L’INFALLIBILITÀ PONTIFICIA NELLE CANONIZZAZIONI
di Pier Luigi Guiducci -
La storia di un dibattito ancora aperto, soprattutto a partire dal 1870 quando la Costituzione dogmatica Pastor aeternus definì in modo rigoroso e limitato il concetto di infallibilità pontificia.
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Nell’attuale periodo, quando il Papa decide di proclamare la santità di un fedele (già proclamato beato), si verificano alcuni effetti: l’affermazione pontificia è considerata “infallibile”. Il culto riservato a colui o a colei che sono stati dichiarati santi viene esteso a tutta la Chiesa (in precedenza era circoscritto a un ambito locale). Inoltre, non è possibile tornare indietro (la dichiarazione papale, essendo “infallibile”, è irreformabile).[1] In questi anni, in occasione di vari incontri di studio e nella stessa letteratura scientifica, sono emerse anche delle posizioni orientate verso alcune ricerche. In particolare: esaminare esattamente la costituzione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano I[2] sull’infallibilità pontificia, studiare una possibile, diversa formula da far pronunciare al Papa; ripensare all’iter delle canonizzazioni.
La Costituzione Dogmatica “Pastor aeternus”
Il 18 luglio del 1870 Papa Pio IX[3], unitamente ai Padri del Concilio Ecumenico Vaticano I, approvò la Costituzione Dogmatica Pastor aeternus.[4] Nel testo si trovano affermazioni rilevanti:
- “Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto”.
- “Ciò che dunque il Principe dei pastori, e grande pastore di tutte le pecore, il Signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato Apostolo Pietro per rendere continua la salvezza e perenne il bene della Chiesa, è necessario, per volere di chi l’ha istituita, che duri per sempre nella Chiesa la quale, fondata sulla pietra, si manterrà salda fino alla fine dei secoli”.
- “Questa Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato Apostolico, posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato Pietro Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere di magistero”.
- “ Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede”.
- “Perciò Noi, (…), con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa”.[5]
Aspetti storici della Costituzione “Pastor aeternus”
La Pastor aeternus ha certamente una sua rilevanza perché sancisce un dato preciso: la Chiesa, fondata da Cristo, non è una qualunque società umana. Non può essere “letta” secondo gli stessi schemi che si usano per le associazioni, fondazioni, movimenti ecc. Mentre negli organismi promossi nel tempo dalle persone di più nazioni si è voluta sancire una volontà democratica (principio del consenso), legata alle decisioni delle popolazioni (esiti elettorali) e dai provvedimenti di centri politici apicali (atti giuridici), nella Chiesa esiste – al contrario – un principio non modificabile: al centro di questa realtà umano-divina c’è il Signore Gesù. È la Sua Parola che guida. È la presenza dello Spirito di Dio che assiste, malgrado le povertà umane. Si tratta quindi, dai testi biblici, di comprendere la volontà dell’unico Redentore. In tale contesto emergono dei dati scritturistici: la Chiesa è una; è sacramento di salvezza; è guidata dal successore dell’Apostolo Pietro, cioè dal Papa. Nella persona di quest’ultimo si manifesta l’Ufficio pastorale (egli sostiene nella carità, incoraggia con la misericordia), e quello magisteriale (conferma nella fede, insegna, corregge eventuali errori). Si tratta del primato petrino.
Il primato petrino
Il primato petrino venne messo in discussione, in più periodi, da quanti non intendevano confermare un rapporto comunionale con il Vescovo di Roma. Ciò avvenne in parte per motivi politici, ma non mancarono anche delle divergenze dottrinali. Malgrado talune posizioni avverse[6], tale primato, legato alla successione apostolica, ha sempre conservato dei caratteri chiave. Tra questi: mantenere unita la Chiesa di Cristo sulla base di un unico patrimonio di fede. Quando tale aspetto venne respinto (fondazione di Confessioni religiose autonome) si registrò in chi si allontanava dal Pontefice una frantumazione di comportamenti. In pratica, ogni nuova Comunità, in base al principio che doveva operare un Coordinatore (o Moderatore) ma non un Papa, si sviluppò professando contenuti dottrinali diversi, scelte morali diverse, e attivando liturgie e prassi diverse. In questo contesto, tra coloro che contestarono il Pontefice, si volle insistere anche sulla questione dell’infallibilità. Si affermava infatti: il Capo di una Chiesa può fare delle scelte giuste ma non infallibili.
