IL VOLTO E I VOLTI DI CRISTO

di Pier Luigi Guiducci -

Per i primi cristiani si pose un problema: come raffigurare la persona di Gesù? Ci si orientò, alla fine, verso alcune immagini simboliche. L’Oriente cercò di evidenziare con pitture (icone) l’immagine del Cristo triunphans, mentre l’Occidente, pur rappresentando in più casi il Cristo triunphans, rivolse le sue attenzione al volto del Cristo patiens (crocifissi).

 

Con il trascorrere del tempo, un elevato numero di cristiani ha sempre più avvertito l’esigenza di unire alla contemplazione della persona di Cristo una profonda meditazione su aspetti del suo corpo crocifisso[1], unitamente all’esigenza di sviluppare una spiritualità della riparazione.[2]
Si colloca qui la devozione alle Piaghe[3], al Costato trafitto di Gesù da cui nasce la Chiesa[4], e al Preziosissimo Sangue[5]. In tale contesto, esprimendo quello che è già contenuto nei Salmi 26,8[6] e 102,2[7], si è voluto osservare in qualche modo anche il Volto. Per questo motivo sono state percorse più strade. Questa è la storia della ricerca.

La sequela Christi e il videre Iesum

Il volto dell’uomo della Sindone ripulito dalle ferite

Il volto dell’uomo della Sindone ripulito dalle ferite

Coloro che per primi furono chiamati dal Messia (es. Mc 1,16-20), e gli altri apostoli, ebbero modo di vedere molto bene il volto di Gesù, e anche i diversi discepoli. Al riguardo, nei Vangeli sono raccontati vari episodi ove più persone vogliono vedere Gesù. Si pensi al desiderio di alcuni greci (Gv 12, 20-21), o al tentativo di Zaccheo (Lc 19, 1-3). Anche dopo la Risurrezione gli apostoli continuarono a vedere Cristo (Mt 28, Lc 24, Gv 20–21, Mc 16). Un significativo numero di seguaci, quindi, ebbe la possibilità di vedere il volto del Maestro. Eppure nessuno ha trascritto in seguito le caratteristiche di “quel” volto. In tempi anche recenti qualcuno è tornato a chiedersi il perché di tale fatto. Eppure la risposta non è difficile. Nell’interazione con il Messia non sono le specifiche caratteristiche fisiche che colpiscono un’anima, ma è ciò che esprime, manifesta, trasmette tutta la persona del Redentore, la sua Presenza. Il “Maestro” (rabbī) trasmette amore, vita divina, autorità, umanità.

In che modo “videre Iesum”?

A questo punto, per i primi cristiani si pose un problema. Come raffigurare la persona di Gesù? Come rappresentare il suo volto? Ci si orientò, alla fine, verso alcune immagini simbolo. Cristo venne rappresentato come un filosofo (per indicare la parola divina, l’autorità di chi insegna), come l’apostolo (colui che testimonia il Padre), come il profeta (annuncio della novità evangelica), come il buon Pastore (il Signore accompagna e protegge), come un docente, giovane e imberbe (Maestro non segnato dal peccato e dalla morte; è eternamente giovane perché è eternamente presente).

Correnti di pensiero e immagini (II-IV secolo d.C.)

In tale contesto, nel periodo degli inizi, le raffigurazioni del volto di Cristo furono orientate anche da alcune correnti di pensiero che espressero delle opinioni sull’aspetto di Gesù incarnato.
Per alcuni autori Gesù aveva un aspetto che era stato già anticipato dal profeta Isaia (il Servo sofferente, l’Uomo dei dolori). In Is 53,2 si trova infatti questa espressione: “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere”. Per questo motivo, taluni esponenti del Cristianesimo antico hanno ritenuto che Gesù doveva essere “deforme” (san Giustino martire[8]), “brutto alla vista” (san Clemente di Alessandria[9]), “privo di bellezza e il suo corpo non degno di un uomo sano» (Tertulliano[10]). Tale modo di vedere Cristo era legato al fatto che si voleva evidenziare l’ubbidienza del Figlio al Padre, e la reale Passione, preannunciata già nell’Antico Testamento.
Per altri cristiani, il riferimento al volto dell’unico Messia (vero Uomo e vero Dio) era contenuto nel Salmo 45,3: “Tu sei il più bello tra i figli degli uomini”. L’orientamento considerava il Cristo risorto, il Redentore, il Santificatore. Si contemplava la sua gloria. E si rifletteva sulla divinizzazione dell’uomo (il Figlio di Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse figlio di Dio).[11]
Con il progredire del tempo, l’Oriente cristiano cercò di evidenziare con delle pitture (icone[12]) l’immagine del Cristo triunphans, mentre l’Occidente, pur rappresentando in più casi il Cristo triunphans, rivolse attenzione – anche per l’influsso degli Ordini Mendicanti – al Volto del Cristo patiens (Crocifissi).

Volto di Cristo: esiste un modello archetipo?

Con la fine delle persecuzioni anti-cristiane (accordo di Milano del 313 tra i due Augusti Costantino e Licinio), fu possibile realizzare varie raffigurazioni del volto di Cristo. Eusebio di Cesarea, comunque, nel IV secolo d.C., trovava futile e riduttivo il desiderio di molti credenti di possedere il “ritratto” del Cristo. Ciò premesso, occorre adesso sottolineare un dato. Le opere presenti in varie Chiese locali sono tutte caratterizzate da alcuni aspetti ricorrenti. Questo fatto ha suggerito in seguito una tesi. Probabilmente, in origine, esisteva un modello iniziale (cioè un archetipo). Tale fonte comune influì nell’arte orientale, ma anche in quella occidentale. Secondo alcuni studiosi, quel modello potrebbe essere individuato nella Sindone.[13] Per altri, il riferimento chiave si trova nel Mandylion. Non manca anche chi identifica il Mandylion con la Sindone. Quest’ultima, si sostiene, era anticamente piegata in otto e chiusa in un reliquiario, in modo da lasciare visibile solo l’immagine del viso. In tale contesto, occorre allora osservare il volto dell’uomo della Sindone e quello che era impresso nel Mandylion.

La Sindone. Il volto dell’uomo flagellato

La Sindone, conservata nella cattedrale di Torino, all’interno di una teca a tenuta stagna e riempita con un gas inerte, è un lenzuolo di lino. Le sue dimensioni sono circa 4,41 x 1,13 m. Vi è impressa la doppia immagine (accostata per il capo) del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocifissione. Il corpo raffigurato appare quello di un maschio adulto, con barba e capelli lunghi. La statura: 1,78/1,85. Le violenze attestate dalla Sindone (es. segni di una flagellazione) sono compatibili con quanto narrato dagli evangelisti nella Passio Christi. Sulla base delle più recenti ricerche[14] non si può escludere che l’immagine corrisponda a quella di Gesù incarnato, e che la Sindone sia quindi il lenzuolo che avvolse il suo corpo prima della sepoltura. Tale reperto mostra in modo chiaro anche il volto.[15] Con riferimento a quest’ultimo, colpiscono le tumefazioni che alterano in modo accentuato i connotati. Il naso è spaccato da una bastonata, che ha gonfiato una guancia e un occhio. Il labbro è gonfio per i pugni ricevuti. La fronte è lacerata dalle spine. Sulla testa ci sono i segni di un casco di spine. L’immagine che si osserva nella Sindone è contornata da due linee nere strinate e da una serie di lacune. Sono i danni dovuti all’incendio avvenuto nella cappella della cattedrale di Chambéry nel 1532. La posizione ufficiale della Chiesa sulla Sindone è stata resa nota in un discorso del 24 maggio 1998 da san Giovanni Paolo II[16]: “Non trattandosi di una materia di fede, la Chiesa non ha competenza specifica per pronunciarsi su tali questioni. Essa affida agli scienziati il compito di continuare a indagare per giungere a trovare risposte adeguate agli interrogativi connessi con questo lenzuolo che, secondo la tradizione, avrebbe avvolto il corpo del nostro Redentore quando fu deposto dalla croce”.

Il Mandylion

Immagine di Mandylion

Immagine di Mandylion

Secondo le fonti storiche[17], nel telo del Mandylion (= panno, fazzoletto in siriaco) era impresso il volto di Gesù. I cristiani del tempo pensavano a un’origine miracolosa dell’immagine. Per questo motivo era considerata: acheropita, cioè “non fatta da mano d’uomo”. Tale reperto fu prima conservato a Edessa di Mesopotamia (attuale Urf, in Turchia), almeno dal 544 d.C. In tale anno la città fu assediata dai Sasanidi guidati dal re Cosroe I Anushirvan. Al riguardo, Evagrio Scolastico (594) ha lasciato scritto che la città fu liberata dall’assedio per merito dell’immagine sacra. Nel 787, i padri del II Concilio di Nicea (VII Concilio Ecumenico) legittimarono la venerazione del Mandylion.[18] Nel 944, dopo l’occupazione di Edessa da parte dei musulmani, i bizantini trasferirono la sacra immagine a Costantinopoli. Venne accolta con gioia dalla popolazione.[19] Qui, rimase fino al 1204, quando la città venne saccheggiata dai crociati. Molte reliquie vennero trafugate. Del sacro fazzoletto si persero le tracce. Di questa antica reliquia si sarebbero poi diffuse delle copie in Occidente, e vennero divulgati diversi racconti. Esistono oggi tre presunti mandylion. Uno è a Genova (prima attestazione nel XIV secolo). Il secondo a Roma (dipinto su tavola; attestato nel XVII secolo). E il terzo a Manoppello (Pescara; origine non conosciuta).

