In libreria: Morte quotidiana nella Grande guerra

scardigli-220x322La Grande Guerra ebbe ben poco a che fare con la guerra così come era stata combattuta fin dalle origini dell’uomo. Non ci furono battaglie nel senso classico del termine, ma ugualmente morirono milioni di uomini e un numero molto superiore venne ferito nel corpo e nella mente. Nel bel mezzo della ricca e civile Europa, su una linea ininterrotta di trincee, si scontrarono i più grandi eserciti mai riuniti fino allora dall’uomo. Dopo un anno di neutralità anche gli italiani, trascinati da un manipolo di interventisti, entrarono in guerra.
A questo punto la ricostruzione storica giunge a un bivio: la retorica delle nostre élite politiche, dei poeti e dei generali lontani dai campi di battaglia celebrò l’entusiastico sacrificio di eroi che combattevano, cadevano e vincevano per un sublime ideale, “strappando le ali alla Vittoria”. Intanto i veri protagonisti della guerra, i soldati al fronte, conducevano una ben misera esistenza, costretti in lunghe fosse sotto il livello del suolo, scavate spesso dagli stessi che erano destinati a rimanervi sotterrati. La memoria nazionale usa le parole dei primi su monumenti ai caduti e ossari per celebrare l’ideale di una nazione vittoriosa. Lo storico Marco Scardigli invece ha scelto di accompagnare il lettore dentro le trincee, a fianco degli sfortunati che quella guerra la combatterono davvero.
Un viaggio che inizia con le speranze, le faticose marce e i disastrosi combattimenti dei primi giorni di guerra; attraversa i momenti d’inattività, i tormentati riposi e la corrispondenza disperata e nostalgica con i cari rimasti a casa. E arriva infine alla vita al fronte, universo sconvolto e sconvolgente di assalti, malattie, bombardamenti, ospedali da campo, tribunali spietati, comandanti crudeli ed eroismi quotidiani.
Attingendo a un’enorme mole di materiali inediti o dimenticati, come memorie, gazzette e diari dal fronte, ma lasciando anche la parola a grandi scrittori come Carlo Emilio Gadda e Curzio Malaparte, Scardigli compone con pazienza un mosaico di testimonianze e offre uno spaccato straordinario della vita quotidiana dei soldati della Grande Guerra.

Marco Scardigli, Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della Grande Guerra – UTET, Torino 2014, euro 16,00

***

Chris Kyle, Scott McEwen, American sniper – Mondadori, Milano 2014, pp. 368, euro 18,00
Tra il 1999 e il 2009 Chris Kyle, membro dei Navy SEAL degli Stati Uniti, ha fatto registrare il più alto numero di uccisioni a opera di uno sniper di tutta la storia militare americana. I suoi compagni d’armi, che ha protetto con precisione letale dall’alto dei tetti e da altre postazioni invisibili durante la guerra in Iraq, lo chiamavano «la Leggenda». Per i nemici, invece, era semplicemente al-Shaitan Ramadi, il diavolo di Ramadi, sul cui capo avevano posto una consistente taglia. Texano di nascita, Chris impara a sparare da ragazzo, andando a caccia con il padre. Dopo aver fatto il cowboy e aver partecipato a diversi rodei, decide di arruolarsi nei SEAL e viene subito catapultato in prima linea nella «guerra al terrore» intrapresa dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre 2001. Qui scopre la sua passione per il fucile e dimostra un temerario altruismo nell’esporsi al pericolo quando c’è da tirar fuori qualcuno dai guai. American Sniper è l’autobiografia di un guerriero che rimpiange di non aver ucciso più nemici, ma, al tempo stesso, non nasconde la drammaticità dell’esperienza bellica, il dolore inflitto e patito, l’opacità degli interessi politici ed economici in gioco. Il racconto delle sue imprese si intreccia alle pagine dedicate alle vicende più strettamente private: il fidanzamento, il matrimonio, la paternità e i pesanti tributi che la sua attività impone alle persone che lo amano e gli vivono accanto. Sino alla sofferta decisione di congedarsi, per diventare «un bravo papà e un buon marito», e per aiutare, in aperta polemica con l’ipocrisia e l’ingratitudine della società statunitense nei confronti di chi ha combattuto in suo nome, i reduci in difficoltà e abbandonati a se stessi. Sopravvissuto a battaglie, imboscate e trappole di ogni genere, Chris Kyle troverà prematuramente la morte proprio per mano di un giovane veterano afflitto da disturbo da stress post-traumatico un anno dopo l’uscita dell’edizione originale di questo libro: avvincente e indimenticabile, il magistrale racconto di Kyle è diventato una sorta di testamento postumo, destinato a restare come uno dei più grandi memoir bellici dei nostri tempi.

