LA GUERRIGLIA, UNA “PICCOLA GUERRA” AL SERVIZIO DI QUELLA “GRANDE”

di Massimo Iacopi -

Azioni si sorpresa e di astuzia, cattura di corrieri o di carovane di viveri, conquista di postazioni isolate, attacchi a convogli di foraggio. La guerriglia o “piccola guerra” è sempre esistita, ma è dalla metà del XVIII secolo che le sue tattiche vengono studiate e diventano oggetto di saggi e riflessioni da parte dei grandi capi militari.

Nel 1752 appare in Francia, con il titolo di Traitè de la petite guerre pour le Compagnies Franches, il primo trattato interamente dedicato alla “piccola guerra”. Il suo autore, il tenente colonnello Armand François de La Croix de Castries, era stato un comandante delle truppe leggere, avendo avuto ai suoi ordini due compagnie franche: una di fucilieri (fanteria) e una di dragoni (cavalleria). Nella seconda metà del XVIII secolo questa pubblicazione sarà seguita da numerose altre di taglio simile, inizialmente in Francia, specialmente con il trattato del capitano Thomas Auguste Le Roy, seigneur de Grandmaison (La petite Guerre, ou Traitè du Service des Troupes lègères en campagne, 1756), quindi in diversi altri paesi europei. Il re di Prussia, Federico II di Hohenzollern, pubblica anch’egli delle Istruzioni per le truppe leggere o Brevi Massime per la piccola guerra, nel 1772.

Fare ricorso alla sorpresa e all’astuzia

Ussaro prussiano, 1744

Ussaro prussiano, 1744

La tattica della “piccola guerra”, che per certi aspetti è sempre esistita, aveva acquisito nel XVIII secolo una grande importanza sul terreno. Era da tempo che occorreva riempire un vuoto regolamentare, esponendo al pubblico militare i principi che la regolavano. Quella che veniva chiamata “guerra dei partiti”, denominata dal 1740 sempre più frequentemente “piccola guerra”, assolveva, primariamente, un compito di ricognizione sul nemico e sul terreno. La piccola guerra comprendeva, d’altra parte, a margine degli assedi e delle battaglie, tutte le azioni che facevano ricorso alla sorpresa o ad azioni di astuzia: cattura di corrieri o di convogli di viveri, conquista di postazioni di sorpresa, attacchi a convogli di foraggio. Questa guerra veniva condotta, in genere, per mezzo di distaccamenti con ridotti effettivi, denominati “partiti”, e la truppa che andava in “partito”, come veniva detto, suppliva con la sorpresa all’inferiorità numerica nei confronti del nemico. Si trattava di “caricare il nemico quando si ritira o fugge e di fuggire quando questi si rivolge contro per un contrattacco”, così proprio come lo scrive il vecchio colonnello degli ussari Lancelot Turpin de Crissè (1716-1793), autore di Commentaires sur les Mèmoires de Montecuculi (1769). Questa maniera di combattere, con l’astuzia e la rapidità, sembrava poco in linea con l’onore cavalleresco del tempo e gli specialisti della “piccola guerra”, le truppe leggere, non combattevano in battaglia prioritariamente in linea come gli altri. In effetti, la battaglia era il grande affare di quel periodo e questo spiega perché nel XVIII secolo un certo numero di giovani aristocratici trovava poco onorevole servire come ufficiali nelle truppe leggere.
L’evoluzione delle condizioni della guerra fra la fine del XVII secolo e la metà del XVIII giustifica questi sviluppi. Gli effettivi non cessano di aumentare e durante la Guerra di Successione d’Austria (1740-1748) eserciti di circa centomila uomini, composti in maggioranza da fanti, si trovano ad affrontarsi. Eserciti pesanti e lenti che manovrano con grandi difficoltà. Le battaglie diventano poco numerose, al massimo uno o due per campagna militare, nelle quali il comandante in capo molto raramente rischia il suo strumento, se non in condizioni di estremo favore. Costose in uomini, tali guerre risultano, inoltre, raramente decisive. Gli scopi della guerra sono limitati: occorre, di norma, acquisire dei pegni (piazzeforti o cittadelle) che verranno poi negoziati nel momento della conclusione della pace. Ecco dunque il moltiplicarsi degli assedi a posizioni che, una volta acquisite, diventano punti di appoggio e magazzini per il rifornimento dell’esercito nel prosieguo dell’azione.
In questo contesto, la “piccola guerra” assume il compito di quello che veniva denominato il “bloccaggio tattico”. I distaccamenti di truppe leggere, riempiendo il teatro d’operazioni nello spazio (fra le diverse frazioni dell’esercito e fra le piazzaforti-magazzino) e nel tempo (era la guerra del quotidiano), hanno lo scopo di coprire i movimenti del corpo principale dell’esercito e di produrre il massimo possibile di danni alle forze nemiche. Le truppe leggere e gli ussari sono quindi preziosi ausiliari della “grande guerra”, capaci di orientare il corso di una campagna militare evitando nel contempo che l’esercito si avventuri in una battaglia incerta: oppure forzando il nemico ad accettare battaglia nelle peggiori condizioni, o anche, più semplicemente, per favorire la progressione di un assedio.
Uno dei teorici francesi della piccola guerra il conte de La Roche, già colonnello dei dragoni, fornisce nel 1770 alcuni consigli sul modo di impiegare un corpo di truppe leggere misto (fanteria e cavalleria) per aiutare gli assedianti di una piazzaforte, L’obiettivo principale è quello di privare la cittadella di ogni soccorso (corrieri, viveri, munizioni, rinforzi di truppe): “Allorché il comandante del corpo di truppe leggere si sarà stabilito nei dintorni della piazzaforte che si vuole assediare, occorrerà che egli faccia continuamente pattugliare (battere) tutta la regione e soprattutto i dintorni della piazzaforte, alla distanza di una o due leghe, principalmente le direzioni da cui potrebbero arrivare delle truppe, sia per rinforzare la piazza, sia per portarvi viveri, munizioni, foraggio ed altre cose, sia per scortare un corriere o un ufficiale generale, che la Corte o il comandante in capo nemici vi potrebbero inviare”. Distaccamenti di cavalleria hanno lo scopo di attirare scorte di convogli e distaccamenti nemici, in imboscate di fanteria, posta a ragionevole distanza.

