LA CRESCITA DI UN NUOVO ANTISEMITISMO IN GERMANIA

di Daniela Franceschi –

Le antiche radici di un pregiudizio, una recessione economica che mina certezze consolidate, l’antisemitismo islamico spacciato per antisionismo: il Terzo Millennio vede tornare le ombre del passato. E i media? Cavalcando l’odio contro Israele contribuiscono ad avvelenare il clima.

 

 

Negli ultimi anni, è cresciuto pericolosamente il numero di attacchi verso le comunità ebraiche europee e verso istituzioni e luoghi ebraici, tra i quali i più drammatici per numero di vittime sono stati gli attentati contro una scuola ebraica di Tolosa in Francia nel 2012, contro il museo ebraico di Bruxelles nel 2014 e contro il supermercato Kosher a Parigi nel 2015, tutti originati dal terrorismo islamista legato all’ISIS.
Nel mondo letterario e dei mass-media europei l’associazione tra Israele, il nazismo e l’apartheid, anche se storicamente e politicamente infondata, sta prevalendo, con la possibilità di influenzare l’opinione pubblica. Insieme con l’aumento dei livelli di sentimenti anti-israeliani, l’Europa sta sperimentando anche la crescita dell’antisemitismo, come evidenziano i rapporti annuali dell’Anti-Defamation League europea.
È possibile identificare tre ragioni per la ricrescita dell’antisemitismo in Europa. La prima e la più importante è che l’antisemitismo non è mai veramente morto, ma ha semplicemente sperimentato una lunga dormienza. Questa dormienza è stata provocata dall’occupazione Alleata in Europa dopo la Seconda Guerra mondiale, che non permise ad un antisemitismo palese di prosperare pubblicamente.
La seconda ragione è da ricercare nella crisi finanziaria dell’ultimo decennio. La recessione economica ha rappresentato la proverbiale “acqua” che ha permesso alle “radici” dell’antisemitismo di rinnovarsi nell’Europa Occidentale. La crisi finanziaria ha distrutto posti di lavoro, un contesto sociale e politico in cui i Partiti di estrema destra hanno preteso di avere risposte semplici. Questi Partiti, come Alba Dorata in Grecia, hanno propagandato una xenofobia che includeva una forte dose di antisemitismo. Il riemergere di Partiti di estrema destra nell’Europa Occidentale ha portato alla ricrescita dell’antisemitismo, poiché cercano capri espiatori per i problemi economici dei loro Paesi. Stanno cercando qualcuno da incolpare, e questo aiuta lo sviluppo di un nuovo antisemitismo. I Partiti di estrema destra accusano gli ebrei di aver provocato la crisi, riprendendo la retorica antisemita secondo la quale gli ebrei avrebbero il monopolio della finanza mondiale.
L’ultima ragione per il riemergere dell’antisemitismo nei tempi contemporanei è il conflitto israelo-palestinese. Alcuni credono che i palestinesi stiano semplicemente difendendo la loro patria contro invasori stranieri; assecondando questa prospettiva, è facile dipingere gli ebrei in una luce sfavorevole. Inoltre, Israele è stato spesso accusato ingiustamente di violazione dei diritti umani contro il popolo palestinese. In tutta Europa, a livelli crescenti di antisionismo è corrisposta la crescita di atti ostili verso gli ebrei.

