In libreria: Decisioni senza ritorno

immagine-2024-05-23-114527Cosa spinse l’Italia ad entrare in guerra, nel 1940, a fianco della Germania hitleriana? Vi fu – come vuole la vulgata – vera affinità ideologica tra le due Nazioni alleate col Patto d’Acciaio del maggio 1939 o non piuttosto un’intesa cordiale attraversata da sospetti e timori (soprattutto da parte italiana) e da una reciproca concorrenzialità riguardo all’egemonia sull’area balcanico-danubiana? Di Rienzo ricostruisce nei fatti come Mussolini intavolò, per il tramite di Ciano, allora Ministro degli Esteri, una trattativa con il Regno Unito, il cui esito poteva essere la permanenza dell’Italia nel suo stato di neutralità o addirittura un ribaltamento delle alleanze. I negoziati condotti da Ciano furono, in realtà, poco più che un bluff. Il vero obiettivo di Mussolini era quello di assumere il ruolo di negoziatore, in un futuro tavolo della pace, per ottenere un riequilibrio di potenza nel Mediterraneo e vantaggi territoriali per l’Italia nell’Africa settentrionale e orientale. Quando Roosevelt, però, dopo il collasso degli Alleati sul fronte francese, si propose come mediatore per mantenere l’Italia fuori dal conflitto, il Duce declinò l’offerta, ricevendo dalla Casa Bianca il minaccioso messaggio che gli Stati Uniti avrebbero considerato ogni mutamento nella Mediterranean Balance of Power come lesivo del loro interesse nazionale. Parole profetiche che divennero realtà nel luglio del 1943. Allora, infatti, le velleità dell’inquilino di Palazzo Venezia si scontrarono con la realtà di un Mediterraneo divenuto un «Mare nostrum» a stelle e strisce.
Eugenio Di Rienzo, L’ora delle decisioni irrevocabili: come l’Italia entrò nella Seconda guerra mondiale – Rubbettino, Soveria Mannelli 2024, pp. 272, euro 22,00

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Tommaso Piffer, Il fronte segreto: gli alleati, la resistenza europea e le origini della guerra fredda 1939-1945 – Mondadori, Milano 2024, pp. 420, euro 28,00
Durante la seconda guerra mondiale, mentre infuriava la battaglia tra gli Alleati e la Germania nazista, alle spalle del fronte si combatteva un altro conflitto altrettanto cruciale: quello per il futuro dell’Europa. Un conflitto fatto di operazioni speciali, guerriglia partigiana e intelligence. Un fronte segreto che vide inglesi, americani e sovietici sostenere, finanziare e tentare di dirigere i movimenti di resistenza che contendevano ai nazifascisti il controllo dell’Europa occupata.
Per raggiungere i propri obiettivi gli inglesi crearono lo Special Operations Executive (SOE) e gli americani l’Office of Strategic Services (OSS). Mentre l’Unione Sovietica, che inizialmente aveva collaborato con la Germania di Hitler nella repressione della resistenza, dopo l’invasione tedesca del 1941 divenne il quartier generale politico, morale e in certi casi militare di uno degli attori fondamentali della resistenza antinazista: i partiti comunisti europei.
Per Londra, Washington e Mosca la sfida però non era solo militare, ma anche politica. I boschi e le montagne dove i partigiani combatterono diventarono, per gli Alleati, i campi di battaglia di una guerra per procura per forgiare l’Europa che sarebbe sorta dalle ceneri del conflitto.
Eppure, questa pagina di storia finora è stata raccontata per lo più in un’ottica di tipo nazionale, mai come una storia europea. Il ricco e ben documentato volume di Tommaso Piffer integra per la prima volta in un’unica narrazione la storia dei tre Alleati e quella dei movimenti partigiani europei, con particolare attenzione agli aspetti delle relazioni politiche e all’allestimento delle operazioni segrete sul campo, fornendo una finestra preziosa attraverso la quale guardare in modo diverso al conflitto mondiale nella sua interezza. Un’inedita lettura che getta nuova luce sull’impatto che quelle dinamiche ebbero sulle divisioni politiche e ideologiche del dopoguerra e sulle origini della guerra fredda.

