MAR NERO, IL MARE DIMENTICATO DALL’EUROPA

di Max Trimurti -

Visto dall’Europa occidentale, è un elemento geograficamente periferico e geopoliticamente marginale. Ciò nonostante, l’area è stata sempre di grande importanza storico-militare. La frammentazione dello spazio postsovietico nel 1991, seguito dall’integrazione di due Paesi rivieraschi supplementari nell’Alleanza Atlantica (NATO) e nell’Unione Europea (UE), quindi le crisi della Crimea e del Donbass nel 2014, ne hanno fatto una zona di tensione fra Russia ed Occidente a più di 150 anni dalla guerra di Crimea.

Si tratta di un mare strano, per l’origine geologica (un antico lago collegato oggi al Mediterraneo da due correnti inverse) e per i nomi complicati: Ponto Eusino, perché era diventato un’area ospitale per i coloni greci dell’Antichità; Grande Mare del commercio europeo nel Medioevo, a fianco del Mediterraneo; infine Mar Nero, dalla tradizione di denominare i punti cardinali con i colori (Nord-Nero). Il Mar Nero, un’area vasta 436 mila km2 (senza il Mar d’Azov, di 39 mila km2, un suo annesso, quasi lacustre alla foce del Don) e quasi chiusa, comunica con il Mediterraneo attraverso gli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli. La sua posizione fra i Balcani e il Caucaso e fra l’Asia minore e le vaste steppe euroasiatiche, ne hanno fatto un limite fra mondi diversi e un crocevia commerciale strategico, una zona di contatto e di conflitti fra popoli e culture diverse: sedentari e nomadi; lingua greca e lingue barbare; arcieri a cavallo e città fortificate; cristiani e mussulmani; popoli migranti o invasori (iraniani, germanici, turco-mongoli) dall’Antichità al Medioevo che si dirigono verso l’Europa oppure insediati sulle sue rive o nel suo hinterland; blocco comunista, quindi Russia e Alleanza occidentale durante e dopo la Guerra Fredda. Poiché nel Mar Nero si versano i più grandi fiumi navigabili d’Europa (Danubio, Don, Dnepr, Dnestr) e il suo bacino di drenaggio si estende su 24 paesi d’Europa e dell’Asia, esso assume una importanza per gran parte dei territori che lo bordeggiano.