La difesa dell’infallibilità pontificia
Sono stati diversi gli esponenti del mondo cattolico che hanno voluto far comprendere il senso della Dichiarazione del Vaticano I sull’infallibilità. Tra questi, si può ricordare il cardinale John Henry Newman (santo).[7] In un suo scritto si legge: “L’autorità visibile nella Chiesa si trova in Pietro, distinto dagli altri apostoli: è lui la roccia su cui Cristo ha edificato la sua Chiesa. Ora il Papa, come vescovo di Roma, è testimone della tradizione universale della Chiesa universale, perciò il suo servizio come Pastore e Dottore Universale è infallibile in virtù del suo essere il successore di Pietro, quando nella proclamazione dottrinale impegni formalmente la sua autorità di Apostolo e maestro “ex cathedra”. Il potere dell’infallibilità è in relazione al “depositum fidei”, e consta di materia di fede e morale o di realtà che abbiano una necessaria connessione con la fede. Il Papa non si servirà mai di questo potere per insegnare realtà palesemente contrarie alla Rivelazione (…)”.[8]
La materia dell’infallibilità pontificia
Nella dichiarazione sull’infallibilità pontificia è sembrato a qualcuno di vedere quasi una forzatura teologica.[9] Uno strumento di dominanza sui vescovi. In realtà, la Pastor aeternus è attenta ad evitare iniziative di singole Diocesi capaci di recare disorientamento tra i fedeli in materia dottrinale. Per tale motivo nella Costituzione si evidenzia la comunione del Papa con i Vescovi e l’unità di questi intorno al Vescovo di Roma. Non si tratta di “far quadrato” per “difendere” qualcosa, ma piuttosto per “proclamare” in modo collegiale delle verità di fede e di morale. In tale contesto, alcune correnti di pensiero, successive al 1870, hanno desiderato sottoporre, con rispetto, all’attenzione del Successore di Pietro, alla Gerarchia ecclesiastica e alle Università Pontificie, alcuni temi che qui si cercherà di presentare in modo sintetico: 1. la proclamazione dei dogmi di fede e le canonizzazioni; 2. la formula delle canonizzazioni; 3. le procedure e le prassi delle canonizzazioni.
Dogmi di fede e canonizzazioni
Il 1º novembre del 1950, il Papa Pio XII[10], sulla base della Dottrina riguardante l’infallibilità pontificia, e tenendo conto dei Dati biblici, della Tradizione, degli Studi e delle petizioni trasmesse dai Vescovi[11], proclamò il dogma dell’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo. Al riguardo, è centrale nella Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus l’affermazione chiave: “(…) Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la Chiesa, per l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”.[12]
Secondo alcuni teologi, la proclamazione di questo dogma sarebbe l’unica occasione in cui un Pontefice ha fatto uso dell’infallibilità papale ex cathedra, definita nel 1870 da Pio IX.[13] La canonizzazione (proclamazione della santità di un cattolico già beatificato), infatti, non dovrebbe considerarsi infallibile secondo i criteri per l’infallibilità che si trovano definiti nella Costituzione Dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I.