G. Orsina (a cura), Storia delle destre nell’Italia Repubblicana – Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, pp. 228, euro 18,00
Per molti decenni il settore destro del sistema politico repubblicano è stato sostanzialmente ignorato dagli storici. Sia perché non è facile da studiare, sia perché gli studiosi erano più interessati ad analizzare quegli sforzi progressisti di trasformazione del paese rispetto ai quali la destra rappresentava soprattutto un elemento di freno, un ostacolo da superare. Anche per questo gli studi sulla vicenda politica repubblicana hanno in genere trattato la destra come un unico soggetto, un insieme indifferenziato le cui articolazioni interne erano o inesistenti o irrilevanti. Negli ultimi due decenni questo quadro è mutato in profondità. La galassia delle destre nell’Italia repubblicana è stata esaminata in maniera più approfondita e si è rivelata molto più articolata di quanto non si pensasse, tanto da rendere impossibile parlare di “destra” – “destre” piuttosto, al plurale, molto differenti l’una dall’altra e anzi spesso duramente contrapposte l’una all’altra. Questo libro raccoglie saggi di alcuni fra i principali esponenti della nuova stagione di studi e ha l’ambizione di dar pienamente conto, con scritti agili e interpretativi accompagnati da un apparato bibliografico essenziale, di come fossero formate e di come siano evolute nel tempo le destre italiane dal 1945 a oggi.

G. Packer, I frantumi dell’America. Storie da trent’anni di declino americano – Mondadori, Milano 2014, pp. 504, euro 25,00
Piantagioni di tabacco nella Carolina del Nord su cui non cresce più nulla, acciaierie dismesse dell’Ohio ridotte a scheletri arrugginiti, complessi residenziali della Florida trasformati in cattedrali nel deserto dalla crisi immobiliare, scuole pubbliche della California in caduta libera. È difficile stabilire quando tutto questo abbia avuto inizio. Quando la più forte economia del mondo abbia mostrato i primi segni di cedimento. Quando le istituzioni che tenevano unito un paese abbiano cominciato a sgretolarsi – lacerate dalle lotte intestine, dalla corruzione, dal venir meno di regole e valori condivisi –, mandando in frantumi dopo quasi mezzo secolo la «Repubblica di Roosevelt». Ed è difficile immaginare la vita quotidiana di milioni di cittadini comuni, lasciati soli tra le macerie e costretti a improvvisare i propri destini individuali. Sono le ferite aperte dell’America quelle che George Packer, brillante giornalista del «New Yorker», ci invita a guardare in questo viaggio nella storia recente degli Stati Uniti. Un viaggio che dalle stanze del potere politico a Washington arriva al cuore del potere finanziario di Wall Street, passando attraverso la rivoluzione hi-tech della Silicon Valley e i desolati paesaggi urbani della Rust Belt colpiti dalla deindustrializzazione. Un viaggio tra comunità disgregate, città in rovina, stabilimenti smantellati o delocalizzati, lavoratori con sempre meno diritti e tutele e un ceto medio che la crisi economica ha fatto scivolare inesorabilmente verso la povertà. Packer racconta storie di gente comune, uomini e donne che provano a dare un senso alla propria esistenza – rischiando, fallendo, ricominciando ogni volta da capo – mentre tutto intorno a loro sembra andare a rotoli: un ragazzo affascinato dal mito di JFK che cerca il modo di dare il proprio contributo alla buona politica e al bene del paese; un uomo che sogna di riportare in vita i terreni di famiglia per gettare le basi di un nuovo modello di sviluppo economico; una donna di mezza età che scopre come solo la partecipazione possa porre fine al degrado. E queste storie si intrecciano a brevi ritratti dei grandi personaggi della società, della politica e della cultura americane, da Colin Powell a Newt Gingrich, da Raymond Carver a Jay-Z, icone del successo e del fallimento di un intero sistema, ma al tempo stesso divinità domestiche cui affidarsi per risolvere l’enigma di come riuscire a trovare una vita migliore. Racconto corale fatto di voci arrabbiate, disilluse, a tratti poetiche e commoventi, determinate e realistiche, I frantumi dell’America è un libro coraggioso e inquietante, che cerca di rimettere insieme quello che resta del «sogno americano».

E. Bonora, Aspettando l’imperatore. Principi italiani tra il papa e Carlo V – Einaudi, Torino 2014, pp. 285, euro 32,00
La notte del 18 settembre 1549 il cardinale di Ravenna Benedetto Accolti muore di un colpo apoplettico a Palazzo Medici. Poco dopo, messi e staffette s’incrociano, portando non solo la notizia della scomparsa del porporato, ma anche allarmate missive che riguardano il destino delle sue carte. Due cardinali (Ercole Gonzaga e Giovanni Salviati) e due principi (Cosimo de’ Medici ed Ercole II d’Este) sono terrorizzati all’idea che la corrispondenza dell’Accolti finisca nelle mani sbagliate. Le informazioni, le decisioni e i progetti che trovano espressione in questo carteggio avvolto dal segreto possono contare su risorse finanziarie ingenti, su protezioni di altissimo livello, su vaste reti di fedeltà cortigiane, su alleanze dinastiche e matrimoniali. Parlano del papa e dell’imperatore e della lotta tra i due giganti: contengono un intero mondo. A partire da questa preziosa corrispondenza, sino a oggi ignota agli studiosi della crisi religiosa e politica cinquecentesca italiana, Elena Bonora ricostruisce magistralmente l’Italia di Carlo V, riportando alla luce l’intricata rete filoimperiale che collegava tra loro le corti più influenti della penisola e il suo fallimento finale.

