In libreria: Vinti dalla Grande Guerra

713xyaoh20lQuel 24 luglio 1923 fu il giorno in cui scoppiò la pace? Sì e no. La pace è una condizione temporanea, non un’entità permanente: è instabile. Un trattato di pace annuncia, da un punto di vista normativo, la fine delle ostilità fra gli Stati, ma non la fine delle violenze o dei risentimenti. Quel giorno terminò il decennio della Grande Guerra, ma ciò che subentrò fu un ordine internazionale precario e pur sempre caratterizzato dalla violenza. A Losanna si disinnescarono alcuni conflitti, ma si innescarono nuove ostilità. Marx aveva ragione: noi tutti creiamo la nostra storia, ma non nella maniera in cui crediamo di farlo.
Il 24 luglio 1923 venne firmato a Losanna l’ultimo trattato che poneva fine alle ostilità della Grande Guerra. Jay Winter racconta ciò che accadde quel giorno e come milioni di civili si trasformarono in ostaggi, scambiati per il raggiungimento della pace: la maggioranza dei cittadini greco-ortodossi della Turchia perdette il diritto di cittadinanza e di soggiorno in quello Stato, lo stesso accadde alla maggior parte dei cittadini musulmani della Grecia. Di fatto venne introdotta nel diritto internazionale una definizione di cittadinanza basata sulla religione. Il secondo prezzo della pace fu pagato dal popolo armeno al quale non venne riconosciuta una patria nelle terre da cui era stato espulso. E così il 24 luglio 1923 la pace venne prima della giustizia e aprì la strada alle forze che porteranno nel 1939 alla guerra globale.
Jay Winter, Il giorno in cui finì la Grande Guerra. Losanna, 24 luglio 1923: i civili ostaggio della pace – il Mulino, Bologna 2023, pp. 344, euro 28,00

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Nello Musumeci, La Sicilia bombardata: la popolazione dell’Isola nella Seconda guerra mondiale (1940-1943) – Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2023, pp. 190, euro 18,00
Con uno stile chiaro e semplice e con un impianto divulgativo, il libro narra le tragiche vicende vissute dalla popolazione siciliana nel Secondo conflitto mondiale (1940-1943). La Sicilia è un caso particolare: la prima terra europea ad essere coinvolta nel “fronte bellico” e la prima a venirne fuori, con un bilancio pauroso di circa diecimila vittime civili. È l’unica regione italiana dove gli angloamericani operano come forza “occupante”, senza alcun appoggio dell’antifascismo militante e col pieno sostegno dei mafiosi “perseguitati”. Usano la strategia del terrore dal cielo, per ottenere il cedimento totale del morale della popolazione. Cedimento che nell’Isola non arriverà mai. Per gli Alleati non è una passeggiata e neppure una guerra “in guanti bianchi”: impiegano 38 giorni, senza risparmiare ai siciliani stragi e strazi, come fanno anche le truppe tedesche. E poi la festosa accoglienza, la “caccia” al fascista e l’epurazione, la difficile convivenza di militari e civili ed il degrado morale, sociale ed economico. Fino all’armistizio, accolto senza molto entusiasmo, perché in Sicilia “la morte della Patria” era arrivata con due mesi di anticipo. Le vicende successive pongono l’Isola al di fuori della ricorrente narrazione sulla Resistenza, per la mancata adesione popolare e incondizionata alla guerra di “liberazione”. La Sicilia “si restituisce” all’Italia solo nel 1945, con l’avvio del processo che porterà la monarchia alla concessione dello Statuto speciale.