Il ragionamento che sta alla base di tale assunto è il seguente: la proclamazione della santità di una persona non è una verità di fede, perché non appartiene al novero delle definizioni dogmatiche, e non ha come oggetto diretto o esplicito una verità di fede o di morale, contenuta nella Rivelazione, ma solo un fatto indirettamente collegato. Non a caso, né il Codice di Diritto Canonico del 1917, né quello attualmente vigente (1983), né il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992) espongono la dottrina della Chiesa sulle canonizzazioni. In tale contesto viene chiesto da più ambienti di specificare in un documento pontificio che la proclamazione della santità di un fedele non costituisce una verità di fede o di morale.[14]
La formula delle canonizzazioni
Esiste poi un secondo aspetto che si collega alla formula delle canonizzazioni. Il ragionamento che seguono taluni autori[15] è il seguente: sul piano storico, si afferma, rimane un episodio che rivela l’autocoscienza quantomeno problematica che i Papi avevano dell’infallibilità nelle canonizzazioni. Si tratta della formula della cosiddetta “protestatio” in vigore fino al pontificato di Leone X.[16] I Pontefici, immediatamente prima di procedere all’atto della canonizzazione, affermavano solennemente e pubblicamente di non voler fare qualcosa che fosse contro la fede, o la Chiesa cattolica o l’onore di Dio.
Unitamente a ciò, vengono ricordate anche le brevi orazioni che mons. Antonio Bacci[17], poi cardinale, grande cultore dello “stylus Curiae”, pronunciava a nome del Papa durante i riti di canonizzazione in San Pietro, dopo la perorazione dell’avvocato concistoriale, con espressioni che certamente non si orientavano per la tesi infallibilista, quali ad esempio: “inerrans oraculum” (inerrante, non infallibile oracolo), “immutabile sententiam” (immutabile, non infallibile sentenza), “expectatissimam sententiam” (attesissima, non infallibile sentenza).
Viene anche menzionato, da taluni studiosi, uno storico. Si tratta di Heinrich Hoffmann.[18] Questi, ha ammesso che un’obiezione circa l’infallibilità potrebbe provenire – all’interno dell’allora rito di canonizzazione in vigore fino alla riforma di Paolo VI – dal fatto che immediatamente prima della solenne dichiarazione, i Pontefici manifestavano una qualche esitazione, “mentem vacillantem”, invocando “specialem Sancti Spiritus assistentiam” (una speciale assistenza dello Spirito Santo”).
In tale contesto, la tesi che presentano taluni autori[19] è la seguente: la canonizzazione costituisce la chiusura definitiva e irreformabile di un processo. È la sentenza finale di un iter processuale storico e canonico, che riguarda sempre una questione di fatto, storica. Inglobarla nell’infallibilità significa estendere l’infallibilità stessa ben al di là dei confini definiti dal Concilio Ecumenico Vaticano I.
Attualmente, al momento della proclamazione, il Papa legge questa formula: “decernimus et definimus”, cioè “decretiamo e definiamo”. Per alcuni studiosi ciò si percepisce come una “definizione”.
A questo punto, viene suggerito di evitare la formula utilizzata per la definizione delle verità di fede proponendo una formula ritenuta in più ambienti più corretta: “declaramus”, cioè “dichiariamo”. E, in effetti, come scrive un teologo “classico” della scuola romana, quale mons. Antonio Piolanti[20], tra le condizioni che individuano l’infallibilità, si esige che il Pontefice esplicitamente manifesti, in qualche modo – come avvenne nel 1854 per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione[21] e ancora nel 1950 per quello dell’Assunzione – nello stylus della formula, oltre che nel circostante contesto, l’intenzione di proporre a tutta la Chiesa, come dogmatica, qualche verità contenuta nel deposito della Rivelazione.
Le procedure e le prassi delle canonizzazioni
Nel procedere della Chiesa le procedure e le prassi nelle canonizzazioni hanno assunto forme diverse. Con l’intervento del Papa Sisto V[22] (istituzione Congregazione dei Riti), e con quello di Urbano VIII[23] (Lettera Apostolica Caelestis Hierusalem cives[24]), si arriva a operare una netta distinzione tra la beatificazione e la canonizzazione. Attualmente, alcuni canonisti propendono per un percorso all’indietro: tornare cioè a un’unica fase di canonizzazione. Nell’attuale comunione di contributi emerge anche la proposta di non inserire più l’approvazione di miracoli avvenuti ‘per intercessione’ del candidato alla gloria degli altari. Questo contesto ha delle sue motivazioni. Si spiega con taluni procedimenti non brevi, con la necessità di indicare alcuni modelli di vita cristiana a popolazioni presenti nelle più diverse parti del mondo.