Ci troviamo di fronte un nuovo antisemitismo, proteiforme, che, pur mantenendo le caratteristiche tradizionali dell’odio antiebraico, è riuscito a rinnovarsi acquisendo modalità di comunicazione contemporanee, basti pensare all’importanza che oggi assumono per la sua diffusione i social network come Facebook. Inoltre, il nuovo antisemitismo sfrutta subdolamente il conflitto israelo-palestinese per acquisire una accettabilità sociale che l’antisemitismo classico solitamente non ha.
La comprensione di un fenomeno come il nuovo antisemitismo passa attraverso lo studio della sua genesi, del suo sviluppo e delle sue dinamiche. Per questa ragione, si è scelto di esaminarne le caratteristiche attraverso l’analisi della sua diffusione in Germania, dato che il nuovo antisemitismo rappresenta un fattore capace di influenzare, e modificare, in profondità il rapporto ebraico-tedesco.
Dal 2011, il numero di episodi antisemiti in Germania è oscillato in relazione agli eventi in Medio Oriente, soprattutto nell’estate del 2014. In quell’anno e in quello successivo, la polizia e gli organi di controllo tedeschi hanno registrato altresì un crescendo di tali incidenti. Da allora, l’odio antiebraico è stato presente nelle manifestazioni per Gaza e nel dibattito pubblico, sotto forma di molestie, aggressioni e attacchi. Questi sentimenti avevano già raggiunto un livello preoccupante a partire dal 2000, dato l’ampio supporto riscontrato nella società tedesca.
Alcuni ricercatori tedeschi vedono sempre più l’antisemitismo come un fenomeno postmoderno che cresce in risposta a certe caratteristiche della modernità, in particolare all’ambivalenza, all’incertezza, all’insormontabilità, all’invisibilità e al cambiamento. L’antisemitismo rende processi complessi, percepiti come minacce, comprensibili in modo semplice, e serve a costruire un’immagine di sé chiara, unica e stabile- caratteristica che si applica anche all’antisemitismo del XIX secolo.
Anche se l’antisemitismo in Germania si correla all’autoritarismo politico e sciovinista e a una narrazione omogenea della identità nazionale, il nuovo antisemitismo unisce la destra radicale, la sinistra anti-sionista e gli islamisti. Come fenomeno internazionale che unisce un manifesto antisemitismo, l’anti-globalizzazione e le posizioni contro gli Stati Uniti e Israele, esso mira a una difesa sociale strutturale contro i processi di modernizzazione, intesi come norme universali e promosse di libertà. In tale contesto, gli ebrei diventano simboli stigmatizzati della globalizzazione.
Gli atteggiamenti antisemiti in Germania continuano ad essere staccati da una interazione nel mondo reale con gli ebrei: da un sondaggio del 2002, risultava che soltanto il 21% degli intervistati conoscesse personalmente una persona israelita.

Manifestazione antisionista a Berlini (2014) - Boris Niehaus

Manifestazione antisionista a Berlino (2014) – Boris Niehaus

Le aperte manifestazioni di antisemitismo tradizionale sono ancora generalmente condannate e stigmatizzate in pubblico, ma gli stereotipi antisemiti persistono, anche tra persone che non si considerano antisemite; a questo proposito, è interessante notare che, a causa delle restrizioni discorsive e delle norme sociali esistenti, un fenomeno noto come desiderabilità sociale, i risultati dei sondaggi effettuati sottostimano il peso degli atteggiamenti antisemiti.
L’antisemitismo tradizionale, misurato nei sondaggi con la domanda se gli ebrei avevano troppo potere in Germania e la persecuzione era stata causata dal loro comportamento, era calato da un 12,7% nel 2002 a un 5,8% nel 2016. Secondo alcuni autori il calo non è dovuto a una riduzione degli atteggiamenti antisemiti, ma ad una strategia comunicativa articolata; infatti, al fine di evitare la restrizione comunicativa che stigmatizza l’antisemitismo tradizionale in pubblico, questi atteggiamenti vengono incanalati in forme più socialmente accettabili di antisemitismo, come l’antisemitismo secondario e l’antisionismo. Un’altra spiegazione possibile per una parte della riduzione, soprattutto nelle giovani generazioni, è l’impatto dei programmi di educazione e prevenzione (Zick et al., 2016: 50).
L’antisemitismo secondario è molto diffuso. Nel sondaggio Allbus del 2006 il 49,9% dei tedeschi intervistati conveniva che “molti ebrei cercano di trarre profitto dagli eventi del Terzo Reich e lasciano che i tedeschi paghino per questo” (Germania Ovest 52,2%, Germania Est 39,9%). Secondo l’indagine “Deutsche Zustände” del gruppo di Bielefeld, l’affermazione “molti ebrei cercano di trarre profitto dagli eventi del Terzo Reich” trovava d’accordo più del 50% degli intervistati nel 2002/03 (2003: 54,5%), ma ha mostrato un calo negli anni successivi, fino a circa un terzo nel 2007, poi una stabilizzazione a poco meno del 40% tra il 2008 e il 2011 (Zick / Küpper, 2011: 22). In un sondaggio dell’American Jewish Committee del 2002 il 52% degli intervistati tedeschi era d’accordo con l’affermazione che “gli ebrei stanno sfruttando la memoria della Shoah per i propri scopi” – solo il 30% non era d’accordo (AJC, 2002). Dal 2008, una crescente maggioranza era concorde con l’affermazione che Israele stava conducendo una Vernichtungskrieg (guerra di sterminio) contro i palestinesi: 68,4% nel 2004, 41,9% nel 2006, 49,2% nel 2008, 51,1% nel 2009 e 57,3% nel 2010 (Zick / Küpper 2011: 23; Leibold et al, 2012: 186). Nella sua equazione tra nazionalsocialismo e Israele e la sua implicita minimizzazione della Shoah, una tale affermazione costituisce una categoria speciale di antisemitismo secondario.
L’affermazione sulla Vernichtungskrieg può essere interpretata come una forma di antisemitismo legata ad Israele, in quanto demonizza lo stato ebraico instaurando un’equazione storicamente infondata tra il genocidio ebraico durante la seconda guerra mondiale e la politica dello Stato ebraico verso i palestinesi.

