LE DUE VITE DI COSTANZA D’ALTAVILLA

di Noemi Sammarco -

Da scialba zitella a governante dotata di straordinario intuito politico: la madre di Federico II di Svevia fece grande il regno di Sicilia destreggiandosi tra impero e papato.

Costanza d'Altavilla

Costanza d’Altavilla

Costanza d’Altavilla fu l’ultima discendente diretta della dinastia normanno-sicula fondata da Roberto il Guiscardo, regina consorte e reggente di Sicilia, imperatrice consorte e madre di Federico II. Costanza nasce a Palermo il 2 novembre 1154, figlia postuma di Ruggero II re di Sicilia e della sua terza moglie Beatrice di Reth, e trascorre l’adolescenza negli ambienti della multietnica corte siciliana. Costanza crescerà vedendo una donna, la regina Margherita, succedere a suo fratello Guglielmo I come tutrice del piccolo Guglielmo II: è dunque una donna a reggere il regno normanno.
Costanza cresce in disparte alla corte di Palermo. La sua successione al trono era ritenuta talmente improbabile che fino all’età di 30 anni i dignitari non si preoccuparono neanche di trovarle un marito. Il fatto che a quell’età la principessa fosse ancora nubile non fece altro che alimentare, soprattutto nei decenni successivi, numerose dicerie. Secondo il cronista Giovanni Villani, Costanza avrebbe preso i voti in gioventù, per poi passare la sua vita in convento finché non venne scelta come sposa di Enrico di Svevia. Villani racconta che il Papa avrebbe accettato di sciogliere i voti di Costanza per poter permettere a Enrico di impalmarla. Questa “leggenda del monacato” venne tramandata anche da Dante, che avrebbe collocato l’aspirante religiosa nel terzo canto del Paradiso, tra coloro che mancarono ai voti fatti.

Non si hanno molte notizie certe della vita di Costanza prima del matrimonio. Probabilmente la principessa non prese realmente i voti, ma restò alla corte di Palermo, considerata come un ramo sterile della casata. Nel frattempo vede morire fratelli e nipoti, sopravvivendo a tutti coloro che erano davanti a lei per la successione alla corona. Questo finché il nipote Guglielmo non la nomina sua erede e combina per lei un grandioso matrimonio.
In seguito a laboriose trattative tra la corte sveva e quella normanna, il 29 ottobre 1184, ad Augusta venne ufficializzata la promessa di matrimonio tra la trentenne Costanza e il diciannovenne Enrico di Svevia. Il 28 agosto del 1185 fu lo stesso re Guglielmo a scortare Costanza a Rieti, dove una delegazione sveva aspettava la sposa per poterla condurre a Milano dove re Enrico la stava aspettando. Il 21 gennaio 1186 Costanza d’Altavilla ed Enrico di Svevia si sposarono nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano, ove il patriarca Goffredo di Aquileia incoronò Enrico VI e un vescovo tedesco fece lo stesso con Costanza. Grandioso fu lo sfarzo che accompagnò la cerimonia. La sposa indossava abiti ricamati e intessuti in oro e argento, provenienti dal famoso Tiraz di Palermo. Inoltre, la sposa era stata accompagnata da non meno di 150 cavalli che trasportavano l’appannaggio personale e il corredo di Costanza, composto da oro, argento e stoffe preziose. La dote, quarantamila libbre d’oro, era stata precedentemente versata al tesoro imperiale. Ai sontuosi festeggiamenti milanesi intervennero principi e nobili di tutto l’Occidente, ma non passò inosservata l’assenza di Urbano III. Il Papa non vedeva questa unione di buon’occhio, preoccupato che con il matrimonio le due corone potessero unirsi rafforzando il potere imperiale a danno del papato.

