LA LOGISTICA MILITARE SULLE VIE FLUVIALI NELLA GRANDE GUERRA
di Mario Veronesi -
L’esercito italiano sfruttò abilmente i 1700 chilometri di reti navigabili, da Milano a Grado, per spostare materiali e uomini durante il conflitto con gli imperi centrali.
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Un aspetto poco noto della Prima guerra mondiale riguarda l’organizzazione di quel particolare settore della logistica che si attuava attraverso i trasporti lagunari e fluviali. Un settore niente affatto secondario, se si pensa che in questo modo sono state spostate un milione e mezzo di tonnellate di materiale vario, utilizzando più di 1500 natanti. Si trattava di chiatte, battelli e rimorchiatori a pala, indispensabili per potersi muovere anche in acque basse. La compagnia del Genio Lagunari, specialità dell’Arma del Genio che arrivò a contare più di cinquemila uomini dando vita nell’agosto del 1918 a uno specifico reggimento, l’8° Lagunari, si muoveva su 1700 chilometri di reti navigabili da Milano a Grado. Questi i numeri dell’imponente organizzazione logistica, messa in campo dal Regio Esercito per supportare e decongestionare i trasporti su strada e su ferrovia da e per il fronte.
Anche la Regia Marina si mosse. L’ufficio logistico di Ravenna-Porto Corsini, creato inizialmente come ente autonomo, venne successivamente posto alle dipendenze del Comando Marina del Brenta con sede a Ferrara. Oltre all’approntamento delle strutture atte a rivedere tutto quanto fosse trasferito da Venezia, l’ufficio doveva garantire l’amministrazione e l’alloggiamento del personale civile e militare della nuova struttura.
In brevissimo tempo furono realizzati una caserma, dei magazzini per i viveri, per il vestiario e per il materiale sanitario, depositi per armamenti e costruzioni navali, magazzini per materiale aeronautico e semaforico. Furono realizzate strutture per il personale sommergibilista, officine sommergibili, un parco automobilistico e alloggi per il personale evacuato da Venezia. Queste realizzazioni furono possibili procedendo alle requisizioni di magazzini ed edifici a Ravenna e dintorni.
La Regia Marina investì più di 90 milioni di lire per il miglioramento di numerosi porti e approdi, tra cui tutta la zona dell’estuario Veneto e l’approdo di Porto Corsini. Venezia era un eccellente terminale logistico, vicina alle truppe operanti, per cui i materiali e i rincalzi, specie per la 3a Armata, potevano arrivarci e trasbordare sui natanti che li avrebbero portati al fronte. Lo stesso si poteva fare a Mestre e a Chioggia, però andava migliorata la navigabilità dell’intera area. L’ammiraglio Paolo Thaon di Revel (1859-1948), diede ordine di rimettere Venezia in comunicazione diretta per linee interne con il Po e con l’Isonzo, il che consentì di migliorare il rifornimento per l’Esercito e, al momento della ritirata di Caporetto, di portare via, attraverso i canali navigabili, gran parte del materiale bellico da Grado a Monfalcone.
