula dell’alleanza austro-russa che porterà alla sconfitta di Austerlitz; a Napoli, nel dopo Austerlitz, come Commissario russo presso gli anglo-napoletani; nel 1806 a Berlino come commissario presso l’esercito prussiano; di nuovo a Vienna presso l’imperatore e l’arciduca Carlo; a Costantinopoli, nel 1807, con una prestigiosa missione presso il sultano Selim III, che sotto la pressione dell’ambasciatore francese di origine còrsa, Orazio Sebastiani, aveva dichiarato guerra l’anno prima alla Russia; a Corfù, dove si imbarca per assistere al combattimento navale del Monte Athos contro la flotta turca (giugno 1807).
La pace di Tilsit (7 luglio 1807) cambia le carte in tavola. Napoleone e Alessandro I diventano amici e così Pozzo è di nuovo costretto a fare le valige. Dimesso dal servizio, deve abbandonare l’uniforme di colonnello dell’esercito zarista rifugiandosi nuovamente a Vienna (presso Metternich), dove frequenta assiduamente tutti i salotti antinapoleonici. Nel 1810, dopo il matrimonio, cade sulla testa di Pozzo di Borgo un’altra tegola: a seguito del matrimonio con Maria Luisa d’Asburgo Lorena, Napoleone inoltra una formale richiesta di estradizione per l’esule còrso alla corte di Vienna. Il generale Johann Philip von Stadion lo avverte e, sembra, su indicazione del principe Metternich, gli suggerisce di raggiungere l’Inghilterra, l’unica nazione di una potenza ancora indipendente da Parigi. Eccolo dunque, cacciato da Vienna, raggiungere nuovamente Londra.
Nel periodo trascorso in Inghilterra, Pozzo di Borgo inizia a scrivere le sue Memorie, tracciando un bilancio dell’impero napoleonico. Secondo Pozzo, solo entrando a Parigi gli Alleati potranno battere l’imperatore. L’ambasciatore riuscirà a far comprendere l’importanza di un passo simile allo zar.
Il mancato rispetto del trattato di Tilsit da parte della Russia sarà la scintilla che spingerà Napoleone, il 24 giugno 1812, a varcare il Niemen e a invadere la Russia.

Di nuovo al servizio dello zar

Lo zar Alessandro I

Lo zar Alessandro I

Richiamato in servizio nel corso dello stesso anno dallo zar Alessandro I, in pieno inverno, Pozzo di Borgo raggiunge Stoccolma, per una missione iniziale in Svezia. L’abile diplomatico riuscirà a staccare Jean Baptiste Bernadotte, re di Svezia, dall’alleanza con Napoleone e allo stesso tempo a riallacciare i contatti con i vecchi amici di un tempo, cominciando a seminare il dubbio tra i diversi membri della famiglia Bonaparte.
Dopo la disastrosa ritirata della Grande Armée e la vittoriosa battaglia di Lipsia dell’ottobre 1813, il feldmaresciallo Karl Schwarzenberg e il generale prussiano Gebhard Leberecht von Blücher, alla guida delle truppe dell’alleanza austro-russo-prussiana, entrano in territorio francese dando inizio alla Campagna di Francia del 1814. Il 31 marzo Pozzo di Borgo entra a Parigi, al seguito dello zar e subito dopo verrà inviato a Londra per accompagnare il rientro in Francia di Luigi XVIII Borbone. Intanto Napoleone abdica a Fontainebleau, a premessa della firma della Pace di Parigi nel maggio seguente. Nominato infine Commissario Generale del Governo Provvisorio, il nostro sosterrà attivamente Luigi XVIII, che lo nominerà conte (1816) e pari di Francia (1818).