Probabilmente la manifestazione più tipica di antisemitismo relativa a Israele è l’equazione Israele=ebrei. Tra il 30% e il 40% degli intervistati tedeschi riteneva che “alla gente non piacciono gli ebrei a causa delle politiche israeliane”: 2004: 44,4%, 2006: 29,9%, 2007: 32,8%, 2009: 33,9%, 2010: 38,4% (Zick / Küpper, 2011: 22). Coloro che sottoscrivono l’antisemitismo legato ad Israele, equiparano ebrei e Israele e, direttamente o indirettamente, mettono in discussione l’esistenza dello Stato ebraico in Medio Oriente. La presenza di doppi standard nei confronti di Israele può essere dimostrata dall’esistenza del termine Israelkritik (critica di Israele), una costruzione applicata ad un solo paese al mondo (UEA, 2017: 66). In sintesi, l’antisemitismo legato a Israele può essere definito come l’inimicizia o odio contro gli ebrei in quanto ebrei facendo riferimento allo Stato di Israele e alle sue politiche. Si incolpano tutti gli ebrei in tutto il mondo per le politiche israeliane, si critica Israele utilizzando i tradizionali stereotipi antisemiti e si caratterizzano le politiche israeliane come tipicamente ebraiche. Attraverso l’equazione tra Israele e il nazionalsocialismo, si demonizza lo Stato ebraico come il male supremo dei nostri tempi, un giudizio pieno di doppi standard.
Molti studi documentano anche come i media tradizionali tedeschi abbiano parlato di Israele in modo parziale e antisemita (Jäger / Jäger, 2003, 2004; anche recentemente UEA, 2017: 124-7).
Un recente incidente a Berlino può illustrare il fenomeno dell’antisemitismo relativo ad Israele. In una scuola elementare, un ragazzo ebreo era stato aggredito verbalmente con epiteti antisemiti e malmenato da compagni di scuola con un background familiare turco o arabo. I genitori del ragazzo lo hanno tolto dalla scuola e hanno reso pubblico il caso. Questo episodio è stato seguito da una intensa copertura mediatica a livello nazionale. Successivamente, i genitori di altri bambini della stessa scuola si sono lamentati in una lettera aperta perché si stava distruggendo la reputazione dell’istituto. Allo stesso tempo, hanno parlato anche del conflitto arabo-israeliano: in Medio Oriente vi è un “conflitto tra arabi ed ebrei” decennale e città diverse come Berlino, “con persone provenienti da “entrambe le religioni e le culture”, non potevano pagare per gli eccessi dei conflitti internazionali. È presente in questa lettera aperta uno degli elementi fondamentali dell’antisemitismo legato ad Israele: i genitori sottovalutano e relativizzano l’attacco antisemita da parte di musulmani tedeschi a un bambino ebreo in quanto parte di un conflitto reciproco e legittimo, come se il ragazzino ebreo fosse un soldato israeliano.
Zick e Küpper hanno osservato un generale declino dell’antisemitismo dopo il 2002, ma dal 2007 vi è stata una stabilizzazione e in alcuni aspetti anche un aumento, senza tornare al livello del 2002 (Zick / Küpper, 2011: 20). In generale, dal momento dell’Intifada Al-Aqsa nel 2000, il peso del risentimento antisemita tra il pubblico tedesco si è sempre più spostato da un antisemitismo secondario, nel senso di odiare gli ebrei per la loro volontà di conservare la memoria della Shoah (come si manifesta nei discorsi circa le riparazioni o per il memoriale dell’Olocausto a Berlino) all’antisemitismo Israele-correlato. Ciò può essere considerato come un nuovo antisemitismo e, nonostante l’odio esplicito contro gli ebrei sia ancora condannato nella cultura pubblica democratica, i codici interpretativi dell’immagine degli ebrei stanno cambiando e la soglia di ciò che è permesso dire si è costantemente abbassata. Questa tendenza è favorita anche da processi decisionali opachi nell’ambito politico che aumentano il disincanto generale (Rensmann, 2004; Pallade, 2008). Un numero crescente di antisemiti sta mettendo da parte l’anonimato: espressioni antisemite pubbliche, lettere di odio e lettere minatorie ora tendono ad essere firmate (Bergmann / Wetzel, 2003: 49).