Enrico Deaglio, Il depistaggio perfetto – UTET, Torino 2023, pp. 144, euro 14,00
Quando, il 19 luglio del 1992, un’autobomba distrusse via D’Amelio a Palermo uccidendo il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta, il depistaggio che mirava a nascondere colpevoli e mandanti era già iniziato. E sarebbe continuato per più di vent’anni.
Enrico Deaglio, uno dei pochi giornalisti italiani ad aver raccontato questa vicenda terribile e incredibile nei suoi più minuti dettagli, parte da questo “depistaggio perfetto” per tracciare una breve storia e fenomenologia dell’insabbiamento, dell’accusa posticcia, del complotto per nascondere la verità: tutte cose su cui l’Italia repubblicana non ha l’esclusiva, ma di certo molta esperienza.
Dall’affare Dreyfus al delitto Kennedy, dai romanzi di Sciascia ai film di Hollywood, dalla Sicilia mafiosa indietro fino alla millenaria storia del biblico capro espiatorio, Deaglio ci conduce in una galleria impressionante di casi e ricorrenze, all’inseguimento di una verità che viene a galla – se viene a galla – troppo tardi per cambiare le cose, buona al massimo per scriverci libri di storia, lasciandoci il dubbio che sia la natura stessa delle cose, del potere e della società, a garantire l’esistenza e la costante fortuna del depistaggio.

Hélène Carrère d’Encausse, Aleksandra Kollontaj: la valchiria della rivoluzione – Einaudi, Torino 2023, pp. 176, euro 23,00
Questo libro racconta la vita straordinaria e multiforme di Aleksandra Kollontaj. Aristocratica russa convertita al comunismo, la troviamo attivista nella rivoluzione del 1905 e poi, nel 1917, al fianco di Lenin. Unica donna a far parte del suo governo, sarà la prima al mondo nel ruolo di ministro – commissario del popolo. Cosí come, cinque anni dopo, sarà la prima donna a diventare ambasciatrice del suo Paese. Oratrice plurilingue di grande carisma, è anche un’intellettuale di rango, autrice di saggi e romanzi. Donna appassionata e innamorata, è teorica dell’amore libero e sostenitrice dell’emancipazione femminile e dei diritti delle donne. È celebre per la sua bellezza inalterabile e la sua costante eleganza, prefigurando le icone mediatiche del XX secolo. Non ultima, fra le sue prodezze, l’essere sopravvissuta alla follia distruttrice di Stalin, sfuggendo al destino tragico della vecchia guardia bolscevica. Hélène Carrère d’Encausse ha raccolto in questo volume, che si legge come un romanzo, una documentazione considerevole – archivi, scritti di Kollontaj, memorie dei bolscevichi presenti all’epoca – e gli studi storici a lei consacrati.
Aristocratica russa, Aleksandra Kollontaj molto presto rifiuta il suo ambiente e il suo Paese e sceglie la rivoluzione e il mondo. Vive la rivoluzione del 1905, l’esilio, la prigione, la militanza clandestina e, nel 1917, è a fianco di Lenin. Kollontaj fa parte del suo primo governo: diventa ministro – commissario del popolo – in un’epoca in cui in Europa le donne giungeranno a questa carica, e di rado, soltanto dopo la Seconda guerra mondiale. Poi, cinque anni piú tardi, diventerà la prima donna ambasciatrice della storia. Ma Aleksandra Kollontaj, che parlava diverse lingue, ottima oratrice, sarà anche celebre come tribuna, capace di rivolgersi con facilità agli operai americani, ai socialisti tedeschi o alle donne musulmane dell’Asia centrale, sempre elettrizzando un uditorio affascinato. È inoltre una femminista appassionata, una teo-rica dell’amore libero, in lotta per l’emancipazione e i diritti delle donne. E una donna innamorata i cui amori tumultuosi scioccano Lenin, senza che ciò le impedisca di essere una madre attenta. Ma Kollontaj è anche una scrittrice i cui testi politici, i romanzi, il diario tenuto nel corso della sua vita costituiscono un’opera notevole la cui qualità letteraria è unanimemente riconosciuta. Questa esistenza multiforme non le ha impedito di imporsi all’attenzione dei suoi contemporanei per la sua bellezza inalterabile e una costante eleganza. Infine, e non è la minore delle sue prodezze, uscirà vittoriosa dalla follia distruttrice di Stalin, sopravvivendo allo sterminio della vecchia guardia bolscevica.