Al riguardo, occorre ricordare, che determinate decisioni sono già avvenute in merito con Giovanni Paolo II[25] in materia di semplificazione del procedimento[26], e con Papa Francesco[27], mentre rimangono sempre validi altri casi legati alle canonizzazioni: la proclamazione a santo di un martire, o quella di un testimone della fede. Esiste inoltre anche la possibilità concessa al Papa di proclamare la santità di una persona senza seguire l’iter previsto per le canonizzazioni (canonizzazione equipollente).
A questo punto, però, emergono anche altre voci nella Chiesa che, in modo palese o con interventi più ufficiosi, richiamano a dei punti ritenuti significativi. Tali argomenti si possono sintetizzare in questo modo:
- è necessario che l’intero, attuale procedimento di canonizzazione sia segnato da una generale trasparenza. Secondo alcuni, tale fatto non si riscontra in determinati casi, e nello stesso divieto di leggere ad esempio il fascicolo del riconoscimento di un miracolo anche se tale evento straordinario è stato pubblicamente divulgato dall’Osservatore Romano, dalla Radio Vaticana e da siti informativi della Santa Sede (è il caso ad es. del Beato Alojzije Viktor Stepinac[28]; riconoscimento di un miracolo legato alla canonizzazione);
- è importante, poi, che vengano attivati dei rigorosi controlli su eventuali elargizioni di “offerte” (ufficialmente per la celebrazione di messe) consegnate in busta a figure della Congregazione delle Cause dei Santi per favorire un procedimento di canonizzazione.[29] Al riguardo, si deve ricordare che, in tempi abbastanza ravvicinati, la Santa Sede ha voluto istituire un Fondo economico da utilizzare per sostenere le cause che non possono contare su sostegni finanziari significativi (ogni causa richiede vari costi). Anche in questo caso, alcuni autori si sono chiesti se qualcuno ha controllato l’uso di tali Fondi, e se esiste un Resoconto che dovrebbe essere pubblico;
- in sintonìa con il punto precedente, si collocano pure tutti quei contatti che tendono a favorire in modo diretto o indiretto determinate canonizzazioni. Si tratta in pratica di prassi ove, per sostenere “l’eroicità delle virtù” si cercano di celare documenti che possono attestare comportamenti non eroici. Senza elencare minuziosamente vari interventi in materia, ci si limita a indicare un sito web (Opuslibros nueva web) ove sono descritti una serie di comportamenti riguardanti il sacerdote spagnolo Josemaría Escrivá de Balaguer.[30] Secondo vari autori che hanno consegnato al sito cit. più saggi, questo sacerdote ha presentato in vita dei limiti che non potevano consentire di presentarlo come modello per la Chiesa universale. Sempre nel sito sono descritti alcuni passaggi dell’iter della canonizzazione che, se confermati, costituirebbero violazioni al procedimento canonico.
È evidente che i responsabili apicali dell’Opus Dei hanno replicato con diversi scritti. Si ricordano qui almeno due libri[31] e un numero significativo di articoli. A parere di più autori, però, rimangono delle testimonianze che non sono state accolte in fase diocesana, e dei documenti (specie quelli della fase fondazionale) volutamente non utilizzati malgrado la loro importanza. Le più recenti ricerche storiche sembrerebbero avallare le critiche.
In definitiva, questa è in sintesi la posizione di taluni autori, il Papa ha firmato il decreto di canonizzazione di Escrivá solo sulla base di quanto gli è stato presentato. Non mancano inoltre riserve con riferimento ai miracoli, in considerazione del fatto che il presidente delle commissione medica era un numerario dell’Opus Dei, in stretto collegamento con il Prelato e con i collaboratori di quest’ultimo.[32]
Alcune considerazioni di sintesi
La tematica esaminata è certamente complessa ed è diffusa opinione che sarebbe necessario un intervento pontificio per un chiarimento definitivo. Sul piano storico le tesi sono state articolate.
