LACHEROY, TEORICO DELLA “GUERRA RIVOLUZIONARIA”

di Nicola Festa -

Formatosi in Nordafrica e in Indocina, il colonnello francese rielaborò l’insegnamento di Mao Tse Tung. Alle “gerarchie parallele” per il controllo degli uomini si devono affiancare le “tecniche morali”, vale a dire propaganda e guerra psicologica per il controllo delle loro anime. Le sue teorie ebbero larga diffusione nei circoli militari e politici francesi tra gli anni ’50 e ’60.

Charles Lacheroy nel 1961

Charles Lacheroy nel 1961

I recenti conflitti asimmetrici in Iraq e Afghanistan hanno fatto registrare negli ultimi anni un rinnovato interesse per la dottrina francese della «guerra rivoluzionaria», cui sono stati dedicati una serie di studi e analisi [1]. Gli specialisti americani della counterinsurgency [2] hanno evidenziato in particolare il contributo teorico dei colonnelli Roger Trinquier [3] e David Galula [4], mentre hanno del tutto misconosciuto il pensiero del «più celebre teorico» [5] ovvero del «padre fondatore» [6] della stessa teoria della guerra rivoluzionaria, il colonnello Charles Lacheroy.
In questo articolo mi propongo di tracciare — in occasione dell’undicesimo anniversario della sua morte avvenuta il 25 gennaio 2005 — un profilo della carriera militare e dell’originale pensiero strategico del colonnello Lacheroy.
Charles Lacheroy nasce a Chalon-sur-Saône il 22 agosto 1906 da una famiglia della medio-alta borghesia francese dai forti sentimenti patriottici. Appena decenne, rimasto orfano del padre, il tenente Charles Alexandre Lacheroy, Cavaliere della Legion d’Onore e Croce di Guerra, caduto nella battaglia di Verdun, il giovane Charles viene cresciuto dal nonno paterno, un veterano della guerra franco-prussiana del 1870: un «patriote jusq’au fanatisme», «un merveilleux exemple de chrétien, de père et de français» [7].
La storia familiare avrà una forte influenza sui suoi studi e rafforzerà la sua vocazione alla vita militare. Nel 1925 entra all’accademia militare di Saint Cyr, corso Maroc et Syrie. Dal 1928 al 1930 è destinato a un reggimento di fanteria coloniale di stanza nell’ Alto Volta. Trascorre alcuni anni nel Levante prima di essere inviato nel 1936 presso l’Aviazione navale in Marocco, a Rabat, dove sul finire del 1940 viene arrestato con l’accusa di aver fornito aiuto a due agenti delle Forces Françaises Libres.
Trasferito in madrepatria, a Clermont-Ferrand, condividerà il carcere con Pierre Mendes-France, futuro primo ministro. Prosciolto dall’accusa con una sentenza di non luogo a procedere potrà raggiungere le truppe coloniali in Tunisia e in Mauritania.
Nel giugno del 1942 viene messo a capo del 4éme Bureau del generale Salan a Dakar, prima di essere trasferito ad Algeri e poi sbarcare in Italia nel luglio del 1944 al seguito del 2éme Corp d’Armé agli ordini del generale Juin. L’ultima fase del conflitto lo vede partecipare alle campagne di Francia e di Germania nella 1re Armée Française, al comando del generale de Lattre de Tassigny.
Nel dopoguerra, viene posto a capo del Bataillon Autonome in Costa d’Avorio, dove garantirà il mantenimento dell’ordine durante i tumulti del 1949. Lacheroy tornerà in Francia nel gennaio del 1950, quando viene assegnato alla Section d’études et d’information per i giovani ufficiali che dovranno servire nelle Colonie d’oltremare. Nel 1951 è in Indocina per assumere il comando del settore Bien Hoa a Cochin, dove è posto a capo di circa 8000 uomini: in pratica si tratta dell’organico di una divisione “classica”, e Lacheroy ha solo i gradi di tenente colonnello!
Pochi giorni prima della partenza per l’Estremo Oriente, ricorderà Lacheroy nelle Mémoirs, il suo superiore l’ammonirà dicendogli che non avrà nulla da imparare in Indocina, «né sul piano strategico né sul piano tattico» [8]. E mai nessuna profezia sarà così azzardata.

