LA STORIOGRAFIA DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA CATTOLICA
di Giancarlo Ferraris -
Dagli storici delle “origini”, come Paolo Sarpi e il cardinale Pietro Sforza Pallavicino, a quelli ottocenteschi come Karl Maurenbrecher e Ludwig von Pastor fino a studiosi contemporanei del calibro di Delio Cantimori e Giacomo Martina: molti studiosi hanno indagato da diversi punti di vista la dimensione storico-religiosa del cattolicesimo nata e sviluppatasi tra Riforma e Controriforma.
Nascita e definizione dei due termini
Nella storia ci sono trasformazioni politiche, economiche, sociali e culturali e ci sono anche trasformazioni religiose con tutte le implicazioni che esse hanno nella politica, nell’economia, nella società e nella cultura. La Riforma protestante, la Riforma e la Controriforma cattolica che “sconvolsero” l’Europa tra la prima metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento ne sono tre esempi lampanti. In Italia, culla del cattolicesimo, la Riforma protestante fu un evento limitato che interessò poche personalità della cultura, rimasta sostanzialmente di matrice classico-rinascimentale, e del mondo religioso senza mai assumere la dimensione del fenomeno di massa come accadde invece in Germania e in altri paesi europei mentre la Riforma e la Controriforma cattolica, essendo il nostro paese culla appunto del cattolicesimo, furono due eventi, in verità più sociali che culturali, di importanza epocale – come del resto lo furono anche in altre nazioni europee fedeli alla Chiesa di Roma prime fra tutte la Spagna – e il cui impatto, diretto o indiretto, è durato e continua a durare anche ai giorni nostri.
Il termine Controriforma cattolica (o più semplicemente Controriforma), benché si riferisca dal punto di vista cronologico alla seconda metà del Cinquecento e alla prima metà del Seicento, non venne coniato in questi secoli, ma nel Settecento e per la precisione nel 1776 dal tedesco Johann Stephan Pütter (1725-1807), giurista nonché docente universitario di diritto pubblico. Il Pütter, insigne pubblicista del XVIII secolo, ampiamente noto per l’influenza esercitata sugli studi giuridici del suo tempo oltre che per la sua vasta e variegata attività scientifica, con il termine Controriforma volle indicare la reazione della Chiesa di Roma alla Riforma protestante avvenuta attraverso quattro fasi:
- la riaffermazione e la ridefinizione dei dogmi teologici messi in discussione dal protestantesimo;
- la condanna della riforma promossa da Martin Lutero come eresia;
- la conseguente persecuzione dei protestanti come eretici;
- la censura delle opere scritte e di qualsiasi altra forma d’espressione e di opinione non conformi alla dottrina cattolica ufficiale.
Accanto al termine Controriforma tra Otto e Novecento si andò progressivamente affermando il termine di Riforma cattolica. Fondamentale fu in questo senso il contributo dello storico e presbitero tedesco Hubert Jedin (1900-1980), profondo studioso della storia della Chiesa e in particolare del Concilio di Trento, autore, tra le altre, dell’opera Riforma cattolica o controriforma? in cui sostiene la tesi che nella storia della Chiesa moderna hanno operato due movimenti, entrambi sviluppatisi tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento: la Riforma cattolica, la quale prese coscienza dell’avvento del mondo protestante e della diversità che lo separava da essa, procedette alla ridefinizione dei dogmi del cattolicesimo, attuò un vasto processo di rinnovamento delle sue strutture e dette inizio anche a un processo di disciplinamento della società rimasta fedele ad essa, partendo dalle istituzioni e dalle classi sociali più elevate fino a coinvolgere le masse popolari; la Controriforma cattolica, la quale si pose in netta antitesi al protestantesimo che contrastò con l’applicazione dei decreti formulati dal Concilio di Trento (1545-1563) e la creazione di organismi speciali detti Congregazioni quali il Sant’Uffizio (1542), che sovrintendeva al Tribunale dell’Inquisizione (detto anche Inquisizione romana) e l’Indice dei Libri Proibiti (1559). Questi organismi vennero istituiti per monitorare l’effettivo rispetto dell’ortodossia cattolica come era uscita dal Concilio tridentino, e per questo chiamata ortodossia tridentina, nonché per reprimere ogni forma religiosa e culturale non conforme ai dettami della Chiesa di Roma.
