In libreria: Il mito di Masada

rocca-masada-cop-defSulla sommità di un vertiginoso altopiano situato nel cuore del deserto di Giuda, una fortezza si affaccia a strapiombo sul Mar Morto: è Masada. Qui un gruppo di ebrei, sotto la guida del leader carismatico Eleazar ben Yair, si asserragliò dopo la distruzione del Tempio per continuare la resistenza a oltranza contro i Romani. L’assedio si concluse con il suicidio dei difensori, che preferirono togliersi la vita come uomini liberi piuttosto che divenire schiavi dei Romani; così nacque il mito di Masada, che da allora è indissolubilmente legato all’identità ebraica
Questo libro, ripercorrendo la storia del palazzo di Erode, racconta la nascita di uno dei miti fondativi del movimento sionista, un mito al quale il poeta Yitzhak Lamdan dedicò il celebre verso col quale prestano giuramento i soldati israeliani: «Mai piú Masada cadrà!». L’esaltazione della vicenda riportata da Giuseppe Flavio culminò con gli scavi che rivelarono le vestigia della cittadella. Ancora oggi, Masada, dichiarata patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2001 e meta del turismo di massa, mantiene intatto tutto il suo fascino. Raccontare la sua storia significa ripercorrere i luoghi di una regione antica, la Giudea, la nascita di uno Stato moderno e le radici di un popolo, quello di Israele.
Samuele Rocca, Mai più Masada cadrà. Storia e mito della fortezza di Erode – Salerno Editrice, Roma 2021, pp. 260, euro 20,00

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Chiara Sorgi, Ilaria Pavan, Storia dello Stato sociale in Italia – il Mulino, Bologna 2021, pp. 520, euro 32,00
Principale strumento di tutela dei diritti di cittadinanza in risposta a rischi e bisogni individuali e collettivi, lo Stato sociale è da anni al centro di un dibattito che tende a ignorarne la storia. È appunto la storia che intende raccontare questo volume che per la prima volta riunisce in una narrazione complessiva l’evoluzione nel corso del Novecento dello Stato sociale visto nei suoi tre pilastri: la previdenza, la sanità e l’assistenza. Con un approccio che combina i processi politici e istituzionali, come anche sociali, economici e culturali, le autrici rintracciano le radici del welfare italiano nell’età liberale, ne seguono la parabola attraverso il ventennio fascista e l’età repubblicana, e ne enucleano gli elementi fondanti, offrendo un importante contributo di conoscenza su un aspetto costitutivo della società italiana contemporanea.

Carlotta Sorba, Federico Mazzini, La svolta culturale. Come è cambiata la pratica storiografica – Laterza, Roma-Bari 2021, pp. 184, euro 18,00
Nel senso comune la storia e la storiografia hanno ben poco a che vedere con la teoria. Quello storico è un sapere ritenuto empirico e artigianale, basato sulla ricerca documentaria e su una ricomposizione il più possibile accurata delle tracce del passato. Ma è davvero così? Chi si occupa di indagine storica lavora in questo modo? Non proprio. La ricerca storica dialoga con un quadro teorico di riferimento che sorregge l’analisi e l’interpretazione delle fonti e contribuisce a dare senso alle esperienze degli uomini e delle donne del passato. La svolta culturale che ha attraversato le scienze umane e sociali a partire dagli anni Settanta del Novecento ha accentuato gli scambi tra storia e teoria culturale. E nel contempo ha prodotto nel lavoro storico delle trasformazioni importanti in termini di metodo, di temi, di fonti.Quali relazioni allora possono intercorrere tra riflessioni teoriche e pratica storiografica, quali opportunità e occasioni esse aprono a una conoscenza più profonda del passato, e in ultima istanza quali lasciti la svolta culturale ha consegnato al fare storia oggi?Questo libro offre ai lettori non soltanto una sintesi dei dibattiti e delle tendenze più interessanti ma anche un bilancio attento dei vantaggi e delle ambiguità della svolta culturale.