L’evoluzione del suo pensiero

«Le gerarchie parallele»

Paracadutisti vietnamiti inquadrati nell'esercito francese in Indocina, 1954

Paracadutisti vietnamiti inquadrati nell’esercito francese in Indocina, 1954

L’esperienza coloniale, peraltro comune a quasi tutti gli ufficiali della sua generazione, fornirà infatti a Lacheroy la straordinaria opportunità di elaborare la nuova teoria della «guerra rivoluzionaria», che avrà una larga diffusione nei circoli militari e politici francesi nel corso degli anni ’50 e ’60.
Frutto delle sue prime riflessioni su quanto appreso dalla lezione sul campo in Indocina è la conferenza Un arme du Viet Minhn, les hiérarchies paralléles [9], in cui Lacheroy espone la sua celebre teoria sul sistema delle «gerarchie parallele» realizzato dal Viet Minh. Un «sistema di coercizione di una perfezione machiavellica» che ingabbia dalla «culla alla tomba» ogni elemento della popolazione in una rigida struttura sociale articolata in tre gerarchie piramidali separate. Alla base c’è quella professionale/associativa; al secondo livello quella territoriale. Il terzo e ultimo livello è formato dal partito comunista che, sebbene rappresenti solo il 10% della popolazione, controlla gli altri due attraverso un corpo di esecutori e di spie, la cui dedizione assoluta alla causa rivoluzionaria è assicurata dal «fanatismo, dall’interesse e dalla paura».
Da quel momento Lacheroy si rende conto che in Indocina si ha a che fare con una «guerra sporca» in cui non vi è un fronte nel senso classico del termine, poiché il nemico è in ogni luogo e in nessuna parte nello stesso tempo. In questo genere di conflitto è difficile distinguere l’amico dal nemico. Infiltrato tra la popolazione che controlla con la coercizione e il terrore, il Viet Minh si muove come un «pesce nell’acqua», per usare la celebre formula di Mao Tse Tung.
Per combattere questa «nuova arma» – come la definisce Lacheroy – delle «gerarchie parallele», le forze franco-vietnamite dovranno usare lo stesso approccio. D’altra parte, nel campo militare quando il nemico utilizza un’arma nuova vietata dalle convenzioni internazionali o che ripugna alla coscienza umana, la risposta è sempre stata simmetrica: «ai gas si risponde coi gas», «ai bombardamenti strategici coi bombardamenti strategici», «alla bomba atomica con la bomba atomica». Pena la sconfitta.
La conferenza ha un’eco notevole presso le alte gerarchie militari. Nel 1953 il tenente colonnello Lacheroy viene richiamato in patria e nominato direttore del Centre d’études asiatiques et africaines (CEAA). Quando lascia l’Indocina, Lacheroy dispone già di un «originale strumento concettuale sulla guerra rivoluzionaria» fondato quasi esclusivamente sulla sua esperienza personale [10].
Il nuovo incarico al CEAA gli permette di svolgere un’intensa attività d’indottrinamento dei quadri inferiori, tenenti e capitani, destinati a essere inviati nei teatri operativi in Indocina, e presto in Africa.

«La guerra rivoluzionaria»