I contatti e le fratture

Le sue coste offrono qualche porto naturale riparato (Burgas, Varna, Sinope e soprattutto Sebastopoli, base navale di primo piano per la Russia). Ma dal delta del Danubio al Caucaso, sulla riva nord, la ridotta profondità delle acque, le foci dei fiumi interrate, i cordoni litorali e, puntualmente ogni inverno, il mare ghiacciato (Odessa e il Mar d’Azov), disturbano la navigazione, resa difficile anche dall’insorgere di brusche tempeste. Nel corso dei secoli sono stati realizzati altri porti (Odessa, Novorossijsk, Costanza). A meno di un chilometro dal mare, il suo litorale risulta oggi popolato da appena una decina di milioni di abitanti con qualche grande città (Odessa, Samsun, Varna, Costanza, Sebastopoli, Soci e Trebisonda/Trabzon) ma nessuna capitale di stati rivieraschi attuali (Bulgaria, Romania, Ucraina, Russia, Georgia e Turchia), nonostante nel corso dei secoli vi si sia insediato un discreto numero di città greche, romane, veneziane e genovesi e nonostante gli antichi Imperi e gli Stati recenti abbiano tentato di conquistare le sue rive e di rendere sicuri i porti.
La linea di frattura fra il litorale e l’hinterland si spiega con i rilievi e il popolamento: a nord, la steppa eurasiatica (Ucraina e il sud della Russia) e le montagne della Crimea; a est il Caucaso. A sud la catena pontica separava le città orientate verso il mare e il commercio dei popoli dell’interno che non possedevano pratica marittima e con i quali le città scambiavano pellicce, cereali, schiavi e prodotti dell’Oriente, arrivati sino al mare attraverso i fiumi dell’Europa e le carovane dell’Asia, attraverso il nord fino ad Azov, e dal sud fino a Trebisonda. Il controllo del commercio, vitale per il rifornimento delle città e delle capitali dall’antichità fino al XVIII secolo, richiedeva un completo dominio del Mar Nero. Uno dei commerci più prosperi e duraturi, ma meno conosciuto su questo mare, è stata la tratta di schiavi bianchi, cristiani o pagani (in particolare quello degli Slavi catturati dai Tatari a nord della steppa in Polonia, in Russia e in Ucraina). Essa veniva praticata da mercanti musulmani, ebrei e cristiani, con destinazione i paesi musulmani (Impero ottomano, Africa e Arabia). Questo traffico umano costituiva la risorsa principale del Khanato tataro della Crimea, sotto vassallaggio ottomano, fino alla conquista russa avvenuta alla fine del XVIII secolo. Oggi, la zona del Mar Nero è diventata strategica per i trasporti di idrocarburi che transitano dal Caspio verso l’Europa, in un gioco complesso di interessi nazionali e nel braccio di ferro fra Occidente e la Russia.
La frattura religiosa è oggi sulla faglia nord-sud. Il Cristianesimo si è diffuso a partire dall’Asia Minore (costa sud) e dalla costa ovest verso la Crimea e il litorale nord ancora pagano (III-XI secolo). Più tardi, l’islam si è diffuso dal sud verso tutte le coste. I cambiamenti politici e gli spostamenti di popolazioni dopo il XVIII secolo hanno semplificato la carta religiosa: la costa turca è ormai mussulmana, le altre coste cristiane ortodosse, a eccezione di una diaspora residua (Tatari e Abkhazi).

Gli Stati-nazione che discendono verso il mare

Alcune delle nazioni oggi rivierasche non possedevano una tradizione marittima. Il loro nucleo era continentale e il mare, in origine, non faceva parte del loro immaginario nazionale. La Russia e i piccoli stati nazionali hanno approfittato del declino dell’Impero ottomano per estendersi fino al Mar Nero. Quest’ultimo si è trasformato in un obiettivo commerciale e strategico e in un orizzonte nazionale, entrando nelle tradizioni storiche di questi Paesi, nei loro sogni letterari e nei loro programmi di ripopolamento dal XVIII al XX secolo. I Turchi, venuti dalle steppe e insediatisi in Anatolia dall’XI secolo, hanno strappato a poco a poco la costa del Ponto, anticamente popolata dai Greci, impadronendosi di Trebisonda e della Crimea alla fine del XV secolo, dopo aver preso Constantinopoli nel 1453. Il Mar Nero oggi non è più un lago ottomano, ma la Turchia è riuscita a conservare tutta la costa del Ponto dell’Asia Minore, dalla Bulgaria alla Georgia.
La Moscovia inizia la sua discesa verso sud nel XVI secolo, inizialmente per mettere al sicuro la sua frontiera di fronte ai popoli nomadi e saccheggiatori delle steppe, quindi per assicurarsi un accesso a un mare caldo, sotto Pietro I il Grande (che occupa la fortezza di Azov) e soprattutto con Caterina II, che però non riuscirà a realizzare il progetto di succedere all’Impero bizantino. In ogni caso, attraverso la conquista della Tauride e della nuova Russia (Crimea e Ucraina), la zarina riuscirà comunque a ottenere una vasta facciata sul Mar Nero, con la fondazione di Sebastopoli nel 1783 e di Odessa nel 1794, il tutto incrementato, poi, dai territori fino al delta del Danubio (1812) e l’annessione del litorale georgiano e caucasico (1809-1829). La Russia diventa, in tal modo, una potenza navale nel Mar Nero a danno dei Turchi.
I principati rumeni di Moldavia e di Valacchia (fra il Dnestr, Carpazi e Danubio) avevano raggiunto il delta (Galati e Braila), ma non il mare prima del 1856 (bocche del Danubio e porzione della costa della Bessarabia). La loro facciata si sposta verso sud nel 1878 e nel 1913, con la Dobrugia meridionale, perduta dopo la Seconda guerra mondiale.
Anche gli Ucraini non erano un popolo marinaio, ma essi si rifanno ai Cosacchi Zaporoghi della steppa vicina al Mar Nero, che conducevano raid in mare nel XVII secolo. E’ attraverso le conquiste russe del XVIII e XIX secolo, quindi per mezzo della creazione di una repubblica nel seno dell’URSS, e l’aggiunta della Crimea da parte di Nikita Kruscev nel 1954, che l’Ucraina ha ereditato, in occasione dell’indipendenza del 1991, la facciata marittima più lunga fino al 1994. Ma contrariamente alla Russia, essi non hanno una vocazione imperiale e non hanno avuto il tempo di acquisire una tradizione navale propria, né di costituire una flotta operativa. Il litorale del Mar Nero viene così frammentato fra sei Stati molto diversi, due religioni (cristiani ortodossi e islam), tre alfabeti (cirillico, latino e georgiano) e una decina di lingue.