San Tommaso d’Aquino[33] collocava la canonizzazione a metà strada tra le cose che attengono alla fede e i giudizi su fatti particolari che possono essere inquinati da false testimonianze. Concludeva comunque che la Chiesa non poteva sbagliarsi: sosteneva infatti che “è pio credere che il giudizio sia infallibile”.
Il cardinale Prospero Lambertini (divenuto poi Papa Benedetto XIV[34]), nel suo De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione (Bononiae 1734-1738, 4 voll. in 5 tomi)[35], sosteneva che “sa di eretico” la tesi circa la non infallibilità pontificia. Tale tesi rimane non vincolante, perché attiene alla sua opera di notevole canonista, ma pur sempre privato dottore.
La Costituzione dogmatica Pastor aeternus (1870) ha definito in modo rigoroso e limitato il concetto di infallibilità pontificia che, in precedenza, poteva assorbire e contenere o essere assimilato a quello di “inerranza” o “indefettibilità” della Chiesa. La canonizzazione è come una dottrina alla quale non è lecito opporsi, ma che non si definisce di fede in quanto deve essere necessariamente creduta da tutti i fedeli.
C’è poi la Nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei della Congregazione per la Dottrina della Fede (29 giugno 1998). Vi si trova anche un riferimento all’infallibilità pontificia nelle canonizzazioni. In questo caso, però, si tratta di un passaggio che cerca di esemplificare, e che non definisce in merito ai contenuti. L’argomento ricorrente – la Chiesa non può insegnare o favorire l’errore – sembra a più studiosi intrinsecamente debole.
Nel contesto delineato, occorre comunque precisare che dire che un atto non è infallibile non significa affermare che sia sbagliato o ingannevole. Sul piano storico, possono essere avvenuti errori, ma in casi molto rari o possono non essere capitati.
La canonizzazione, cerimonia pontificia solenne rivolta a tutto il popolo di Dio, non deriva – come viene argomentato in taluni ambienti – immediatamente dalla fede, e non può essere considerata una vera e propria definizione in materia di fede o di costume. È assente anche la consultazione dell’intero episcopato.
Alcuni possibili sviluppi
A parere di vari autori si potrebbe circoscrivere la materia dell’infallibilità pontificia solo a quei temi che attengono il patrimonio di fede e l’insegnamento della Chiesa su temi chiave della morale (es. la vita dono di Dio). Ogni altro intervento del Papa (incluse le canonizzazioni) sarebbe da includere, pur in modo solenne, nel Magistero Ordinario. Esiste poi un secondo aspetto che riguarda il procedimento (Servo di Dio, Venerabile, Beato, Santo). Nella fase diocesana rimane decisivo l’ascolto – senza preclusione di alcun genere – di ogni testimonianza (da inserire poi agli atti). La Commissione, in pratica, non dovrebbe “scegliere” le testimonianze da trasmettere alla Santa Sede e quelle da non considerare (o i soggetti da non ascoltare). Inoltre, fino alla fase precedente la firma del decreto di beatificazione o di canonizzazione del Pontefice, dovrebbe essere consentito di acquisire testimonianze, specie se queste non provengono da ambienti strettamente vicini al candidato (es. membri di una Prelatura fondata dal candidato alla canonizzazione). In tal senso, si suggerisce di ridisegnare un ruolo simile a quello che un tempo era ricoperto dal promotor fidei, noto come “avvocato del diavolo” (ruolo cancellato nel 1983 da Giovanni Paolo II). Tale figura, fin dall’inizio del procedimento, e senza un eccessivo “afflato” con il postulatore o con altri sostenitori della santità del candidato, dovrebbe essere severa nel controllare se veramente tutti i testimoni sono stati ascoltati, e se le loro testimonianze risultano agli atti.