9 ottobre 1954, truppe Viet-Minh sfilano ad Hanoi

9 ottobre 1954, truppe Viet Minh sfilano ad Hanoi

L’anno dopo, nel luglio 1954, Lacheroy tiene una seconda conferenza, La campagne d’indochine ou une leçon de guerre révolutionnaire [11], in cui riprende e amplia i temi trattati nella precedente e introduce, per la prima volta, il concetto di «guerra rivoluzionaria» ricavato dalla lettura dell’opera di Mao Tse Tung, e quello di «azione psicologica», le «techniques du moral». La guerra rivoluzionaria «non è altro che una tappa, ma una grande tappa in direzione della “guerra totale” verso cui ineluttabilmente si sta incamminando il Mondo». Ma non sono stati né Ho Chi Minh né Mao Tse Tung ad aver scoperta questa forma di guerra. I suoi principi e le sue leggi erano già stati elaborati in Occidente da Lenin, Liddel Hart e Lawrence.
Ampi stralci di questa conferenza, con il titolo La campagne d’Indochine ou une leçon de guerre révolutionnaire, saranno pubblicati il 3 e 4 agosto 1954 sul quotidiano francese “Le Monde” in forma anonima dal giornalista André Blanchet.
Nello stesso anno, Lacheroy viene nominato consigliere per l’informazione e l’azione psicologica del ministro della Défense Nationale Bourges-Maunoury.
L’anno seguente, nell’aprile del 1955, Lacheroy tiene la conferenza Action Viet-Minh et communiste en Indochine ou une leçon de guerre revolutionnaire [12], in cui critica quanti dopo la tragedia di Dien Ben Phu hanno attribuito la sconfitta francese in Indocina a quattro fattori: l’opinione pubblica tiepida in madrepatria; la debolezza e la contraddittorietà delle direttive governative; la mancanza di unità d’azione tra la Francia e gli Sati Uniti; l’instabilità del Comando supremo. Queste motivazioni, non sono sufficienti a spiegare le ragioni della sconfitta di un esercito dotato di una netta superiorità di mezzi e tecnologia sull’avversario.
La causa della sconfitta, secondo Lacheroy, è dovuta viceversa alla incapacità dello Stato maggiore di valutare appieno i fattori e i principi innovativi introdotti dal nemico nella condotta della guerra. I principi della guerra non sono eterni. La guerra che si sta combattendo è una guerra di nuovo genere, è la «guerra rivoluzionaria». Che postula nuovi principi e adotta strategie e tattiche nuove. L’ha ben scritto Mao Tse Tung nel primo capitolo de La strategia della guerra rivoluzionaria in Cina: «La guerra rivoluzionaria, oltre alle condizioni e al carattere propri della guerra in generale, ha condizioni specifiche e un carattere particolare. La guerra rivoluzionaria, perciò, oltre alle leggi generali della guerra, ha proprie leggi specifiche. Se non si comprendono le condizioni specifiche, il carattere particolare [e] le leggi specifiche, sarà impossibile dirigerla e non si potrà condurla alla vittoria».
Lacheroy individua le caratteristiche e le leggi specifiche del nuovo tipo di conflitto in atto, cioè della guerra rivoluzionaria, nella strategia adottata dal Viet Minh per conquistare alla causa della ribellione la totalità della popolazione. Il Viet Minh ha messo a punto un sistema perfetto per esercitare una stretta sorveglianza sulla popolazione: le «gerarchie parallele» per il controllo dei corpi; le «tecniche morali», vale a dire propaganda o guerra psicologica, per il controllo delle anime. Sulla base di questa analisi Lacheroy conclude che «Du mariage de la technique des hiérarchies parallèles et des techniques du moral est née un ARME NOUVELLE».
Questa unione tra «gerarchie parallele» e «tecniche morali» rappresenta una tra le armi più potenti della guerra rivoluzionaria, poiché offre a chi sa praticarla due grandi vantaggi: «l’appoggio della popolazione [e] l’infiacchimento del morale dell’avversario che lo rende più vulnerabile». La Francia e le democrazie occidentali devono utilizzare anche loro questa «nuova arma» se non vogliono perdere la «guerra rivoluzionaria» scatenata dal comunismo internazionale contro il mondo libero, afferma perentoriamente Lacheroy.
Tra i più attenti ed entusiasti allievi presenti alla conferenze di Lacheroy vi sono il figli del Maresciallo di Francia Joffre e del generale Guillaume, capo di stato maggiore dell’Esercito francese. Questi giovani ufficiali, che rimangono conquistati dal carisma del conferenziere, giocheranno un ruolo importante a favore dell’ affermazione delle dottrine di Lacheroy presso i vertici della Forza Armata, parlando entusiasticamente del loro mentore ai propri genitori.
Nel maggio 1955, Lacheroy viene allora invitato dal Capo di Stato Maggiore Generale, generale Guillaume, a tenere una conferenza sulla guerra rivoluzionaria allo Stato Maggiore. Grazie al successo ottenuto ne terrà poi un centinaio davanti a un pubblico di ufficiali in servizio e della riserva, ma anche di allievi delle “Grandi Scuole”, civili e militari.

Lo «scenario tipo»

Nell’autunno dello stesso anno è la volta della conferenza intitolata Scenario type de guerre révolutionnaire [13], in cui il processo rivoluzionario viene riassunto in cinque fasi: un periodo di calma apparente con sporadici attentati; una fase di terrorismo diffuso in cui la popolazione terrorizzata non collabora più con le autorità rendendosi «complice silenziosa» dei terroristi; una terza fase che vede l’inserimento tra la massa amorfa dei primi elementi armati e dei primi agitatori, che si mobilitano per trasformare la «passività del silenzio» in «complicità attiva»; una quarta fase di transizione in cui sono costituite forze guerrigliere semi-regolari e una organizzazione clandestina politico-amministrativa; un’ultima fase che vede la formazione di truppe regolari. A questo punto, le autorità ribelli si sostituiscono alle autorità legali.
L’anno successivo, nel 1956, diventa consigliere per l’informazione e l’azione psicologica del ministro della Défense Nationale André Morice.
Nel biennio 1956-1957 Lacheroy riveste un ruolo di primissimo piano nel campo dell’azione psicologica in qualità di responsabile sia del Service d’action psychologique et d’information générale del Secrétariat général permanent de la Défense Nationale (SGPDN) sia del Service d’action psychologique et d’information de la Défense Nationale e des forces armées (SAPIDNFA).