Menzione a parte merita poi il termine di Preriforma cattolica, di cui abbiamo già parlato, fenomeno di rinnovamento della Chiesa di Roma che abbracciò il XIV, il XV e la prima metà del XVI secolo e che vide molte iniziative isolate dal “basso”.
La storiografia delle origini (XVII secolo)
La storiografia della Riforma e della Controriforma cattolica, benché i due termini come abbiamo visto debbano essere accreditati al secolo dei lumi e all’Otto-Novecento, ebbe in realtà le sue origini nel secolo successivo all’avvento del protestantesimo, cioè nel Seicento, ad opera del frate servita Paolo Sarpi (1552-1623) e del cardinale Pietro Sforza Pallavicino (1607-1667), autori rispettivamente della Istoria del Concilio Tridentino e della Istoria del Concilio di Trento.
Paolo Sarpi, veneziano, appartenente all’ordine dei Servi di Maria, fu uomo di immensa cultura: letterato, storico, teologo nonché scienziato, amico tra gli altri anche di Galileo Galilei, venne chiamato Oracolo del secolo. Nei primissimi anni del Seicento si oppose all’interferenza del Papato nelle questioni giurisdizionali della Repubblica di Venezia, rifiutò di presentarsi dinanzi all’Inquisizione che intendeva processarlo e subì anche un grave attentato forse organizzato dalla Curia romana, la quale negò tuttavia ogni suo coinvolgimento. Alcuni anni dopo, nel 1619, il Sarpi, sotto lo pseudonimo di Pietro Soave Polano, pubblicò a Londra la sua opera più celebre, l’Istoria del Concilio Tridentino, la quale ottenne vasta risonanza in Europa tanto da essere tradotta in più lingue mentre venne disconosciuta dalla Chiesa di Roma, che la inserì nell’Indice dei Libri Proibiti.
L’Istoria di Paolo Sarpi è sostanzialmente un trattato in otto libri in cui sono narrate le vicende del Concilio di Trento. Alla base dell’opera c’è una documentazione abbastanza ampia che l’autore raccolse progressivamente, costituita da testimonianze dirette, scritti, relazioni epistolari e quant’altro. Tutto questo materiale venne usato dal Sarpi non sempre in modo razionale e obiettivo, con uno stile che è asciutto, come il linguaggio di uno scienziato, e insieme polemico e appassionato, come il linguaggio di un autentico prosatore dell’epoca. Nell’introduzione al trattato Paolo Sarpi espone i motivi che lo hanno indotto a scriverlo: evidenziare le manovre messe in atto sia da coloro i quali sollecitavano il Concilio, sia da coloro i quali volevano impedirlo; dimostrare come il Concilio non avesse affatto ricompattato l’unità del mondo cristiano, ma anzi avesse reso più profonda la spaccatura tra cattolici e protestanti; sottolineare le forti pressioni che la Curia romana appoggiata dalla Spagna, la grande potenza cattolica dell’epoca, esercitò durante gli anni del Concilio sulla collegialità dei vescovi, ai quali essa riuscì alla fine a imporre la sua volontà per il raggiungimento di obiettivi esclusivamente temporali e non per il ritorno alla povertà evangelica della Chiesa primitiva. Nel suo trattato il Sarpi riporta tutte le varie questioni dottrinali e disciplinari che si discussero nei diciotto anni del Concilio e che condussero alla definizione della Professione di Fede Tridentina, ancora oggi base del cattolicesimo, collocandole nel contesto storico generale dell’epoca dominato dalla lunga guerra tra Francia e Spagna (1521-1559) per il predominio dell’Europa, dall’espandersi del protestantesimo sul continente nella forma del calvinismo nonché dallo scisma anglicano in Inghilterra.