Caratteri del volto di Manoppello

Il volto di Manoppello

Il volto di Manoppello

L’immagine di questo volto è riprodotta su un velo di bisso marino (una fibra tessile ottenuta da filamenti secreti da molluschi). Giunse in Abruzzo, a Manoppello, nel 1506, portata da uno sconosciuto pellegrino. Misura 17×24 cm. Ritrae un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande. Gli occhi si presentano aperti. La bocca è socchiusa in un sorriso che mostra i denti dell’arcata superiore della bocca. Le pupille sono caratterizzate da una diversa ampiezza (come dal risveglio da un coma profondo).
Il volto risulta quasi invisibile se lo si mette contro la luce di una finestra. Diventa, al contrario, estremamente nitido se lo si pone contro un ambiente scuro, e se lo si guarda con la luce posta dietro le spalle di chi osserva.[20]

Nell’Oriente cristiano

Nell’Oriente cristiano il volto di Gesù viene rappresentato soprattutto nelle icone. Queste, si possono vedere in gran numero nelle chiese ortodosse. La tradizione legata a tali pitture inizia intorno alla seconda metà del IV secolo. Cristo è raffigurato in modo preciso: volto stretto, alto, maestoso. Barba corta e baffi. Capelli fino alle spalle.[21] Viso allungato. Occhi grandi, profondi, spalancati. Con vistose occhiaie. Zigomi pronunciati. Alcune macchie sulle guance. Naso lungo e dritto.[22] Occhio destro appena socchiuso (tumefatto?), con il sopracciglio alzato. Rughe o piccoli ciuffi appena sotto l’attaccatura dei capelli.[23]

Vita spirituale e contemplazione di ciò che l’icona rappresenta

Per un lungo periodo di tempo, gli iconografi sono stati dei monaci. Ricevevano una particolare benedizione non per dipingere l’icona ma per “scriverla”. Iconografo significa, infatti, “colui che scrive immagini”. Il loro lavoro veniva realizzato in ginocchio, e segnato da preghiere. Ciò attesta che l’arte dell’icona era considerata nei monasteri divino-umana.[24]
In tale contesto, è significativo ricordare che l’icona unisce ciò che è terreno alle sue origini celesti, ma conserva al divino tutta la sua trascendenza. La raffigurazione del volto richiama l’indicibile che è dentro le cose e le fa essere dall’interno, quelle che sono. In tal modo, il volto di Cristo è immagine trasfigurata dalla contemplazione. Non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno a contemplare una realtà preesistente, ma è la verità e la struttura stessa dell’essere.
Il volto di Cristo non ha età, non appartiene a una nazionalità, a un tipo umano, è volto divinizzato. Non è comunque un volto astratto. Rimane la realtà dell’Incarnazione. In tale contesto, l’icona facilita l’esaltazione dell’umano e la venerazione del divino. È taumaturgica nel senso bizantino del termine: cioè piena di presenza.[25]

La Presenza che accompagna. Cristo Pantocratore

Nelle icone del VI secolo si trovano ormai fissate le caratteristiche somatiche del Cristo (volto ovale, lunghi capelli sciolti, naso sottile, barba scura). Un esempio significativo riguarda il Cristo Pantocratore (“governante di tutte le cose”)[26], benedicente. Quest’opera bizantina, proveniente da Costantinopoli, è conservata nel monastero di Santa Caterina presso il monte Sinai (Egitto). Tale dipinto intende esprimere la divinità di Gesù ma anche la sua umanità. Questa icona (secondo taluni autori ricavata dalla Sindone), è un modello che i pittori successivi hanno rispettato in modo costante.
Se si osserva questo dipinto si rimane colpiti da un fatto. Il volto è segnato da un’accentuata asimmetria. Tale realtà si può comprendere se si guardano i due lati del Viso uno alla volta, in modo separato. Il lato sinistro (per chi guarda) del volto si presenta luminoso. Sereno. La narice sinistra è rilassata. L’angolo della bocca si perde sotto i baffi. Il lato destro, al contrario, ha caratteri diversi. Il sopracciglio è fortemente rialzato. L’iride dell’occhio appare scura. Dilatata. Sotto l’occhio e sulla guancia un’ombra scura si estende ben oltre la barba. La narice è leggermente (ma in modo chiaro) contratta. La bocca, sempre dal lato destro, assume una piega amara.
Secondo una generale opinione, il fedele vede nell’icona il ritratto di un uomo che si trova inserito in due realtà diverse. L’intento dell’autore fu di rappresentare in modo pittorico le due nature di Cristo presenti nell’unica persona del Salvatore. Essendo veramente uomo, Gesù ha sofferto in modo reale. Ha patito l’abbandono. L’immolazione è stata segnata da una durissima passione, e da una morte in croce. La sua esperienza mortale rimane evidente nei segni che si osservano sul lato destro del volto. Nel lato sinistro del viso si può “leggere” il superamento di ogni sofferenza. Serenità. Pace.[27]

Occidente cristiano (XIII secolo). Mistici e volto Santo

Mentre in Oriente e nell’Occidente si diffondevano le immagini del volto di Cristo, si sviluppò anche un altro contributo non legato alle pitture ma alle esperienze mistiche. Tra coloro che “videro” il Santo Volto si può ricordare una monaca tedesca: Gertrude di Helfta.[28] Le vicende spirituali che la coinvolsero sono riportate nel Liber legationis divinis pietatis (‘L’Araldo del Divino Amore’; ‘Rivelazioni’).[29] In una pagina di questo testo viene descritto un momento della Passio Christi: “(…) Verso l’ora terza il Signore Gesù le apparve com’era quando venne legato alla colonna per essere flagellato, in mezzo a due aguzzini di cui uno lo colpiva con due rami spinosi e l’altro con due nodosi flagelli. Tutti e due lo colpivano sul viso, così che il suo santo volto ne era talmente sfigurato da spezzarle il cuore […]. Nessuno mai, essa [Gertrude] pensava, era stato ridotto al deplorevole stato nel quale il Signore le appariva in quel momento. La parte infatti del volto che era colpita dalle spine era talmente lacerata che l’occhio stesso appariva ferito ed aperto, mentre l’altra parte era livida e gonfia per i colpi del flagello. Nell’eccesso del dolore il Signore rivolgeva il viso; ma non si sottraeva così ad uno dei carnefici se non per essere colpito più crudelmente dall’altro. Volgendosi allora verso di lei, il Signore le disse: ‘Non hai forse letto ciò che è scritto di me: vidimus eum non habentem speciem.’[30] ‘Ah, Signore’ – essa rispose – ‘e come potrei calmare i crudeli dolori del tuo dolce volto?’ Il Signore rispose: ‘Chi si sentirà tocco (toccato, ndr) di amore meditando la mia passione e pregherà per i peccatori, lenirà soavemente ogni mia sofferenza”.[31]

Il pensiero teologico e il Volto Santo

Il periodo medievale fu quindi attraversato da diversi contributi (artistici e mistici) collegati al volto di Cristo. Sul piano teologico non ci fu un confronto tra scuole ma si svilupparono piuttosto degli orientamenti che seguirono più strade. Le correnti di pensiero del tempo erano desiderose di mettere in risalto specifici aspetti del Nuovo Testamento. In particolare, nell’Oriente cristiano si volle raffigurare il volto del Cristo triumphans (= che trionfa sulla morte). In un contesto di gloria (manifestazione della potenza divina), la persona di Gesù consente a ogni fedele di “entrare” nella sua vita. Il volto del Redentore è posto frontalmente rispetto a chi osserva. Gli occhi spalancati non lasciano trasparire sofferenza.[32]
Anche nell’Occidente cristiano si diffusero le rappresentazioni della Chiesa orientale. Si pensi, ad esempio, al Crocifisso (impronta bizantina) che parlò a san Francesco[33] nella chiesetta di San Damiano (1100). Gesù è contemporaneamente ferito e forte. Egli non è morto, sta dritto e risoluto.[34]
In tale contesto, si inserì in modo graduale, una spiritualità cristocentrica che intendeva evidenziare, oltre la reale divinità, anche la vera umanità del Salvatore. In tal modo, gli artisti del tempo si orientarono verso un modello pittorico definito del Christus Patiens. Contemplare il volto del crocifisso e il corpo martoriato doveva provocare nei fedeli non solo una spontanea compassione ma anche un sincero pentimento per i propri peccati, un desiderio di conversione personale, un mutamento di vita, una maggiore diaconìa della carità. Tutto questo, introdurrà nell’arte occidentale la manifestazione dei sentimenti.[35]

