IL TRIBUNALE RIVOLUZIONARIO, ISTITUZIONE AL SERVIZIO DEL TERRORE

di Giancarlo Ferraris -

 

 

I poteri maggiori della più terribile istituzione creata dalla Rivoluzione francese erano concentrati nelle mani del pubblico accusatore, attorno al quale si costruiva l’intera macchina giudiziaria e al quale spettava il compito di far arrestare, perseguire e sottoporre a giudizio ogni cittadino dietro denuncia delle autorità o anche di persone comuni.

 

Un tribunale contro i nemici della Rivoluzione

Il Tribunale Rivoluzionario fu la più terribile e la più popolare delle istituzioni create dalla Rivoluzione francese: terribile perché fu responsabile di migliaia di esecuzioni capitali durante il Terrore; popolare perché in esso i francesi identificarono la nuova giustizia rivoluzionaria dopo secoli di predominio monarchico e aristocratico. Su questa istituzione gli storici hanno dibattuto per oltre due secoli e, molto probabilmente, continueranno a farlo ancora per il semplice fatto che è proprio attraverso il Tribunale Rivoluzionario che si snoda tutta la polemica storica sul significato del Terrore e dell’opera politica di Maximilien Robespierre e dei giacobini.
Il Tribunale Rivoluzionario venne istituito dalla Convenzione Nazionale, l’organo che guidò la Francia rivoluzionaria nei momenti più drammatici della Rivoluzione, il 10 marzo 1793 quando la Vandea si era ribellata al governo di Parigi e le maggiori potenze europee si erano coalizzate contro la Francia. Due giorni prima Georges Jacques Danton, una delle personalità più in vista della Rivoluzione, aveva fatto votare dalla Convenzione un provvedimento speciale che prevedeva l’invio di commissari nei quartieri di Parigi per informare la popolazione della grave situazione che si era creata e al tempo stesso per suscitarne il patriottismo con cui superarla. Fu in questo contesto che si venne delineando l’idea di dare vita a un tribunale che fosse capace di «mettere fine all’audacia dei nemici della cosa pubblica, dei traditori e dei cospiratori». L’iniziativa mosse i suoi primi passi nella sezione del Louvre, una delle unità territoriali in cui era stata suddivisa Parigi, la quale reclamò con una delibera l’adozione di una misura immediata contro i nemici della Rivoluzione. Sul suo esempio molte altre sezioni parigine elaborarono petizioni dello stesso tenore che vennero poi inoltrate alla Convenzione Nazionale, dove si svolse una discussione accanita tra girondini e giacobini, la fazione moderata e quella radicale della Rivoluzione; in particolare i girondini temevano che la creazione di un tribunale con l’incarico specifico di giudicare i «nemici della cosa pubblica» potesse trasformarsi in un pericoloso strumento nelle mani della maggioranza della Convenzione Nazionale contro le minoranze, anche perché il nuovo organismo giudiziario non prevedeva nel suo funzionamento nessun genere di appello o di ricorso. L’opposizione girondina non ebbe però successo e il 10 marzo la Convenzione votò a maggioranza una mozione del deputato giacobino René Levasseur che diceva: «La Convenzione delibera l’istituzione di un tribunale criminale straordinario, senza appello e senza possibilità di ricorso in Cassazione, incaricato di giudicare tutti i traditori, cospiratori e controrivoluzionari».
Immediatamente dopo il voto la Convenzione Nazionale dette incarico a un comitato di organizzare il tribunale che risultò sostanzialmente un organismo privo di qualsiasi autonomia e totalmente dipendente dalla Convenzione stessa, la quale si riservava il diritto di nominare i giudici, stabilendo contemporaneamente che soltanto i suoi membri potevano ricoprire la funzione di pubblico accusatore e che non vi sarebbero stati altri giurati se non quelli da essa stabiliti.
Dinanzi all’aggravarsi della rivolta vandeana, all’ampliarsi del fronte militare e al diffondersi a macchia d’olio della sensazione che la controrivoluzione stesse diventando sempre più forte, il deputato giacobino Robert Lindet propose di rendere maggiormente efficace il tribunale istituendo un ufficio apposito per raccogliere le denunce dei cittadini e stabilendo che tutti coloro i quali avevano ricoperto cariche pubbliche prima della Rivoluzione potevano essere giudicati dal nuovo organismo giudiziario.
A sostegno della proposta di Lindet ci fu un discorso breve, ma straordinariamente efficace di Danton, benché quest’ultimo insieme a molti membri della Convenzione era ben consapevole del pericolo che un simile tribunale celava, ma al tempo stesso ricordava perfettamente i terribili massacri del settembre 1792 i quali avevano fatto a Parigi e in altre località della Francia oltre millecinquecento morti, tutti vittime della furia rivoluzionaria popolare che aveva provocato un bagno di sangue anche per l’assenza di un’autorità giudiziaria: «La salvezza del popolo esige grandi strumenti e misure terribili. Non ci sono vie di mezzo tra le forme ordinarie e un tribunale rivoluzionario. Qualcuno in quest’aula ha ricordato i massacri di settembre. Ebbene, io dico che se allora ci fosse stato un tribunale rivoluzionario, forse quelle giornate sarebbero state meno sanguinose. Facciamo quello che l’Assemblea Nazionale Legislativa non è riuscita a fare: siamo terribili per evitare al popolo di esserlo, organizziamo un tribunale in modo che il popolo sappia che la spada della libertà è sempre sulla testa dei suoi nemici. Votiamo immediatamente e diamo mandato al potere esecutivo di realizzare questa nostra decisione».
La Convenzione Nazionale votò un testo di legge di stampo prettamente giacobino, accettando operò alcune richieste dei girondini quali il diritto riservato ai giurati di esprimere ad alta voce il loro parere e la necessità della maggioranza assoluta per formulare la dichiarazione di colpevolezza degli imputati.