Enrico IV e Costanza

Enrico IV e Costanza

Il 1189 fu un anno di grandi cambiamenti per la coppia imperiale. Il Barbarossa parte per la Terza Crociata, lasciando la reggenza nelle mani di Enrico, e Guglielmo II muore senza lasciare un erede diretto. L’anno seguente, giunto in Terrasanta, Federico Barbarossa, perde la vita. In seguito a queste due morti Enrico e Costanza ereditano un dominio immenso, unendo la corona imperiale a quella siciliana.
Costanza cominciò a fregiarsi del titolo di legittima erede della corona siciliana, appoggiata dai legittimisti siciliani. Alla corte palermitana era però grande la paura di una germanizzazione del Regno. Nel 1190, grazie all’appoggio dei baroni e dei maggiorenti siciliani, oltre a quello della chiesa di Roma, Tancredi di Lecce, nipote illegittimo di Ruggero II, si fece incoronare a Palermo, scavalcando totalmente il diritto ereditario di Costanza.
Nel 1191 Enrico e Costanza partirono alla volta di Roma, dove il 15 aprile, Celestino III li incoronò imperatore e imperatrice, ma alla coppia imperiale non venne ancora concessa la corona del regno di Sicilia. Due settimane dopo Enrico si mise alla testa di un possente esercito per rivendicare i diritti di successione della sua sposa. Dopo i primi successi seguì un periodo di stallo, durante il quale l’esercito di Enrico fu costretto a rientrare in Germania per rafforzare la posizione della casata sveva. Enrico fu costretto a rientrare senza Costanza, che alloggiata a Salerno, venne catturata e presa come ostaggio.
L’imperatrice venne mandata al cospetto di Tancredi, a Messina. Tancredi la fece trasferire dapprima a Palermo e poi a Napoli, incarcerandola a Castel dell’Ovo. Costanza non era un ostaggio semplice da gestire: usare la moglie di Enrico come mezzo di pressione politica avrebbe potuto squalificare moralmente i Normanni presso le corti occidentali. Così Tancredi accettò la mediazione di Celestino III e Costanza venne liberata e condotta verso Roma, dove sarebbe stata sotto il controllo del Papa. Durante il trasferimento il corteo venne intercettato dagli armati dell’abate di Montecassino che liberarono la prigioniera e la condussero nei territori germanici.

Nel 1194 Tancredi morì ed Enrico, dopo essersi assicurato appoggi politici ed economici nella penisola, iniziò una lenta discesa verso la Sicilia. Ancora una volta dovette separarsi dalla consorte che, inaspettatamente, era rimasta incinta. Costanza aveva quarant’anni, età in cui nel medioevo le donne solitamente erano già nonne. Una gravidanza in un’età così avanzata avrebbe sicuramente dato adito a pettegolezzi di ogni genere. Costanza lo sapeva, e così trovò un modo per mettere a tacere le dicerie per minare i diritti ereditari che suo figlio avrebbe avuto sui domini dei genitori. Era di vitale importanza che a quel parto assistessero più testimoni possibili, in modo da garantire che il bambino era davvero figlio di Costanza, erede degli Svevi e dei Normanni. Infatti, c’era chi vociferava che la gravidanza di Costanza fosse fittizia e che già fosse pronto un bambino che poi l’imperatrice avrebbe spacciato per suo.
L’imperatrice voleva che non ci fossero dubbi, così quando arrivò a Jesi, il 26 dicembre, e iniziarono le doglie, fece erigere una tenda nella piazza centrale. Costanza d’Altavilla, imperatrice di Germania e regina di Sicilia, erede dei Normanni e sposa di un re tedesco, incurante del freddo, dei rischi di un parto a quarant’anni e rinunciando a ogni forma di pudore partorì il suo primogenito in una tenda aperta sulla pubblica piazza. Il bambino che vide la luce era Federico II di Svevia, lo stupor mundi, re di Sicilia, Duca di Svevia, Re dei Romani, Imperatore del Sacro Romano Impero e re di Gerusalemme. Il giorno successivo alla nascita Costanza si mostrò nella stessa piazza mentre allattava il neonato.

Costanze, Enrico e il battesimo di Federico, da un incunabolo del XV secolo

Costanza, Enrico e il battesimo di Federico, da un incunabolo del XV secolo

Nel frattempo Enrico era arrivato a Palermo e il giorno prima della nascita del suo primogenito si era fatto incoronare re di Sicilia, senza attendere di avere al fianco la donna che aveva reso possibile questa incoronazione. L’incoronazione si svolse dinnanzi a gran parte della nobiltà siciliana, invitata dallo stesso Enrico che aveva promesso loro un’amnistia. I cronisti riferiscono di una toccante scena avvenuta prima della cerimonia: il figlio di Tancredi, Guglielmo, che aveva solamente sette anni, e che era in quel momento il successore, depose la corona appartenuta al padre ai piedi dell’imperatore rinunciando solennemente a ogni rivendicazione.
Questo clima di pace apparente non durò a lungo. Enrico, basandosi su un sospetto, o forse trovando solamente il pretesto di dover prevenire un complotto, condannò al carcere e a morte diversi centinaia di baroni siciliani. La regina Sibilla, vedova di Tancredi, che aveva regnato come reggente insieme con le sue figlie e la principessa greca Irene, vedova di Ruggero, figlio maggiore di Tancredi, vennero destinati alla prigionia nei territori tedeschi. Il piccolo Guglielmo subì lo stesso destino, ma prima di farlo partire venne accecato ed evirato.
Costanza, in soli due giorni, divenne regina di Sicilia e madre del successore al trono imperiale. Da questo momento, e per il resto della sua vita, cercò con tutta sé stessa di proteggere suo figlio e il suo popolo, ponendosi a volte in contrasto con i disegni di suo marito Enrico, che tendeva a trattare il regno di Sicilia come semplice appendice dell’impero e che, inoltre, aveva fatto trasferire il tesoro della corona normanna a Triefel.