Il contributo di Giotto. La nuova iconografia

Iniziando dalle opere di Giotto da Bondone[36], meglio noto come conosciuto Giotto, l’iconografia occidentale cominciò a seguire un percorso autonomo rispetto ai canoni di quella orientale. Si optò per un maggiore realismo (anche con la scoperta della prospettiva) e dinamismo, in contrasto con la staticità delle figure bizantine. Al esempio, nel “Crocifisso” di Santa Maria Novella (Firenze, 1290/1295) Giotto volle presentare un Christus patiens (sofferente) seguendo un nuovo orientamento. Egli non volle ripetere l’iconografia del Cristo inarcato a sinistra (tipica di Giunta Pisano[37] e di Cimabue[38]). L’intera figura adesso crolla verso il basso, e piega il dorso e la testa in avanti, gravata dal suo stesso peso. In pratica: il “Crocifisso” di Giotto restituisce la percezione di un corpo umano vero, ove non si rintraccia alcun aspetto del divino. La struttura è ben definita. Si individuano muscoli, ossa e tendini. Inoltre, Giotto cercò di rappresentare la posizione delle mani inchiodate alla croce: non sono aperte e distese, ma si chiudono su se stesse.[39]

La fase rinascimentale

Antonello da Messina, Salvator Mundi  (dettaglio), 1465

Antonello da Messina, Salvator Mundi (dettaglio), 1465

Nel progredire del tempo furono diverse le correnti di pensiero che influirono pure nel mondo dell’arte. Tra queste, rimase significativo il movimento umanistico-rinascimentale. Umanistico: perché attento ad ogni espressione dell’umano. Rinascimentale: perché diretto a far rinascere quei valori che l’epoca “buia” del “Medioevo” aveva “offuscato”. Tale fenomeno storico favorì anche una nuova lettura religiosa. La figura di Gesù divenne il prototipo dell’uomo perfetto. Tale visione ebbe il suo maggiore esponente in Michelangelo.[40] Quest’ultimo, intese riservare una particolare attenzione anche al Cristo morto, raffigurato nelle “Pietà”. In questa scelta, il mezzo espressivo fu la scultura su marmo. Era una forma d’arte non tradizionale per la figurazione cristiana, più legata alla pittura.
In definitiva, si volle porre in risalto il risvolto umano e storico di Cristo. Al riguardo, un ulteriore esempio, è costituito dal dipinto Salvator Mundi (1465-1475ca) di Antonello da Messina[41], conservato a Londra presso la National Gallery. Gesù, in posizione frontale, è una presenza fisica e concreta. Il Messia ha capelli lunghi castani. Una leggera barba bionda. Il suo viso è regolare. L’espressione serena. Indossa una veste rossa e un mantello blu poggiato sulla spalla destra. Ciò che più colpisce è lo sguardo. Cristo è immerso in uno spazio indefinito. Lo sfondo è scuro (stile fiammingo), non consente di identificare elementi ambientali. Nell’opera si possono individuare anche elementi mediterranei (es. la monumentalità della figura di Cristo).

Il volto di Cristo nel periodo della Controriforma

Anche se da tempo esisteva una Riforma Cattolica[42] precedente il Concilio di Trento (1545-1563; con interruzioni), pur tuttavia il forte impulso a un rinnovamento in capite et in membris si realizzò con l’assise tridentina[43] e con il successivo periodo.[44] Sul piano delle arti figurative si volle evidenziare il trionfo della verità sul buio dell’errore e della ribellione, e la gloria di una Chiesa fondata sulla roccia di Cristo, e protesa a illuminare l’umanità di ogni tempo e luogo. Certamente, in tale contesto, lo stile barocco dette un contributo significativo sul piano del linguaggio figurativo, come elemento “forte” per richiamare i fedeli, e come “risposta” alla Riforma protestante. In pratica, il Barocco consentì di unire la verità teologica alla magnificenza estetica. Era un qualcosa che doveva colpire, impressionare, rimanere nella mente. Tale obiettivo fu raggiunto.
In tale contesto, tra le molte opere del tempo si colloca pure il Salvator Mundi di Gian Lorenzo Bernini.[45] Ormai vicino alla conclusione della sua esperienza terrena, Bernini manifestò una persona esigenza, cioè il desiderio di un incontro diretto, personale, con Cristo. Intensificò le pratiche devozionali e caritatevoli. Ma non fece solo questo. Utilizzò anche la sua arte. Il risultato fu il volto del Salvator Mundi, attualmente conservato in una nicchia della basilica romana di San Sebastiano fuori le Mura. Fu il suo ultimo capolavoro. Il suo testamento spirituale. Gesù è avvolto in uno sfaccettato panneggio levigato. Ha gli zigomi ossuti, la fronte sfuggente e il naso allungato. I capelli sono folti e lunghi. La mano destra benedicente è rivolta in direzione opposta rispetto al suo sguardo.

Il contributo di Rembrandt

Rembrandt, Volto di Cristo (dettaglio), 1648-1650 circa

Rembrandt, Volto di Cristo (dettaglio), 1648-1650 circa

L’olandese Rembrandt[46] è uno dei maggiori personaggi della storia dell’arte europea. Pittore e incisore, era di religione evangelica. Nell’arco del suo tempo egli avvertì la necessità di rappresentare il Volto di Cristo in un modo profondamente umano, coinvolgente.
In più momenti, dipinse una serie di “ritratti” del Signore[47]. Li realizzò facendo posare come modello un uomo ebreo del suo quartiere di Amsterdam. In tal modo, egli intendeva essere il più possibile vicino al vero. Nell’osservare i suoi dipinti, si rimane colpiti da un fatto. Il Cristo di questo artista è lontano dall’impressionare per la sua maestà. Non “sovrasta”. Non “domina”. Non incute “soggezione”. Al contrario è “senza forma né bellezza” (Is 53,2-3), “non alza la voce” (Is 42,2). Si individua, in tal modo, l’assenza di ogni retorica. Non si trova alcun idealismo estetico. Il figlio di Dio sorprende in un contesto di assoluta normalità. Rembrandt lo immagina in un istante di dialogo profondo e amichevole con la gente del suo tempo. È un Messia antieroico, autentico nell’intenso amore del suo sguardo, e nella tenerezza del legame che instaura con il suo interlocutore. Il Gesù di questo pittore si avvicina, prende l’iniziativa, si pone accanto. Non si presenta come il Maestro, ma piuttosto come colui che comprende e conosce.

L’apporto del Tiepolo

Tra i più significativi artisti del periodo che dal Barocco raggiunge gli anni del Neoclassicismo è il veneziano Giambattista Tiepolo.[48]. Egli si interessò a tutti i generi di pittura: la sacra e la profana, l’eroica e l’aneddotica, la storica e la ritrattistica. La sua predilezione fu per i temi mitologici desueti.
Era attratto da vicende ambientate in luoghi lontani. I suoi personaggi indossano abiti rari e magnifici. Con la sua sicurezza espressiva fu autore, tra l’altro, anche dei dipinti Ultima Cena (1738), Salita al Calvario (1738-1740), Incoronazione di spine (1737-1740), Flagellazione (1737-1740), Crocifissione (1745/1750). Per il critico d’arte Giulio Carlo Argan, il Tiepolo rimane “indifferente ai temi religiosi”.[49]
Tale valutazione, però, può essere rimodulata alla luce di ulteriori ricerche. Si pensi, ad esempio, agli studi che hanno riguardato la pala della Risurrezione per il duomo di Udine. L’opera è gioiosa, eppure sobria; potente, ma senza eccessi di dubbio gusto. Sa coinvolgere, ma rimane lineare e quasi disadorna, nel suo virtuosismo che sfiora la caratteristica dei grandi artisti: la semplicità.[50] Non è debole, così, affermare che nei lavori dell’artista veneziano non è assente l’ispirazione religiosa. Unitamente a ciò, non si esclude che l’autore sembra attribuire importanza a più fattori: il colore in sé, l’ariosità della scena, la libertà del movimento, il gioco dei piani prospettici e un ampliamento degli spazi poco naturale.

I testimoni della fede

Nel contesto delineato, mentre taluni artisti rispondevano alle committenze con opere anche “di maniera”, non mancarono però – sul piano spirituale – dei testimoni della fede che, attraverso un personale e rigoroso percorso ascetico, seppero ricondurre l’attenzione dei fedeli e della stessa gerarchia ecclesiastica verso una rinnovata e profonda contemplazione del volto di Gesù. Si pensi, ad esempio, a santa Margherita Maria Alacoque, alla beata Anna Katharina Emmerick, al venerabile Leo Papin Dupont, alla serva di Dio suor Maria de Saint-Pierre e a santa Teresa del Bambino Gesù. Saranno proprio queste “voci”, esigenti, scomode per alcuni, e decisive, a coinvolgere vari artisti in nuove rappresentazioni del Santo Volto.[51]

Volto di Cristo e vissuto dei mistici. Margherita Alacoque (1647-1690)

Nel migrare del tempo tornò a riemergere in modo costante l’apporto dei mistici con riferimento al volto di Cristo. Nel XVII secolo, ad esempio, emerse il contributo di una religiosa francese: Margherita Maria Alacoque.[52] Ella (aveva 24 anni) si inserì nella comunità delle suore dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria. Il monastero si trovava a Paray-le-Monial.[53] Dopo alcuni anni di permanenza nell’istituto, la consacrata riferì di aver avuto un’apparizione di Gesù (27 dicembre 1673). Il Signore le chiedeva di vivere e di diffondere una devozione al suo Sacro Cuore. Queste apparizioni continuarono fino alla morte. In un primo momento suor Margherita Maria venne valutata in negativo e subì critiche. In suo aiuto, però, intervenne un padre gesuita, Claude de la Colombière.[54] Questi impegnò la suora a mettere per iscritto quanto era avvenuto nelle sue esperienze mistiche.[55] Da tali vicende derivò la festa del Sacro Cuore, ed ebbe origine la pratica dei primi Nove Venerdì del mese.[56] In tale contesto, la santa evidenziò in più occasioni l’immagine del volto Santo: “Egli (Cristo) mi era sempre presente, sotto la figura del Crocifisso dell’Ecce Homo sotto il peso della croce; ciò imprimeva in me tanta compassione, tanto amore alla sofferenza, che tutte le mie pene mi diventarono leggere in paragone al desiderio che sentivo di soffrirne per conformarmi a Gesù sofferente”.[57]

Beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824)

Katharina Emmerick[58] nacque in una famiglia di contadini. Fu la quinta di nove figli. Per aiutare la famiglia sul piano economico, lavorò come domestica e poi come sarta. Nel 1802 fece il suo ingresso nel monastero delle Canonichesse Regolari di Sant’Agostino di Agnetenberg, presso Dülmen. Subì in seguito diverse malattie (1802-1811). Avvenne poi un fatto critico. Il monastero venne soppresso (1811) a opera del movimento di secolarizzazione. Katharina tornò a fare degli umili lavori. Fu in questo periodo che ricevette le stigmate. Raccontò anche di visioni mistiche. Tra queste, quelle riguardanti la passione di Gesù.[59]
Curata da un medico ateo (Franz Wesener), divenuto in seguito credente, affrontò molte prove dolorose. Di lei si interessò pure il poeta Clemens Brentano[60]. Morì il 9 febbraio del 1824. Anche la Emmerick ebbe il dono mistico di vedere Gesù nelle ore della sua passione.[61]

Venerabile Leo Papin Dupont (1797-1876)

Santo Volto di Tours (copia dell’immagine esposta in Vaticano nel 1849)  fatto conoscere da Leo Dupont

Santo Volto di Tours (copia dell’immagine esposta in Vaticano nel 1849)
fatto conoscere da Leo Dupont

Leo Dupont[62] fu un laico che contribuì a diffondere più devozioni. Tra queste, anche il culto al volto Santo di Gesù, e l’adorazione eucaristica notturna. Nacque in Martinica. Il padre (Nicholas), francese, era un ricco proprietario di piantagioni di zucchero. Sua madre era una creola della Martinica. Il bambino Leon, morto il padre, venne educato in Martinica, e negli Stati Uniti. Studiò poi in Francia. Terminata l’università, dopo un viaggio nella Martinica e un matrimonio, si stabilì definitivamente a Tours (Francia). Qui, attivò il proprio studio legale. Dopo la morte della moglie e della figlia, Leo volle accentuare il proprio impegno nella Chiesa. Favorì la promozione di opere di assistenza, sostenne economicamente realtà disagiate, animò associazioni cattoliche, diffuse l’adorazione eucaristica notturna. Tra i suoi interlocutori ci furono santa Madeleine Sophie Barat, santa Giovanna Jugan, san Jean Vianney, san Pietro Giuliano Eymard.
In tale contesto, Leo Dupont rivolse una particolare attenzione al volto Santo di Gesù. Dai Padri Carmelitani venne pure informato sulle visioni di Gesù e Maria che aveva avuto una religiosa del Carmelo: suor Maria di San Pietro dal 1844 al 1847. Questo, accrebbe in lui il desiderio diffondere sempre più negli ambienti la devozione al volto Santo. Lo fece per circa trent’anni. Nel 1851 Dupont promosse l’Arciconfraternita del Santo Volto a Tours. Nel 1876, terminò il cammino terreno. Aveva 79 anni. Alla sua morte, la sua casa in Rue St. Etienne fu acquistata dall’arcidiocesi di Tours e trasformata nell’Oratorio del santo Volto.[63] Presso questo luogo sorse anche un’associazione di sacerdoti diocesani: i Preti del Santo Volto. Si impegnarono nel servizio liturgico dell’oratorio e nella predicazione. Promossero il culto di riparazione al volto di Cristo, e sostennero i sacerdoti delle campagne.

Suor Maria de Saint-Pierre (1816-1848)

Perrine Éluère[64] nacque a Rennes, da Pierre Éluère e France Portier, in una famiglia di 12 figli. La madre morì presto e fu il padre a seguire la crescita della prole. Diversi figli morirono. Restarono alla fine in vita solo un ragazzo, e la giovane Perrine. Quest’ultima, venne inviata nella casa di alcune zie per imparare a cucire. Il 13 novembre del 1839 Perrine fece il suo ingresso nel monastero carmelitano di Tours. Divenne suor Marie de Saint-Pierre et de la Sainte Famille. Nel periodo che intercorre dal 1844 al 1847 la religiosa riferì di aver avuto delle visioni di Gesù e di Maria. In particolare, in una visione, Gesù le disse: “Coloro che contemplano il mio Volto ferito sulla terra, un giorno contempleranno la gloria e la maestà con cui è circondato dal cielo”.
Suor Marie riferì dice di aver ricevuto dal Signore la richiesta di “riparare gli oltraggi e asciugare il fango del suo volto Santo”. Queste violenze verbali erano commesse dai bestemmiatori che oltraggiavano Dio e la Chiesa. Nei suoi scritti, la religiosa indicò un collegamento spirituale, un legame mistico, tra le sue “rivelazioni private” e la figura della Veronica[65] che asciugò il Volto sanguinante di Gesù con un velo. La consacrata evidenziò al riguardo un punto: gli attuali atti sacrileghi e blasfemi si aggiungono agli sputi e al fango che la Veronica asciugò lungo la Via Crucis. In tale contesto, la suora disse che Gesù voleva la devozione al suo volto come riparazione agli atti sacrileghi e alla bestemmia. Tali peccati sono definiti una “freccia avvelenata”.
Per questo motivo, suor Maria scrisse la preghiera della Freccia d’Oro della Devozione al Volto Santo.
Nel 1843 la religiosa ebbe la possibilità di parlare all’arcivescovo di Tours.[66] Ma la preghiera che trasmise all’alto prelato fu accolta con riserva. Nel 1847 la Serva di Dio ripeté la richiesta di diffondere l’orazione della “Freccia d’Oreo”. A Langres ottenne il permesso di fondare un’arciconfraternita di laici per pregare per la riparazione delle offese fatte al volto Santo. Fu preparata anche una medaglia scolpita. In seguito, anche la diocesi di Lione accolse la stessa richiesta. L’arciconfraternita cominciò a diffondersi in Francia. La monaca morì l’8 luglio del 1848.[67]

Santa Teresa del Bambino Gesù e del volto Santo (1873-1897)

Maria Francesca Teresa Martin[68] nacque ad Alençon, un piccolo paese della Normandia francese, ultima di nove bimbi.[69] Il padre aveva imparato l’orologeria in Svizzera, mentre la madre dirigeva merlettaie. Il 9 aprile 1888 Teresa, dopo tre mesi di attesa, entrò nel Carmelo di Lisieux. Divenne suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Rimase nel monastero fino alla morte. Negli anni di vita religiosa dovette affrontare molte prove che accolse con animo sereno. Sul piano spirituale santa Teresa sviluppò una strada offertoriale che viene ricordata come la “piccola via”. Si tratta di ricercare la santità, non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani anche i più insignificanti.
Nell’aprile del 1896 Teresa contrasse la tubercolosi. Morì all’età di 25 anni il 30 settembre 1897. Dopo la sua morte, l’insegnamento di questa giovane carmelitana si diffuse nella Chiesa. Furono diverse le persone che ricevettero delle grazie da Dio per sua intercessione. La Chiesa l’ha proclamata “Dottore”.
Teresa è anche patrona delle missioni perché nella sua vita terrena offrì continuamente diverse sofferenze a sostegno dell’impegno dei sacerdoti nelle opere di evangelizzazione. Fu pure in diretta comunicazione epistolare con due missionari che accompagnò spiritualmente.
La santa è pure protettrice dei malati di Aids e di altre malattie infettive perché, pur giovane e inesperta, fu impegnata nell’assistenza delle consorelle colpite da patologie che si potevano trasmettere a chi era vicino. Per ordine dei superiori, Teresa scrisse inoltre la Storia di un’anima, ove delineò la propria Sequela Christi attraverso atti spontanei, gioiosi, ricchi di amore per Gesù e per i fratelli e le sorelle.
In tale contesto, è utile ricordare un dato. La santa entrò in clausura divenendo suor Teresa di Gesù Bambino. A questo nome aggiunse in seguito “e del Volto Santo”. Lo fece, quando suo padre soffrì periodi di allucinazioni, e venne ricoverato nell’ospedale psichiatrico.

Riscoperta del Volto dell’Uomo della Sindone (1898)

Nel 1898 si verificò a Torino un fatto straordinario. Erano state organizzate le celebrazioni per il 400º anniversario della sua cattedrale, e per il 50º anniversario dello Statuto Albertino. In tale contesto, si realizzò pure un’ostensione della Sindone (conservata nel duomo). A questo punto, un avvocato piemontese, Secondo Pia[70], chiese di poter fotografare il lenzuolo. Era la prima volta che si eseguiva uno scatto alla reliquia. La foto venne realizzata il 25 maggio. Quando si arrivò a sviluppare le immagini, ci si rese conto che quanto impresso nelle lastre si leggeva molto bene osservando il negativo. La sera del 28 maggio Pia tornò per una seconda sessione di fotografia. Da questo momento in poi cominciarono a svilupparsi gli studi scientifici.

