LA CONCEZIONE DELLA STORIA DI POLIBIO

di Giovanni Pellegrino –

 

Storico di origine greca, Polibio si occupò soprattutto del sorgere della potenza della Repubblica romana. È uno dei primi storici che cercano di presentare la storia come una sequenza di cause ed effetti.

Polibio è l’unico storiografo ellenistico della cui opera conosciamo una parte considerevole. Inoltre, molto di quello che sappiamo sulla storiografia dei secoli IV- II a.C. deriva dai suoi giudizi. Polibio è infatti un politico che si è dedicato alla storiografia e vuole ad ogni costo apparire come studioso ed esperto di tecnica politica e militare.
Ma non dobbiamo dimenticare che egli ha la consapevolezza di muoversi all’interno di un genere letterario con precise e consolidate leggi.
La sua scelta di privilegiare la sostanza sulla forma e la mancanza di particolari doti stilistiche hanno determinato fin dai tempi antichi duri giudizi sul suo modo di scrivere. Ma la prosa delle sue Storie è per noi particolarmente importante come testimonianza antica e ampia della koinè.
Tuttavia, evidenziare l’importanza di un approccio letterario e linguistico a Polibio non vuol dire sottovalutare lo studio dell’ideologia politica di questo autore.
Polibio era un’esponente di primo piano della Lega achea proprio nel momento in cui la Grecia venne conquistata dai Romani: egli come politico si muoveva tra le città greche, i regni ellenistici e il nascente impero a livello mondiale di Roma. Dobbiamo mettere in evidenza che Polibio diventò lo storico che narrò la vittoria romana.
Tuttavia, il suo punto di vista rimase tipicamente greco, dal momento che egli non si staccherà mai dall’ideale greco di autonomia territoriale, cercando in tutta la sua opera di indicare ai greci la via migliore per vivere all’interno di un organismo politico di dimensioni mondiali.

La principale opera di Polibio, grazie alla quale è diventato uno degli storiografi greci più importanti, sono le Storie, opera in 40 libri dei quali possediamo integralmente soltanto i primi cinque libri.
Tuttavia, Polibio scrisse anche altre opere come afferma Cicerone. Cicerone ci testimonia che Polibio scrisse una monografia sulla guerra di Numanzia e che si riallacciava alla sua opera maggiore.
Esistono altre sue opere perdute, come lo scritto encomiastico Su Filopemene, trattato di tattica, e il trattato scientifico Sull’abitabilità delle regioni equatoriali.
La composizione dei 40 libri delle Storie deve avere impegnato Polibio per molti anni e numerosi devono essere stati i ripensamenti, le modifiche e le aggiunte.
Le Storie rimasero prive della stesura finale e fu un redattore postumo a pubblicarle nella versione integrale. Tale redattore mise insieme le carte che Polibio aveva lasciato ma non cercò di eliminare le contraddizioni derivanti da un processo compositivo lungo e stratificato.

Polibio espose a più riprese il suo programma e le sue idee sulla storiografia spesso polemizzando con i suoi predecessori.
Egli già nelle pagine introduttive della sua opera mette in risalto la novità del suo argomento: per la prima volta nella storia uno Stato ha conquistato il potere quasi sull’intero mondo abitato (tale fu l’impero romano).
Dopo il confronto con i grandi imperi del passato (persiano, spartano, macedone) Polibio definisce l’inizio cronologico della sua narrazione dettagliata. Tale narrazione comincia dalla 140° olimpiade, cioè dove si concludeva la perduta opera storica di Arato di Sicione.
Polibio afferma che dato che là tuke (“fortuna”) aveva provocato questa situazione eccezionale (il dominio di Roma) allo storico era richiesta una visione di insieme che rendeva ormai inutili le storie particolari. Secondo Polibio soltanto una storia universale poteva rendere conto dell’unità organica del processo storico e dare ai lettori utilità e diletto.
Polibio si contrappose all’unico storiografo che a suo parere aveva scritto una storia universale, ovvero e Eforo di Kuma, che aveva strutturato la sua opera intorno a nuclei tematici.
A Eforo Polibio fa un riferimento anche in un passo in cui spiega perché la sua opera troverà accoglienza presso un solo tipo di pubblico. Polibio ci tiene a mettere in evidenza che mentre quasi tutti gli altri storiografi non rinunciano ad alcun aspetto della materia storica egli dichiara di aver scelto come suo soggetto esclusivamente la storia politico-militare di vicende contemporanee. E definisce tale storia “pragmatica.