Per poter difendere al meglio gli interessi della corona siciliana, Costanza affidò suo figlio alle cure della duchessa di Spoleto e raggiunse il marito a Bari, dove l’imperatore aveva convocato una Curia per cercare di dirimere le questioni ereditarie del Regno. Inoltre, a Bari, Enrico decise di passare la reggenza del regno normanno a Costanza, cercando di ottenere l’unione delle due corone attraverso un passaggio graduale. Costanza si insediò a Palermo e si pose come intermediaria tra il Papa e suo marito. La regina tentò di difendere i suoi territori dal governo del marito, ma Enrico, a causa delle continue insurrezioni, poté regnare solo con la violenza.
Nell’estate del 1197 Enrico tornò in Sicilia, dove aveva scoperto una nuova congiura contro di lui, al quale era riuscito a malapena a scampare. Costanza e il papa Celestino furono sospettati di aver partecipato alla congiura. Enrico costrinse la moglie ad assistere alle torture inflitte ai suoi conterranei che avevano ordito il complotto. Inoltre, Enrico confinò la moglie nel palazzo reale di Palermo, sotto il controllo del cancelliere Gualtiero di Palearia.
Di lì a poco tempo Enrico si ammalò gravemente e morì, lasciando la moglie e il figlio, che aveva visto solamente due volte. Per cercare di salvaguardare i diritti ereditari della sua famiglia, Enrico, nel suo testamento affidò al Papa la consorte e il figlio. Secondo tali volontà il pontefice avrebbe confermato al piccolo successore la imperialis dignitas in cambio della restituzione alla Chiesa dei beni matildini. Inoltre il Regno di Sicilia sarebbe dovuto passare alla Santa Sede una volta terminata la vita della reggente e qualora il figlio non avesse lasciato eredi. Costanza, però, non conobbe mai le ultime volontà del marito, poiché Marcovando di Anweiler, siniscalco, amministratore e vassallo delle regioni destinate ad essere cedute, fece sparire il testamento in accordo con altri nobili tedeschi che intendevano continuare a governare il Paese a nome dell’Impero.

Avevano però fatto i conti senza Costanza, che con enorme lucidità afferrò subito le redini del potere. Subito dopo la morte del marito volle immediatamente recuperare il figlio, prima che Filippo di Svevia, fratello del defunto imperatore, se ne potesse impossessare. Trasferito il piccolo Federico a Palermo la madre lo fece proclamare re in occasione della Pentecoste nel 1198. Libera dal vincolo matrimoniale svevo, Costanza procedette contro i tedeschi che avevano acquisito posizioni di potere durante il regno di Enrico, ricostruì la Sicilia come regno normanno, assicurandone l’indipendenza e conservandone l’eredità per il figlio.
Costanza sapeva di non avere molto tempo per rafforzare la posizione del figlio: capì che l’unica soluzione per assicurare un futuro al suo bambino era porsi sotto la tutela della Chiesa. Per questo Costanza, nel 1198, prestò a Celestino III il giuramento di vassallaggio che Enrico si era rifiutato di prestare, chiedendo di essere accolta formalmente con il figlio sotto la protezione ufficiale della chiesa. In questo modo Costanza saldò gli interessi del figlio con quelli della Chiesa. Proprio per tale motivo negli anni a venire la Chiesa puntò su Federico per la successione imperiale.
Costanza però non poté vedere i frutti delle sue scelte politiche. Nel novembre 1198 morì lasciando suo figlio che aveva solo quattro anni. Prima di spirare dettò il suo testamento, nominando Innocenzo III amministratore del regno e tutore di Federico, accordandogli un rimborso sperse e un compenso annuo. Inoltre nominò un Consiglio di reggenza che avrebbe affiancato il Papa e il figlio nel governo.
Imperatrice e regina, Costanza dimostrò una notevole intelligenza politica, assicurando al figlio un avvenire prospero e facendo in modo che il regno di Sicilia non costituisse mai una semplice appendice dell’Impero. Fu la scialba zitella che tutti credevano destinata all’oblio a porre le basi per il regno di Federico II di Svevia, lo stupor mundi.

Per saperne di più
Ludovico Gatto, Le grandi donne del Medioevo, Newton Compton editori, Roma, 2009
Georgina Masson, Federico II di Svevia, Rusconi libri, Milano, 1993
Eberhard Horst, Federico II di Svevia, Rizzoli, Milano, 1981
Ernest Kantorowicz, Federico II imperatore, Garzanti,1976