L’osservazione dell’uomo della Sindone (1898)

Davanti alle immagini dell’avvocato Pia, i fedeli rimasero (e rimangono) colpiti dall’armonica bellezza dell’uomo, dalle masse muscolari, dai segni delle sofferenze patite. Ancora oggi le guance e le arcate sopraccigliari si presentano lesionate e tumefatte per ripetuti traumi. Il gonfiore presente sulla guancia destra è l’effetto di un colpo violento che ha provocato anche una lesione della cartilagine nasale. L’impronta di sangue a forma di “3” rovesciato corrisponde a un piccolo rivolo di sangue coagulatosi sulla fronte. Il cuoio capelluto presenta lesioni di modesto diametro causate forse da spine. La distribuzione delle ferite da punta in corrispondenza della fronte e della nuca del crocifisso fa ritenere che sul suo capo sia stato fissato un intreccio di rami spinosi.
Il capo è leggermente flesso verso il torace. È come se l’uomo della Sindone fosse andato incontro alla rigidità cadaverica in quella posizione.[71] Per tale motivo non è visibile l’impronta anteriore del collo. Infatti, la distanza tra il bordo inferiore del mento e il piano del torace è troppo breve e corrisponde alla contemporanea modifica dell’impronta posteriore del collo che risulta, invece, allungata.
Il Volto presenta occhi chiusi. Capelli lunghi. Baffi e barba bipartita. La massa dei capelli a sinistra è più marcata che a destra. I capelli, invece di cadere all’indietro, scendono lateralmente al viso come se il corpo fosse in posizione eretta.
La metà destra del Volto presenta il maggior numero di lesioni. È più deformata e gonfia rispetto alla sinistra. Un motivo: il capo sarebbe rimasto chinato verso destra per un paio d’ore dopo la morte in croce.[72]

Il volto di Manoppello è quello della Veronica? (1999)

Il 31 maggio 1999, un gesuita, il padre Heinrich Pfeiffer[73], in una conferenza presso la Stampa Estera (Roma), annunciò la tesi che a Manoppello, in provincia di Pescara, era conservato il velo della Veronica[74] con l’immagine del volto di Cristo.[75] Si trovava in una chiesa del monastero dei padri cappuccini dal 1660. Questa comunicazione, alle soglie del Giubileo del Duemila, fece scalpore sui principali media di tutto il mondo (‘Corriere della Sera’, ‘Sunday Times’, ‘Die Welt’, ‘CNN’). In realtà lo studioso aveva esaminato la sacra immagine da più anni.[76] La storia di questo volto è documentata dal 1506 (mancano dati precedenti). Il religioso cappuccino padre Donato da Bomba[77], scrisse al riguardo una Relatione historica (1642/1645).[78]
Guardando l’immagine si osserva che: la sua tonalità è sul marrone. Le guance sono asimmetriche (una si presenta più rotonda dell’altra, quasi gonfia). Gli occhi sono concentrati a guardare in una parte e verso l’alto, facendo trasparire il bianco del globo oculare sotto l’iride. Le pupille sono aperte ma irregolari.
In tale contesto, Pfeiffer divulgò una propria convinzione: l’immagine di Manoppello è il velo che si conservava in Vaticano fin dal 1300. Tale reliquia fu poi trafugata durante la ricostruzione della basilica di San Pietro (1506-1626). Per il gesuita si trattava del tessuto adagiato sul volto di Gesù nella tomba. L’immagine che oggi si vede, in pratica, si formò nel momento della risurrezione per l’esplosione di energia che si sprigionò in quell’ora. In modo identico, si era formata, quella sulla Sindone.
Il velo di Manoppello è stato esaminato. Secondo un‘esperta tessitrice, la sarda Chiara Vigo, siamo in presenza di una rara fibra marina detta “bisso”. Evidentemente non sono mancate nel tempo critiche.[79] Rimangono, però, alcuni dati significativi che si riportano qui di seguito.
1) L’immagine è visibile in modo identico da entrambe le parti.
2) Il velo non è un dipinto.[80] Questo, però, non esclude un fatto. Qualcuno (forse in epoca moderna) può aver voluto “ravvivare” il volto con dei ritocchi pittorici. È una situazione avvenuta, ad esempio, con l’immagine della Madonna di Guadalupe (impressa in una tilma).
3) Il volto della Sindone di Torino e quello che appare nel Velo di Manoppello sono ritenuti da alcuni studiosi sovrapponibili.[81] L’unica differenza è che nella reliquia di Manoppello la bocca e gli occhi del viso sono aperti.[82]

L’ipotesi di Neave sul Volto di Cristo (2001)

L’immagine di Gesù ricostruita da Richard Neave

L’immagine di Gesù ricostruita da Richard Neave

Nel 2001, il documentario britannico Son of God[83] presentò un progetto realizzato da Richard Neave.[84] Quest’ultimo, è un esperto britannico in ricostruzione facciale forense. Ha usato la sua abilità nel ricreare volti da teschi nel lavoro forense della Polizia e nella produzione di immagini di personaggi storici. Egli ha voluto anche fare un esperimento. Da un dipartimento di scienze forensi di Israele si è fatto prestare tre teschi appartenuti a ebrei probabilmente vissuti nella zona nord di Israele, e forse nello stesso periodo di Gesù. A questo punto, ha incominciato a “costruire” un possibile volto del Cristo.
Nel procedere del lavoro ha tenuto conto dell’antropologia forense. Questa, secondo le dichiarazioni di Neave, suggeriva un possibile modello: viso largo, naso grande, pelle e occhi scuri, folta barba, capelli ricci, con una muscolatura marcata (sviluppata con il lavoro di carpentiere). Per il colore degli occhi e per il taglio dei capelli si è ritenuto sufficiente tener conto di alcuni passi biblici. Poi, attraverso l’esame di resti di alcuni antichi palestinesi, vissuti durante il periodo di Cristo, Neave e i suoi collaboratori, hanno calcolato altezza e peso di Gesù (alto 1,50 metri; peso 50 Kg ca). Dopo l’utilizzo di programmi di computer e la preparazione di un busto di creta, è stato presentato alla fine il risultato. Questo differisce da altre immagini note (es. Sindone).

I rilievi critici rivolti a Richard Neave

Se si osservano i passaggi scientifici affrontati da Richard Neave nel suo lavoro, e se si considera l’ipotesi conclusiva, si notano facilmente dei dettagli che lo scienziato non pare aver considerato. Può essere utile riportarli qui di seguito.
1) La presentazione di un uomo ebreo, basso, tozzo e alto un metro e mezzo, non sembra corrispondere ai dati che è possibile trarre dalla Sacra Scrittura, da testi rabbinici, e da studi scientifici (tombe, monete, altezza stipiti).[85]
2) Gli ebrei, fin dalle origini presentavano un bell’aspetto. Ne sono esempio Mosè (Es 2,1-10), il re David, fulvo di capelli (1 Sam 10, 10-13), e i suoi figli Assalonne (2 Sam 14, 25-27) e Salomone (1 Re 2).
E molte donne ebree sono rimaste famose per la loro bellezza. Si pensi a Sara (Gen 12,11-12), moglie di Abramo (il capostipite), ma anche alla regina Ester (Est 2,7). Non si possono poi tacere alcuni versetti del Cantico dei Cantici (es. 1,8).
3) Si ricorda ancora che Gesù discendeva dal re David da parte materna. Anche suo padre putativo Giuseppe era discendente del re David e proveniva da Betlemme, la città del re David, non era di origine galilea ma giudaica (Mt 1, 1-16; Lc 3, 23-38).
4) Nell’immagine dell’uomo della Sindone, e in rappresentazioni analoghe, si osserva l’uso dei capelli lunghi. Ciò è legato al voto di nazireato (1 Mac 3,49). Era un atto di consacrazione a Dio. Il nazireo doveva rispettare degli obblighi (Nm 6,1-21). Tra questi: lasciarsi crescere i capelli.
5) In tale contesto, Ebrei di periodi trascorsi ed Ebrei attuali si presentano con aspetti che si riscontrano in ogni comunità umana. Ci sono soggetti alti, di media altezza, bassi, belli, meno belli, bruni e biondi.