Un altro punto, inoltre, riguarda l’Istruzione Sanctorum Mater del 2007.[36] Questo documento è relativo allo svolgimento delle inchieste diocesane o eparchiali nelle Cause dei Santi. In particolare: “vieta di ammettere a testimoniare non soltanto i confessori, a tutela del sigillo sacramentale, ma anche gli stessi direttori spirituali del Servo di Dio, anche per tutto ciò che abbiano appreso nel foro di coscienza, fuori della confessione sacramentale”. Al riguardo, sono diverse le voci che evidenziano una diversità di orientamento seguito in alcuni casi. Ad esempio: nella causa del fondatore dell’Opus Dei, Escrivá de Balaguer. La testimonianza più estesa è proprio quella del confessore del sacerdote spagnolo (mons. Álvaro del Portillo[37]).
Note
[1] Alcuni autori favorevoli all’infallibilità: Antonino da Firenze (santo), Melchor Cano, Francisco Suárez S.I., Roberto Bellarmino (santo), Domingo Báñez, Gabriel Vásquez, S.I., e, tra i canonisti, Gonzales Tellez, Prospero Fagnani Boni (Fagnanus), F.X. Schmalzgrüber, Agostino Barbosa, Anaklet Reiffenstül, Diego de Covarrubias y Leiva (Variar. resol., I, x, n. 13), Franciscus Albitius (De Inconstantiâ in fide, xi, n. 205), Petra (Comm. in Const. Apost., I, nelle note a Const. I, Alex., III, n. 17 ss), Giovanni di San Tommaso (su II-II, Q. I, disp. 9, a. 2), Silvestro II (Summa, s. v. Canonizatio), Tommaso Del Bene (De Officio Inquisit. II, dub. 253), et al. In Quodlib. IX, a. 16, san Tommaso d’Aquino afferma: “Poiché l’onore che tributiamo ai santi è in un certo senso una professione di fede, ossia credere nella gloria dei santi [quâ sanctorum gloriam credimus] dobbiamo devotamente credere che in tale materia anche il giudizio della Chiesa non è soggetto ad errore”.
[2] 8 dicembre 1869 – interrotto il 18 luglio 1870.
[3] Papa Pio IX (1792-1878; Beato). Il suo pontificato durò dal 16 giugno 1846 fino al 7 febbraio 1878.
[4] U. Betti, La costituzione dommatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I, Antonianum, Roma 2000.
[5] U. Bellocchi (a cura di), Tutte le Encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, vol. IV: Pio IX (1846-1878), pp. 334-340, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995.
[6] Cf ad es.: August Bernhard Hasler (Pio IX. L’infallibilità del Papa e il Concilio Vaticano I, 2 voll., Stoccarda 1977. Id., Come il papa divenne infallibile. Retroscena del Vaticano I, 1979 (Torino 1982).
[7] John Henry Newman (1801-1890). Convertito al Cattolicesimo (era un presbitero anglicano). Filosofo, teologo, autore di vari studi. Venne creato cardinale nel 1879 da Leone XIII.
[8] L’unità nella Chiesa universale. Il ministero del Papa, in: ‘Communio’, quaderno n. 116, marzo-aprile 1991, pp. 81-82.
[9] Cf ad esempio Aleksandr Alekseevič Kireev (1833-1910). È noto agli studiosi anche il volume di Brian Tierney, Origins of papal infallibility 1150-1350. A study on the concept of infallibility, sovereignity and tradition in the middle ages, E.J. Brill, Leiden 1972.
[10] Pio XII (1876-1958; Venerabile). Il suo pontificato durò dal 1939 fino alla sua morte.
[11] Petitiones de Assumptione corporea B. Virginis Mariae in Caelum definienda ad S. Sedem delatae, 2 voll., Typis Polyglottis Vaticanis, 1942.
[12] Pius PP. XII, Const. apost. Munificentissimus Deus qua fidei dogma definitur Deiparam Virginem Mariam corpore et anima fuisse ad caelestem gloriam assumptam, 1 novembris 1950: AAS 42 (1950), pp. 753-771.