L’organizzazione e il funzionamento del Tribunale

Il testo legislativo elaborato dalla Convenzione riportava anche il nome del nuovo organismo: Tribunale Criminale Straordinario. Questa denominazione, tuttavia, venne usata, fra l’altro ben poche volte, e soltanto negli atti ufficiali: per tutti esso fu il Tribunale Rivoluzionario. La sua composizione era la seguente: cinque giudici, un pubblico accusatore assistito da due sostituti e successivamente anche da due segretari, dodici giurati, tutti nominati dalla Convenzione Nazionale la quale attraverso una sua commissione interna poteva controllarlo, seguire l’istruzione dei processi e tenere i contatti con i giudici e il pubblico accusatore. La competenza del Tribunale era illimitata, dal momento che esso poteva giudicare su tutto quello che riguardava la vita dei cittadini appartenenti alla Repubblica di Francia, in particolare su ogni genere di azione controrivoluzionaria, di attentato alla libertà, all’uguaglianza, all’unità e all’indivisibilità della Repubblica, sulla sicurezza interna ed esterna della Francia nonché su tutti i complotti tesi a ristabilire la sovranità del re o di ogni altra autorità volta ad attentare alla libertà, all’uguaglianza e alla sovranità del popolo. Tale competenza crebbe smisuratamente quando il Tribunale acquistò una totale indipendenza dalla Convenzione Nazionale, sganciandosi dal controllo della commissione interna alla Convenzione medesima. I poteri maggiori del Tribunale erano concentrati non tanto nelle mani del suo presidente cioè nel primo giudice nominato dalla Convenzione, ma in quelle del pubblico accusatore, attorno al quale si costruiva l’intera macchina giudiziaria e al quale spettava il compito di far arrestare, perseguire e sottoporre a giudizio ogni cittadino francese dietro denuncia delle autorità o anche di persone comuni. La sede del Tribunale Rivoluzionario fu a Parigi, nel palazzo della Conciergerie.