Un aspetto che merita una particolare attenzione è l’antisemitismo presente nella popolazione musulmana in Germania. I musulmani sono autori di atti antisemiti in Germania come in altri paesi. Il numero di reati mostra molto chiaramente che l’autore-tipo di aggressioni antisemite è un non musulmano, di estrema destra, bianco e tedesco. Nel caso di Berlino, tuttavia, i musulmani hanno commesso un numero sproporzionato di atti di violenza antisemita (Kohlstruck / Ullrich, 2015: 89). Alcuni autori ci ricordano che queste cifre devono essere controllate per i tassi generalmente più elevati di reati violenti tra gli adolescenti di sesso maschile con un background migratorio turco (Möller, 2012: 249). In un recente sondaggio tra gli ebrei tedeschi, le persone colpite da attacchi antisemiti erano molto più propense a identificare i colpevoli nei musulmani, di quanto non fossero pronte a individuare autori non identificati, di sinistra o di destra. Tra i giovani, il livello di opinioni e atteggiamenti antisemiti sembra essere più alto tra i musulmani che tra i non-musulmani (Kohlstruck / Ullrich, 2015: 89; per l’antisemitismo Israele-correlato: Frindte et al, 2011: 219.).
Dal 2002, si è assistito a un nuovo fenomeno: l’adesione di giovani con background familiare turco all’antisemitismo Israele-correlato. Mentre i musulmani tedeschi con un background turco si erano in gran parte astenuti dall’antisionismo antisemita fino ad allora, dal 2002 gli adolescenti maschi di questa comunità hanno sempre più espresso solidarietà con i palestinesi, in quanto fratelli musulmani e vittime del conflitto in Medio Oriente (Wetzel, 2014: 3).
Si presume che l’antisemitismo tra i musulmani assolva a un certo numero di funzioni: fornisce un mezzo di costruzione e stabilizzazione dell’identità e un gruppo di appartenenza per i musulmani in un contesto nazionale, etnico o religioso (Freville et al, 2010: 194; Holz, 2005); è una forma di provocazione al fine di marcare la propria differenza; fornisce una compensazione nei confronti degli ebrei; permette la repressione delle proprie esperienze di esclusione per ragioni razziali attraverso l’incolpare gli ebrei (Messerschmidt, 2010: 95). Si tratta di una questione aperta se le versioni odierne di antisemitismo islamico abbiano le stesse funzioni dell’antisemitismo nella Germania imperiale – servano cioè come chiave per comprendere tutti i problemi politici, economici e culturali in corso e come una concessione a coloro che credono che la loro posizione sociale, politica e culturale nella società moderna sia in pericolo (cfr Jochmann, 1976). Klaus Holz estende la sua analisi all’antisemitismo islamista. A suo avviso, l’antisemitismo islamista svolge lo stesso ruolo che aveva l’antisemitismo tradizionale europeo: legittimare ideologicamente il nazionalismo attraverso la costruzione di un nemico universale (Holz, 2005: 13 e segg.; Kiefer, 2007).