La «guerra rivoluzionaria e l’azione psicologica»

La conferenza del 2 luglio 1957, Guerre révolutionnaire et Arme psychologique [14], tenuta nell’Anfiteatro della Sorbona, davanti a un pubblico composto da oltre duemila ufficiali della Riserva, rappresenta il punto più alto della evoluzione della sua teoria sulla guerra rivoluzionaria. Lacheroy in questa che può essere considerata una vera e propria lectio magistralis sistematizza tutte le riflessioni e gli insegnamenti svolti nelle precedenti conferenze. In più, sottolinea la necessità di impiegare nello staff a livello di Comando un «troisième homme», oltre al «sous-chef tactique» e al «sous-chef logistique», che ha il compito di intervenire nella fase di decisione sulla base di un’analisi di «tous les aspects humains, le support humain de la guerre»; ritiene anche sia necessario fare uno sforzo in materia di addestramento. Lacheroy suggerisce inoltre l’utilizzo di una serie di strumenti per l’azione di propaganda, quali «le immagini, le cassette pre-registrate, la parola, le lettere circolari, i giornali, le riviste, gli opuscoli, i manifesti», senza tralasciare «la fotografia, la radio e il cinema».
Padroneggia da par suo l’argomento che ha sviluppato negli anni e che ha illustrato in centinaia di incontri. Tant’è che parla “a braccio”, senza l’ausilio di alcun appunto.
Lacheroy sintetizzerà in un frase folgorante, posta a sigillo della sua lezione, i principi della guerra rivoluzionaria: «On ne fait pas une guerre révolutionnaire avec une armée endivisionée, on ne fait pas une guerre révolutionnaire avec une administration de temps de paix, on ne fai pas une guerre révolutionnaire avec le Code Napoléon».

L’esperienza algerina

Truppe francesi in Algeria

Truppe francesi in Algeria

Lacheroy riveste un ruolo di primo piano anche nella creazione nel 1957 dei Centre d’instruction et de préparation à la contre-guérrilla (CIPCIG) a Philippeville, Constantine, Arzew e Oran, dove in quegli anni si formano quasi 8.000 ufficiali e sottoufficiali in servizio e della riserva, così come stagisti delle tre armi e militari stranieri.
La rapida ascesa di Lacheroy ai vertici dei servizi di azione psicologica subisce una battuta d’arresto con l’avvento al dicastero della Défense Nationale del nuovo ministro Chaban-Delmas, che l’accusa di aver divulgato alla stampa alcune informazioni riservate. Lacheroy viene quindi sollevato dai suoi incarichi e spedito in Algeria. Qui, dopo un periodo di pochi mesi di servizio presso la 7éme Division mécanique rapide (DMR), nel gennaio 1958, entra a far parte dello Stato maggiore del generale Salan, comandante delle Forze Armate e delegato generale del Governo ad Algeri.
Salan, il 18 maggio 1958, lo nominerà Chef du service information de la 10ème Région Militaire. In questa veste Lacheroy collaborerà anche alla creazione dei Cinquiémes Bureaux, organismi deputati all’azione psicologica, costituiti presso tutte le unità militari presenti in Algeria.
Nel dicembre dello stesso anno Lacheroy è nominato docente alla École de Guerre, e assume anche la direzione della École supérieure des officiers de réserve spécialistes d’état-major (ESORSEM), un «binario morto», secondo Mathieu Rigouste, su cui era stato “parcheggiato” dal generale De Gaulle, il quale aveva deciso di allontanare da Algeri il più influente degli specialisti della guerra rivoluzionaria, da lui ritenuti sostenitori risoluti dell’Algeria francese [15]. Ma giocava contro Lacheroy anche la irritazione personale di De Gaulle per una gaffe commessa dal colonnello nei suoi confronti pochi mesi prima [16].