La risposta della Chiesa di Roma al trattato di Paolo Sarpi fu un’opera rigidamente ortodossa: l’Istoria del Concilio di Trento redatta dal cardinale Pietro Sforza Pallavicino in venti libri. Romano, appartenente a una famiglia della nobiltà, Sforza Pallavicino studiò filosofia, diritto e teologia oltre a dedicarsi all’attività letteraria. Dopo essere stato governatore di alcune città dello Stato Pontificio, divenne gesuita e assunse incarichi in varie commissioni fino a quando papa Innocenzo X e Goschwin Nickel, il generale della Compagnia di Gesù, non gli ordinarono di scrivere un trattato per smentire l’opera di Paolo Sarpi. Prima di Sforza Pallavicino altri due religiosi, il padre gesuita Terenzio Alciati e monsignor Felice Contelori, avevano iniziato a raccogliere la documentazione necessaria alla stesura di un’opera del genere, ma erano entrambi deceduti per cause naturali. Sforza Pallavicino raccolse tutto il materiale che era stato già accantonato dall’Alciati e dal Contelori e a esso aggiunse la consultazione di molte altre fonti, in particolare quelle dell’Archivio Apostolico Vaticano, creato da papa Paolo V, nel quale erano conservati tutti gli atti e i documenti riguardanti il governo della Chiesa di Roma e l’attività pastorale esercitata dai pontefici e dagli altri organi ecclesiastici. Nel biennio 1656-57 Sforza Pallavicino, divenuto nel 1657 cardinale, pubblicò il suo trattato in due volumi, in folio. Alcuni anni dopo, nel 1664, ne pubblicò una nuova edizione, questa volta in tre volumi e nel 1666, grazie anche all’aiuto del suo segretario, ne preparò un’edizione ridotta e priva di diversi contenuti polemici. Nel complesso l’Istoria del Concilio di Trento del cardinale Pietro Sforza Pallavicino è un trattato più ampio e maggiormente meditato rispetto alla Istoria del Concilio Tridentino di Paolo Sarpi, ma si palesa sostanzialmente come un’opera apologetica che, oltre a difendere i dogmi del cattolicesimo e a denigrare il protestantesimo, sostiene ed esalta l’opera del Papato considerato come garante dell’integrità del mondo cattolico e della stessa Chiesa di Roma, di cui vengono celebrati altresì i fasti, non risulta immune da evidenti parzialità e contiene anche diversi errori dovuti perlopiù al metodo d’indagine storica dell’epoca adottato dal suo autore.
La storiografia tra Otto e Novecento
Gli studiosi che si sono occupati della Riforma e della Controriforma cattolica nei secoli successivi al Seicento hanno progressivamente elaborato una visione obiettiva dei due fenomeni, sostenendo, in linea di massima, la coesistenza tra di esse e il fatto che la Chiesa di Roma, tanto nell’azione riformistica quanto in quella controriformistica, abbia incarnato i valori tipicamente cattolici dell’ordine, dell’unità e della disciplina oltre a rivendicare l’importanza della tradizione e della vita comunitaria nonché a inserire gli ideali evangelici nelle diverse dimensioni storiche.
Karl Peter Wilhelm Maurenbrecher (1838-1892), protestante, docente di storia presso alcune università tedesche e autore dell’opera Storia della Riforma cattolica (1880), fu uno dei primi di questi studiosi: considerò il grande umanista Erasmo da Rotterdam precursore del rinnovamento della Chiesa di Roma e sostenne l’origine comune della Riforma protestante e della Riforma cattolica, origine costituita sicuramente da errori e cadute, ma anche da molti sforzi volti a rinnovare la dimensione e la pietà religiosa a livello sia elitario che popolare. Nella fattispecie il Maurenbrecher al termine Controriforma cattolica preferì quello di Riforma cattolica, con il quale volle indicare l’azione di rinnovamento, ma anche di difesa messa in atto dalla Chiesa di Roma nei confronti del protestantesimo.