La storia pragmatica è per Polibio una storia tripartita: ricerca delle fonti e confronto dei dati; conoscenza della geografia terrestre e marittima; esperienza politica.
Per Polibio quest’ultimo aspetto distingueva il vero storico pragmatico dall’erudito (il riferimento è a Eforo) che trascorreva le sue giornate in biblioteca. Per Polibio l’erudito non era dissimile dal medico che ha una grande preparazione teorica ma poca o nessuna esperienza.
Per Polibio un altro esempio di storiografia libresca sarebbe Timeo di Tauromenio. Riteniamo opportuno sottolineare come l’attacco di Polibio sia rivolto nei confronti del primo storiografo greco (Timeo) che aveva messo in risalto l’importanza dell’ascesa di Roma nel mondo occidentale. Per screditare il suo predecessore, Polibio giunge ad affermare che Timeo aveva riportato notizie false e che pertanto mentiva consapevolmente.
La polemica con Timeo chiama in causa il metodo della ricerca storica in relazione al suo fine. Tale fine doveva essere una ricostruzione dei fatti utile all’uomo politico per decidere il suo comportamento in situazioni analoghe.
Per raggiungere tale fine è necessaria una particolare concezione della storia che a dire di Polibio manca nella storiografia di Timeo. La storiografia per essere utile all’uomo politico non si deve limitare alla semplice esposizione degli eventi ma si deve focalizzare sulla ricerca del perché, del come e dello scopo per il quale furono compiute determinate azioni dai protagonisti degli eventi. Per usare le parole di Polibio, tale storia è definibile come “storia dimostrativa”.
Della costruzione della sua opera storica, Polibio prende come punto di riferimento Tucidide, dal quale deriva la concezione della storia utile per l’uomo politico nonché la scelta di limitarsi alla narrazione della materia politico-militare
Inoltre, Polibio rivolge anche critiche importanti a Teopompo. Tale storico è criticato per le sue eccessive e ingiustificate accuse rivolte a Filippo il Macedone.

Un’altra caratteristica della storiografia di Polibio è il fatto che egli accetta che nella sua opera siano contenute ampie notizie biografiche, anche se tali notizie devono essere inserite nel piano generale senza sconvolgerlo.
Secondo Polibio il racconto dell’indole dell’educazione e delle azioni dei grandi personaggi rientrava nei compiti dello storiografo, dal momento che serviva a proporre utili modelli di comportamento ai lettori. Troviamo codificato in Polibio il principio dell’esemplarità etica della storia, che costituisce una delle differenze più importanti tra uno storiografo ellenistico come Polibio e il suo modello Tucidide.
Infatti, mentre per Tucidide la storiografia era utile al politico come analisi scientifica dei fatti, per Polibio doveva servire anche a fornire esempi di comportamento.
Per quel che riguarda l’importanza dei discorsi nell’opera di Tucidide dobbiamo dire che anche per i discorsi Polibio si rifà al programma di Tucidide sostenendo che non ha alcun senso inventare i discorsi come Timeo ma che bisogna invece attenersi ai discorsi effettivamente pronunciati dai protagonisti, riferendo oltretutto solo quelli più efficaci. Per Polibio il problema dei discorsi si connette con quello delle fonti a sua disposizione e quello dell’uso che egli ne fa.
Polibio dichiara a più riprese la superiorità della visione diretta su ogni altra forma di informazione, polemizzando con Timeo e con gli altri storiografi che non escono dalle biblioteche.
Egli sottolinea da un lato l’importanza dell’esperienza politico-militare, dall’altro la necessità di partecipare ai fatti. La visione diretta dei fatti viene definita da Polibio “autopsia”. Privilegiando l’autopsia Polibio metteva in risalto uno dei pregi maggiori della sua opera. Infatti, le circostanze della sua vita l’avevano portato sui principali teatri di avvenimenti storici. Infine, egli aveva avuto accesso ad archivi e documenti ufficiali sia in Grecia sia a Roma e ne aveva fatto largo uso.

 

 

Per saperne di più
Polibio, Storie, a cura di Domenico Musti, traduzione di Manuela Mari, note di John Thornton, Milano, BUR, 1993.
B. Gibson e T. Harrison (a cura di), Polybius and his World: Essays in Memory of F.W. Walbank, Oxford, OUP, 2013.
J. Thornton, Polibio: il politico e lo storico, Roma, Carocci, 2020.