Pietro Spirito, Storie sotto il mare – Laterza, Roma-Bari 2023, pp. 208, euro 18,00
Avventurieri, palombari, inventori, militari, scienziati: seguendo il filo blu del rapporto tra l’uomo e il mare, tante storie straordinarie che sembrano uscite da un romanzo di Jules Verne.
Da quando, negli ultimi due secoli, la tecnologia ci ha permesso di trascorrere molto più tempo sotto il mare, nelle profondità subacquee accade di tutto, come mostrano le straordinarie vicende raccontate in queste pagine. Pietro Spirito ripercorre la vita di Narciso Monturiol, inventore, nell’Ottocento, di un avveniristico sottomarino che avrebbe potuto ispirare il coevo romanzo Ventimila leghe sotto i mari. E poi la parabola di Raffaele Rossetti, l’affondatore, nel 1918, della corazzata Viribus Unitis, riluttante eroe nazionale che dopo la Grande guerra lottò contro il fascismo. Ancora, le imprese degli incursori della Decima Mas, tra battaglie, agguati e tanti misteri. Come misteriosa rimane l’avventura di Lionel Crabb, l’uomo rana britannico scomparso durante una missione nel 1956 per carpire i segreti di una nave sovietica. Tra i racconti anche il ricordo degli esperimenti italiani, a fine anni Sessanta, per realizzare futuribili cittadelle sommerse. Esperienze precedute dalla costruzione del batiscafo Trieste, nella città giuliana allora amministrata dagli angloamericani, con le confidenze della donna che aiutò Jacques Piccard a raggiungere il punto più profondo del pianeta. Un libro che – seguendo le affascinanti vie dei mondi sommersi – ci ricorda quanto sia terribilmente umana la sfida verso se stessi e l’ignoto.

Sergio Valzania, Le guerre dell’oppio: il primo scontro tra Occidente e Cina 1839-1842, 1856-1860 – Mondadori, Milano 2023, pp. 288, euro 22,00
L’incontro avvenuto nell’Ottocento tra la società europea, guidata allora dalla Gran Bretagna, e l’impero cinese Qing chiuso in se stesso non ebbe il carattere dell’idillio e della felice scoperta reciproca.
Per secoli il Celeste Impero, come si autodefiniva la Cina, ha gestito intense e redditizie esportazioni di rabarbaro, tè, seta e porcellane, limitando le importazioni a esigue quantità di cotone e lana. Per gli scambi con l’Occidente era aperto un solo porto, quello di Canton, e tutte le trattative dovevano passare attraverso pochi mercanti cinesi autorizzati. Agli stranieri era proibito entrare in città, aggirarsi per la campagna, studiare il cinese così come insegnarlo, e terminata la stagione delle contrattazioni dovevano ritirarsi. Le navi partivano dai porti inglesi con le stive vuote, cariche solo dell’argento necessario a effettuare gli acquisti.
La situazione cambiò quando la Compagnia delle Indie iniziò a importare in Cina oppio in grandi quantità. Si trattava di una merce conosciuta da lungo tempo, utilizzata in Europa e in India tanto come medicinale quanto per le sue doti euforizzanti, e ben accetta al mercato cinese. Il tentativo del governo imperiale di Pechino di proibirne il commercio sul proprio territorio portò a due guerre, combattute a distanza di pochi anni contro il Celeste impero (1839-42, 1856-60), la prima dai soli inglesi, la seconda da inglesi e francesi. In entrambe le occasioni, la Cina venne pesantemente sconfitta e fu costretta ad accettare gravosi trattati di pace che prevedevano cessioni territoriali e la completa apertura del mercato cinese alla penetrazione commerciale e ideologica occidentale. L’eco della lunga stagione di conflittualità interna, guerre e rivolte che ne seguì risuona ancora nella storia presente della potenza asiatica.