Il putsch antigollista

Deluso dal “tradimento” della causa dell’Algérie française da parte del generale De Gaulle, Charles Lacheroy nel 1960 è intenzionato a dimettersi dall’esercito. Ma ne viene dissuaso dal colonnello Gardes e da altri ufficiali presenti in Algeria che lo invitano a restare nei ranghi. Intanto l’incarico di direttore dell’ESORSEM offre a Lacheroy la straordinaria opportunità di poter trasformare la sede dell’istituto in un “covo” dove poter tessere, lontano da occhi indiscreti, le fila dell’attività cospiratoria anti-gollista.
Con i generali Salan, Challe, Zeller, Jouhaud e i pari grado Argoud, Broizat, Gardes e Godard, Lacheroy farà parte del putsch del 21 aprile 1961. E sarà proprio lui a firmare l’ordine di insurrezione la notte del 21 aprile, in assenza di Challe rimasto bloccato in aeroporto per un ritardo del decollo del suo aereo.
Fallito il complotto, Lacheroy sarà protagonista di una rocambolesca fuga che, iniziata nel porto di Bona (toccherà anche il porto di Genova) si concluderà in Spagna.
A Madrid, Lacheroy condividerà l’esilio con altri congiurati, Argoud, Lagaillarde e Ortiz. Parteciperà poi alla fondazione e alla direzione dell’Organisation de l’Armée Secrète (OAS), l’organizzazione dell’estrema destra, sostenitrice del contro-terrorismo per conservare l’Algeria francese, assumendo lo pseudonimo di Métro.
Sarà condannato a morte in contumacia nel processo intentato contro i golpisti, ma beneficerà dell’amnistia concessa da De Gaulle nel maggio 1968, che gli consentirà, dopo sette anni di esilio, di fare ritorno a Parigi.

Conclusione

L’originale contributo teorico del colonnello Charles Lacheroy alla dottrina francese della guerra contro-insurrezionale, dopo la folgorante diffusione negli anni ’50-’60, è stato successivamente ignorato.
Il silenzio calato su Lacheroy, molto probabilmente, è stato determinato in primo luogo, soprattutto in Francia, da un motivo contingente di ordine politico: il colonnello è stato uno dei capi dell’OAS e ha partecipato al colpo di stato contro De Gaulle.
Un secondo motivo è di ordine pratico. Lacheroy non era «né un intellettuale né uno scrittore» [17] quanto piuttosto un brillante conferenziere. Ha scritto molto poco e, soprattutto, non ha esposto la sua teoria in un lavoro organico. Il che ha contribuito a rendere poco conosciuta anche tra gli specialisti la sua opera rispetto a quella di altri esponenti della scuola francese della guerra rivoluzionaria.
La lezione di Lacheroy relativa alla dottrina della guerra rivoluzionaria e della guerra psicologica, sebbene fortemente condizionata dal contesto storico in cui si è andata sviluppando, l’epoca della decolonizzazione, e nel pieno della guerra fredda, caratterizzata dalla netta contrapposizione tra democrazie occidentali e mondo comunista, può ancora offrire nel terzo millennio — tenendo conto naturalmente che ogni conflitto insurrezionale rappresenta un caso di specie a sé stante — utili elementi di riflessione nell’ elaborazione delle tattiche militari e nelle strategie politico-sociali per combattere il terrorismo e i conflitti generati dal fanatismo di matrice etnico-religioso.

 

 