S. Weinfurter, Canossa. Il disincanto del mondo – il Mulino, Bologna 2014, pp. 288, euro 22,00
«Andare a Canossa»: ancora oggi, dopo mille anni, è l’icastica espressione con cui si descrive l’atto di riconoscersi in errore e chiedere perdono, a tal punto ha colpito l’immaginario «l’umiliazione di Canossa» subita da Enrico IV. Costretto nel gennaio del 1077 ad attendere per tre giorni sotto la neve di essere ricevuto da papa Gregorio VII, allora ospite di Matilde a Canossa, l’imperatore ottenne infine la revoca della scomunica che gli era stata comminata. Momento culminante nella lotta per le investiture e cioè nel conflitto di poteri fra Impero e Papato, l’episodio è, come spiega questo libro raccontandone con chiarezza lo svolgimento su entrambi i fronti, un autentico punto di svolta. Il Papato, riuscendo a respingere l’ingerenza dell’imperatore nelle cose della Chiesa e ad affermare la propria indipendenza, avviava quella separazione fra potere religioso e potere politico che ha caratterizzato da allora in poi lo sviluppo della civiltà europea.

A. Carandini, La Roma di Augusto in 100 monumenti – UTET, Torino, 2014, euro 30,00
L’universo di Roma antica sfugge a una decifrazione immediata. Il patrimonio sterminato di architetture, sculture, pitture e arti minori è letto spesso come un insieme di capolavori isolati, mirabilia estrapolati da ogni contesto.
Andrea Carandini – uno dei massimi archeologi contemporanei, artefice di quello straordinario tour de force erudito e intellettuale che è l’Atlante di Roma antica – tenta in questo libro un esperimento singolare: consegnarci una lettura organica dell’Urbe durante un periodo capitale della sua storia, quello dell’ascesa al potere e del lunghissimo principato di Ottaviano Augusto, attraverso il racconto di 100 monumenti giunti come rovine fino a noi.
Edifici amministrativi, luoghi di culto, infrastrutture, costruzioni commerciali, spazi per lo spettacolo, monumenti onorari, abitazioni private e aree funerarie – l’intero programma urbano del princeps – sono illustrati da immagini e testi illuminanti che formano una stupefacente guida della Roma augustea tra il 44 a.C. e il 14 d.C.
Centro simbolico, oltre che fisico, di questo itinerario è la domus Augusti, lo straordinario complesso architettonico palatino e primo “palazzo” da cui il principe governava il mondo. Idee, fantasie, forme artistiche e azioni politiche sono, per Carandini, inseparabili dal luogo in cui sono state concepite e attuate. È così che dalla descrizione minuziosa della prima residenza imperiale emerge prodigiosamente un inedito ritratto del suo inventore e abitante.

M. Tomasello, Unicamente umano. Storia naturale del pensiero – il Mulino, Bologna 2014, pp. 232, euro 16,00
Nell’uomo il pensiero è come un musicista jazz che improvvisa un nuovo riff nel chiuso della sua stanza. Egli suona da solo, è vero, ma lo fa con uno strumento fabbricato da altri, e che anche altri potrebbero suonare, dopo anni di pratica e di apprendimento condiviso. Come nel jazz, il pensiero umano è improvvisazione individuale immersa in una matrice socioculturale.
Che cosa rende unico l’essere umano differenziandolo da ogni altro animale? Il linguaggio? La capacità di fabbricare utensili? Le credenze religiose? È dal tempo di Darwin che si cerca di dare una risposta a questo interrogativo. Il libro suggerisce una nuova, affascinante soluzione all’enigma: la chiave della nostra unicità sta nella propensione tutta umana alla cooperazione sociale. Non diversamente dalle scimmie antropomorfe, come oranghi e scimpanzé, anche i nostri antenati erano esseri sociali capaci di risolvere problemi grazie al pensiero. Ma erano in competizione fra loro e miravano soltanto ai propri scopi individuali. Quando i cambiamenti ambientali li costrinsero a condizioni di vita più cooperative, dovettero imparare a coordinare menti e azioni per perseguire obiettivi condivisi, e a comunicare i propri pensieri ai partner della collaborazione. In definitiva l’esigenza di lavorare insieme è ciò che rende possibile il linguaggio, le forme di pensiero complesse, la cultura.