L’INCIDENTE DEL FIUME AZZURRO O LA BEFFA DELLA “AMETHYST”

di Mario Veronesi -

 

Nell’aprile del 1949 una fregata inglese fu coinvolta nelle ultime fasi della guerra civile cinese. Dopo una lunga e infruttuosa trattativa diplomatica, il suo comandante decise di giocare d’astuzia.

La guerra civile che nell’ottobre del 1949 portò alla nascita della Repubblica Popolare e alla ritirata nell’isola di Formosa delle sconfitte forze nazionaliste non fu caratterizzata da rilevanti scontri navali, a eccezione dell’episodio della fregata britannica Amethyst, che suo malgrado fu coinvolta nelle operazioni belliche tra comunisti e nazionalisti.
Il 20 aprile 1949 l’HMS Amethyst (F 116) stava navigando da Shanghai a Nanchino (oggi Nanjing) sul fiume Yangtze (o fiume Azzurro). Il suo obiettivo era di dare il cambio alla nave da guerra Consort che stazionava a protezione dei cittadini britannici nei pressi dell’ambasciata inglese di Nanchino. La Amethyst fu però intercettata lungo il corso del fiume Yangtze dalle artiglierie comuniste, impegnate in uno scontro con i nazionalisti. La nave subì danni consistenti, con la perforazione dello scafo al di sotto della linea di galleggiamento.

La Amethyst durante la seconda guerra mondiale

La Amethyst durante la seconda guerra mondiale

Secondo la Marina britannica l’episodio si svolse così. Intorno alle 08:31, dopo una raffica di armi leggere, da una batteria posizionata sulla riva nord del fiume fu sparata una salva che colpì la nave. Il comandante aumentò la velocità e fece esporre grandi bandiere inglesi su entrambi i lati della nave. Alle 09:30, quando la fregata si avvicinò a Kiangyin (Jiangyin), a monte del fiume, venne a trovarsi sotto il fuoco sostenuto da una seconda batteria. Il primo colpo passò sopra la nave, ma il secondo colpì la timoneria. Altri colpi centrarono il ponte, la sala macchine, l’infermeria e, infine, il generatore, provocando la perdita di potenza dei motori e la rottura dei circuiti elettrici. L’Amethyst era ormai un facile bersaglio. La sola torretta di poppa rispose al fuoco con una trentina di proiettili prima di essere a sua volta colpita. L’equipaggio assunse la posizione difensiva con fucili e pistole, e si preparò a respingere eventuali abbordaggi.
Il bombardamento terminò alle ore 11:00. 22 uomini erano stati uccisi e 31 feriti. Lungo lo scafo si contarono oltre 50 fori sotto la linea di galleggiamento, che furono otturati con amache e biancheria da letto. Per sottrarsi alle artiglierie l’Amethyst si spostò verso la riva incagliandosi però nel fango.
Il 26 aprile un tentativo di liberare la nave ebbe successo: l’Amethyst riuscì a spostarsi verso l’alto fiume e ad ancorarsi al largo di Fu-Te-Wei. Più tardi, un segnale raggiunse la nave: “Navi London e Black Swan stanno muovendo verso valle per scortarvi. Siate pronti a muovere”. Ma anche l’incrociatore London e la fregata Black Swan furono pesantemente bombardati e dovettero ritirarsi con 3 morti e 14 feriti.
L’Amethyst, nel frattempo era riuscita a disincagliarsi e a portarsi in una piccola insenatura. Un idrovolante Sunderland riuscì, nonostante il fuoco comunista, ad atterrare nei pressi della nave e ad imbarcare i feriti più gravi, mentre i restanti furono evacuati con l’aiuto dei nazionalisti.

Lo scontro si era intanto trasformato in uno stallo, con le parti in causa impegnate in febbrili colloqui diplomatici. A questo punto, il nuovo comandante della nave, John Simon Kerans, decise di progettare la fuga, studiando una serie di accorgimenti che potessero deviare l’attenzione dei cinesi. Iniziò una fitta corrispondenza con l’ammiraglio Sir Patrick Brind a Hong Kong, sapendo che sarebbe stata sicuramente intercettata. Nei suoi dispacci, Kerans si lamentava di aver quasi terminato il carburante e di non poter navigare a una velocità superiore ai 16 nodi. In realtà la nafta a bordo era più che sufficiente per ridiscendere il fiume e raggiungere il mare, e con la corrente favorevole si potevano facilmente raggiungere i 22 nodi.
Nel mese di luglio il comandante Kerans, sospettando che i cinesi volessero ormai prendere la nave per fame, chiese a Hong Kong il permesso di salpare. L’autorizzazione fu accordata attraverso uno scambio di messaggi sibillini, di cui i comunisti cinesi non intuirono il vero significato.
La fuga iniziò la sera del 29 luglio con un opportuno mascheramento: il ponte fu pitturato di nero mentre i cannoni furono nascosti con delle casse in modo che la nave assomigliasse il più possibile ad uno dei tanti mezzi che svolgevano traffico mercantile sul fiume. Approfittando del passaggio del vapore comunista Kiang Ling, l’Amethyst riuscì a mettersi nella sua scia e quando le batterie comuniste si accorsero della sua presenza era orami troppo tardi. L’unità britannica, infatti, sebbene fatta oggetto di un intenso fuoco, riuscì a proseguire.
Le prime ore del 30 luglio 1949 furono quelle decisive. L’Amethyst colse completamente impreparate le batterie comuniste piazzate sul fiume, comprese quelle di Wusung che dominavano la confluenza del Wang-pu con lo Yangtze. In quest’ultima occasione, tuttavia, Kerans sapeva di poter contare sull’appoggio del caccia Concord che lo stava aspettando alla foce del fiume, pronto a intervenire con le sue artiglierie.
Poco prima delle 06:00 l’Amethyst raggiungeva il mare aperto. Erano trascorsi 101 giorni dall’inizio dell’incidente. Il comandante Kerans telegrafò all’ammiraglio questo messaggio: “Ho raggiunto la flotta, ne danni, ne perdite, Dio salvi il Re”. La risposta non si fece attendere: “Benvenuto, il forzamento da voi compiuto farà storia nella Marina”.

 

Per saperne di più

Brian Izzard, Yangtze Showdown: China and the Ordeal of the HMS Amethyst. Seaforth Publishing, 2015

Malcolm H. Murfett, Hostage on the Yangtze: Britain, China, and the Amethyst Crisis of 1949. Naval Institute Press, 2014