LONDRA 1952: IL GRANDE SMOG

di Michele Strazza -

 

Nel dicembre di settant’anni fa la capitale britannica visse per giorni sotto una pericolosa cappa gassosa fatta di nebbia e fumi di combustione. Il mix venefico costò la vita a diverse migliaia di soggetti fragili.

Le emergenze ambientali non vengono registrate solo recentemente ma anche nel passato si verificarono eventi che avrebbero dovuto far riflettere governi e popoli sui pericoli verso cui l’umanità si sta dirigendo.
Nel 1952 Londra stessa dovette affrontare una catastrofe inimmaginabile. Il 5 dicembre, un venerdì, infatti la capitale britannica si svegliò avvolta da una fitta nebbia.
Il fenomeno, inizialmente, non dovette apparire eccezionale agli occhi dei londinesi abituati da tempo a convivere con la nebbia. Infatti, a partire dall’Ottocento, con il diffondersi degli stabilimenti industriali, capitava spesso che la capitale britannica fosse avvolta da nebbie di smog anche per diversi giorni. Questa volta però non sarebbe stato lo stesso! Lo “smog”, secondo la parola coniata agli inizi del Novecento dall’unione di “Smoke” (fumo) e “fog” (nebbia), non era affatto quello tradizionale della città britannica e anche il Times sottovalutò la situazione.
La nebbia londinese si trasformò in un mortale miscuglio gassoso e, mentre le temperature scendevano, gli abitanti continuarono ad aumentare la potenza degli impianti di riscaldamento a carbone i cui fumi di combustione, anziché essere trasportati dal vento, finirono intrappolati in una calotta densa sopra la città, concentrando i livelli dell’inquinamento, cresciuti peraltro a dismisura per la presenza degli scarichi dei veicoli e dei fumi industriali. Si tenga pure presente che il carbone non destinato alle esportazioni e consumato nelle abitazioni era un prodotto di bassa qualità, ricco di zolfo.

Negli immediati giorni precedenti, tra il 3 e il 4 dicembre, inoltre, l’anticiclone delle Azzorre aveva spostato la propria zona d’influenza sull’Atlantico settentrionale, causando un’inversione termica su Londra. Tutto questo aveva prodotto, al tempo stesso, uno spesso strato d’aria fredda e stagnante che era rimasto intrappolato sotto uno strato di aria più calda. La conseguenza era stata l’assenza totale di ventilazione e la mancanza del ricambio d’aria.
E così la situazione peggiorò notevolmente: la visibilità si ridusse a pochi metri, provocando molti incidenti di notte e costringendo le autorità a sospendere il servizio di autobus. La metropolitana si affollò e lo stesso aeroporto venne chiuso. Anche le scuole, i teatri e i cinema furono chiusi mentre la popolazione si barricava in casa.
Per cinque lunghi giorni il cielo sopra Londra rimase grigio scuro a causa proprio della combustione del carbone e della mancanza di ventilazione. Secondo le stime del “Met Office”, il servizio meteo nazionale britannico, nell’aria vennero immessi 1.000 tonnellate di particelle di fumo, 140 tonnellate di acido cloridrico, 14 tonnellate di composti di fluoro, 370 tonnellate di anidride solforosa convertite in 800 tonnellate di acido solforico.
Quando la situazione migliorò si contarono oltre 4.000 morti, principalmente bambini e anziani, e più di 150.000 ricoverati negli ospedali a causa delle infezioni alle vie respiratorie, come polmoniti e bronchiti, nonché per ipossia. Il conteggio è stato recentemente rivisto al rialzo, con una stima che si attesta sui 12.000 morti e 100.000 malati.

Quattro anni dopo, il 5 luglio 1956, nonostante le iniziali resistenze del governo presieduto da Winston Churchill, la regina Elisabetta II approvò il “Clean Air Act”. L’importante strumento legislativo consentì finalmente la riduzione delle emissioni inquinanti degli impianti di riscaldamento e di produzione di elettricità. Anche per i nuovi impianti industriali venne prevista la loro costruzione fuori dai centri urbani, spingendo, altresì, la sostituzione del carbone con combustibili più puliti e a minore consumo di carburanti.
Nel 2016 un team di studiosi internazionali, guidato da Renyi Zhang, docente di scienze atmosferiche alla Texas A&M University, ha pubblicato un esauriente studio spiegando il processo chimico attraverso cui le sostanze inquinanti si trasformarono nella densa nebbia che causò tutti quei morti.
Ciò che emerge dallo studio è la possibilità, in presenza di determinate condizioni atmosferiche, del riproporsi di eventi simili, in particolare nelle metropoli in cui l’inquinamento raggiunge già altissimi livelli. Un monito, questo, che si farebbe bene a tenere presente.

 

 

 

 

Per saperne di più
Filo Della Torre P., 1952, l’incubo del Grande Smog, “Repubblica”, 8 dicembre 2002.
Morosi S., Rastelli P., Il Grande smog di Londra che uccise 12 mila persone in cinque giorni, “Corriere della Sera”, 5 dicembre 2017.
Russo M., Il Grande smog di Londra: svelato il mistero della nebbia killer del ’52, “Repubblica”, 24 novembre 2016.
Sironi V.A., 1952, il Grande smog di Londra: 12 mila vittime, “Avvenire”, 29 dicembre 2015.