LA CONCEZIONE DELLA STORIA DI TUCIDIDE

di Giovanni Pellegrino -

Storico, militare e condottiero, uomo di azione e riflessione: a Tucidide si deve una parte importante del metodo di studio storiografico.

Molto più di Erodoto, Tucidide ha condizionato gli sviluppi del genere storiografico e della scienza storica. Infatti se per l’antichità lo storico e militare ateniese ha dettato le leggi della storiografia, a partire dal secolo scorso ha stimolato la riflessione sulla natura, le finalità e i metodi della ricerca storica.
L’opera storica di Tucidide – citata comunemente con il titolo di “ Storie”, che certo non risale all’autore – ha per oggetto la guerra del Peloponneso ed è stata ripartita già nell’antichità in otto libri.
Di questi il primo è considerato come un’autonoma introduzione contenente il racconto del cinquantennio 480-431 a.C., ovvero il periodo tra la fine delle guerre Persiane e l’inizio della guerra del Peloponneso. A loro volta i libri II-IV comprendono ciascuno la narrazione di tre anni di guerra. Il libro V comprende il Dialogo dei Melii e degli Ateniesi nonché una sezione relativa agli anni precedenti alla spedizione siciliana che occupa i libri VI e VII . A sua volta il libro VIII contiene gli avvenimenti dal 413 al 410 a. C. . Tale libro s’ interrompe bruscamente, fatto che ha permesso di ipotizzare la causa all’assassinio di Tucidide, avvenuto nel corso delle violente lotte civili che avvennero ad Atene dopo la fine della guerra del Peloponneso (da qui il silenzio sul periodo dei Trenta tiranni).

I primi 23 capitoli del primo libro costituiscono un ampio proemio e presentano una struttura compositiva ad anello. Dopo aver affermato che la guerra tra Ateniesi e Peloponnesiaci, oggetto della sua opera, era stato il più grande sconvolgimento che fosse mai capitato ai Greci, Tucidide cerca di dimostrare la sua affermazione tracciando brevemente la storia antica della Grecia (la cosiddetta Archeologia).
Posta tra l’apertura dell’opera e il capitolo metodologico l’Archeologia serve a dimostrare la minore importanza delle guerre combattute in passato. Per raggiungere questo scopo Tucidide delinea una storia della Grecia cominciando dalla vita nomade dei suoi più antichi abitanti e narrando la formazione delle prime potenze militari (la Talassocrazia cretese di Minosse ).
L’attenzione riservata alla pirateria e all’importanza del controllo dei mari attraverso poderose flotte indica chiaramente il punto di vista ateniese dello storico.
Tucidide si sofferma poi sulla guerra di Troia mettendo in discussione i dati contenuti nei poemi omerici. Con il suo approccio critico, lo storico ateniese sminuisce l’epica analizzandola alla stregua di ogni altra fonte.
Secondo la ricostruzione di Tucidide, i Greci sarebbero giunti a Troia con una flotta di 1200 navi in cui tutti sarebbero stati allo stesso tempo rematori e combattenti. Secondo lo storico i Greci – per la mancanza di approvvigionamenti – avrebbero dovuto impiegare una parte del contingente militare per la coltivazione e la pirateria dando così modo ai Troiani di resistere per dieci anni.
Nei capitoli successivi Tucidide traccia la storia delle principali potenze navali greche intrecciandole con quella dei mutamenti istituzionali che portarono alla trasformazione dei regimi monarchici in tirannidi. Secondo lo storico ateniese la maggior parte di queste tirannidi fu abbattuta dagli Spartani che le sostituirono con regimi oligarchici . La stabilità costituzionale di Sparta è indicata da Tucidide come la causa della potenza della città. Alla fine dell’Archeologia l’autore prende le distanze sia dai poeti che amplificano e abbelliscono i fatti, sia dai logografi giudicati più interessati al diletto degli ascoltatori che alla verità storica.