La piazzaforte viene privata di ogni soccorso

Gli ussari, cavalieri di origine ungherese, sono le truppe più celebri della piccola guerra, anche perché hanno continuato ad esistere fino ai nostri giorni. Montati su cavalli piccoli e rapidi e armati di una sciabola ricurva, di un moschetto e di due pistole da sella, questi cavalieri erano rinomati per la loro efficacia in combattimento. Il re d’Ungheria, Mattia Corvino (1443-1490), nel XV secolo aveva opposto per primo questi cavalieri leggeri ai Turchi, in una incessante guerra di frontiera sui margini orientali dell’Europa. Nel secolo seguente, gli Asburgo d’Austria, diventati signori dei regni di Ungheria e di Boemia, assumono a loro volta gli Ussari al loro servizio, inizialmente per combattere i Turchi, quindi per combattere i loro avversari europei. Sul loro esempio, le principali potenze d’Europa costituiranno reggimenti di Ussari: la Francia dal 1692, la Prussia dal 1741 (ma la prima compagnia franca di ussari prussiani risale al 1721). Il regno di Baviera creerà due reggimenti, così come l’Olanda e la Spagna.
Tutti gli Europei risultavano in generale d’accordo nel riconoscere, almeno nella prima metà del XVIII secolo, le qualità degli Ungheresi nella piccola guerra e quelle degli ussari in particolare – la loro resistenza, la vigilanza, la leggerezza e l’astuzia di cui erano capaci. Alla fine del XVIII secolo, tuttavia, nei reggimenti ussari francesi verranno reclutati sempre meno Ungheresi, a vantaggio di Tedeschi, Alsaziani, Lorenesi e Belgi.
La guerra di successione d’Austria è stata un elemento acceleratore dell’impiego delle truppe leggere in Europa e ha rappresentato indubbiamente un momento di svolta nell’impiego della piccola guerra e nella riflessione dottrinale nei suoi riguardi. Poco tempo dopo la fine di questo conflitto verranno pubblicati i primi trattati che la riguardano. Un vecchio luogotenente della Legione di Soubise (un reggimento di truppe leggere degli anni 1760-1770), Monsieur de Saint-Martin-Colombieres, lasciato scritto in un quaderno, depositato oggi presso l’Ufficio Storico dell’esercito francese a Vincennes: “Questa guerra ha veramente fatto epoca nella tattica”, in quanto ha dimostrato che la presenza di numerose truppe leggere risulta indispensabile in un esercito. In effetti, nella prima fase della guerra negli anni 1742 e 1743, nugoli di ussari e di irregolari ungheresi e croati, a piedi e a cavallo, al servizio degli Austriaci, hanno messo a mal partito le truppe francesi in Boemia e in Baviera. Questi si comportavano come uno sciame di api che assillavano senza respiro un esercito non organizzato. In effetti, l’esercito francese disponeva di poche truppe leggere per rispondere a questa strategia d’usura.
A seguito delle sconfitte patite contro gli Austriaci, la Francia decide di prendere provvedimenti. Tra il 1743 e il 1747, per impulso di Maurizio di Sassonia (1696-1750), uno dei principali generali di Luigi XV, e con il sostegno di Marc-Pierre de Voyer de Paulmy, conte d’Argenson, segretario di stato alla Guerra, vengono creati dei nuovi corpi di truppe leggere: quattro Reggimenti supplementari di ussari, da seicento cavalieri ciascuno, che vanno ad aggiungersi ai tre preesistenti. A fianco delle tradizionali compagnie franche a piedi e a cavallo (non irreggimentate), vengono, infine, creati quattro reggimenti di truppe leggere a composizione mista, che comprendono compagnie di fanteria e squadroni di dragoni: di questi celebri reggimenti (con un effettivo da 1.000 a 1.200 uomini) vale la pena citare gli archibugieri di Grassin e i fucilieri de la Morliere.
Il conte d’Argenson, personaggio poco conosciuto, attribuiva un’importanza non trascurabile alla piccola guerra, che considerava fra gli strumenti più adeguati per riportare il successo in una campagna militare e che poneva in termini di priorità dopo gli assedi alle piazzeforti e prima di una battaglia in campo aperto. La guerra di Successione d’Austria è stato il conflitto nel corso del quale, la piccola guerra è stata utilizzata, per la prima volta, su larga scala, in una chiara prospettiva del ruolo che la stessa poteva giocare a livello operativo e con truppe relativamente ben disciplinate e in un contesto di un adeguato coordinamento delle azioni. Si era ormai lontani dalle razzie e dalle rapine dei “partiti di guerra” di un secolo prima, durante la guerra dei Trent’anni.