Zona di cooperazione, zona di conflitti

Il commercio ha provocato guerre (Genova contro Venezia) ma anche compromessi (fra coloni greci e popoli autoctoni, fra mercanti genovesi e veneziani e Bizantini, tataro-Mongoli e Ottomani). Dopo diversi accordi internazionali rimessi in discussione nel XX secolo, la Convenzione di Montreux del 1936, sempre in vigore, decide il libero passaggio degli Stretti turchi sotto precise condizioni. La fine della Guerra Fredda ha determinato la creazione di organi di cooperazione, ma i conflitti d’interessi, i litigi di frontiera e la delimitazione delle zone marittime (sfruttamento degli idrocarburi), le vecchie diffidenze, hanno posto dei freni.
La Romania ha spinto verso un Forum del dialogo e del partenariato (2006), i Russi e gli Ucraini si erano messi d’accordo sullo Statuto di Sebastopoli (1997 e 2010), come anche sul Mare d’Azov, dichiarato mare interno russo-ucraino con spartizione delle zone marittime (2003). La crisi fra i due paesi nel 2014 ha sconvolto tale situazione.
Il Mar Nero è stato e rimane una zona di conflitti, per il controllo delle sue acque e delle sue coste, a causa delle lotte fra nazioni e religioni e dei rischi di disequilibrio fra le potenze.
Il crollo (1991) dell’URSS, l’estensione ad est della NATO (2004) e dell’Unione Europea (adesione della Romania e della Bulgaria nel 2007) e le “rivoluzioni arancioni”, sostenute dall’Occidente, nelle Repubbliche ex sovietiche rivierasche del Mar Nero (Ucraina e Georgia) hanno prodotto grandi sconvolgimenti. Nel 1991, l’indipendenza dell’Ucraina e della Georgia fa perdere alla Russia i tre quarti di affaccio marittimo, cancellando tre secoli di storia russa e riportandola alla situazione di Pietro I il Grande. Delle quattro “città eroiche” della Grande Guerra Patriottica sul Mar Nero, la Russia ne perde due (Odessa e Kerch), rimanendo con le città di Sebastopoli e Novorossijsk. Gli Statuti di Sebastopoli e della flotta costituiscono l’oggetto di compromessi precari fra i due Stati nel 1997 e nel 2010, mentre il Mare d’Azov, come già ricordato, viene dichiarato mare interno, con la spartizione delle acque territoriali. La NATO, seguendo le tesi dell’americano Zbigniew Brzezinski, dichiara nel 1997 la volontà di espandersi più a est di fronte alla Russia. Gli USA prevedono l’integrazione dell’Ucraina con la Crimea e della Georgia nello spazio euro-atlantico, soluzione inaccettabile per la Russia. La reazione nazionalista russa viene scatenata, inizialmente, con la secessione dell’Abkhazia dalla Georgia (1992-1994) e dell’Ossezia del sud, sostenuta da Mosca, successivamente il colpo di stato di Maidan a Kiev fa passare l’Ucraina nel campo occidentale. Dal 2014 al 2019 avviene il colpo di mano russo e la reintegrazione della Crimea e della base navale di Sebastopoli nella Russia e la militarizzazione della Crimea, posizione strategica al centro del Mar Nero, nonché lo sviluppo di basi navali sulla costa del Caucaso, Abkhazia compresa. La carta politica viene sconvolta, l’Ucraina e la Georgia perdono una buona metà delle loro coste, ormai sotto la sovranità de facto o il controllo della Russia, che vede moltiplicata per due volte e mezzo la sua zona marittima. L’Ucraina chiude la frontiera terrestre della penisola di Crimea e taglia il rifornimento di acqua potabile proveniente dal Dnepr. Nel 2018-2019 la Russia unisce la Crimea al continente russo, costruendo il ponte ferroviario e stradale di Kerch (Ponte Crimea), vecchia idea degli zar, di Hitler e di Stalin, realizzato da Vladimir Putin. I Russi possono in tal modo disturbare le attività commerciali e militari ucraine per il controllo dell’ingresso nel Mar di Azov sotto il ponte di Kerch, che ha dato luogo ad incidenti nel corso del 2018. La secessione russa del Donbass ha fatto regredire la frontiera dell’Ucraina sulla costa nord del Mar di Azov fino a 15 km dal porto di Mariupol.
Per la Turchia, nulla è cambiato su terra e sul mare, ma essa sviluppa le sue basi sulle sue coste, pur cercando di frenare le misure anti-russe, a causa di interessi comuni nella zona. Nel 2021 la NATO ha lanciato l’Operazione “Brezza di mare” consistente nel far costeggiare la costa della Crimea da navi da guerra (sorvolate dalla caccia russa), al fine di manifestare il suo rifiuto del fatto compiuto. Le basi militari si sviluppano sulle coste russe, ucraine e turche. La NATO possiede installazioni in Romania e in Bulgaria e campi di addestramento in Ucraina (non sulla costa del Mar Nero) L’obiettivo ufficiale di queste operazioni è quello di promuovere la pace e la stabilità nella regione, ma questa rischia di diventare ”una pericolosa zona di scontro militare”, secondo il presidente russo.