L’ipotesi del Volto di Gesù adolescente (2015)

Lo sviluppo del programma informatico, partendo dal volto dell’uomo della Sindone

Lo sviluppo del programma informatico, partendo dal volto dell’uomo della Sindone

Nel 2015, un team di studiosi, e a Roma anche chi scrive, ha cercato di tentare un esperimento percorrendo una nuova strada. Si volle, in particolare, tentare di avere un’idea del Volto di Gesù adolescente. Al riguardo furono percorse due strade concomitanti. Da una parte, come punto di partenza, si scelse il volto dell’uomo della Sindone, dall’altra – per gli aspetti – informatici si chiese una collaborazione alla Polizia Scientifica di Torino.
Fino a quel momento, i dirigenti della Polizia di Stato erano abituati a “invecchiare” i volti di soggetti ricercati o perché latitanti (es. Messina Denaro, criminale legato a Cosa Nostra), o perché scomparsi (es. bambini, tra questi Denise Pipitone). Alla Scientifica si chiese, al contrario, di compiere un passo indietro. Stavolta i loro programmi dovevano “ringiovanire” il soggetto in esame.
Stabilita l’intesa, si cominciò a lavorare sul volto dell’uomo della Sindone cancellando i segni delle percosse subìte e della flagellazione. Si è poi tenuto conto dei caratteri orientali, dei volti di ebrei del I secolo, delle loro caratteristiche psicosomatiche. In tal senso, un aiuto è pervenuto dalla letteratura ebraica e dalle testimonianze archeologiche. Alla fine, sono stati presentati in dettaglio i passaggi eseguiti con un programma informatico. Il risultato ottenuto mostra il volto di un adolescente. Vi si nota, tra l’altro, anche il colore “ocra” dei capelli. Al riguardo, proprio chi scrive ha ricordato che nel I Libro di Samuele 16,12 c’è un riferimento a David descritto come “fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto”. Comunque tale esito è stato indicato come un semplice esperimento, un tentativo.[86]

Nuove immagini del volto di Cristo. Faustina Kowalska (1931)

Il dipinto di Eugenio Kazimirowski (a sinistra) e quello di  Adolf Hyla

Il dipinto di Kazimirowski (a sinistra) e quello di Hyla

Il compito che svolsero nella Chiesa santa Margherita Maria Alacoque, il venerabile Leo Papin Dupont, la serva di Dio suor Maria de Saint-Pierre e santa Teresa del Bambino Gesù rimane a tutt’oggi un fatto significativo. Nel XX secolo, si verificò un nuovo fatto. Una religiosa vide il volto del figlio di Dio e lo fece dipingere. Si trattò di una suora polacca: Maria Faustina (in polacco Maria Faustyna) Kowalska, al secolo Helena Kowalska.[87] Fece parte della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Le sue esperienze mistiche sono racchiuse nel Diario.[88]
In particolare, c’è un episodio che interessa l’argomento di questo lavoro. La sera del 22 febbraio del 1931 la santa scrisse nel suo diario: “(…) La sera, stando nella mia cella, vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire, mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido. […] Gesù mi disse: ‘Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto la scritta: ‘Gesù confido in Te!’ Desidero che quest’immagine venga venerata […] nel mondo intero. Prometto che l’anima che venererà quest’immagine non perirà. […] Voglio che l’immagine […] venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua: questa domenica deve essere la Festa della Misericordia (…)”.
Suor Faustina ubbidì. Fu chiamato allora un pittore, Eugenio Kazimirowski.[89] E gli venne affidato il compito di preparare un’immagine secondo le indicazioni della religiosa. Terminata l’opera, la suora in un primo momento si rattristò. Il volto non esprimeva la bellezza di Gesù. E disse piangendo: “Chi può dipingerti bello come sei?”.[90] Gesù la consolò. Le disse che l’importanza di quell’immagine non riguardava la bellezza ma le grazie divine donate a chi la venerava. Dal 26 al 28 aprile 1935, il quadro della Divina Misericordia fu presentato per la prima volta al pubblico nel santuario dedicato alla Madre della Misericordia (Ostra Brama).[91] 

La nuova immagine

In seguito, si chiese all’artista Adolf Hyla[92] di dipingere un nuovo quadro. Furono eseguite due copie. La prima delle due[93], venne benedetta a Cracovia (7 marzo 1943).[94] Per le sue dimensioni l’opera non entrava però sull’altare. Così, ne fu commissionato un altro.[95] Venne benedetto a Cracovia – Lagiewniki. Lo sfondo del quadro è quasi di colore scuro, sotto i piedi di Gesù compare un pavimento. Si era arrivati in tal modo al 16 aprile del 1944: Domenica in Albis (giorno da dedicare alla Divina Misericordia).

Maria Pierina De Micheli (1938)

Maria Pierina De Micheli[96] nel 1914 fece il suo ingresso nella locale casa della Congregazione delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires. Il suo nuovo nome fu: suor Maria Pierina. Fu attiva presso la casa madre dell’Istituto nella capitale argentina dal 1919 fino alla professione religiosa, nel 1921, quando rientrò a Milano. In quest’ultima Comunità fu eletta madre superiora (1928). Nel 1929 venne confermata superiora della casa di Milano. Ebbe anche la nomina a delegata per le attività all’estero. Da quel momento dovette garantire una presenza a Milano e a Roma. Nel 1938, d’accordo con la madre generale, iniziò la fondazione in Roma dell’Istituto Spirito Santo. Vi si trasferì nel 1939 e nel 1940 divenne superiora regionale d’Italia. Continuò comunque a recarsi a Milano per seguire le consorelle. Morì il 26 luglio del 1945.
In tale contesto, occorre evidenziare un fatto. Suor Maria Pierina visse profonde esperienze mistiche. In particolare, nella notte del 31 maggio 1938, mentre pregava in cappella[97], le apparve la Vergine Maria, con un piccolo scapolare in mano (lo scapolare fu poi sostituito dalla medaglia per ragioni di comodità, con l’approvazione ecclesiastica).
Lo scapolare era formato di due flanelline bianche, unite da un cordoncino. In una flanellina era impressa l’immagine del Santo Volto di Gesù, con questa dicitura intorno: “Illumina, Domine, vultum tuum super nos” (“Fà splendere, Signore, il Tuo Volto su di noi”). Nell’altra, era impressa un’ostia, circondata da raggi, con questa scritta intorno: “Mane nobiscum, Domine” (‘Resta con noi, o Signore’).
L’opera della madre Maria Pierina fu continuata dal padre abate Ildebrando Gregori[98], direttore spirituale della religiosa nel periodo romano. Nel 1950 padre Gregori fondò l’Istituto Religioso Pio sodalizio, che nel 1977 divenne Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore Gesù Cristo. Attualmente, le medaglie con il Santo Volto continuano ad essere distribuite in molteplici Paesi. Esse riproducono l’immagine del volto dell’uomo della Sindone di Torino.

Alcune considerazioni di sintesi

1) Un saggio storico sul volto di Cristo non è utile solo per osservare i comportamenti e le scelte di ecclesiastici e di artisti, ma anche per comprendere meglio degli itineri di spiritualità. “Videre Iesum”, in pratica, significa far esperienza nella propria vita di un incontro diretto con l’Unico Salvatore del mondo. Il Volto trasmette la Presenza. Questa, comunica Vita divina, pace interiore, accompagnamento anche nella valle oscura. Nel Santo Volto si scopre Umanità e Divinità, e si ha la forza per restare nelle situazioni, negli inginocchiatoi di ogni tempo.
2) Anche i Papi sono stati attratti dalla contemplazione del Santo Volto. Papa Leone XIII, dopo la morte della carmelitana suor Maria di San Pietro, volle sostenere la fondazione di un’Arciconfraternita del Volto Santo. Nel 1958, Pio XII dichiarò la festa del Santo Volto di Gesù. San Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte ha scritto: “(…) Gli uomini del nostro tempo chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo loro vedere. E non è forse compito della Chiesa riflettere la luce di Cristo in ogni epoca della storia, farne risplendere il Volto anche davanti alle generazioni del nuovo millennio?”.
3) Nel procedere della Chiesa, il Volto Santo di Gesù è venerato in particolare nell’ambito degli atti di riparazione a lui rivolti. Al riguardo, sono stati fondati alcuni Istituti Religiosi che qui di seguito si citano.
-Le Suore Espiatrici del Santo Volto del Signore (1888). Congregazione con sede centrale a Varsavia (Polonia). Furono fondate dal p. Honorato Kozminski[99] ofm cap. e da suor Eliza (Emilia) Cejzik.[100] Il 22 giugno 1958, l’Istituto è stato aggregato all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini.
- Le Suore del Santo Volto (1930): Congregazione di diritto pontificio che vive una particolare devozione a Gesù Sacerdote e Ostia di oblazione).[101] L’Istituto venne fondato a San Fior di Sopra (Treviso) da Maria Pia Mastena[102] con il sostegno del vescovo di Vittorio Veneto Eugenio Beccegato.
- Le Suore Veroniche del Volto Santo (1934). Fondate a Reggio Calabria dal “missionario del Volto Santo”, padre Gaetano Catanoso.[103]
- Le Suore Benedettine Riparatrici del Santo Volto di Nostro Signore (1950/1977).

Note

[1] Esistono poi anche delle devozioni “a latere”: dei “Santi Chiodi”, della “Vera Croce”, del “Titulus Crucis”.
[2] Cf anche: V. Bertolone, Volto Redentore. Il culto del Santo Volto e la spiritualità della riparazione, Edizioni Dehoniane, Roma 1997.