[13] Tra questi teologi figura ad esempio Vito Mancuso (nato nel 1962). È stato docente di teologia presso la Facoltà di filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano dal 2004 al 2011. Docente, dal 2013 al 2014, di ‘Storia delle Dottrine Teologiche’ presso l’Università degli Studi di Padova.
[14] Cf anche “Alcune indicazioni bibliografiche”.
[15] Esempio: S.E. mons. Giuseppe Sciacca (nato nel 1955) cit. nelle indicazioni bibliografiche.
[16] Leone X (1475-1521). Il suo pontificato durò dal 1513 fino alla sua morte.
[17] Card. Antonio Bacci (1885-1971).
[18] Heinrich Hoffmann (1874-1951). Dal 1912 fu professore ordinario di storia della Chiesa (dal 1926 anche di storia dei dogmi) all’Università di Berna, di cui fu anche rettore.
[19] Cf “Alcune indicazioni bibliografiche”.
[20] Mons. Antonio Piolanti (1911-2001). A. Piolanti, Dizionario di Teologia Dommatica, Studium, Roma 1957, IV ed., pp. 214-215, voce “Infallibilità pontificia”; V ed.: Effedieffe Edizioni, Proceno (Viterbo) 2018.
[21] Proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione: 8 dicembre 1854 (Beato Pio IX, Bolla “Ineffabilis Deus”).
[22] Sisto V (1521-1590). Il suo pontificato durò dal 1585 fino alla sua morte.
[23] Urbano VIII (1568-1644). Il suo pontificato durò dal 1623 fino alla sua morte.
[24] Litt. Apost. Caelestis Hierusalem cives, diei 5 iulii 1634; Urbani VIII P.O.M. Decreta servanda in beatificatione et canonizatione Sanctorum, diei 12 martii 1642.
[25] Giovanni Paolo II (1920-2005; Santo). Il suo pontificato è durato dal 1978 fino alla sua morte.
[26] Costituzione Apostolica Divinus Perfectionis Magister, promulgata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983 (AAS LXXV, 1983, pp. 349-355).
[27] Congregazione delle Cause dei Santi, Norme sull’amministrazione dei beni delle cause di beatificazione e canonizzazione. Rescriptum ex Audientia Sanctissimi, dal Vaticano, 7 marzo 2016, Pietro Card. Parolin, Segretario di Stato. (Segue il testo delle Norme).
[28] S.E. Mons. Alojzije Viktor Stepinac (1898-1960; Beato). Fu arcivescovo di Zagabria.
[29] Su questo punto cf anche: G.G. Vecchi, La “fabbrica dei santi” adotta le nuove regole per la trasparenza, in: ‘Corriere della Sera’, 10 marzo 2016.
[30] José María Julián Mariano Escrivá Albás (1902-1975), è stato un presbitero spagnolo, fondatore dell’Opus Dei. Canonizzato nel 2002 da Papa Giovanni Paolo II (santo).
[31] F. Capucci, Josemaría Escrivá. Santo. L’iter della causa di canonizzazione, Ares, Milano 2008. A. de Fuenmayor, V. Gomez Iglesias, J.L. Illanes, L’itinerario giuridico dell’Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, Giuffrè, Milano 1991.
[32] Si rimanda a un elevato numero di saggi pubblicati su Opuslibros nueva web, e in diversi libri facilmente individuabili attraverso internet. Qui, ci si limita a ricordare che una guarigione miracolosa deve istantanea, senza alcuna spiegazione medica plausibile, definitiva e totale.
[33] Tommaso d’Aquino (1225-1274; Santo). Sacerdote domenicano. Teologo.
[34] Benedetto XIV (1675-1758). Il suo pontificato durò dal 1740 fino alla sua morte.
[35] Benedetto XIV (Prospero Lambertini), De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione, quattro volumi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2017.
[36] Congregazione delle Cause dei Santi, Sanctorum Mater, Istruzione per lo svolgimento delle inchieste diocesane o eparchiali nelle cause dei santi, Roma 17 maggio 2007.
[37] Álvaro del Portillo (1914-1994; Beato).
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