Tucidide mette anche in evidenza la difficoltà di ricostruire avvenimenti che per la loro antichità sono finiti nella sfera del mito. Il metodo seguito dallo storico nello studio della storia contemporanea è esposto nel capitolo XXII.
Tucidide sceglie come tema della sua opera una guerra, pertanto la sua opera ha un carattere monografico non pretendendo di esaudire tutti gli avvenimenti di un determinato periodo bensì di analizzare un unico evento di grande durata e complessità.
La materia selezionata dallo storico greco è quella politico-militare con particolare riferimento al tema della potenza. La guerra diviene oggetto privilegiato della ricerca storica dal momento che rivela il livello di potenza economico e militare di uno Stato e le sue reazioni di fronte alle varie situazioni. Tucidide intende fornire uno studio attendibile di una vicenda storia esemplare in grado di chiarire alcuni dei meccanismi psicologici fondamentali che guidano l’agire degli uomini.
Per ottenere questo scopo la sua narrazione dev’essere vera – dunque imparziale – e soprattutto deve mettere in risalto cause e connessioni.
E’ necessario sottolineare che Tucidide intende compiere un’opera utile dell’analisi delle situazioni politico-militari, non un’indagine scientifica disinteressata secondo i dettami della moderna scienza storica. Non è quindi corretto intendere i discorsi presenti nella sua opera come una registrazione fedele. Essi rivelano piuttosto un criterio di libera composizione basata tuttavia su quanto effettivamente hanno detto i vari oratori nelle diverse circostanze.
Tucidide , basandosi sulle fonti in suo possesso (certamente discontinue e di varia attendibilità) seleziona i discorsi più significativi e al loro interno gli argomenti più importanti attorno ai quali costruisce i suoi discorsi. Da un lato integra le lacune della sua documentazione e dall’altro introduce espressioni che mettono a nudo il vero pensiero dell’oratore o della parte politica che rappresenta. Anche la posizione dei discorsi nella sequenza narrativa viene scelta dallo storico ateniese più in relazione alla coerenza e all’efficacia della ricostruzione che non al momento in cui i vari oratori avevano effettivamente preso la parola.

Oltre che quei procedimenti dialettici dei sofisti, il metodo di analisi delle vicende politico-militari elaborato da Tucidide presenta dei punti di contatto con quello della scienza medica. La stretta analogia tra sintomi e prognosi dell’epidemia di peste da un lato e segni che servono alla ricostruzione indiziaria del passato dall’altro mostra chiaramente che Tucidide applica all’analisi politica un metodo e una terminologia propri della medicina ippocratica.
Lo studioso ateniese non definisce mai la sua opera facendo ricorso alla parola “istoria”: tiene altresì molto a mettere in evidenza la differenza del suo lavoro rispetto alla tradizione ionica e al suo più illustre predecessore Erodoto. Ma se, da un lato, Tucidide è perfettamente consapevole di realizzare qualcosa di nuovo, dall’altro si sente inserito in una tradizione letteraria secolare e omogenea. Per questo motivo l’autore si confronta con l’epica e lo fa in particolare utilizzando il criterio etico dell’impresa più grande e dando ampio spazio a un elemento caratteristico dell’epica ovvero i discorsi. D’altro canto una componente fondamentale del suo metodo storico ovvero l’autopsia affonda le sue radici nella preferenza della visione diretta sui documenti scritti.

Perciò la superiorità della testimonianza oculare sul documento scritto si può ricondurre anche ad una scelta di campo sul piano letterario. Per di più la scelta della monografia, se da una parte è funzionale alla concezione storiografica di Tucidide, dall’altra discende dalla tradizione epica. In aggiunta, l’opera di Tucidide – oltre che dalla produzione letteraria e dall’argomento prescelto – è condizionata anche dal pubblico cui si rivolge . A differenza di quella di Erodoto la sintassi di Tucidide risulta inadatta all’esposizione orale, inducendo a ipotizzare un pubblico di lettori o al massimo di ascoltatori selezionati in grado di seguire un testo difficile concepito più per ammaestrare che per dilettare.
Tucidide non approva in modo astratto nessun modello politico ma valuta le istituzioni in funzione degli uomini che le rappresentano e delle situazioni storiche con cui vengono a confrontarsi. Così la formula di Pericle di democrazia controllata dal primo cittadino incontra la sua approvazione per i risultati raggiunti.
Tali risultati sono esposti sia pure con le amplificazioni proprie del genere letterario nell’Epitafio pronunciato da Pericle per i primi caduti della guerra del Peloponneso. Nel tratteggiare l’organizzazione politica i costumi in una parola la civiltà ateniese Pericle nell’Epitafio descrive le motivazioni profonde della potenza ateniese . Punto di partenza è il sistema democratico che permette a tutti i cittadini meritevoli di assumere responsabilità di governo . L’Epitafio è anche un momento importante del confronto tra le mentalità e i valori di Sparta e Atene, confronto strettamente connesso con la ricerca delle cause del conflitto e con l’indagine sulle differenti politiche di potenza dei due contendenti.
La selezione tucididea della materia politico-militare e l’abbandono delle tematiche geografico etnografico di Erodoto si impose già con i primi continuatori di Tucidide, da Senofonte a Teopompo . Oltre a ciò, Tucidide influì in maniera decisiva su molta parte della storiografia romana e bizantina. Dopo la riscoperta umanistica nella quale giocò un ruolo di primo piano la traduzione latina ad opera di Lorenzo Valla, Tucidide rimase in ombra. La riscoperta del grande storico ateniese iniziò soltanto nel XIX secolo con il movimento romantico . Tucidide divenne dunque il simbolo della nuova scienza storica che aspirava alla verità senza perdersi nell’erudizione. Nel XX secolo il recupero di una storiografia globale erodotea ha sottratto a Tucidide il suo tradizionale ruolo di modello.