Oliver Jens Schmitt, I Balcani nel Novecento. Una storia postimperiale (1912-2000) – il Mulino, Bologna 2021, pp. 408, euro 30,00
Un secolo fa i grandi imperi nell’Europa orientale crollarono. Gli stati che ne hanno preso il posto hanno cercato di emanciparsi dal passato ma l’eredità asburgica e ottomana è ancora in molti modi presente. Adottando una prospettiva post-imperiale, il volume riesce ad abbracciare in un’unica visione i Balcani del Novecento, visti come una grande regione caratterizzata da linee di continuità che l’attraversano pur entro il succedersi dei regimi. Confrontando a livello transnazionale gli sviluppi fondamentali in politica, società, economia e cultura, il volume mette in luce le differenze e le somiglianze sia dei singoli paesi, sia dell’intera regione nel più largo contesto europeo.

Giuseppe Bedeschi, I maestri del liberalismo nell’Italia Repubblicana – Rubbettino, Soveria Mannelli 2021, pp. 186, euro 21,00
Il pensiero liberale nell’Italia repubblicana ha avuto illustri rappresentanti: dall’ultimo Croce a Luigi Einaudi, da Guido Calogero a Carlo Antoni, da Norberto Bobbio a Nicola Matteucci, da Giovanni Sartori a Rosario Romeo. Naturalmente, ciascuno di questi autori ha privilegiato alcuni temi rispetto ad altri, ciascuno ha avuto una propria ispirazione e un timbro particolare. Il libro ricostruisce il pensiero di ognuno, ma mette altresì in rilievo come tutti in una Italia in cui il marxismo e il cattolicesimo politico avevano l’egemonia – abbiano condotto una decisa battaglia in difesa della società pluralistica (sia a livello economico, sia a livello politico, sia a livello culturale), e, al tempo stesso, abbiano combattuto le grandi disuguaglianze sociali e abbiano rivendicato una società più giusta. Il libro mostra che, per ricchezza di cultura e per capacità di riflessioni teoriche, il pensiero liberale italiano dell’Italia repubblicana occupa un posto di tutto rispetto nella contemporanea cultura europea.

George Orwell, Un’autobiografia involontaria. Una vita tra le carte – Rizzoli, Milano 2021, pp. 576, euro 10,00
Nessuno è così onesto da raccontare tutto di sé, umiliazioni comprese: la pensava così George Orwell sulle autobiografie. Ma quello che queste carte disegnano è proprio il suo ritratto, un autoritratto, che per definizione mette a fuoco solo ciò che vogliamo mostrare di noi stessi. Così attraverso racconti, articoli, lettere e stralci di diario, lo scrittore simbolo per generazioni di tribù politiche e letterarie ha composto una seppur involontaria autobiografia. Sfogliandola scopriamo l’Orwell ragazzino, terrorizzato tra le mura di una severissima prep school, il giornalista coraggioso che dorme nelle capanne coi senzatetto londinesi per raccontare la raccolta del luppolo, il malato in sanatorio sull’isola di Jura che si interroga sul valore di ciò che ha scritto; ritroviamo i temi a lui più cari – la denuncia della brutalità imperialista, l’avversione per la sinistra intellettuale e vigliacca – e i luoghi che lo hanno segnato – la Catalogna, la Birmania, Marrakesh. E mentre conosciamo lo scrittore, siamo conquistati dall’uomo che ha vissuto senza risparmiarsi, la mente libera e lo sguardo rivolto al futuro, convinto che “a cinquant’anni ognuno ha la faccia che si merita”.

