In libreria: Atomi e cenere

coveratomiL’11 marzo 2011, l’onda di uno tsunami alta oltre tredici metri si abbatté sulla centrale nucleare di Fukushima, in Giappone. Nei giorni successivi, una serie di esplosioni portò alla parziale fusione di tre reattori e a un riversamento incontrollato di acqua radioattiva nell’area circostante. Si trattò di uno dei più gravi disastri nucleari di sempre. Ma non fu il più tragico. Nell’aprile del 1986, a Cernobyl’, nell’ex Unione Sovietica, l’esplosione e l’incendio del reattore liberarono nell’atmosfera una quantità tale di radiazioni da provocare un numero impressionante, ancorché imprecisato, di vittime. Prima ancora era stata la volta di Three Mile Island in Pennsylvania, di Windscale in Inghilterra, di Kyštym negli Urali e dell’atollo di Bikini nelle isole Marshall.
Per coloro che si oppongono all’uso dell’energia nucleare per scopi civili, questi incidenti sono la prova tangibile del pericolo che essa rappresenta. Alla paura, si aggiungono poi i costi elevati in termini di risorse e investimenti per ottenere un rendimento economicamente vantaggioso e la preoccupazione per i rischi rappresentati dai tanti regimi autoritari, che praticano il «terrorismo nucleare» al fine di realizzare le proprie ambizioni geopolitiche.
Tuttavia gli incentivi politici a passare al nucleare restano forti, per motivi economici, militari o di semplice prestigio. E la necessità di sostituire i combustibili fossili per affrontare i problemi sollevati dal cambiamento climatico impone una nuova riflessione sul futuro del nucleare. Una riflessione, però, che non può prescindere da quanto avvenuto in passato. Dagli incidenti dovuti a un malfunzionamento o al fattore umano, dalla cultura manageriale o dall’ideologia che li hanno resi possibili, dai silenzi dei governi che ne hanno occultato gli effetti sulla popolazione e sull’ambiente. Ripercorrere la storia dei più importanti disastri nucleari diventa un passaggio necessario per capire quale insegnamento possiamo trarne e come possiamo evitare che si verifichino di nuovo. Perché molti di quei fattori ci accompagnano ancora oggi, e rendono l’industria nucleare vulnerabile e incline a ripetere vecchi errori in modi inediti e inaspettati.
Serhii Plokhy, Atomi e cenere: dall’atollo di Bikini a Fukushima, storie di sei disastri nucleari – Mondadori, Milano 2024, pp. 396, euro 27,00

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Massimo Ferrari Zumbini, Lenin e Stalin: lo stato totalitario – Rubbettino, Soveria Mannelli 2024, pp. 99, euro 13,00
«Guerra civile»: questo è il programma di Lenin fin dall’inizio della guerra mondiale nel 1914. La guerra civile è indispensabile per attuare la rivoluzione e la rivoluzione è indispensabile per «eliminare per sempre il capitalismo». Ma c’è anche un altro nemico, persino più pericoloso perché più subdolo. Sono i partiti socialisti che ingannano il popolo, perché rifiutano la guerra civile, credono nelle elezioni e rinunciano così alla rivoluzione. Quindi il monopolio del potere spetta al partito comunista, unico garante della rivoluzione. Per Stalin, poi, è indispensabile trasformare l’Unione Sovietica in una grande potenza industriale (e militare) in tempi rapidissimi. Anche per questo crea un sistema schiavistico di massa nei campi di lavoro forzato e porta a termine la sottomissione del mondo contadino avviata da Lenin.

Mimmo Franzinelli, Croce e il fascismo – Laterza, Roma-Bari 2024, pp. 400, euro 29,00
Benedetto Croce non è stato soltanto uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento ma ha svolto una funzione fondamentale durante il Ventennio fascista, impedendo al regime di ottenere una egemonia assoluta sulla cultura del nostro Paese.
Con un taglio originale, questo libro, oltre a seguire l’atteggiamento di Croce dinanzi al fascismo – accolto con simpatia, poi combattuto con tenacia e inventiva –, ricostruisce non soltanto la biografia del filosofo nel ventennio più tormentato del Novecento, ma ricollega lo studioso liberale ai protagonisti della cultura italiana ed europea, da Thomas Mann a Stefan Zweig.
Con una ricca documentazione inedita, Franzinelli illustra l’offensiva degli squadristi e la ‘macchina del fango’ scatenata contro il filosofo dissidente, la sua rete di corrispondenti e le schedature poliziesche di chiunque lo frequentasse o gli scrivesse. Emerge il ruolo di Croce nella formazione di giovani che – da Giorgio Amendola a Vittorio Foa, da Leone Ginzburg a Piero Gobetti – lo presero quale riferimento in momenti decisivi della loro esistenza.
Una particolare attenzione è dedicata alla battaglia di Croce contro il razzismo: era nota la sua contrarietà alla persecuzione degli ebrei, ma ora emergono la continuità e la profondità del suo impegno, che non trova pari in nessun altro intellettuale italiano.