Per una valutazione del contesto tedesco è importante approfondire anche la prospettiva degli ebrei tedeschi. Non vi è ovviamente una sola “prospettiva ebraica”. Nel rapporto dell’European Agency for Fundamental Rights del 2013, il 29% delle persone che si identificano come ebree in Germania riferivano di aver vissuto una qualche forma di molestia negli ultimi 12 mesi, il 4% aveva subito attacchi antisemiti (FRA, 2013: 45-6), il 34% temeva di diventare una vittima di attacchi violenti, il 47% temeva insulti o minacce (ibid.: 35), il 63% evitava di mostrare segni di appartenenza all’ebraismo in pubblico attraverso i simboli religiosi e il 26% pensava di lasciare la Germania a causa della minaccia antisemita (ibid.: 35, 39- 40).
Secondo un sondaggio condotto tra le comunità ebraiche di Berlino nel 2014 (Steinitz, 2015), gli ebrei berlinesi si astenevano dal mostrare la loro ebraicità in pubblico più di quanto avessero fatto agli inizi degli anni Novanta. A causa dell’ostilità e degli attacchi sui mezzi di trasporto pubblico e a scuola, molti mandavano i figli nelle scuole ebraiche ed evitavano i quartieri con alte percentuali di musulmani. Anche se lo studio ha sottolineato la necessità di prendere atto dell’antisemitismo nella maggioranza tedesca (ad esempio durante il dibattito sulla circoncisione nel 2012), la radicalizzazione tra i giovani musulmani è stata percepita come la principale minaccia. In particolare, “l’estate dell’odio”, (ibid.: 25) durante la campagna di Gaza del 2014, ha visto un picco dell’odio manifesto contro gli ebrei durante le manifestazioni anti-israeliane, nei mas media e nei canali social, con un aumento dell’ostilità e delle aggressioni antisemite. Tutto questo ha portato, secondo Steinitz, ad un grave peggioramento della libertà e della qualità della vita ebraica a Berlino. Un intervistato ha aggiunto che le comunità ebraiche in Germania si sentono lasciate sole nella lotta contro l’antisemitismo Israele-correlato, aiutate solo da rare espressioni di solidarietà da parte della maggioranza tedesca e dalle dichiarazioni, in gran parte soltanto simboliche, dei politici (ibid.: 26). Gli israeliani che vivono a Berlino, tuttavia, sono molto più rilassati e mostrano meno paura del contatto con i musulmani o gli arabi (ibid.: 18).
Secondo una recente indagine quantitativa, il 78% degli ebrei tedeschi percepisce una minaccia crescente – on-line, nei media e durante le manifestazioni. Essi attribuiscono questo all’aumento dei rifugiati musulmani-arabi, ad un abbassamento della soglia di accettabilità sociale della critica verso Israele e ad un’ostilità crescente nei confronti delle minoranze a causa del gran numero di profughi.
Nel mondo contemporaneo, il processo informativo avviene sempre più attraverso i social media, tuttavia, fino ad oggi, le indagini quantitative sull’antisemitismo nei social media sono rare. In generale, a causa della natura dell’antisemitismo, è difficile isolare il fenomeno a livello nazionale. Ma il ruolo dei social network è ampiamente riconosciuto. I social media servono come strumenti di networking per persone con interessi simili, anche se questo interesse è l’odio. I riferimenti circolari e le legittimazioni rendono facile stabilizzare anche la teoria del complotto più dubbia. Le attività antisemite di estrema destra e islamiste hanno spostato il loro peso dai siti web ai social network (Bundesministerium des Innern, 2011). Secondo l’Amadeu Antonio Stiftung (AAS), non ha più senso distinguere tra l’antisemitismo on-line e quello nel mondo reale. Contenuti e forme che appaiono online sono presenti anche nelle le strade (AAS, 2015). In generale, se si tratta di antisemitismo, gruppi e individui dell’estrema destra, islamisti, anti-globalizzazione di sinistra e il cosiddetto Mitte sono tutti presenti on-line. L’attivismo islamista ha guadagnato attenzione di recente mentre quello degli estremisti di destra è sempre stato evidente (vedi anche Wetzel, 2003, 2004).

È stato il drammatico aumento di contenuti razzisti nei social media (e le sue violente conseguenze nella vita reale) a spingere i procuratori tedeschi a mettere sotto accusa Facebook. Un sondaggio internazionale sulle cancellazioni effettuate da Facebook, Twitter e YouTube ha scoperto che i contenuti antisemiti (N = 2024) erano costituiti da un 5% di inviti alla violenza contro gli ebrei, da un 12% di negazione della Shoah, da un 49% di antisemitismo tradizionale, da un 34% di antisemitismo Israele-correlato. YouTube e Twitter, tuttavia, sembrano attrarre più contenuti antisemiti di Facebook (Oboler, 2016: 7).
I Ministeri federali della Giustizia (BMJV) e per la Tutela dei consumatori, della famiglia, degli anziani, delle donne e della gioventù (BMFSFJ) hanno finanziano il monitoraggio dei contenuti di odio on-line e promosso un facile accesso alla segnalazione di crimini dell’odio. In base a questo monitoraggio, i propagandisti islamici usano Facebook, Twitter e YouTube per reclutare nuovi membri, in particolare attraverso l’incitamento antisemita nel contesto del conflitto tra Israele e palestinesi: demonizzazione di Israele come unico aggressore, vittimizzazione dei palestinesi e teorie del complotto. I giovani utenti dei social media spesso condividono questi contenuti in modo acritico. Il monitoraggio ha anche rilevato come l’antisemitismo sia una parte importante delle teorie del complotto, che hanno trovato un terreno ideale nei social. 980.000 persone hanno apprezzato la pagina di Facebook del collettivo tedesco Anonymous, che ha ospitato teorie revisioniste, antisemite e di cospirazione. YouTube offre facilmente materiale di negazione della Shoah, anche come auto-completamento della ricerca “Olocausto” – “Lüge” (Olocausto-bugia). Mentre YouTube ha reagito rapidamente alle richieste di rimozione, Facebook lo ha fatto solo nel 50% dei casi, e Google non ha reagito affatto. La struttura del web, con le sue modalità di quotazione, resta un processo opaco, in particolare per i giovani utenti.
Il BMJV, Bundesministerium für Familie, Senioren, Frauen und Jugend, promise, nel marzo del 2016, di migliorare la rilevazione statistica dei reati a sfondo politico. I primi report sono stati rilasciati nel novembre del 2016. I dati mostrano un forte aumento dei crimini d’odio, soprattutto online. Il numero di casi on-line di istigazione e visualizzazione di violenza è aumentato da 500 a 2.300. In generale, le possibilità di essere condannati per crimini d’odio sui social media è molto bassa. La maggior parte dei casi deve essere chiuso a causa di una mancanza di prove, mentre i politici, le ONG e le autorità sono tutt’altro che preparati per gestire la criminalità su Internet, in quanto mancano di formazione, personale e volontà.
Nel suo progetto per il dottorato di ricerca del 2012, Christian Hardinghaus ha contato 120 gruppi su Facebook che avevano la parola antisionismo nel titolo, criticavano Israele e promuovevano il suo boicottaggio, e la ricerca per la frase “io odio gli ebrei” comprendeva 653 gruppi (Hardinghaus, 2012: 104-8). Hardinghaus ha trovato estremamente facile leggere contenuto antisemita e nazista attraverso Facebook. Una sua ricerca del 2009 sui social network StudiVZ e SchülerVZ (all’epoca ancora più grande di Facebook) lo ha portato a concludere che i pregiudizi antisemiti prevalgono nella generazione dei social media. Dei suoi intervistati, il 31,9% ha affermato che l’influenza ebraica nel mondo era troppo grande; il 27% sosteneva l’esistenza di uno specifico carattere ebraico, che circa la metà di essi descriveva in modo negativo; il 21,4% credeva in differenze biologiche tra ebrei e non ebrei; il 18,6% riteneva che gli ebrei fossero colpevoli per la persecuzione dei nazisti; il 48,8% ha affermato che gli ebrei facevano troppo chiasso per il passato nazionalsocialista; e il 52,6% ha dichiarato che gli ebrei sfruttano la Shoah. In sintesi, il 75,5% dei suoi intervistati era d’accordo con almeno una delle dichiarazioni. StudiVZ è stato spesso criticato per ospitare gruppi e espressioni antisemite.