Giulio Levi, La straordinaria storia della penna a sfera. Da László Bíró all’impero Bic – Diarkos, Santarcangelo di Romagna, 2021, pp. 135, euro 12,00
La storia sconosciuta di un oggetto imprescindibile che ha rivoluzionato il modo di scrivere e la nostra vita quotidiana. Un tubicino esagonale di plastica trasparente, con dentro un altro tubicino di plastica pieno di un liquido pastoso, nero o di un altro colore. All’estremità è infilato un piccolo cono di ottone sul cui apice è incastonata una piccolissima sferetta di metallo che, fatta scorrere su un foglio di carta, lascia una traccia che non macchia, perché si asciuga subito. Insomma, avete capito: è una penna Bic, valore commerciale venti-venticinque centesimi. La sua semplicità e il suo uso quotidiano, però, nascondono la storia di un’invenzione tutt’altro che scontata, di portata mondiale e rivoluzionaria per la vita di tutti i giorni. Una vicenda burrascosa e affascinante di ingegno e determinazione iniziata in Ungheria all’inizio degli anni Trenta, che si dipana attraverso intrighi commerciali, battaglie legali e mosse spregiudicate in uno scenario intercontinentale con lo sfondo delle leggi razziali e della Seconda guerra mondiale, e si prolunga fino ai giorni nostri.

Alberta Campitelli, Gli horti dei Papi: i Giardini Vaticani dal Medioevo al Novecento – Jaca Book, Milano 2021, pp. 456, euro 30.00
Nell’attuale estensione a verde di circa 22 ettari, la metà dell’intero Stato del Vaticano, si alternano architetture e giardini, fontane e boschetti, monumenti e panorami, testimonianze di una storia di molti secoli – dalle origini duecentesche fino alle innovazioni che hanno fatto seguito al Concordato del 1929 -, dell’avvicendarsi di personalità di committenti estremamente diverse e dell’evoluzione del gusto nell’arte dei giardini. Per comprenderne appieno la complessità, va considerato in primo luogo l’elemento caratterizzante costituito dalla successione di pontefici di provenienza e famiglia diverse e quindi dalla discontinuità di committenza che si è verificata in un così lungo periodo temporale. L’appartenenza ininterrotta alla Chiesa potrebbe forse apparire come un fattore di continuità, in analogia con quella di alcune ville nobiliari che per secoli sono state di pertinenza della medesima famiglia, ma, in realtà, la loro evoluzione è frutto della committenza di innumerevoli pontefici, spesso succedutisi a cadenza molto ravvicinata, ciascuno dei quali interessato a lasciare un segno individuale del proprio passaggio. Anche se non sono mancati interventi caratterizzati dalla volontà di continuità con l’opera del predecessore, la diversa impostazione politica e l’appartenenza a famiglie a volte in rivalità tra loro, hanno nella maggioranza dei casi indotto a promuovere opere originali e non sempre in armonia con l’assetto dei luoghi ereditato dal passato. L’immagine dei Giardini Vaticani oggi più diffusa e nota si basa sulle sistemazioni novecentesche, spesso revival spettacolari di tipologie molto più antiche, mentre le vestigia storiche, per essere individuate, richiedono attenzione e conoscenza delle vicende di trasformazione che si sono succedute nei secoli. E lo scopo di questo libro è appunto quello di ritessere il processo storico che ha determinato l’aspetto attuale dei Giardini, riconnettere i vari elementi che li compongono, evocando quelli oggi non più visibili ma che ne hanno determinato l’evoluzione e, in molti casi, lasciato un segno nella storia dell’arte dei giardini.

Valerio Castronovo, Storia economica d’Italia. Dall’Ottocento ai giorni nostri – Einaudi, Torino 2021, pp. 616, euro 30,00
Dopo aver compiuto rilevanti progressi economici, anche grazie al dinamismo di una miriade di piccole e medie imprese, senza colmare tuttavia il divario fra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, l’Italia è oggi di fronte al problema del risanamento di un ingente debito pubblico nell’ambito dell’Unione monetaria europea, e a quello della crescente competitività di grandi paesi emergenti. Nell’epoca della globalizzazione, il nostro Paese si trova dunque a percorrere un tornante cruciale per il suo futuro. Questa edizione ripensa radicalmente gli eventi degli ultimi decenni aggiornando la trattazione alle sfide del 2020.