Il congresso di Vienna, i 100 giorni e la Restaurazione

A Pozzo di Borgo l’esilio di Napoleone all’isola d’Elba appare immediatamente una scelta poco appropriata, per il fatto di trovarsi a poca distanza dal continente. Le sue preoccupazioni si avverano con i 100 giorni (20 marzo-22 giugno 1815).
Ritornato dal 1815 al servizio dello Zar Alessandro, questi lo invia alle sedute del Congresso di Vienna. Durante i Cento Giorni raggiunge Luigi XVIII in Belgio, in qualità di rappresentante dello zar presso il generale Arthur Wellesley, duca di Wellington, ma con scarsi risultati pratici.
Il 15 giugno 1815 a Waterloo Pozzo vede Napoleone per l’ultima volta, da lontano con il binocolo e durante la battaglia, investito dalla cavalleria del colonnello Crabbé è costretto a fuggire nella boscaglia per salvarsi. E’ proprio a lui che si deve la scelta del luogo definitivo d’esilio per relegarvi l’aquila decaduta.
Nominato ambasciatore di Russia a Parigi con la nuova Restaurazione, Pozzo cerca di ridurre i pesanti obblighi imposti dagli Alleati alla Francia e di accelerare la partenza delle truppe d’occupazione (trattato di Aquisgrana, 1818). Fautore di una politica moderata e cortocircuitato dalla corte francese (Tuileries) dal primo ministro francese Elie Decazes, Pozzo prende parte a tutti i congressi dopo quello di Vienna, fino al congresso di Verona del 1822. Infine, nel 1825, con l’accesso al potere di Carlo X, egli si allontana discretamente, disapprovando gli ultras (ultra realisti) e la politica decisamente reazionaria del sovrano, che porteranno alla rivoluzione del luglio 1830. Nel 1827, Carlo Andrea Pozzo di Borgo diviene conte ereditario dell’Impero Russo, con un ukase dello zar Nicola I.

Di nuovo ambasciatore a Londra e la fine

La rivoluzione del luglio 1830 consente a Pozzo di appoggiare re Luigi Filippo, che, grazie ai suoi buoni uffici sarà riconosciuto anche dallo zar Nicola I. Nel 1832, però, i cattivi rapporti fra Luigi Filippo e lo zar determineranno il richiamo di Pozzo di Borgo a San Pietroburgo, a motivo della sua presunta eccessiva francofilia. Agli inizi del 1835 Pozzo viene nuovamente destinato in Inghilterra quale ambasciatore russo presso la corte di San Giacomo a Londra, in sostituzione del principe russo lituano Christoph Heinrich von Lieven.
Nel 1839, all’età di 75 anni, Pozzo chiede le dimissioni dal servizio diplomatico e si ritira a Parigi dove ha l’occasione, nel 1840 di assistere al ritorno in Francia delle ceneri del suo acerrimo nemico. Installatosi in un magnifico palazzo privato (Hotel de Soyecourt), in Rue de l’Universitè, dove fa costruire una sontuosa galleria delle Feste, muore a Parigi il 15 febbraio 1842, poco più di 20 anni dopo il suo grande nemico: Napoleone. Qualche maldicente farà circolare la seguente frase: “Pozzo è morto. Il diavolo l’ha accolto e gli ha detto: Tu hai superato tutte le mie aspettative”. Verrà sepolto nel cimitero monumentale parigino di Pére Lachaise, sull’altra riva della Senna, sempre di fronte a Napoleone.

Note

[1] Uomo politico corso originario da famiglia originaria di Piacenza, nasce a Saliceto, in Corsica, si laurea nell’Università di Pisa in Giurisprudenza e viene eletto deputato per il Terzo Stato nella circoscrizione di Bastia. Entrato a far parte della Costituente, propone all’Assemblea l’annessione dell’isola nel 1789. Partecipa successivamente alla cacciata di Pasquale Paoli dalla Corsica e alla conquista di Tolone, insieme a Napoleone. Entrato a far parte del governo di Robespierre, aiuta Napoleone ad ottenere il comando della divisione d’artiglieria e la promozione a divisionario. Salvato da Napoleone alla morte di Robespierre, ne diviene uno dei più fedeli sostenitori, iniziando una efficace attività nei servizi segreti francesi e nelle attività di polizia, specie come agente infiltrato in Italia per suscitare ribellioni filo-francesi. Dopo aver preso parte all’insurrezione di Bologna del 1794, nella quale troveranno la morte i patrioti Giovanni Battista de Rolandis e Luigi Zamboni, viene nominato ambasciatore francese a Lucca e, nel 1806, ministro di polizia a Napoli. Uomo di carattere duro e scostante, secondo Guy de Maupassant “aveva imparato da Robespierre la freddezza assoluta, lo ‘sguardo di ghiaccio’, il mai manifestare alcuna emozione. Era un attore raffinato e staccato. Sapeva essere accondiscendente e poi impietoso, inflessibile ed inesorabile”.

