In libreria: Pompei ritrovata

pompeiÈ l’alba del novembre 2010. Poco prima che aprano i cancelli ed entrino i visitatori, a Pompei collassa uno degli edifici più celebri, la Schola Armaturarum. La notizia fa il giro del mondo, i giornali italiani e internazionali denunciano a gran voce lo stato di incuria in cui versa il fiore all’occhiello del patrimonio archeologico del nostro Paese. Sono passati quasi dieci anni da allora. Anni intensi e di duro lavoro, che hanno permesso, grazie soprattutto all’avvio del Grande Progetto Pompei, di mettere in sicurezza la maggior parte delle rovine, di riprendere le indagini e gli interventi di scavo, di valorizzare al meglio quello che Chateaubriand definiva “il più meraviglioso museo della Terra”. Massimo Osanna, oggi al secondo mandato da direttore generale del Parco Archeologico, è – insieme a una nutrita squadra di collaboratori – uno dei protagonisti della “resurrezione”, ed è lui a guidarci in queste pagine tra le nuove scoperte realizzate negli ultimi anni. Affreschi, come la celebre immagine di Leda e il cigno rinvenuta nel 2018; splendidi mosaici come nella Casa di Orione, ricchissime domus rimaste sepolte fino a oggi, e ancora pitture, graffiti, architetture che vengono qui presentati per la prima volta in forma estesa al grande pubblico. Al contempo, Osanna ci restituisce “il presente di duemila anni fa”, illustrando con registro divulgativo ma approccio scientifico dove e come vivevano gli uomini e le donne travolti dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., cittadini di una città che non è mai morta davvero. Una biografia dei pompeiani che passa anche per gli oggetti (monete, gioielli, vasi, amuleti) e per le abitudini (dai ludus con i gladiatori e le bestie alla dieta), fino al momento fatale in cui il vulcano irrompe e immobilizza il fluire della vita. Un libro non solo per specialisti, corredato da immagini inedite, capace di farci “ritrovare” il tempo di Pompei, un eterno quotidiano – per molti versi così simile al nostro – conservato nei secoli sotto una spessa coltre di ceneri e lapilli.
Massimo Osanna, Pompei, il tempo ritrovato, le nuove scoperte – Rizzoli, Milano 2019, pp. 416, euro 20,00

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Marcello Sorgi, Presunto colpevole: gli ultimi giorni di Craxi – Einaudi, Torino 2020, pp. 128, euro 13,00
Negli ultimi decenni i governi italiani hanno negoziato su tutto e con tutti. Sempre, tranne in due occasioni: per Moro e per Craxi. Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato, e farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato? «La mia libertà equivale alla mia vita», dirà fino all’estremo il leader socialista per spiegare il rifiuto di accettare il carcere e la decisione di restare in Tunisia, dove muore il 19 gennaio 2000. Nel resoconto della trattativa, oltre ai familiari del leader socialista si affacciano il governo, il Quirinale, il Vaticano, l’America e la Cia, i magistrati di Mani pulite e i socialisti dispersi dall’inchiesta su Tangentopoli. Il caso Craxi rappresenta l’ultimo scorcio del Novecento italiano, sospeso tra la caduta del Muro di Berlino, il crollo della Prima Repubblica e l’alba dei poteri forti che s’impongono all’inizio del nuovo secolo. «La morte di Craxi conclude gli anni Novanta e consegna alla storia del Novecento il principio del primato della politica, mettendoci una bella pietra sopra».

Umberto Gentiloni Silveri, Storia dell’Italia contemporanea 1943-2019 – il Mulino, Bologna 2019, pp. 408, euro 27,00
Il libro presenta una sintesi degli oltre settant’anni di storia della Repubblica alla luce degli snodi essenziali di un cammino segnato dal formarsi di una comunità nazionale, democratica e partecipativa, con diritti e doveri riconosciuti e riconoscibili nella Costituzione del 1948. Pagine attraversate dalle interazioni continue fra quadro interno e dimensione internazionale: dal declino della parabola fascista alla guerra fredda, dalla costruzione europea alla scelta atlantica, dai movimenti sociali alle sfide globali del nostro tempo. Il rapporto fra il sistema politico italiano e le compatibilità del mondo in continua trasformazione viene analizzato a partire dalle dialettiche tra continuità e rottura, tradizione e innovazione.