Ennio Cavalli, Ci dice tutto il nostro inviato: un secolo di rivolgimenti e altre minuzie – Rubbettino, Soveria Mannelli 2024, pp. 232, euro 18,00
Gli “anni di piombo” visti dall’altro marciapiede rispetto ai terroristi. Il crollo del Muro e dell’Urss raccontati da una Berlino in mutazione e da quel crogiolo di contraddizioni che fu la perestroika nell’ultima Urss. Grandi vecchi con un piede nell’Ottocento e lo sguardo rivolto al domani. Scoperte da Nobel illustrate dagli stessi scienziati premiati a Stoccolma. Queste le colonne portanti di un reportage a cavallo di tre secoli, tra bagliori e incongruenze, protagonisti e figuranti, cronaca e storia. Con incursioni dietro le quinte di un particolare tipo di giornalismo, quello radiofonico, che deve far vedere le cose unicamente con le parole. Ci dice tutto il nostro Inviato è un libro trasversale, multiutility, per più scaffali. Dopo avere desunto mappature e contenuti longform, il lettore può riscoprirlo come romanzo o memoir dai molti intrecci. Incontriamo di persona, in giro per il mondo, i poeti Brodskij, Walcott, Evtušenko, Szymborska, gli scienziati Rubbia, Rita Levi Montalcini, Higgs, la vedova di Sacharov, la musa di Pirandello, la pronipote dell’amante di Lenin, Palazzeschi e i futuristi, Prezzolini amico e coetaneo di Mussolini, un Bacchelli bambino tenuto sulle ginocchia da Carducci, Pierre Cardin, Günter Grass, Burroughs, Burgess, Saramago, Fellini, Lady Diana, la Lollo, Whitney Houston, Lucio Dalla, Pavarotti, Carter, Obama e tanti altri. Niente che non sia di prima mano e in presa diretta. “Era il 1979… Era il 1986… Era il 2011… Anzi no, era il 1882, il 1900 tondo tondo. Ma era anche il 2028, il 2038, il duemila e… via vivendo. Era il futuro. Il tempo non passa. Non passa mai. Si rigenera” scrive Ennio Cavalli. Questa sintesi ricostruttiva e proiettiva dell’epoca da cui veniamo aiuta a comprendere l’oggi e i motivi per cui non possiamo che dirci contemporanei.

Fabio Fiore, L’affaire Matteotti, storia di un delitto – Laterza, Roma-Bari 2024, pp. 152, euro 18,00
Alle 16,30 del 10 giugno 1924, a Roma, sul lungotevere Arnaldo da Brescia, un uomo viene caricato a forza su un’automobile. L’uomo è Giacomo Matteotti, indomito avversario del fascismo e di Benito Mussolini. Non sarà mai più visto vivo.
Un’indagine, serratissima e senza sconti, nei misteri del più grande ‘caso’ della storia italiana. Il ‘delitto Matteotti’, di cui quest’anno ricorrono i cento anni, è stato senza dubbio il più grande ‘caso’ della storia italiana. Proviamo a raccontarlo come se nessuno l’avesse raccontato prima, come se nessuno lo ricordasse più, facendone ‘un affaire’ in cui non è semplice districarsi. All’inizio dobbiamo analizzare la scena del crimine, sul lungotevere di un afoso pomeriggio romano, e descrivere la meccanica del delitto. Dopo di che si approfondisce la conoscenza prima degli esecutori e poi dei loro mandanti – il duce e il suo entourage – per raccontare la tremenda lotta per il potere e per la sopravvivenza di uomini divisi su tutto, ma accomunati dalla menzogna (mentono tutti e più di tutti mente il loro capo) e dalla consapevolezza che per salvare se stessi devono salvare a ogni costo Benito Mussolini. Poi dovremo interrogarci sui possibili moventi del delitto, muovendo dall’assunto borgesiano che se la realtà può sottrarsi all’obbligo di essere interessante, non possono sottrarvisi le ipotesi.
Infine, come in ogni delitto, c’è un ‘dopo’, le molteplici ‘vie di fuga’ dall’affaire: dai processi del 1926 e del 1947 al destino di ciascun protagonista nel corso del ventennio. Ma soprattutto c’è Giacomo Matteotti. Finora è stato come un fantasma: un’assenza, una salma, la vittima. Giunti alla fine, siamo costretti a chiederci: chi è, chi era, chi è stato Matteotti? E perché proprio lui?