La riuscita manovra della Mehaigne

Fra il 1744 ed il 1748, sul teatro d’operazioni delle Fiandre, la Francia, di fronte all’esercito coalizzato degli Austriaci, degli Inglesi e degli Olandesi, ottiene la sua rivincita dopo gli insuccessi subiti nelle due campagne precedenti. Quella che viene chiamata “Manovra di Mehaigne”, nell’agosto del 1746, costituisce un esempio eclatante del modo in cui si può decidere una campagna militare grazie alla piccola guerra, senza rischiare una battaglia campale.
La città di Charleroi aveva capitolato di fronte ai Francesi il 2 agosto 1746 e l’obbiettivo era ormai quello di porre l’assedio alla piazzaforte di Namur. Ma l’esercito coalizzato godeva di una posizione difensiva vantaggiosa, dietro un fiume, la Mehaigne, che scorreva fra l’esercito francese e la città di Namur. Rischiare uno scontro in campo aperto era assai pericoloso per i Francesi. Il maresciallo Maurizio di Sassonia, che comandava l’esercito francese, decise l’applicazione di una strategia indiretta. Attraverso il coordinamento di una nutrita serie di azioni di piccola guerra, riuscì a paralizzare i movimenti del nemico, sino – come si diceva allora – ad “affamarlo”, al punto da costringerlo a passare sulla riva destra della Mosa. Jean Baptiste Joseph d’Armarzit (Amarzit) de Sahuguet, baron d’Espagnac (1713-1783), aiutante di campo del maresciallo Charles de Rohan, principe di Soubise (1715-1787) ci riassume con queste parole il complesso di tali operazioni: “Le manovre del maresciallo di Sassonia per obbligare gli Alleati ad abbandonare la Mehaigne e Namur rappresentano un capolavoro della scienza militare”.
Nella seconda metà del XVIII secolo, in Francia, le truppe leggere costituiranno oggetto di critiche da una parte dell’ambiente militare e molti ufficiali si domanderanno se le truppe di linea non siano da sole in grado di assolvere i compiti affidati alle truppe leggere. Il conte Jacques Antoine Hyppolyte de Guibert (1743-1790), autore del celebre Essai generale de tactique (1772), era fra questi. Nel 1776, Claude Louis conte de Saint Germain (1707-1778), ministro della guerra di Luigi XVI decise di sopprimere le truppe leggere, che, però, verranno ricostituite qualche anno più tardi. La loro fama non verrà meno anche dopo la caduta dell’Ancien Regime, perdurando ben oltre la Rivoluzione e il periodo napoleonico, in un’epoca in cui la piccola guerra andrà incontro a una doppia evoluzione e mantenendo inalterate le sue funzioni.
Di fatto, nel contesto delle guerre classiche fra le grandi potenze europee, essa progredirà essenzialmente verso una forma di impiego che è stata poi denominata come la “guerra degli avamposti”, mentre, nel contesto delle sommosse a carattere insurrezionale, fra le quali la più celebre è la guerra di Spagna (1802-1812), essa assumerà le forme della guerriglia e della controguerriglia.

Per saperne di più

Laurent Nerich, La Petite Guerre et la chute de la Nouvelle-France, 2009, Athéna
Robert Asprey, War in the Shadows: The Guerrilla in History
Wu Ming 4, Sui fiumi di Babilonia. Appunti sulla teoria della guerriglia di T.E. Lawrence
Gérard Chaliand, Stratégies de la guérilla, anthologie historique de la longue marche à nos jours, Mazarine, Paris, 1979