Delphine Horvilleur, Riflessioni sulla questione antisemita – Einaudi, Torino 2020, pp. 120, euro 14,00
Sartre aveva mostrato nelle Riflessioni sulla questione ebraica come l’ebreo sia definito in forma inversa attraverso lo sguardo dell’antisemita. Delphine Horvilleur sceglie qui di fare il contrario: esplorare l’antisemitismo attraverso i testi sacri, la tradizione rabbinica e le leggende ebraiche. Horvilleur analizza la particolare coscienza che gli ebrei hanno di ciò che abita la psiche antisemita nel corso del tempo: l’ebreo è di volta in volta rimproverato di impedire al mondo di fare «tutto»; di confiscare qualche cosa al gruppo, alla nazione o all’individuo; di mancare di virilità e di incarnare il femminile, la manchevolezza, il «buco», la ferita, la faglia identitaria che minaccia l’integrità della comunità. L’esegesi di questa letteratura è a maggior ragione piú rilevante in quanto i motivi ricorrenti dell’antisemitismo sono oggi rivitalizzati nel discorso dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Questo libro offre gli strumenti di resilienza per sfuggire al ripiegamento identitario: la tradizione rabbinica non si preoccupa tanto di venire a capo dell’odio verso gli ebrei (fatica sprecata…) quanto di offrire armi per premunirsi. Esso inoltre, per chi lo sappia leggere, rappresenta una via d’uscita dalla competizione vittimistica che caratterizza i nostri tempi di odio ed esclusione.

Stefano Pivato, Storia sociale della bicicletta – il Mulino, Bologna 2019, pp. 280, euro 22,00
Indispensabile nella vita contemporanea, strumento di svago e di lavoro, simbolo di libertà: la bicicletta ha 150 anni e non li dimostra. Ci ha accompagnato dentro la prima modernità industriale, ha cambiato lo stile di vita di uomini e donne. Una marcia vincente ma non priva di ostacoli: ai suoi inizi essa infatti parve un attentato alla pudicizia femminile, una minaccia alla dignità dei sacerdoti cui ne fu proibito l’utilizzo, persino un incentivo alla criminalità, dando luogo a dibattiti accaniti e grotteschi. Una storia straordinaria, che attraversa tutte le vicende del Novecento, dalle guerre alla Resistenza, alla ricostruzione che s’incarnò nei trionfi di Coppi e Bartali, per giungere ai giorni nostri che vedono ormai nella bicicletta il mezzo d’elezione della nuova sensibilità ambientalista.

Alessandro Galimberti, Caracalla – Salerno Editrrice, Roma 2019, pp. 256, euro 19,00
Calvo, di bassa statura, ma dotato di un fisico possente, univa doti straordinarie – una notevole resistenza al caldo e al freddo e una capacità fuori dal comune di sottoporsi a esercizi faticosi e prolungati – a un temperamento sanguigno e poco incline al compromesso. Avido di potere e per questo animato da profondo odio prima contro il prefetto del pretorio Plauziano e poi contro il fratello, riuscí a mantenere buoni rapporti con la madre anche dopo la morte di Geta, nonostante ella avesse manifestato le sue preferenze per quest’ultimo.
Sebbene si sia tentati di credere il contrario, Caracalla godette di una grande popolarità: fu amato soprattutto dai soldati, legionari e pretoriani, con i quali si dimostrò sempre molto generoso, ma anche dalla plebs, come mostrano in maniera emblematica il successo delle terme ma anche della veste da lui brevettata, il caracallus. Ecco perché – vuoi anche per la pochezza del successore – alla sua morte fu divinizzato e fu rimpianto amaramente.

David Grann, Gli assassini della terra rossa: affari, petrolio, omicidi e la nascita dell’FBI, una storia di frontiera – Corbaccio, Milano 2019, pp. 352, euro 18,60
Negli anni Venti la popolazione più ricca d’America erano gli indiani Osage dell’Oklahoma: nel momento in cui gli idrocarburi stavano per diventare la risorsa più importante del pianeta, sotto il loro suolo furono trovati enormi giacimenti. Giravano in auto di lusso, vivevano in case faraoniche, mandavano i figli a studiare nelle migliori scuole d’Europa.
Poi, a uno a uno, iniziarono a morire ammazzati. Sparati, avvelenati, vittime di agguati e imboscate, sempre in circostanze misteriose. E in questo strascico di ‘vecchio west’ – tra petrolieri emergenti come J.P. Getty e fuorilegge come Al ‘Terrore fantasma’ Spencer – chiunque osasse investigare finiva anch’egli sottoterra.
Quando le morti superarono le due dozzine il caso fu preso in mano dall’FBI, appena nato, diretto da un giovane e ancora inesperto J. Edgar Hoover. Fu messa insieme una squadra di investigatori di origine indiana: si infiltrarono, alcuni finirono male, comunque adottarono tutti i mezzi più o meno leciti a loro disposizione per portare alla luce una cospirazione agghiacciante.
David Grann, dopo anni di ricerche, ci consegna questa vicenda che è riuscito a trasformare in un libro mozzafiato, da leggere come un thriller, una spy story. Un brillante scorcio di una maledetta storia americana.