Paul Stephenson, La Nuova Roma: l’Impero d’Oriente 395-700 – Einaudi, Torino 2023, pp. 478, euro 35,00
In questa ampia e originale ricostruzione del crollo dell’Impero romano d’Occidente, Paul Stephenson offre una nuova interpretazione delle forze - dinastiche, religiose, climatiche - che spostarono il centro del potere a est. Stephenson non si accontenta dei testi tradizionali e dei ben noti reperti archeologici, ma offre una nuova interpretazione scientifica della fine dell’Antichità. Nell’originale prospettiva dell’autore, il declino di Roma è scritto non solo nelle pergamene, ma anche nelle carote di ghiaccio e nel Dna. E da queste e altre fonti apprendiamo che l’inquinamento e le pandemie influenzarono il destino di Costantinopoli e dell’Impero romano d’Oriente. Nel corso dei secoli, l’Impero d’Oriente seppe sopravvivere a devastazioni causate da disastri naturali, dal degrado dell’ambiente umano e da agenti patogeni che le città dell’Impero, densamente popolate e insalubri, non avevano ancora conosciuto. Nonostante la «peste di Giustiniano», le costanti invasioni dei «barbari», una guerra con la Persia e l’ascesa dell’Islam, l’Impero resistette come entità politica. Mentre la civiltà greco-romana, un mondo di città interconnesse che aveva condiviso una cultura materiale comune per un millennio, non ci riuscí. Quella vasta realtà si trasformò in un mondo con delle nuove idee su politica, religione, arte e guerra e sul futuro stesso di un impero cristiano: Bisanzio.

Federico Corradini, Silvia Baroncelli, Alessandro Magno per bambini (e per genitori curiosi) – Prometeica, Milano 2023, pp. 216, euro 29,99
Il 10 giugno del 323 a.C., sotto l’afa sconvolgente di Babilonia, finisce l’avventura di un ragazzo invincibile, un modello per tutti, anche per Cesare e Napoleone. In tredici anni ha percorso con i suoi compagni trentamila chilometri, dalla Grecia all’India, unificando l’Oriente e l’Occidente in un sogno multietnico. Nel tragitto, nulla ha potuto fermare il suo coraggio in guerra, la sua generosità con gli amici, la sua rabbia verso i nemici, la sua ambizione sconfinata, il suo desiderio di esplorazione. Ed è proprio con questa avventura eterna in mente che, per celebrare l’anniversario della morte del più grande condottiero di tutti i tempi, Prometeica racconta ai bambini e ai loro genitori curiosi le gesta e il sogno che hanno fatto di Alessandro Magno un eroe senza eguali.
Il volume contiene venticinque storie che rievocano il viaggio, le conquiste e i luoghi più famosi delle imprese di Alessandro Magno; per ognuna delle venticinque storie c’è una bellissima tavola a colori di Silvia Baroncelli. Non solo. Al termine di ogni racconto c’è un disegno di Silvia, tutto ancora da colorare: per liberare la fantasia dei bambini più creativi, o come passatempo rilassante dei genitori. Insieme ai volumi di Dante, Virgilio e Manzoni, Prometeica va a ricreare un percorso attraverso gli eroi senza tempo della nostra letteratura e della storia antica, personaggi riproposti da Federico Corradini in chiave “pop”.

Mario Lentano, Stranieri: storie e immagini dell’altro nella cultura romana – il Mulino, Bologna 2023, pp. 304, euro 23,00
La scelta di Romolo, che dopo aver sconfitto i Sabini in guerra ne fa altrettanti cittadini romani, è solo il primo caso di un’attitudine all’incorporazione di genti ed etnie diverse che caratterizza Roma sin dalla sua fondazione: nei secoli successivi il processo continua fino a comprendere tutti gli abitanti di un impero esteso su tre continenti. Chiamando a raccolta saperi diversi, il volume esplora alcuni momenti di questo percorso, raccontando storie di uomini e donne, ma anche vicende di dee e dèi venuti da lontano e accolti nel pantheon di Roma, e giungendo al rapporto con gli stranieri più estremi, stanziati nel cuore dell’Asia, eppure coinvolti in uno scambio commerciale capace di stabilire relazioni e cancellare distanze.