[3] G. Giacometti – P. Sessa, Le piaghe del Messia, MIMEP-DOCETE, Pessano con Bornago (Mi) 2000.
[4] R. Felipe Bacarreza (Vescovo), Dal Cuore trafitto di Cristo nasce la Chiesa, edizione a cura di Pier Luigi Guiducci, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2018.
[5] Tra le molte pubblicazioni cf anche: G. De Libero, S. Gaspare Del Bufalo romano e la sua missione nel Sangue di Cristo, Curia Generalizia della Congregazione del Preziosissimo Sangue, Roma 1954.
[6] Salmo 26,8: “(…) il tuo volto, Signore, io cerco (…)”.
[7] Salmo 102,2: “(…) Non nasconderrmi il Tuo Volto (…)”.
[8] San Giustino martire (100-163/167). Filosofo.
[9] San Clemente di Alessandria (150ca-215ca). Filosofo, scrittore, apologeta. È uno dei Padri della Chiesa.
[10] Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (155ca-230ca). Avvocato, scrittore, apologista.
[11] Con il termine Theosis (dal greco ‘dio’) si indica l’unione perfetta con Dio. Tale traguardo si raggiune attrraverso una pruficazione, l’illuminazione o contemplazione, la partecipazione totale della vita di Dio, donata al credente attraverso Gesù Cristo per merito dello Spirito Santo.
[12] Icona: immagine (dal greco).
[13] Lo suggerì per primo Paul Vignon (1865-1943) nel 1898. Fu professore di biologia dell’Institut Catholique di Parigi. Cf: P. Vignon, Aprés l’ostension du Saint Suaire de Turin, in: ‘Études’, 20 giugno 1932.
[14] Cf ad es.: E. Marinelli, Nuova luce sulla Sindone. Storia, scienza, spiritualità, Ares, Milano 2020.
[15] Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: P. Baima Bollone, Sindone. Storia e Scienza, Priuli&Verlucca Editori, Scarmagno (TO) 2010. L. Fossati, La sacra Sindone. Storia documentata di una secolare venerazione, Elledici, Torino 2000. F. Innangi, La Sindone è autentica. Una nuova ipotesi, Tau Editrice, Todi 2022.
[16] Giovanni Paolo II (1920-2005; Santo). Il suo pontificato durò dal 1978 alla morte.
[17] Eusebio di Cesarea, Evagrio Scolastico, Giovanni Damasceno et al.
[18] G. Larentzakis, La controversia delle immagini, in: ‘ Storia della chiesa cattolica’, Ed. Paoline, Milano 1989, pp. 401-403. P.A. Yannopoulos, Il secondo concilio di Nicea (786-787) o Settimo concilio ecumenico, in: ‘ Storia dei concili ecumenici’, a cura di G. Alberigo, Queriniana, Brescia 1990, pp. 145-151.

[19] Costantino Porfiriogeneto (= “nato nella porpora”), Narratio de imagine edessena, XI, PG 113, c. 434, 944.
[20] AA.VV., Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo, Edizioni Di Pagina, Bari 2013. AA.VV., Il Volto Santo di Manoppello, a cura di H. Pfeiffer, Carsa Edizioni, Pescara 2012. P. Badde, La seconda Sindone, Newton Compton, Roma 2007. S. Gaeta, L’altra Sindone, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2005.
[21] I capelli sono spesso bipartiti, cioè divisi al centro (e spesso staccati dal volto).
[22] Il naso è talvolta rappresentato con una gobba (il setto nasale incrinato?).
[23] Sono possibili interpretazioni del rivolo di sangue individuato nella Sindone.
[24] Cf anche: R. van Straten, Introduzione all’iconografia, Jaca Book, Milano 2009.
[25] Cf anche: I. Alfeev, L’icona. Arte, bellezza, mistero, EDB, Bologna 2017. P. Evdokìmov, Teologia della bellezza. L’arte dell’icona, San Paolo, Cinisello Balsamo 2017.
[26] Dal greco: “tutto” e “dominare con forza”.
[27] M. Chatzidakis – G. Walters, An Encaustic Icon of Christ at Sinai, The Art Bulletin 49, No. 3 (1967).
[28] Gertrude di Helfta (1256 -1301/1303; Santa). Cf anche: Giovanna della Croce, Gertrude di Helfta, in E. Ancilli (a cura), Dizionario Enciclopedico di SpiritualitàCittà NuovaRoma 1990, vol. 2, pp. 1080-1081.
[29] Santa Gertrude di Helfta, L’Araldo del Divino Amore. Diario spirituale, a cura di L. Coco, San Paolo, Cinisello Balsamo 2008.
[30] Is 53,3: “Lo abbiamo visto senza apparenza”.
[31] Gertrude di Helfta, Rivelazioni, 1,4, cap. 15.
[32] P. De Vecchi – E. Cerchiari Necchi, Arte nel tempo. Il Medioevo, volume 2, Bompiani, Milano 2000.
[33] San Francesco di Assisi (1181/1182-1226).
[34] Tra le molti pubblicazioni cf anche: M. Bollati, Francesco e la croce di S. Damiano, Biblioteca Francescana, Milano 2016.
[35] P. De Vecchi – E. Cerchiari Necchi, Arte nel tempo, op.cit.
[36] Giotto da Bondone (1267ca-1337). Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: G. Cegna, Giotto attraverso le sue opere, Si-Times Edizioni, Milano 2011. A. Masi, L’artista dell’anima. Giotto e il suo mondo, Neri Pozza Editore, Milano 2022.

[37] Giunta Pisano, soprannome di Giunta di Capitino (1190/1200ca-1260ca).
[38] Cimabue, pseudonimo di Cenni (Bencivieni) di Pepo (1240ca-1302).
[39] M. Ciatti e M. Seidel (a cura), La Croce di Santa Maria Novella, Edifir, Firenze 2001.
[40] Michelangelo Buonarroti (1475- 1564). Scultore, pittore, architetto, poeta. Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: AA.VV., Michelangelo. Divino artista, SAGEP, Genova 2020. O. Schiavone, Michelangelo Buonarroti. Forme del sapere tra letteratura e arte nel Rinascimento, Polistampa, Firenze 2013.
[41] Antonello da Messina (soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio; 1425/1430-1479). Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: M. Lucco, Antonello da Messina, 24Ore Cultura, Milano 2011. S. Renzoni, Antonello da Messina, Pacini Editore, Pisa 2020.
[42] Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: M. Bendiscioli, La riforma cattolica, Studium, Roma 1974. A. Gentili, La riforma cattolica, EDB, Bologna 2014.
[43] Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: L. Mezzadri, Storia della Chiesa tra Medioevo ed epoca moderna. Vol. 2: ‘Rinnovamenti, separazioni, missioni. Il Concilio di Trento (1492-1563)’, Centro Liturgico Vincenziano, Roma 2001. A. Tallon, Il Concilio di Trento, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004.
[44] Cf anche: L. Willaert, La Restaurazione cattolica dopo il Concilio di Trento, San Paolo, Cinisello Balsamo 1979.
[45] Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Scultore, urbanista, architetto, pittore, scenografo, commediografo. Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: R. Melotto, Bernini, l’artista in Italia. Guida ragionata alle opere di Gian Lorenzo Bernini nei musei, nelle chiese, nelle gallerie e collezioni d’arte in Italia, Odoya Editore, Città di Castello 2018.
[46] Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606-1669). Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: M.M. Mascolo, Rembrandt. Un artista nell’Europa del Seicento, Carocci, Roma 2021. C. Pescio, Rembrandt, The Oliver Press, Minneapolis 2008.
[47] AA.VV., Rembrandt et la figure du Christ, Catalogo della mostra, Officina Libraria, Roma 2011.
[48] Giambattista Tiepolo (1696-1770). Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: P. Scandaletti, Giambattista Tiepolo. La magia del colore, Venezia 1696 – Madrid 1770, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 2012. G. Villa, Tiepolo e il Settecento veneto, Skira, Milano 2019.
[49] Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni Editore, Firenze 1968, vol. III, pp. 442-448.
[50] C. Someda De Marco, Il Duomo di Udine, Arti Grafiche Friulane, Udine 1970.
[51] Cf anche: AA.VV., Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova, 1961-2012.
[52] Margherita Maria Alacoque (Verosvres, 22 luglio 1647 – Paray-le-Monial, 17 ottobre 1690; Santa).
[53] Paray-le-Monial è un Comune francese situato nel Dipartimento della Saona e Loira, nella regione della Borgogna-Franca Contea.
[54] P. Claude de la Colombière SI ((Saint-Symphorien-d’Ozon, 2 febbraio 1641 – Paray-le-Monial, 15 febbraio 1682; Santo).
[55] Santa Margherita Maria Alacoque, Autobiografia, Edizioni Apostolato della Preghiera, Roma 2015.
[56] I. Gobry, Margherita Maria Alacoque e le rivelazioni del Sacro Cuore, Città Nuova, Roma 2002.
[57] S. Margherita Maria Alacoque, Autobiografia, op. cit.
[58] Anna Katharina Emmerick (Coesfeld, 8 settembre 1774 – Dülme, 9 febbraio 1824).