Note

 [1] Vedi Georges-Henri Bricet Des Vallons (dir.), Faut-il-lbrûler a contre-insurrection?, Paris,Choiseul, 2010, pp.307; in particolare il saggio di Elie Tenenbaum, Pour une généalogie atlantique de la contre-insurrection. La question de l’influence française sur les doctrines américaines, pp.23-61.
[2] Tra i più noti, il principale autore del Field Manual (FM) 3-24, Counterin­surgency, il celebre generale David Petraeus e il tenente colonnello John Nagl — colui che ha definito Galula il «Clausewitz della contro-insurrezione» — scrivono nella prefazione all’edizione del manuale FM 3-24 per i tipi della Chicago University Press : «Of the many books that were influ­ential in the writing of [FM3-24], perhaps none was as important as David Galula’s Counterinsurgency Warfare: Theory and Practice». (The US Army/Marine Corps, Counter-insurgency Field Manual, Chicago University Press, 2007).
[3] Roger Trinquier, La guerre moderne, Paris, La Table Ronde, 1961, pp.196. Nuova edizione, Economica, 2008; Traduzione inglese: Modern Warfare, a French View of Counterinsurgency (trad. Daniel Leed), Neww York, 1964; ried.da Praeger, 2005. Esiste una recente edizione italiana: La guerra moderna (a cura di Giuseppe Gagliano), Cestudec, 2011.
[4] David Galula, Pacification in Algeria, 1956-1958, New York, Praeger, 1963; riedita da Rand Corporation, 2006; Counterinsurgency Warfare. Theory and Practice, Greenwood Press, 1964; ried. Hailer Publishing, 2005; Trad. francese: Contre-insurrection. Theorie et pratique, Paris, Economica, 2008.
[5] Octavian Manea: «Reflections on the French School of Counter-Rebellion. An interview with Etienne de Durand», in SMALL WARS JOURNAL, 3/march 2011. Come spiega de Durand: «If there is such a thing as the French School of Counterinsurgency, its founding father undoubtedly is Charles Lacheroy».
[6] Marie-Catherine et Paul Villatoux, «Aux origines de la “guerre révolutionnaire”: le colonel Lacheroy parle», in Reveu historique des armées, n. 268/2012. pp. 45-53.
[7] Charles Lacheroy, De Saint-Cyr à l’action psychologique. Mémoirs d’un Siècle, Panazol, Lavauzelle, 2003, p.26.
[8] id., Guerre révolutionnaire et Arme psychologique, 2 juillet 1957, Ministère de la Dèfense Nationale Service d’Action Psychologique et d’Information. Il testo della conferenza fu ricavato dalla trascrizione della registrazione su nastro magnetico effettuata nel corso della stessa.
[9] id., Un arme du Viet Minhn, les hiérarchies paralléles, 1952, SHD Vincennes 12 T 65.
[10] Marie-Catherine et Paul Villatoux, op. cit., pp.45-53.
[11] Charles Lacheroy, La campagne d’indochine ou une leçon de guerre révolutionnaire, 1954, Vincennes 15 R 108.
[12] id., Action Viet-Minh et communiste en Indochine ou une leçon de guerre revolutionnaire, avril 1955, SHD Vincennes 15 R 108.
[13] id., Scenario type de guerre révolutionnaire, 1955. Centre Militaire d’Information et de Specialisation pour l’Otre-Mer – Section de Documentation Militaire de l’Outre Mer.
[14] id., Guerre révolutionnaire et Arme psychologique…, cit.
[15] Mathieu Rigouste, L’Ennemi Interieur. La généalogie coloniale et militaire de l’ordre sécuritaire dans la France contemporaine, Paris, Editions La Découvert, 2009, p.27.
[16] E’ lo stesso Lacheroy a ricordare nelle sue Mémoirs l’episodio accaduto nel giugno 1958 : « […] je fus convoqué à Paris par le général De Gaulle quand […] je fus introduit dans son bureau, il ne me demanda qu’un seule chose: comment son nome avait été lancé, puis comment il s’était imposé […]. J’ai répondu la vérité, qu’il […] s’était réellement imposé qu’à a partir du moment où, du balcon du forum le géneral Salan avait lancé la formule: “Nous voulons un gouvernement de Salut Public présidé par le géneral de Gaulle”. […] J’ai eu le sentiment que ma réponse n’était pas celle que j’aurai du faire». (De Saint-Cyr à l’action psychologique…, cit., p.75).
[17] Alain A. Cohen, Galula. The Life and Writings of the French Officer Who Defined the Art of Counterinsurgency, New York, Praeger, 2012, p.168.

Per saperne di più

A History of Counterinsurgency (Gregory Fremont-Barnes, editor) New York, Praeger, 2015.
Gérard Chaliand, Les guerres irrégulières: XXe-XXIe siècle. Guérillas et terrorismes, Paris, Gallimard Folio Actuel – N° 135, 2008.
Benjamin Stora, La guerra d’Algeria, Bologna, il Mulino – Universale Paperbacks, 2009 (Histoire de la guerre d’Algérie, 1954-1962, 2006).
Alistair Horne, La guerra d’Algeria, Milano, Rizzoli, 2007², ( A Savage War of Peace. Algeria 1954-1962,1977).
Paul Henissart, L’ultimo anno dell’Algeria francese, Milano, Garzanti, 1970, (Wolves in the City – The death of French Algeria,1970).
Olivier Dard, Voyage au cœur de l’OAS, Paris, Perrin, 2005.
Giorgio Galli, I colonnelli della guerra rivoluzionaria, Bologna, il Mulino, 1962.