In libreria: I marciatori del ’22

mussoliniAl centro di quasi tutte le fotografie che hanno immortalato la marcia su Roma campeggia Benito Mussolini circondato da quattro personaggi in camicia nera. Sono i quadrumviri, gli uomini da lui scelti per organizzare e attuare il colpo di Stato, ossia Michele Bianchi, Cesare Maria De Vecchi, Italo Balbo ed Emilio De Bono.
Nonostante il ruolo centrale che hanno avuto accanto al Duce, le origini, le personalità, i percorsi politici e gli obiettivi di questi quattro uomini erano talmente diversi da far persino dubitare della riuscita del progetto fascista. L’esito dell’impresa, tuttavia, conferma che avevano buone ragioni per stare dalla stessa parte e collaborare. Che cosa ha potuto unire dunque un ex sindacalista rivoluzionario e antimilitarista come Michele Bianchi all’opportunista ma valoroso generale Emilio De Bono, convinto assertore della guerra? Che cosa ha legato un anticlericale massone di idee repubblicane come Italo Balbo, ras dello squadrismo, a un fervente cattolico nonché fedele monarchico come Cesare Maria De Vecchi? Quale il sentiero che li ha portati a convergere nel fascismo? E che cosa è successo «dopo»?
Sono queste le domande che Mauro Canali e Clemente Volpini si sono posti, convinti che, districando i fili delle vite dei quadrumviri, si possano «comprendere meglio alcune questioni importanti e non del tutto risolte della storia del primo fascismo, tra cui l’eclettismo della sua ideologia originaria».
Già Renzo De Felice aveva avvertito a suo tempo che «esaurire il fascismo in Mussolini sarebbe una schematizzazione che falserebbe tutte le prospettive». La ricostruzione di Canali e Volpini, basata su nuovi documenti di cui è stata consentita solo in questi ultimi anni la consultazione, fornisce una lettura inedita dell’evento eversivo che ha cambiato la storia d’Italia. Una lettura in grado di gettare nuovi sprazzi di luce sulla genesi e il successo stesso del fascismo, cent’anni dopo la sua presa del potere.
Mauro Canali, Clemente Volpini, Gli uomini della marcia su Roma: Musolini e i quadrumviri – Mondadori, Milano 2022, pp. 240, euro 22,00

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Fabio Fabbri, L’alba del Novecento: alle radici della nostra cultura – Laterza, Roma-Bari 2022, pp. 320, euro 24,00
All’alba del Novecento, durante il ventennio dal 1895 al 1914, in ogni campo del sapere umano si produsse una vera e propria ‘rivoluzione culturale’. Nel giro di pochissimi mesi del 1900, ad esempio, si passò dall’inaugurazione della Esposizione Universale di Parigi alla pubblicazione de L’interpretazione dei sogni di Freud o alla teoria dei quanti di Max Planck, fino al Concerto per pianoforte n. 2 di Sergej Rachmaninov. Allo stesso modo, nel 1913, mentre in Europa si scatenava la seconda guerra balcanica, a New Orleans il dodicenne Louis Armstrong già intonava su una tromba i suoi primi temi musicali. Così il tragico naufragio del Titanic – che nell’aprile 1912 già segnava la fine di un’epoca – si collega, quasi magicamente, al cupo incipit de La montagna incantata di Mann, ‘il grande poema della morte’ iniziato quell’anno. Oppure i colpi di cannone che dettero l’avvio alla prima guerra mondiale rinviano alle riflessioni di Kafka che, proprio nell’agosto1914, iniziava la stesura de Il processo. Una ‘nuova storia’ della Belle époque che ha l’ambizione di raccontare sincronicamente il terremoto che travolse una cultura e la sostituì con una diversa.

Edward  Slingerland, Sbronzi: come abbiamo bevuto, danzato e barcollato sulla strada della civiltà – UTET, Torino 2022, pp. 416, euro 26,00
Federico il Grande di Prussia aveva un problema: i suoi soldati avevano preso l’abitudine di bere caffè. «Questo deve essere impedito. Il mio popolo deve bere birra. Sua maestà fu cresciuta con la birra, e così i suoi antenati e i suoi ufficiali.» Ma quale comandante preferirebbe un esercito alticcio a uno sveglio e pieno di caffeina? Il sovrano prussiano in realtà aveva compreso che la birra era un collante particolarmente efficace, fondamentale per il morale delle sue truppe. E Federico non era il solo; già da migliaia di anni in molti avevano intuito come la mente sobria, razionale e calcolatrice fosse un ostacolo per la socialità fra i gruppi, vero motore dell’evoluzione.
Tuttavia, se l’alcol da un lato migliora i rapporti umani, dall’altro comporta il lento avvelenamento del corpo… ma allora perché in migliaia di anni non abbiamo mai abbandonato questa abitudine nociva? “Sbronzi” dipana il groviglio di leggende urbane e aneddotica varia per fornire la prima spiegazione rigorosa e scientificamente fondata del nostro amore per l’alcol. Attingendo dall’archeologia, dalle neuroscienze, dalla letteratura e dalla genetica, Edward Slingerland dimostra che il nostro amore per l’ebbrezza non è un errore evolutivo, ma piuttosto ci ha permesso di affrontare una serie di sfide squisitamente umane: migliora la creatività, allevia lo stress, aiuta a costruire la fiducia, e ha compiuto il miracolo di far cooperare tra loro le tribù primitive, giocando un ruolo cruciale nella formazione delle prime società. Non avremmo la civiltà senza l’ebbrezza.
E allora brindiamo all’abbandono dionisiaco insieme a Tacito, George Washington e Lord Byron; visitiamo orge annaffiate di vino nell’antico Egitto; cerchiamo l’ispirazione nella whiskey room di Google; fermiamoci ad ascoltare le testimonianze del Burning Man Festival. Perché la storia del bere è, in fin dei conti, la storia dell’umanità.