Peter Longerich, Goebbels e la «guerra totale»: il discorso al Palazzo dello sport del 1943 – Einaudi, Torino 2024, pp. 192, euro 23,00
Il 18 febbraio 1943 Joseph Goebbels, il temuto ministro nazista della Propaganda, tenne presso il Palazzo dello sport di Berlino il suo discorso piú famoso, imperniato sul concetto di «guerra totale», un tema oggi di sinistra attualità. Goebbels rivolse a una folla oceanica la domanda che portò la Germania nazista alla sconfitta finale, nonché alla sua autodistruzione: «Volete la guerra totale? Se necessario, volete una guerra piú totale e radicale di quanto mai oggi possiamo neppure immaginare?» Il pubblico reagí con giubilo ed entusiasmo e rispose di sí. Ma, appunto, si trattò di propaganda e abile manipolazione degli umori del popolo. Peter Longerich racconta, nel saggio di apertura che contestualizza il discorso, come e perché Goebbels arrivò ad architettare una cosí infallibile trappola oratoria che ebbe conseguenze devastanti. Longerich si dedica poi a un’analisi puntuale del discorso (qui riportato integralmente) che ne rivela tutti i lacci e le astuzie da oratore navigato; e anche le ingenuità delle masse di cui la propaganda e la comunicazione si approfittano ancora oggi.

Alfio Caruso, La battaglia di Stalingrado: inferno di uomini e d’acciaio – Diarkos, Santarcangelo di Romagna 2024, pp. 192, euro 18,00
Una croce uncinata conficcata nel cuore dell’Europa. L’intero continente caduto sotto il tallone di Adolf Hitler. Il dilagare inarrestabile dell’esercito tedesco, uomini in divisa del colore dei lupi, sulle immense pianure dell’Est. È il 1942. Sotto il cielo dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche è arrivata la morte. Guerra totale, di macchine e fuoco, immersa in un inferno di uomini e d’acciaio. Le sorti del conflitto sembrano segnate, ogni speranza perduta. Ma dalle rovine di una città bombardata si alza un grido di resistenza: «Non un passo indietro!» Alfio Caruso, con la maestria del narratore storico, racconta la strenua e disperata difesa di Stalingrado, e di quelle ultime, insanguinate, centinaia di metri che dall’estate del 1942 separarono gli eserciti di Hitler dalla sponda occidentale del Volga, ultima trincea prima della vittoria finale. Una battaglia combattuta casa per casa, fabbrica per fabbrica, strada per strada, tra atti di eroismo e immense sofferenze, dove a scontrarsi non furono solo due eserciti, ma due idee di società. Qui, nella città di Stalin, si scrissero con il sangue i destini della Seconda guerra mondiale e dei popoli d’Europa.

Giovanni Ricci, Rinascimento conteso: Francia e Italia, un’amicizia ambigua – il Mulino, Bologna 2024, pp. 216, euro 22,00
Dove ha origine il velo di reciproca insofferenza che pervade tuttora le relazioni, così strette e condivise in ogni campo, fra Italiani e Francesi? Furono le Guerre d’Italia, iniziate nel 1494 con la discesa di Carlo VIII re di Francia, a stabilire un contatto ravvicinato, in un quadro tuttavia di asimmetria di forze. Fino al 1559 l’Italia fu devastata dalle armate straniere mentre i suoi artisti venivano esaltati alla corte di Francia. Ecco l’indefinibile contraddizione: la gloria di Leonardo ad Amboise e il saccheggio di città come Brescia, Capua, Ravenna. Giovanni Ricci racconta, attraverso episodi talora poco noti e stupefacenti, il formarsi dell’ambigua e intensa amicizia fra due popoli che la geografia e la storia hanno voluto così vicini.