Contemporaneamente era stata avviata una linea navigabile da Venezia a Milano, mentre una seconda, tra Brondolo e il Po, sarebbe stata terminata dopo l’armistizio. Altri lavori furono eseguiti dopo la ritirata del 1917, per un’eventuale difesa del delta del Po, con scavi alla foce del Po di Levante per renderla accessibile via mare ai pontoni armati e ai natanti da carico. Porto Corsini, Cesenatico e Ravenna subirono notevoli migliorie, soprattutto legate alle attività dei MAS [1]. La rete era strutturata come un sistema ferroviario su fiume, con trazioni, scali, orari sistematici di passaggio dei vari convogli trainati dai rimorchiatori. Dove non era possibile il traino, nelle reti più interne, come sul Bacchiglione o sul Sile, si ricorreva al tradizionale alaggio [2] lungo le rive, con i cavalli del genio lagunari, che aveva una grande scuderia a Jesolo, o attraverso l’appalto a contadini che mettevano a disposizione i loro animali. Numerosi rimorchiatori, barche a vapore, motoscafi e natanti di varia natura e dimensioni, furono messi a disposizione del Raggruppamento Marina per i vari servizi logistici. Si disponeva di una flottiglia di circa 350 galleggianti. Rimorchiatori e barche erano impegnati specialmente per il rifornimento munizioni e per i rapidi spostamenti di batterie natanti, onde sottrarle al tiro nemico quando risultava centrato; i motoscafi erano invece destinati per il servizio dei guardafili e per comunicazioni rapide con i vari Comandi; i mezzi minori per trasporto di personale e materiale. Alla metà del 1918 furono censiti: 639 burchi [3], 149 peate [4], 65 bragozzi, 19 batelloni, 5 preame, 12 burchielli [5], 66 battelle (piccole barche dell’Adriatico), 5 topi [6], 58 motobarche, 31 autoscafi, 71 rimorchiatori, 59 rascone [7], 119 sandoli (barca da trasporto, con fondo piatto, tipica della laguna veneta), e 45 caorline [8]. A queste vanno aggiunte le zattere assemblate sul lago di Como e fatte scendere lungo l’Adda fino al Po.
Jesolo, allora Cavazuccherina, con il suo Comando Fluviale era uno snodo cruciale di questo sistema, essendo posizionato nel punto in cui la navigazione lagunare s’immetteva nella Piave Vecchia e, attraverso il Canale Cavetta, si indirizzava verso la Litoranea Veneta che garantiva un’ulteriore arteria per far affluire i rifornimenti verso la linea del fronte. Un vero dedalo di strade d’acqua, comunicanti tra loro e il mare Adriatico, che ha come inizio naturale la laguna di Venezia, prosegue verso il porto del Lido e attraversando i canali dei Tre Porti, Pordelio e Casson, tocca il fiume Sile. S’immette poi nei canali Cavalla, Revedoli, Largoa, Comunessera, dell’Orologio, Saetta e attraversando Bocca Volta, prosegue nei canali Nicessolo, del Morto, Baseleghe, Cavanella, dei Lovi, Lugugnana, Cava Nuovo, Cava Bevazzana, Tagliamento Lovato, dei Pantani e dei Lustri fino alla Bocca Tre Canali. La strada d’acqua s’immette quindi sui canali Zellina e Muro, attraversa Porto Buso e giunge al canale Anfora Vecchia e al Taglio Nuovo. In territorio friulano s’identifica poi con i canali delle Mee, di San Pietro Doria, di Grado, dell’Uomo Morto, di Barbana, Zemolo, Taglio Cucchini, Ponte dei Fensi, per finire il suo tragitto nel Canale Isonzato, che a sua volta s’immette nell’Isonzo. Qui migliaia di feriti del Carso furono sgomberati su chiatte rimorchiate da battelli che partivano da Grado e dopo una notte di viaggio raggiungevano Mestre. Grazie alla realizzazione di due conche sul Tagliamento, nel dicembre del 1915 la rete delle acque interne permetteva di raggiungere Grado collegando direttamente Milano al fronte isontino. Successivamente il servizio venne esteso alle linee del padovano e del vicentino alimentate dai fiumi Brenta e Bacchiglione e sui canali che dai laghi di Como e Maggiore portano a Milano e al Po. Venne inoltre attuato un servizio di trasporti nei laghi di Garda, Maggiore e Idro. A Cavazuccherina inoltre stazionavano pontoni armati e due squadriglie MAS al Comando dei Tenenti di Vascello Luigi Rizzo (1887-1951) e Pagano di Melito (1879-1944).
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Note
[1] I MAS, derivati dalla tecnologia dei motoscafi civili con 2 motori a benzina, a combustione interna da 500 cavalli l’uno, ebbero un’ampia diffusione nella Regia Marina durante la guerra 1915-1918. D’Annunzio coniò dalla sigla MAS il motto Memento audere semper. Un grande successo conseguito dai MAS fu l’affondamento all’alba del 10 giugno 1918 della corazzata austriaca Szent Istvàn presso Premuda, sulla costa dalmata, da parte dei MAS 15 e 21 al comando di Luigi Rizzo e Giuseppe Aonzo.