Biagio De Giovanni, Figure di apocalisse: la potenza del negativo nella storia d’Europa – il Mulino, Bologna 2022, pp. 272, euro 16,00
L’idea di Occidente è nata in Europa: il continente della libertà, dell’eguaglianza e del diritto; di Beethoven e di Goethe, ma anche di Auschwitz e di guerre distruttive che hanno devastato la Modernità, fino al nostro drammatico Novecento. L’Europa è anche la sua filosofia: e «la potenza del negativo», nella sua complessa fenomenologia, l’ha attraversata per intero, fino a costituire la forza segreta del suo stesso divenire. Fondato su un’interpretazione audace e affascinante, questo libro riscrive la storia d’Europa da un punto di vista di assoluta originalità: del suo pensiero, della sua forza espansiva, delle sue contraddizioni, della sua vitalità sempre oscillante tra slancio creativo e spinta all’autodistruzione. Uno sguardo che va dalla Grecia classica alla metafisica del ventesimo secolo, ma aperto sul futuro: in cui si intrecciano, in un contrappunto ogni volta imprevedibile, pessimismo e speranza, e dove gli orizzonti di libertà si incrociano di continuo con le potenze che hanno in orrore la luce.

Maria Malatesta, Storia di un’élite: la nobiltà italiana dal Risorgimento agli anni Sessanta – Einaudi, Torino 2022, pp. 338, euro 26,00
Questo libro studia la nobiltà come un’élite della quale ricercare i caratteri dominanti, i meccanismi di riproduzione familiare e di gestione del potere, la capacità di adattarsi e di reinventarsi di fronte ai mutamenti che hanno scandito la storia italiana dal Risorgimento alla Repubblica. Avvalendosi di un modello statistico di 1500 individui, della consultazione di numerosi archivi pubblici e privati e di una scrittura che incrocia l’approccio biografico con l’analisi quantitativa e che utilizza anche la comparazione con altri casi europei, il volume arriva a conclusioni che ribaltano molte opinioni correnti.

Valentina Rita Scotti, La Turchia di Erdoğan – il Mulino, Bologna 2022, pp. 168, euro 14,00
A cento anni dalla sua fondazione, la Turchia si trova a dover scegliere tra il consolidamento della democrazia e l’affermazione dell’autoritarismo. Recep Tayip Erdoğan e il suo AKP, un partito di ispirazione religiosa che da vent’anni detiene il potere, promettono la costruzione di un paese «nuovo» in cambio di un progressivo accentramento del potere. In che modo stanno realizzando questo progetto? Promuovendo quali rotture e nel solco di quali continuità? Al costo di quali regressioni costituzionali? Tenendo insieme la storia e le istituzioni dello stato turco questo libro chiarisce gli scenari di un paese cruciale per dimensioni, posizione geopolitica e relazioni con il continente europeo.

Antonio Bianco, Breve storia del brigantaggio tra Puglia, Molise e Campania (1860-1864) – Rubbettino, Soveria Mannelli 2022, pp. 66, euro 12,00
Nel triangolo di terra compreso tra Molise, Puglia e Campania si è consumato uno dei più sanguinosi scontri tra le truppe del nuovo Stato unitario e i cosiddetti briganti, che difendevano il vecchio regno di Francesco II. Su queste montagne, disseminate di boschi, i rivoltosi («reazionari» per i vincitori) avevano stabilito il loro quartier generale. Da queste alture partivano le incursioni per occupare militarmente i paesi del comprensorio e ristabilire il vecchio ordine borbonico. Qui operavano bande di almeno 400 uomini a cavallo, come quella di Francesco Saverio Basile, alias Pilorusso,  o quella del famigerato Michele Caruso di Torremaggiore (FG), nominato “colonnello” dallo stesso re Borbone Lo scontro tra i cosiddetti piemontesi e i briganti fu violentissimo e portò anche a fatti di sangue inenarrabili, come le stragi di Pietrelcina e di Roseto Valfortore da una parte e l’eccidio di Castelvetere in Valfortore dall’altra.

Knut Görich, Federico Barbarossa: una biografia – LEG, Gorizia 2022, pp. 696, euro 24,00
L’ascesa al trono di Federico I Hohenstaufen fu opera del caso: il figlio del re Corrado III era ancora troppo giovane quando egli morì improvvisamente, e così la scelta ricadde sul Duca di Svevia, passato alla storia come l’Imperatore Barbarossa, una figura che ha plasmato in modo significativo la nostra idea del Medioevo. Tuttavia, l’immagine del personaggio tramandata nei secoli è, forse, solo un’illusione? Nella sua imperdibile biografia, Knut Görich libera il sovrano Staufer dal groviglio di leggende che lo riguardano, dipingendolo, da un lato, come un genio dell’equilibrio nei rapporti con i grandi dell’Impero, e, dall’altro, evidenziando fino a che punto Federico I fosse interessato in tutte le sue azioni politiche e militari al mantenimento e all’aumento del proprio rango e dell’onore dell’Impero. Nel complesso, il volume di Görich ci fornisce un ritratto inedito e completo di una figura decisiva del Medioevo. Si tratta di una biografia unica, lontana da tutte le rappresentazioni che hanno avuto origine con la storiografia di stampo nazionalista dell’Ottocento e che hanno determinato la nostra percezione del Barbarossa storico fino ad oggi.