[59] Alcuni dettagli coincidono con particolari descritti nel XX secolo da Maria Valtorta (1897-1961).
[60] Clemens Maria Brentano, pseudonimo di Clemens Wenzeslaus Brentano de La Roche (1778-1842).
[61] A.K. Emmerick, La passione del Signore nelle visioni di Anna Katharina Emmerick, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011. V. Noja, La vita e la passione di Suor Anna Caterina Emmerick, Edizioni Segno, Tavagnacco 2007.
[62] Leo Papin Dupont (1797-1876; Venerabile). Fu soprannominato “l’apostolo del Volto Santo di Gesù”. Cf anche: J.P. Désiré, The Life of Leon Papin-Dupont: the Holy Man of Tours, Kessinger Publishing, Whitefish 2008.
[63] D. Scallan, The Holy Man of Tours. The Life of Leo Dupont (1797-1876), Apostle of the Holy Face Devotion, TAN Book, Gastonia 2015.
[64] Suor Marie de Saint-Pierre et de la Sainte Famille (nata Perrine Éluère; 1816-1848; Serva di Dio). Carmelitana di Tours.
[65] Figura legata a una pia tradizione.
[66] Mons. François-Nicholas-Madeleine (1795-1862).
[67] Abbé Janvier, Vie de Sœur Marie de Saint Pierre: carmélite de Tours, Larcher libraire, Paris 1884. Bénédicte, Sœur Marie de Saint Pierre et de la Sainte-Famille: Carmélite de ToursFrançois-Xavier de Guibert, coll. «Vie de saint», luglio 1998.
[68] Suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, detta di Lisieux, al secolo Marie-Françoise Thérèse Martin (1873-1897; Santa). Religiosa carmelitana. Tra le moltissime pubblicazioni cf anche: N. Benazzi, Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. La via della fiducia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2015.
[69] I suoi genitori furono Luigi Giuseppe Stanislao Martin (22 agosto 1823 – 29 luglio 1894; Santo) e Maria Zelia Guérin (23 dicembre 1831 – 28 agosto 1877; Santa).
[70] Secondo Pia (1855-1941). Nato ad Asti (Piemonte). Avvocato e fotografo dilettante. Dal 1870 in poi volle esplorare le nuove tecnologie fotografiche. Morì a Torino.
[71] Compatibile con quella di un crocifisso che abbia chinato il capo dopo essere spirato.
[72] G. Fanti, Sindone. La scienza rafforza la fede, EMP, Padova 2015. E. Marinelli – M. Marinelli, Alla scoperta della Sindone, EMP, Padova 2010. G. Toscano, La sacra Sindone e la scienza medica, Mimep-Docete, Pessano Con Bornago (MI) 2007.
[73] P. Heinrich Pfeiffer SI (1939-2021), professore di storia dell’arte e iconografia cristiana nella facoltà di Storia e beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana (Roma).
[74] Il rif. è a una donna, indicata come “Veronica” (il nome significa = vera icona), che avrebbe poggiato un velo sul Volto di Cristo.
[75] H.W. Pfeiffer, Il Volto Santo di Manoppello, Carsa, Pescara 2000.
[76] Nel 1991 un primo approccio allo studio del Volto Santo venne pubblicato in Germania, con il titolo “Das Turiner Grabtuch und das Cristusbild” (La Sindone di Torino e l’immagine di Cristo), Ed. Knecht, Francoforte, scritto con il sindonologo tedesco Werner Bulst.
[77] P. Donato da Bomba ofm capp (deceduto nel 1649).
[78] Donato da Bomba, Relatione historica d’una miracolosa immagine del volto di Christo, Marietti 1820, Bologna 2016.
[79] Mons. Dario Rezza, canonico di San Pietro, scrisse, per contrastare le tesi di p. Pfeiffer, un articolo dal titolo Nella Basilica di San Pietro è custodita la reliquia più famosa del mondo: ilsudario di Cristo”, pubblicato sul mensile ‘30Giorni’, n. 3, marzo 2000, pp. 60-64. Sul successivo numero di maggio n. 5, 2000, della stessa rivista, p. Pfeiffer smentì con fermezza questa posizione replicando con un articolo dal titolo chiaro: “Ma la “Veronica” è a Manoppello”.
[80] Il prof. Donato Vittore, Università di Bari, esaminò (1997) il Volto con lo stesso tipo di scanner in uso e sui satelliti per fotografare la Terra. Ottenne delle foto ad alta risoluzione e ingrandimento. Affermò che le fibre del Velo non presentavano nessun tipo di colore.
[81] Studi di suor Blandina Paschalis Schlömer (nata nel 1943). È la religiosa che segnalò al p. Pfeiffer SI l’esistenza del Velo.
[82] P. Badde, La seconda Sindone, Newton Compton, Roma 2007.
[83] Documentario britannico noto anche come: ‘Jesus: The Complete Story e Jesus: The Real Story. il suo primo episodio è stato presentato in anteprima nel Regno Unito il 1º aprile 2001.
[84] Richard Neave (nato nel 1936).
[85] Cf anche: M. Hengel, L’ellenizzazione della Giudea nel primo secolo dopo Cristo, Paideia, Parma 1993.
[86] A. Tan, Police Create Image of Jesus as a Child Using Shroud of Turin, Computer Forensics, in: ‘ABC News’, 5 maggio 2015; https://abcnews.go.com/.
[87] Suor Maria Faustina (in polacco Maria Faustyna) Kowalska, al secolo Helena Kowalska (Głogowiec, 25 agosto 1905 – Cracovia, 5 ottobre 1938; Santa).
[88] Santa Maria Faustina Kowalska, Diario di santa Maria Faustina Kowalska. La misericordia divina nella mia anima, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2021.

[89] Marcin Kazimirowski (11 novembre 1873 – 23 settembre 1939).
[90] Santa Maria Faustina Kowalska, Diario, op. cit.
[91] Attualmente è conservato a Vilnius (Lituania).

[92] Adolf Hyła (2 maggio 1897- 24 dicembre 1965).
[93] Pensata come ex voto.
[94] La cerimonia avvenne nel santuario ove si svolgono le celebrazioni aperte al pubblico della Divina Misericordia. Particolarità della tela è quella di avere come sfondo un prato e dei cespugli.
[95] Su precise indicazioni di suor Faustina Kowalska.
[96] Maria Pierina De Micheli (al secolo Giuseppa Maria; Milano11 settembre 1890 - Centonara26 luglio 1945; Beata). Cf anche: N. Gori, Un canto d’amore al Volto Santo. Biografia della beata Maria Pierina De Micheli (1890-1945), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2012.
[97] Sede dell’Istituto religioso: Milano, via Elba 18.
[98] Padre Ildebrando Gregori (Poggio Cinolfo, 8 maggio 1894 – Bassano Romano, 12 novembre 1985; Venerabile). Cf anche: F. Angelini, L’uomo delle beatitudini. Il Servo di Dio Abate Ildebrando Gregori Benedettino, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011.
[99] P. Honorato Kozminski da Biala ofm cap. (Biala Podlaska, 16 ottobre 1829 – Nowe Miasto, 16 dicembre 1916; Beato).
[100] Eliza Cejzik (Orenburg, 18 novembre 1858 – Nowe Miasto nad Pilicą, 16 novembre 1898).
[101] G. Pelliccia – G. Rocca (a cura), Dizionario degli Istituti di Perfezione, 10 voll., Edizioni Paoline, Milano 1974-2003.
[102] Maria Pia Mastena (Bovolone 1881 – Roma 1951; Beata).
[103] Padre Gaetano Catanoso (Chorio di San Lorenzo, 14 febbraio 1879 - Reggio Calabria, 4 aprile 1963; Santo).

Per saperne di più
AA.VV., Le icone di Cristo e la Sindone. Un modello per l’arte cristiana, a cura di F. Cavazzuti e L. Coppini, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000.
AA.VV., Volti di Cristo, a cura di L. Sebregondi e G. Wolf, Vallecchi Editore, Firenze 2007.
V. Bertolone, Volto Redentore. Il culto del Santo Volto e la spiritualità della riparazione, Edizioni Dehoniane, Roma 1997.
E. Colombo, M. Colombo, P. Francesca (a cura), Il Volto ritrovato. I tratti inconfondibili di Cristo, Edizioni di Pagina, Bari 2012.
G. Dalli Regoli, Christus triumphans e Christus patiens: due immagini concorrenti?, in: ‘Societas et universitas’, Miscellanea di studi offerti a Don Severino Dianich, a cura di M.Gronchi e M.Soriani Innocenti, ETS, Pisa 2012, pp. 129-143.
G. Fanti, S. Gaeta, Il mistero della Sindone. Le sorprendenti scoperte scientifiche sull’enigma del telo di Gesù, Rizzoli, Milano 2013.
E. Fogliadini, Il volto di Cristo. Gli archetipi del Salvatore nella tradizione dell’Oriente cristiano, Jaca Book, Milano 2011.
S. Gaeta, L’enigma del volto di Gesù. L’avventurosa storia della Sindone segreta, Rizzoli, Milano 2010.
P.L. Guiducci (intervista a), Il Volto e i volti della misericordia, a cura di C. Mafera, in: ‘San Paolino’s Voice’, sito online, 28 gennaio 2016.
S. Pedica, Il Volto Santo nei documenti della Chiesa, Marietti, Casale Monferrato (AL) 1960.
H.W. Pfeiffer, Il Volto Santo di Manoppello, Carsa, Pescara 2000.
Id., L’Immagine di Cristo nell’arte, Città Nuova, Roma 1986.
G. Sala – G. Zanchi, Un volto da contemplare. I lineamenti di Cristo interpretati da 21 artisti, Àncora, Milano 2001.
Volumi della pubblicazione “Il volto dei volti”, rivista semestrale di spiritualità, teologia e iconografia. Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo (Roma), Velar Editrice, Bergamo (dal 1998).