[2] L’alaggio è il traino di una imbarcazione da una postazione su terraferma, allo scopo di imprimere il moto o controllare la direzione del natante. Effettuato con robuste funi dette “alzaie”. Fino alla prima metà del XX secolo, era particolarmente diffuso il servizio d’alaggio per i trasporti fluviali. Nei tratti caratterizzati da forte corrente, le chiatte venivano guidate e trainate mediante alzaie collegate ad animali da tiro, cavalli o buoi, posti sulle rive del fiume e condotti dagli alatori.
[3] Bùrchio, battello di grandi dimensioni dal fondo piatto, per poter navigare agevolmente nei bassi fondali della laguna e sui fiumi. Realizzato tradizionalmente in legno, presenta una lunghezza variabile tra i 20 e i 35 metri con un pescaggio massimo di due metri. Dotato di due alberi, uno a prua e l’altro a poppa, con velatura al terzo, manovrato tramite un timone a barra situato al centro della poppa. Caratterizzato da un ponte con un ampio boccaporto centrale per l’accesso alle due stive. Per secoli è stata l’imbarcazione di trasporto merci più utilizzata per il traffico fluviale e lagunare.
[4] Peàta, grossa imbarcazione da trasporto utilizzata nella laguna di Venezia. Di dimensioni anche considerevoli, è simile come forma alla caorlina, ma è più squadrata e dai bordi più bassi. È caratterizzata da uno scafo pressoché parallelo, fondo piatto e due piccole coperte a prua e a poppa dotate ciascuna di due bitte per l’ormeggio e il traino. La capacità di carico è notevole e varia dai 100 agli oltre 800 quintali di portata.
[5] Burchiello, imbarcazione fluviale utilizzata per trasporto di merci. Anticamente utilizzata dai nobili veneziani, per recarsi nei loro possedimenti di terraferma.
[6] Topo imbarcazione tipica della tradizione lagunare.veneta. Principalmente usato come barca da trasporto merci nella sua versione commerciale ha anche degli antenati a vela. Usato nelle zone meno calme della laguna di Venezia, dove la vicinanza del mare ne rendeva la navigazione più difficoltosa per le barche a fondo piatto. Di dimensioni inferiori rispetto al burchio lo rendeva più agile di quest’ultimo e dunque più adatto a rispondere ad esigenze di manovrabilità.
[7] Rascona era un’imbarcazione da trasporto tipica della laguna Veneta (dove era anche chiamata: Nave di Pavia) e diffusa lungo l’asse padano. Di grandi dimensioni (la lunghezza media era di 28 metri per una larghezza di 6,5 metri), era caratterizzato da una forma a mezzaluna e fondo piatto, con un pescaggio variabile dai 35 centimetri a vuoto a poco più di un metro e mezzo a pieno carico. La prua e la poppa, entrambe a punta verticale dal profilo arrotondato, erano molto alte rispetto al pelo dell’acqua. La propulsione era a vela, con due alberi abbattibili e velatura al terzo, oppure a traino con cavalli nei tratti fluviali attrezzati. La manovra era controllata tramite due particolarissimi timoni laterali dalla forma a ventaglio e di lunghezza compresa tra i sei e i dieci metri. Era dotata a poppa di una cabina dal tetto a forma circolare, adibita ad alloggio per l’equipaggio.
[8] Caorlina, le caratteristiche sono innanzitutto il fondo piatto e la prua e la poppa e uguali e rialzate; questo consente con facilità la voga da parte di quattro o sei rematori. Le dimensioni tipiche dell’imbarcazione sono 9,65 metri di lunghezza per 1,75 metri di larghezza; usata inizialmente per la pesca in laguna, e per il trasporto anche di ingenti carichi (grazie alla sua capienza ed agilità di movimento). Era la seconda barca da trasporto veneziana dopo la peata e veniva principalmente utilizzata per il trasporto alimentare (pesce, frutta e verdura). Il suo nome è legato al luogo della sua origine: Caorle, un tempo terza isola del dogato per estensione, dopo Venezia e Chioggia.