Quando il gruppo Simon Wiesenthal-Center su StudiVZ ha riportato i messaggi antisemiti di un gruppo denominato “Israel öffentlich kritisieren dürfen”, la reazione di StudiVZ è stata quella di chiudere il gruppo Simon-Wiesenthal (Bundesministerium des Innern 2011: 92).
Il progetto di ricerca di Monika Schwarz-Friesel si focalizza sull’antisemitismo verbale e comprende i media on-line, in particolare i social media. I commenti e le attività di social network sono il luogo principale per l’antisemitismo di tutti i giorni. La semantica dell’antisemitismo sui social è omogenea indipendentemente dal fatto che le fonti siano di estrema destra, fondamentaliste cristiane o islamiche. Internet si rivela essere uno spazio di identità-stabilizzante per la comunicazione antisemita, fuori da ogni controllo. Online non vi è alcuna latenza di comunicazione riguardante l’antisemitismo – e la realtà virtuale incide sulla vita reale rendendo l’odio antiebraico parte integrante della comunicazione pubblica. I nuovi media online in tal modo sostengono la normalizzazione dell’odio antisemita: le osservazioni antisemite non sono vietate e il pericolo dell’antisemitismo contemporaneo è negato. Con le loro caratteristiche specifiche di nuovi media, servono come catalizzatori per una radicalizzazione crescente del linguaggio antisemita, in particolare per quanto riguarda Israele e la recessione economica. L’antisemitismo nei commenti delle pagine web di grandi media online come i giornali non viene espresso in forma anonima, non è contraddetto, censurato o altrimenti proscritto. In questo contesto, tali espressioni appaiono come un parere legittimo, non un crimine d’odio (Becker / Gisel, 2016: 118-25; Schwarz-Friesel, 2013).
Judith Rahner ha analizzato 100 profili Facebook di giovani berlinesi che si sono dichiarati musulmani durante la guerra di Gaza nel 2014. Molti profili, che in precedenza non erano politicizzati, lo sono diventati bruscamente, in tanti casi con modalità antisemite. I contenuti pubblicati si riferivano alla tradizionale calunnia antisemita dell’omicidio rituale (sostenendo che Israele ha sistematicamente preso di mira bambini palestinesi), e alle teorie del complotto e all’antisemitismo Israele-correlato (equazione tra il nazionalsocialismo e Israele, negazione del diritto di esistere dello Stato ebraico, colpevolizzazione delle vittime della Shoah) e sono stati in gran parte scaricati da siti web islamisti (UEA 2017: 130-40).
Secondo alcune indagini, più della metà degli intervistati ritiene i social media uno strumento molto importante per la diffusione di stereotipi razzisti o antisemiti, ma non per la loro formazione. Molti hanno sottolineato la loro funzione di amplificatori, catalizzatori e strumenti di mobilitazione, influenza e radicalizzazione virtuale ‘sicura’ di persone che pensano isolate da qualsiasi discussione critica. La mancanza di filtri e di controllo (sociale) è stato citato più volte, così come la loro disponibilità a pubblicare commenti di odio in (pseudo) anonimato. In sintesi, viene riconosciuta la funzione di Internet come un “organo centrale per i messaggi di odio, di notizie false e stereotipi”. Allo stesso tempo, la maggior parte ha sottolineato che i social media potrebbero essere utilizzati anche come mezzo per contrastare i pregiudizi.