[2] Sbarcati presso Cagliari l’8 gennaio 1793, i Còrsi vennero accolti a cannonate. Risposero bombardando la città e, alcuni giorni dopo, sbarcarono al forte di Sant’Elia, dove vennero respinti e costretti a reimbarcarsi in grande disordine. Il 17 febbraio, sorpresi da una tempesta faranno nuovamente vela verso la Corsica.

[3] Affidata, per incarico del Paoli, al nipote Pietro Paolo Colonna de Cesari Rocca. Le truppe, circa 800 uomini (compresi 150 regolari francesi), partono da Bonifacio il 22 febbraio 1793 e conquistano di sorpresa l’isolotto di Santo Stefano, da dove, il 24 febbraio seguente, l’artiglieria comandata dal Bonaparte, inizia a bombardare La Maddalena, difesa da 150 soldati e 300 miliziani. Questi riescono a rispondere con una certa efficacia, grazie ad una batteria piazzata sulla punta meridionale di Caprera e comandata da nocchiero di 1a classe Domenico Leoni, alias Millelire, a sua volta sostenuto da due navigli e da una batteria sita dalla parte di Palau. La notte fra il 25 e il 26 l’equipaggio dell’unica corvetta francese si ammutina, comunicando agli altri la sua volontà di rientrare a Bonifacio. A questo punto il Colonna de Cesari e Napoleone, sospese le operazioni, sono costretti a reimbarcarsi, abbandonando a terra anche i cannoni.

[4] La politica dell’isola era gravemente condizionata dai tre partiti principali: ai tradizionali indipendentisti si erano aggiunti (per divisione del partito francese) i monarchici fedeli al Borbone e i giacobini. Nelle sue memorie, il Pozzo ricorda come tali divisioni derivassero “meno da divergenze ideologiche, che dall’ambizione che portava le diverse famiglie di notabili ad affermarsi nel piccolo quadro (così ristretto) della Corsica”. In particolare, Pozzo era rimasto fedele al partito indipendentista del Paoli. Al contrario, i fratelli Bonaparte, memori della scelta filofrancese operata dal padre Carlo Maria (almeno dal 20 settembre 1769, quando aveva accettato la nomina ad assessore della corte reale – l’amministrazione borbonica – di Ajaccio e del suo distretto), erano divenuti paladini del partito giacobino. Probabilmente, alla definitiva rottura dei rapporti contribuì anche la morte dei due vecchi alleati: Carlo Maria Bonaparte era morto nel 1785 e Giuseppe Maria Pozzo di Borgo il 7 giugno 1781, nella natia Alata.

[5] Il 17 aprile 1794 Paoli rivolge un appello al popolo còrso, affinché difenda la propria patria e i propri diritti e, il 10 giugno seguente, una Consulta generale nella città di Corte proclama Paoli “Babbu di a Patria” e le famiglie Buonaparte ed Arena verranno additate al pubblico disprezzo. Soprattutto, l’assemblea giura fedeltà al re d’Inghilterra e alla costituzione che quel monarca aveva offerto ai Còrsi. Questa prevedeva un parlamento e un viceré. Da segnalare che l’italiano ne era la lingua ufficiale. Governatore venne nominato il conte Gilbert Elliot e Pozzo Presidente del Consiglio di Stato: la più alta figura politica dell’isola.