Jessica Wärnberg, Roma: storia di una città e dei suoi papi – Mondadori, Milano 2024, pp. 468, euro 30,00
«Mentre monarchie, dittature e imperi sbiadivano negli annali del passato, il ruolo dei papi ha saputo conservarsi nel tempo e le loro gesta si sono riverberate oltre le mura di Roma.» La storica britannica Jessica Wärnberg ripercorre per la prima volta la storia della Roma papale, da san Pietro ai giorni nostri, raccontando la nascita di un’istituzione che non solo ha saputo resistere ai tumulti della Storia, ma che ha anche trasformato la città eterna nel più importante centro spirituale al mondo.
Quando i primi cristiani giunsero nella Roma pagana, a metà del I secolo d.C., la città era già il cuore pulsante di una delle maggiori civiltà dell’Occidente, aveva dato origine a una repubblica che aveva dominato e influenzato l’intero bacino del Mediterraneo ed era la capitale di quello che sarebbe diventato uno dei più vasti imperi mai esistiti. A segnarne però il destino, cambiandolo per sempre, fu l’arrivo dalle coste della Galilea di Pietro, un umile pescatore intenzionato a diffondere una fede appena nata. Dopo la sua morte, i fedeli del nuovo culto cominciarono a recarsi in pellegrinaggio alla sua tomba, sul colle Vaticano, un luogo spoglio su cui secoli più tardi l’imperatore Costantino avrebbe eretto una grandiosa basilica. Lentamente, Roma si trasformò dalla città dei Cesari in quella dei papi. E fu proprio la nuova religione a consentirle di mantenere la sua rilevanza ben oltre il crollo del grande impero romano d’Occidente.
In un racconto che attraversa due millenni e ricostruisce tutte le tappe della Roma cristiana, Jessica Wärnberg mostra come gli uomini succedutisi sul trono di Pietro ne abbiano plasmato la storia e come una città abbia finito per identificarsi con una religione, diventandone un simbolo che ancora oggi risuona con forza.
Passando con eleganza dal sacro al profano, Roma offre la visione inedita e spesso sorprendente di una città e del suo popolo, e di un’istituzione che è allo stesso tempo familiare e sfuggente. Perché la storia di Roma e dei suoi papi è composta da molteplici narrazioni che si intrecciano non solo l’una con l’altra, ma anche con la storia della Chiesa cristiana e del mondo nel suo complesso.

Claudio Giunta, Elena Papadia, Lorenzo Benadusi (a cura di), Effimero Novecento: il costume degli italiani – il Mulino, Bologna 2024, pp. 368, euro 28,00
Ci sono molti modi per raccontare il Novecento: è il secolo della violenza; il secolo delle masse, delle religioni politiche, degli esperimenti totalitari, del welfare state, della democrazia. Ma esiste anche – così visibile da passare quasi inosservato – un Novecento effimero nel quale ciò che cambia è la vita privata delle italiane e degli italiani: il loro modo di pensarsi, vestirsi, vivere il corpo e la sessualità, organizzare la propria vita, i propri consumi, le case, i viaggi, le città. Attraverso il prisma delle cronache di costume, questo libro descrive appunto mutamenti e permanenze quotidiane dagli ultimi anni dell’Ottocento fino alla grande trasformazione degli anni Sessanta del Novecento. La storia pubblica delle nostre storie private.

Mario Avagliano, Marco Palmieri, Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine: le storie delle 335 vittime dell’eccidio simbolo della Resistenza – Einaudi, Torino 2025, pp. 576, euro 24,00
Roma, 24 marzo 1944: in una cava sulla via Ardeatina, i tedeschi uccidono 335 uomini sparando a ognuno un colpo alla testa. Sono prigionieri politici e partigiani di tutte le forze antifasciste, civili e militari, molti ebrei, alcuni detenuti comuni e ignari cittadini estranei alla Resistenza, sacrificati in proporzione – che poi si rivelerà sbagliata per eccesso – di dieci a uno in seguito a un attacco partigiano in via Rasella, costato la vita a 33 militari del Reich. È il piú grande massacro compiuto dai nazisti in un’area metropolitana e segnerà profondamente la storia e la memoria italiana del dopoguerra. Dell’eccidio delle Fosse Ardeatine molto si sa. Poco invece si conosce delle vicende individuali delle vittime, alle quali – tranne poche eccezioni – fino ad ora nelle cerimonie e nelle pubblicazioni era dedicata solo una riga con le generalità in un lungo elenco. Questo libro per la prima volta racconta la loro storia, una per una.

Gianluca Albergoni, La battaglia perduta e vinta: Napoleone a Marengo, 14 giugno 1800 – il Mulino, Bologna 2024, pp. 224, euro 18,00
«Questa battaglia è perduta. Ma c’è ancora il tempo per vincerne un’altra». Il 14 giugno 1800, durante la seconda campagna d’Italia, Napoleone vinse di stretta misura a Marengo. All’inizio dominati, i francesi riuscirono a capovolgere l’esito della battaglia che pareva perduta anche grazie ai talentuosi generali Desaix e Kellermann. Gianluca Albergoni si sofferma su una delle più celebri battaglie dell’epopea napoleonica illustrando il quadro generale, i momenti che precedettero lo scontro e raccontandone lo svolgimento senza dimenticarne la fortuna e le successive rivisitazioni. Vincere davvero una battaglia può voler dire anche saper ben rappresentare la vittoria agli occhi dei propri uomini e farla vivere negli immaginari.