André Vauchez, Sulle orme del sacro: i santuari dell’Europa occidentale IV-XVI secolo – Laterza, Roma-Bari 2023, pp. 336, euro 25,00
Dalla chiesa della Madonna del Parto a Sutri alla Sainte-Chapelle di Parigi, dal santuario di Santiago di Compostela a quello francescano della Verna: in tutta Europa, dalla tarda antichità al Rinascimento, sono sorti migliaia di santuari. Luoghi di secolare pellegrinaggio e devozione popolare. André Vauchez, uno dei più autorevoli maestri della storia medievale, ci accompagna alla scoperta del loro significato.
I santuari hanno cominciato a diffondersi a partire dal IV secolo grazie al successo in Occidente del culto dei santi. Grande, infatti, era l’afflusso di pellegrini desiderosi di ottenere guarigioni, di venerare reliquie e immagini sacre legate soprattutto alle apparizioni della Madonna e dell’arcangelo Michele. Questo rappresentava un paradosso per la religione cristiana, dal momento che il suo fondatore aveva rifiutato l’idea che esistessero dei luoghi privilegiati per rivolgersi a Dio. Ma le iniziative dei vescovi e la pressione dei fedeli smussarono presto questo riserbo. André Vauchez ricostruisce la storia della formazione di questi santuari e la loro crescita all’interno del mondo cristiano occidentale fra il IV e il XVI secolo. I più rinomati furono quelli di Gerusalemme – a cominciare dal Santo Sepolcro –, San Michele Arcangelo sul Gargano e in Normandia, San Martino di Tours e Rocamadour in Francia, Santiago di Compostela in Spagna e, negli ultimi secoli del Medioevo, San Francesco ad Assisi e della Madonna di Loreto in Italia. Insieme ad altri più modesti e meno noti, questi santuari formarono una rete densa di luoghi sacri che popolò l’Europa con forme nuove di sacralità. Un’ampia iconografia completa una ricerca così vasta e originale.

Jacques André, Storia dell’alimentazione nell’antica Roma – LEG, Gorizia 2023, pp. 309, euro 20,00
La storia dell’alimentazione diventa in queste pagine una storia sociale, culturale ed economica dell’antica Roma. Jacques André sviscera ogni ingrediente di questo argomento di assoluta importanza per comprendere la vita quotidiana nell’antichità e le radici della cucina e dell’agricoltura italiane fino ai giorni nostri. Nulla è trascurato: gli elementi botanici, le tecniche di coltura e lavorazione, le tradizioni e le mode, il rapporto tra cibo e classi sociali, i riferimenti ai grandi autori e ai legislatori, gli aspetti economici della produzione alimentare e, soprattutto, i dettagli accurati di una gastronomia elaborata, ricca e fantasiosa. Ogni informazione è suffragata da un ricco corredo di note bibliografiche, anch’esse componente fondamentale di questo libro erudito e curioso, divenuto ormai un classico per gli appassionati di storia romana e di storia dell’alimentazione.

Judith Herrin, Ravenna: capitale dell’impero, crogiolo d’Europa – Mondadori, Milano 2023, pp. 624, euro 16,00
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el 402 d.C., sotto la pressione dei barbari, l’imperatore Onorio prende la decisione epocale di trasferire la sua capitale da Milano a Ravenna. Da questo momento, e fino al 751, Ravenna sarà dapprima il centro dell’Impero romano d’Occidente, poi dell’immenso regno di Teodorico il Grande e infine del potere bizantino in Italia. In questo libro la grande studiosa Judith Herrin ci racconta con passione ed entusiasmo come una folla di studiosi, medici, uomini di legge, artigiani, cosmologi e teologi confluì a Ravenna e ne fece una grande capitale, e come la città diventò il crogiolo per la fusione tra la tradizione greca e latina e le innovazioni portate dal cristianesimo e dalle popolazioni barbare. Un passato glorioso che troppo spesso viene descritto come un’epoca buia; eppure, mentre Roma era schiacciata dalle invasioni di goti e longobardi e la cristianità era scossa dalle divisioni interne, Ravenna conosceva un periodo di straripante creatività. Illustrato con fotografie commissionate per l’occasione e aggiornato sugli ultimi ritrovamenti archeologici e documentari, questo libro è la memorabile rievocazione di un luogo e un momento unico nella storia dell’umanità.