Julien Ries (a cura di), Le religioni e l’arte – Jaca Book, Milano 2019, pp. 400, euro 70,00
Nella storia dell’umanità, fin dai suoi albori, l’espressione artistica ha rivelato il cuore di ogni cultura e di ogni civiltà: dai cacciatori preistorici che dipingevano le caverne, ai complessi templi hindu scavati nella roccia, dalle absidi a mosaico delle prime chiese cristiane, al volto luminoso del Buddha. Il volume è organizzato in cinque sezioni: «Alle origini dell’esperienza estetica e dell’esperienza religiosa» di Julien Ries «L’estetica e l’immagine del Buddha» di Michel Delahoutre «L’esperienza religiosa ed estetica nel culto hindu» di Jean Varenne «Senso religioso e qualità estetica dei decori absidali bizantini» di Jacqueline Lafontaine- Dosogne «La bellezza e l’icona nella tradizione della Chiesa ortodossa» di Olivier Clement.

Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo – UTET, Torino 2020, pp. 570, euro 19,00
Esiste una direzione della Storia, una strada obbligata che, lungo i secoli, il genere umano ha percorso alla ricerca dell’originario paradiso perduto o di un condizione finalmente stabile e, in certo modo, definitiva? L’affermarsi del modello liberale come unico sistema politico ha segnato veramente l’ultimo tratto della Storia o si tratta, invece, di uno dei tanti momenti destinati a essere travolti da nuovi equilibri? Sono sufficienti la libertà e l’uguaglianza, sia politica, sia economica (raggiunte in una presunta ‘fine della Storia’) a garantire una condizione sociale stabile in cui ogni uomo possa dirsi completamente soddisfatto? A queste e altre domande risponde Fukuyama in questo volume, affascinante e provocatorio, che ha segnato un punto di estrema importanza nella riflessione politica del Novecento.

Paolo Grillo, Le porte del mondo: l’Europa e la globalizzazione medievale – Mondadori, Milano 2019, pp. 281, euro 22,00
«Per colonizzare un territorio non è sufficiente disporre di capacità tecniche e risorse economiche, bisogna anche valutare che l’impresa valga la spesa e la fatica», per questo non c’è da stupirsi se imprese come l’arrivo dei vichinghi in Nordamerica poco dopo l’anno Mille o la feroce irruzione mongola in Occidente rimasero episodi circoscritti. Ben diverso, invece, fu lo scenario a partire dalla seconda metà del Duecento. Quando la curiosità per il mondo circostante, la sete di guadagno e la fede spinsero molti a intraprendere viaggi e spedizioni rischiose, e i contatti e le transazioni si fecero sempre più intensi al punto di dar vita a una vera e propria «globalizzazione» ante litteram. Ma è un errore, per noi occidentali affascinati dalla figura di Marco Polo, mettere l’Europa al centro di questo processo di connessione come se fossimo stati noi a «scoprire» il resto del mondo. Non fu così. Contrariamente a quanto si pensa, gli europei del medioevo erano consci di vivere alla periferia di un mondo ricco, colto, civilizzato e multipolare, dove avrebbero dovuto ritagliarsi un ruolo sviluppando il dialogo e i commerci, non certo cercando di imporsi con gli eserciti. Quelli che Paolo Grillo ci descrive nelle pagine de “Le porte del mondo” sono mercanti, missionari, uomini di cultura e avventurieri, non conquistatori. Soltanto così l’Europa riuscì a inserirsi pacificamente e fruttuosamente in un mondo più vasto e, spesso, più prospero e tecnologicamente avanzato, e ad arricchirsi di nuove risorse e di nuove conoscenze. Paolo Grillo ci conduce in un viaggio attraverso le infinite pianure mongole, il continente indiano e l’Africa, alla scoperta di quella globalizzazione che permise all’Europa di respirare per decenni un’aria nuova, un’aria destinata a condizionare la cultura e l’economia dell’Occidente latino per i secoli a venire.