L’attività del Tribunale

Il processo a Maria Antonietta

Il processo a Maria Antonietta

Davanti al Tribunale Rivoluzionario dal marzo 1793 al luglio 1794 furono discussi 4.063 processi: le condanne a morte furono 2.627, le assoluzioni 1.306; 72 imputati vennero condannati al carcere e 36 alla deportazione mentre 22 cause vennero respinte con dichiarazioni di incompetenza. Da questi dati si evince che le condanne furono sicuramente alte, ma altrettanto alto fu il numero delle assoluzioni, considerando il fatto che il Tribunale fu un organismo più politico che giudiziario. Diversa è invece la questione riguardante i vari piccoli tribunali rivoluzionari istituiti dai rappresentanti in missione inviati dal Comitato di Salute Pubblica (l’organo che insieme al Comitato di Sicurezza Generale governò la Francia tra il 1793 e il 1794) nelle città e nelle regioni dove erano scoppiate rivolte contro la Rivoluzione e dove le vittime furono molte di più.
Tra i numerosi rivoluzionari che fecero parte del Tribunale ne vogliamo ricordare due: Martial Joseph Armand Herman, che ne fu il presidente e Antoine Quentin Fouquier-Tinville, che ne fu il più celebre pubblico accusatore. Hermann presiedette i processi contro l’ex-regina Maria Antonietta e i girondini, che furono condannati a morte e giustiziati nell’ottobre 1793; in seguito quelli contro Jacques-René Hébert e i cordiglieri arrabbiati e contro Georges Jacques Danton, Camille Desmoulins e i cordiglieri indulgenti, rispettivamente il gruppo estremista e il gruppo moderato della Convenzione Nazionale, che vennero anch’essi condannati a morte e ghigliottinati tra il marzo e l’aprile del 1794. Fouquier-Tinville (di lui abbiamo già parlato nel numero di marzo 2018) fu il motore e l’anima del Tribunale Rivoluzionario: oltre, come abbiamo già detto, a far arrestare, perseguire e sottoporre a giudizio ogni cittadino francese dietro denuncia delle autorità o anche di persone comuni egli giunse anche a stabilire i giudici e i giurati, a scegliere i luoghi dei dibattimenti processuali, redigeva gli atti di accusa, procedeva all’applicazione della legge, riceveva il carnefice, fissava il numero dei condannati alla ghigliottina, riferiva al Comitato di Salute Pubblica. Travolto dalla mole imponente di lavoro che il Tribunale dovette affrontare, tanto da avere appena il tempo di vedere chi veniva processato, Fouquier-Tinville venne soprannominato La mannaia della Convenzione: alto, robusto, occhi e capelli scuri, con indosso una lunga toga nera dove spiccava una grossa coccarda tricolore – veste peraltro indossata anche dai giudici – divenne ben presto popolare, e con lui l’intero Tribunale Rivoluzionario, per il modo con cui interrogava gli imputati e contestava loro i reati che avrebbero commesso, per la passione rivoluzionaria che metteva nelle sue parole, per l’identificazione totale che rivelava con la causa della Rivoluzione. Fouquier-Tinville fu pubblico accusatore nei processi a carico di Charlotte Corday, l’assassina di Jean Paul Marat altro grande leader della Rivoluzione, della regina Maria Antonietta, dei girondini, di Jacques-René Hébert e dei cordiglieri arrabbiati, di Georges Jacques Danton, di Camille Desmoulins e dei cordiglieri indulgenti.
L’attività del Tribunale Rivoluzionario conobbe una vera e propria impennata con la legge del 22 pratile (10 giugno) 1794, imposta alla Convenzione Nazionale dal celebre triumvirato rivoluzionario Maximilien Robespierre, Louis Antoine de Saint-Just e Georges Couthon, con cui ebbe inizio il periodo del Grande Terrore. La nuova legge poneva fine agli eccessi dei tribunali locali, ma accresceva enormemente i poteri del Tribunale Rivoluzionario di Parigi, dove furono concentrati tutti i dibattimenti processuali. Suddiviso in quattro sezioni, il suo organico venne ampliato: un presidente e tre vicepresidenti, un pubblico accusatore assistito da cinque sostituti oltre ai segretari, dodici giudici, cinquanta giurati. Con la nuova legge erano aboliti gli avvocati difensori poiché difendere i veri o presunti nemici della Rivoluzione equivaleva a cospirare contro la Repubblica; non erano ammesse né testimonianze orali e neppure deposizioni scritte a favore degli imputati; era eliminato l’interrogatorio preliminare degli accusati i quali potevano considerarsi condannati quasi subito come nemici del popolo, una categoria molto vasta in cui potevano rientrare tutti, anche coloro che «ispiravano scoraggiamento, tentavano di corrompere la morale, cercavano di alterare la purezza e la potenza dei principi rivoluzionari»; pena unica: la morte. In sei settimane, dal 10 giugno al 27 luglio 1794, giorno della caduta di Robespierre, il Tribunale Rivoluzionario di Parigi pronunciò 1.376 condanne a morte mentre dal 10 marzo 1793, giorno della sua istituzione, al 9 giugno 1794, vale a dire in quattordici mesi, ne aveva pronunciate 1.251. Paradossalmente il Tribunale Rivoluzionario non processò Robespierre, Saint-Just, Couthon e gli altri giacobini dopo la loro uscita dalla scena politica, i quali furono ghigliottinati il 10 termidoro (28 luglio) 1794 in seguito a un semplice riconoscimento di identità effettuato da Fouquier-Tinville che li condannò alla pena capitale. Il Tribunale Rivoluzionario venne soppresso dalla Convenzione Nazionale nel 1795, dopo aver processato e condannato a morte, tra gli altri, il suo ex presidente Hermann e lo stesso ex pubblico accusatore Fouquier-Tinville.

Per saperne di più
AA.VV., Profilo di storia del diritto penale dal Medioevo alla Restaurazione, Torino, 2012.
A. Boulant, Le Tribunal Révolutionnaire. Punir les ennemis du peuple, Parigi, 2018.
F. Furet – D. Richet, La Rivoluzione francese, trad. it., Bari, 1974.
H. Wallon, Histoire du Tribunal Révolutionnaire de Paris, Parigi, 1882.