Beda Romano, Dal Baltico al Mar Nero: viaggio alla scoperta dell’altra Europa – il Mulino, Bologna 2024, pp. 272, euro 17,00
Tra il 2004 e il 2013 undici paesi dell’Europa centro-orientale hanno aderito all’Unione europea. Sono paesi dalla storia sofferta e dai confini mutevoli che hanno vissuto per secoli all’ombra di un impero: a seconda del periodo, asburgico, ottomano, russo e poi sovietico, oppure tedesco e persino francese. Questo ne ha fatto un tormentato crocevia culturale con tutta la ricchezza ma anche i conflitti etnico-religiosi che ne conseguono e che oggi si trova a vivere, dopo la fine dell’Unione sovietica, un sentimento di risveglio nazionale quando non, in taluni casi, di tentazioni nazionalistiche. Sono paesi che hanno beneficiato dell’allargamento e della liberalizzazione economica, ma sono alle prese con vari problemi sociali e demografici e in alcuni di essi lo stato di diritto è dubbio. Sono paesi che hanno aderito alla Ue ma talora paiono più in sintonia con la Nato di cui tutti fanno ugualmente parte. Questa è la cornice in cui si svolge il viaggio di Beda Romano tra storie, luoghi, personaggi e monumenti dell’altra Europa.

Alessandro Vanoli, L’invenzione dell’Occidente – Laterza, Roma-Bari 2024, pp. 272, euro 20,00
Nel 1494, solo due anni dopo la ‘scoperta dell’America’, a Tordesillas, una piccola località della Castiglia, veniva firmato un trattato tra Spagna e Portogallo che divideva il mondo in due e inventava l’Occidente come spazio, comunità e cultura. Mai nessuno si sarebbe potuto aspettare che una semplice firma avesse conseguenze così gigantesche e durature.
Questa è la storia di come, tra medioevo ed età moderna, le società europee (all’inizio spagnoli e portoghesi in testa) spinsero le proprie ambizioni sempre più verso l’oceano e così facendo trasformarono l’idea che esse avevano dell’Ovest: quella che era una direzione divenne poco alla volta uno spazio pensabile. È perciò una storia di grandi navigatori e di dibattiti violenti tra geografi, una storia di sfide e di esplorazioni che solcarono l’ignoto. Ma è anche la storia dei dibattiti culturali che ne seguirono e che inventarono e definirono quell’Occidente che prima mancava dalle mappe. E il punto di arrivo di questa storia siamo noi.
In un momento in cui tutto questo appare ormai largamente messo in discussione, forse vale la pena riprendere il discorso da capo e chiedersi come si sia giunti alla nostra idea di Occidente. Come una direzione geografica ha fatto nascere e maturare un’idea di appartenenza. Quel che non possiamo fare è darlo per scontato. Pensare che noi si sia davvero da sempre così, che la nostra storia, la nostra cultura e la nostra civilizzazione corrispondano da sempre a quello spazio indistinto con i piedi in Europa e la testa nell’Atlantico: quell’Occidente che in questo secolo faticoso appare sempre più difficile da stringere nelle nostre idee e nelle nostre mappe.

Murray N. Rothbard, Contro l’egalitarismo – Liberilibri, Macerata 2024, pp. 128, euro 18,00
L’egalitarismo costituisce ormai un dogma delle nostre società. Ma se è vero che l’uguaglianza dei diritti è un concetto fondativo per il rispetto del pros­simo e per la convivenza civile, è vero anche che tale concetto nasconde un lato oscuro. Il filosofo ed eco­nomista libertario Murray N. Rothbard s’interroga su quale sia il limite dell’uguaglianza e perché questa possa rappresentare una minaccia per l’individuo e per la sua libertà.
Nell’unicità dell’individuo ri­posa la sua eccezionalità e il rispetto assoluto che gli si deve: ciò significa che ciascuno è diverso da tutti gli altri, e quindi naturalmente disuguale! Se tutti gli uomini fossero davvero “uguali” allora non esisterebbe l’in­dividuo, la sua diversità e quindi la sua libertà. Spaziando con raffinata razionalità e penetrante arguzia dalla filosofia all’economia e alla politica, Rothbard mostra i limiti e i pericoli di un’idea troppo spesso considerata come bene assoluto.