In conclusione

Ci sono due Stati politicamente instabili (Ucraina e Georgia) che l’Occidente vorrebbe integrare al suo sistema politico-militare e due membri di pieno diritto di questa Alleanza, ma recenti (Romania e Bulgaria). Tutti e quattro sono militarmente deboli senza l’appoggio degli Occidentali, a fronte di due potenze militarizzate, forti e stabili come Russia e Turchia. Esiste ormai una frontiera di fatto fra la Georgia e l’Abkhazia, che gli abitanti georgiani hanno dovuto abbandonare in massa. I litigi fra l’Ucraina e la Romania sono stati in parte risolti attraverso un arbitrato internazionale sulla delimitazione delle zone marittime, promettenti di idrocarburi (2009). Ma l’insabbiamento del delta del Danubio consente all’Ucraina di estendere il suo territorio fino nei pressi del porto rumeno di Sulina, posto sullo sbocco del braccio principale.
Il Mar Nero zona di cooperazione? Dal 1992 esiste un’organizzazione fra i Paesi della regione (Russia compresa), rivieraschi e non, per il commercio, la tecnica e l’ambiente, ma i cui risultati sono stati finora molto modesti. Esistono delle linee di traghetti fra tutti i porti dei Paesi rivieraschi, ma non tra Russia e Ucraina. La Turchia, pur essendo membro della NATO, difende lo statu quo nel Mar Nero. La lunga esperienza, unica, storica, che ha portato a un modus vivendi e a una certa convergenza d’interessi con la Russia nel Mar Nero sarebbe una garanzia di stabilità in questo periodo di incertezze. Ma le differenze, le divergenze e gli antagonismi risultano attualmente troppo forti perché si possa sviluppare un’identità regionale condivisa.