La relazione degli esperti indipendenti al Ministero Federale degli Interni nel 2011 ha rilevato che difficilmente si trovano stereotipi antisemiti nella televisione tedesca – a differenza di altri Paesi europei e delle pubblicazioni della destra radicale e degli islamisti. Ma in relazione al conflitto in Medio Oriente e alla crisi finanziaria, gli stereotipi tradizionali antisemiti erano entrati nei media.
La copertura del conflitto israelo-palestinese ignorava la diversità della società israeliana, mostrando spesso pregiudizi a favore dei palestinesi e contro Israele (se non nel testo, nell’immagine e nel contesto), una tendenza riflessa in gran parte nella società tedesca (Bundesministerium des Innern 2011: 98ff). La copertura della crisi finanziaria ha ricorrentemente menzionato il fatto che Bernard Madoff e l’investitore Haim Saban, che aveva acquistato il gruppo Kirch Media, fossero ebrei (ibid.: 102ff.). Altri autori arrivano a una conclusione molto più critica: l’antisemitismo era diffuso tra i giornalisti, che lo hanno espresso nella loro copertura delle notizie riguardanti Israele e il Medio Oriente. I media tedeschi hanno, in modo subliminale, convogliato la narrazione secondo la quale senza Israele ci sarebbe stata la pace in Medio Oriente. Le critiche contro Israele sono state esagerate, storie false e notizie fabbricate ad arte spesso sono state pubblicate senza che nessuno le verificasse e le presunte violazioni dei diritti umani da parte dello Stato ebraico hanno ricevuto molta più attenzione rispetto a qualsiasi altra parte del mondo (Shapira / Hafner, 2010). 102ff.).
La società tedesca come risponde a questo crescente antisemitismo?
Le statistiche della polizia in materia di crimini d’odio sono state riformate nel 2001, dopo le critiche dell’opinione pubblica, dato che il vecchio sistema minimizzava la portata della violenza dell’estrema destra, in particolare il bilancio delle vittime dal 1990. Dal 2001, sono state registrate diverse motivazioni per i reati a sfondo politico, tra cui l’antisemitismo, ma ancora permangono le problematiche categorie di estremismo di destra, sinistra e straniero.
Per eliminare le carenze nelle statistiche di registrazione della magistratura, nel marzo del 2016, il Ministero Federale di Giustizia e Tutela dei consumatori ha avviato un’iniziativa per fornire un resoconto più dettagliato e uniforme dei reati a sfondo politico – tra cui differenziazioni tra le indagini, le accuse e le condanne comminate. Questo ha portato, a partire dal 2014, a statistiche relative ai reati antisemiti. Nel 2013, l’Amministrazione della giustizia federale aveva iniziato a raccogliere e pubblicare dati unificati sul crimine a sfondo politico, in cui rientrava la categoria di reati antisemiti.