Ludwig von Pastor (1854-1928), cattolico, fu docente universitario di storia moderna e in virtù sia delle sue grandi doti di studioso che del suo rapporto con papa Leone XIII ebbe la preziosissima opportunità di accedere alle biblioteche e agli archivi vaticani. L’opera maggiore del Pastor è la monumentale Storia dei Papi dalla fine del Medioevo, pubblicata a partire dal 1886 in sedici volumi. Il lavoro, che abbraccia il periodo compreso tra il 1417 e il 1799 e che va quindi dal pontificato di Martino V a quello di Pio VI, è preceduto da un’ampia introduzione sulle vicende del Papato tra la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna.
Nella sua Storia dei Papi dalla fine del Medioevo Ludwig von Pastor si sofferma maggiormente sulla vita e sull’operato dei singoli pontefici, quindi anche su quelli della Riforma e della Controriforma, e in misura minore sulle vicende dell’istituzione papale, formulando la tesi che le situazioni di crisi, di difficoltà nonché di decadenza in cui periodicamente il Papato si trovò a vivere dal XV al XVIII secolo riflettevano le condizioni storiche generali, in particolare quelle italiane, e non potevano quindi essere imputate in alcun modo a esso. Storico ortodosso gradito alla Chiesa, il Pastor nella sua opera esalta la grandezza e la maestà del Papato, riconosce gli errori e le colpe di alcuni pontefici del rinascimento evitando così di cadere nell’apologia e loda lo sforzo fatto dai papi per contenere le pressioni politiche, religiose e culturali dei loro tempi.
Altri storici, dal già citato Hubert Jedin a Delio Cantimori (1904-1966), da Jean Delumeau (1923-2020) al padre gesuita Giacomo Martina (1924-2012) hanno elaborato nei loro studi e nelle loro opere la dimensione storico-religiosa del cattolicesimo nata e sviluppatasi proprio tra Riforma e Controriforma.
Per saperne di più
I. Cacciavillani, Paolo Sarpi, Venezia, 1997
D. Cantimori, Studi di storia. Umanesimo, Rinascimento, Riforma, vol. II, Torino, 1976
L. Cristiani, “La Chiesa al tempo del Concilio di Trento (1545-1563)” in Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, a cura di A. Fliche e V. Martin, trad. it., Torino, 1977, vol. XVII
J. Delumeau, Il cattolicesimo dal XVI al XVIII secolo, trad. it., Milano, 1976
H. Jedin, Riforma cattolica o controriforma?, trad. it., Brescia, 1957
G. Martina, Storia della Chiesa da Lutero ai nostri giorni. 1. L’età della riforma, Brescia, 1993
K. P. W. Maurenbrecher in Enciclopedia Italiana in www.treccani.it
L. Mezzadri, “La Chiesa nell’età dell’assolutismo confessionale (1563-1648). Dal Concilio di Trento alla pace di Westfalia” in Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, a cura di A. Fliche e V. Martin, trad. it., Torino, 1977, vol. XVIII/1
L. von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medioevo, trad. it., Roma, 1958-1965
J. S. Pütter in Enciclopedia Italiana in www.treccani.it
P. Sarpi, Istoria del Concilio Tridentino, a cura di C. Vivanti, Torino, 2011
P. Sforza Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, Firenze, 2012
L. Willaert, “La restaurazione cattolica dopo il Concilio di Trento (1563-1648)” in Storia della Chiesa dalle origini ai giorni nostri, a cura di A. Fliche e V. Martin, trad. it., Torino, 1977, vol. XVIII/2