Un altro problema nella reazione dello Stato tedesco all’antisemitismo è il rifiuto ricorrente della magistratura a considerare l’antisemitismo. Un caso che ha destato l’attenzione internazionale è stato l’attacco incendiario alla sinagoga di Wuppertal nel 2014 da parte di tre uomini, di origine palestinese, che avevano vissuto in Germania come rifugiati per 15 anni. Il loro attacco con sei bottiglie molotov è stato considerato da tre Corti consecutive non un atto antisemita, ma piuttosto una “critica della politica di Israele” – i giudici hanno accettato le scuse dei tre che volevano solo attirare l’attenzione sul conflitto a Gaza.
Un altro caso di rilievo è stato quello della giornalista Jutta Ditfurth a cui è stato vietato, da un tribunale di Monaco di Baviera, di definire il famigerato antisemita e attivista della Nuova Destra Jürgen Elsässer, un “antisemita duro a morire”. Particolarmente preoccupante è la tesi del giudice, secondo il quale la definizione “antisemita duro a morire” potrebbe applicarsi solo a coloro che si rifiutavano di prendere le distanze dal nazionalsocialismo. Lo stesso giudice ha proibito alla Presidente della comunità ebraica di Monaco, sopravvissuta della Shoah, Charlotte Knobloch, di ripetere il suo giudizio estremamente negativo sul pubblicista ebreo Abraham Melzer che aveva equiparato Israele al nazionalsocialismo e notoriamente indicato la Knobloch, un’ebrea tedesca, come un’agente israeliana.
Per quanto riguarda i crimini dell’odio on-line, i Ministeri Federali di Giustizia e di Tutela dei consumatori (BMJV) e della famiglia, degli anziani, della donna e della gioventù (BMFSFJ) hanno finanziato il monitoraggio dei contenuti di odio on-line e promosso un facile accesso per la loro segnalazione. Le due istituzioni di osservazione più rilevanti sono jugendschutz.net con il suo progetto hass-im-netz.info, promosso dal Governo federale e statale, e netz-gegen-nazis.de, un progetto della Fondazione Amadeu Antonio (AAS), un’organizzazione non governativa. Entrambi stanno monitorando attivamente la rete, segnalando i contenuti di odio ai proprietari delle piattaforme, esigendone la cancellazione e ottenendola nell’80% dei casi.
Due progetti di monitoraggio sono stati avviati in modo esplicito per gli episodi antisemiti, nel 2015 a Berlino e nel 2016 a Kassel. Oltre a ciò, molti progetti di monitoraggio coprono diverse forme di ostilità, come il ‘Berliner Register’ per le aggressioni da parte della destra radicale e gli atti discriminatori.
Il Ministero Federale della Giustizia ha tracciato una linea chiara tra il crimine d’odio e la violenza motivata politicamente, dichiarando che le aziende con guadagni significativi provenienti dai social media erano socialmente obbligate a evitare che le loro piattaforme fossero usate impropriamente per i crimini di odio, razzismo, antisemitismo o fantasie terroristiche islamiste (SCA4). È stato il drastico aumento del contenuto razzista nei social (e le sue violente conseguenze sulla vita reale) a spingere i procuratori ad indagare Facebook. In seguito, è stato siglato un accordo tra il Governo tedesco e Facebook, Google (YouTube) e Twitter secondo il quale i contenuti illegali devono essere cancellati entro 24 ore.

Un studio internazionale sulla soppressione di contenuti illegali sulle tre piattaforme ha scoperto che dieci mesi dopo la segnalazione di contenuti offensivi, gran parte di essa era ancora accessibile: il 25% di messaggi di incitamento alla violenza antisemita su Facebook e il 96% di antisemitismo legato ad Israele su YouTube (Oboler 2016: 7). Se la quota di cancellazione non fosse aumentata, il Ministro Federale della Giustizia ha annunciato che avrebbe preso in considerazione la possibilità di mettere sotto accusa i proprietari delle piattaforme, imponendogli di rendere noto il numero dei casi segnalati e dei contenuti illegali cancellati. Questa iniziativa ora si è materializzata in una proposta di legge.
La comprensione del nuovo antisemitismo è limitata non solo a livello pratico, ma anche a livello concettuale.
La Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza lamentava nella sua relazione del 2014 che la Germania non riuscisse a riconoscere, registrare e punire i crimini motivati da razzismo e altre ideologie di intolleranza per quello che erano. L’ultimo rapporto (2017) accoglie positivamente alcuni miglioramenti, come l’integrazione della sottocategoria crimini d’odio nelle statistiche della polizia e la modifica del codice penale che rende le motivazioni razziste e xenofobe circostanze aggravanti. Ma deplora, tuttavia, le lacune ancora presenti; in particolare, la mancata rilevanza della motivazione del colpevole e dell’opinione della vittima e il mantenimento della fuorviante meta-categoria di “reato a sfondo politico”.
L’antisemitismo rimane un problema in Germania, come atteggiamento e come minaccia concreta. La diminuzione apparente nelle sue forme tradizionali può essere in parte attribuita alla sua articolazione in un antisemitismo Israele-correlato o in un antisemitismo secondario. Secondo alcune analisi, l’antisemitismo Israele-correlato è sposato da quasi la metà della popolazione, il che rende questo aspetto molto importante per comprendere la nuova forma di antisemitismo presente in Germania. Riferendosi ad un conflitto esistente, è particolarmente pericoloso perché è ampiamente diffuso in tutti i segmenti della società e perché è facile per i suoi sostenitori mascherare il loro antisemitismo sotto la maschera della critica ad Israele.
Esiste un problema di autenticità per la maggior parte degli attori della società tedesca. Finché insegnanti, operatori sociali, funzionari pubblici, agenti di polizia e giudici rifiuteranno di riconoscere i propri stereotipi antisemiti sarà difficile condurre una lotta vittoriosa contro un nuovo antisemitismo complesso e multiforme.

 

 

Per saperne di più

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