IL MISTERO DELLA CROCE NEL COLOSSEO
di Pier Luigi Guiducci -
Un signum crucis rinvenuto nel corridoio interno dell’anfiteatro Flavio sta suscitando numerosi interrogativi tra archeologi e storici della Chiesa. La risposta potrebbe arrivare dalle analisi archeometriche.
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All’inizio del Duemila, con il contributo di sponsor, è stato possibile dare inizio a un progetto di ripulitura e restauro dell’anfiteatro Flavio (Colosseo).[1] Questo intervento ha fatto “riemergere” taluni aspetti del monumento che non era facile individuare con chiarezza in precedenza. In particolare, nel corridoio di servizio che immette al terzo livello (trenta metri sopra il livello stradale, sul lato nord), oltre alla “riscoperta” del colore (rosso) e a quella di “scritte”, è “riapparso” in modo nitido, tra più disegni, quello di una croce. Questo, è posizionato sopra una linea rossa che collega tra loro due lettere: una “T” e una “S”.
I primi interrogativi
Il disegno, pur osservato da varie persone (come il personale addetto al restauro), non è divenuto – nel migrare del tempo – oggetto di ricerche sistematiche. Una più decisa attenzione, viceversa, si è rivolta verso altri reperti, comunque significativi, ad esempio verso i tituli picti. Si tratta di numerali, nomi propri, ma anche di simboli, come una palma e una corona, utilizzati, secondo l’opinione di alcuni, per “comunicazioni di servizio” destinate a essere lette solo dopo le operazioni di cava, per il computo, lo stoccaggio e il trasporto dei blocchi di travertino al cantiere dell’anfiteatro.
Quando ebbi la possibilità di vedere delle foto del lacerto di muro ove si trova il signum crucis, mi vennero in mente alcuni interrogativi: perché disegnare una croce in un posto anonimo, di passaggio, relativamente illuminato? Perché una croce rappresentata proprio tra due lettere dell’alfabeto? Esisteva un messaggio che si voleva trasmettere? Ebbe così inizio uno studio che ricevette sostegno dall’allora direttrice del Colosseo, la Dott.ssa Rossella Rea[2], e dal suo staff.[3] Il progetto di ricerca, da me diretto, ha dovuto necessariamente utilizzare più metodi di indagine: dalle procedure consuete usate dagli storici, inclusi quelli della Chiesa[4], fino ad approdare a una giovane scienza denominata archeometria.[5]
Un chiarimento: l’archeometria
Ma cos’è l’archeometria? È la misurazione di ciò che è antico. Tale attività scientifica si avvale dei metodi sperimentali di più scienze[6]. Attualmente, lo studio di reperti di epoche lontane riceve un ulteriore apporto dalle analisi di tipo non distruttivo. Per comprendere la loro importanza si possono ricordare, ad esempio, alcuni progetti che sono stati realizzati con esiti positivi: la caratterizzazione non distruttiva dei materiali della Chartula di san Francesco di Assisi[7]; l’analisi dei pigmenti adoperati nelle “vetrine” delle ceramiche dei fratelli Della Robbia[8] (Museo del Bargello, Firenze); l’analisi di un dipinto attribuito al Botticelli (Biblioteca Classense, Ravenna); lo studio del Tesoro monetale di Misurata (Libia); la caratterizzazione qualitativa di alcuni Rotoli del Mar Morto…
Alcuni sistemi utilizzati
Attualmente, per realizzare indagini non distruttive in situ (che riguardano anche intonaci e murature) esistono vari sistemi. Questi, sono basati sull’uso di raggi X e di particelle cariche. Si riporta qui di seguito qualche esempio.
- Sistema portatile PIXE-alfa[9]
Basato sull’utilizzo di una sorgente di 210Po a emissione di particelle alpha aventi energia pari a 4.8MeV. Tale sistema consente di ottenere un’analisi chimica qualitativa e quantitativa confinata ai primissimi micron[10] della superficie da analizzare: pigmenti (in affreschi, tele, tavole, ceramiche), mosaici, leghe metalliche.
– Sistemi portatili di microfluorescenza X risolta spazialmente e di microfluorescenza X portatile
Sono basati sull’emissione di raggi X di varia energia e intensità. Consentono l’analisi elementale di porzioni anche millimetriche del campione oggetto di studio: inchiostri, miniature…
– Sistema portatile XRD [11]
Sfrutta il principio della diffrazione dei raggi X all’interno del reticolo cristallino. Tale sistema è indicato per la caratterizzazione mineralogica di pigmenti, affreschi, patine di alterazione…
– Sistema portatile XRF[12] a controllo di stabilità
L’intensità del fascio subisce un controllo continuo. Ciò permette di ottenere delle attendibili analisi quantitative. Data l’energia degli X emessi, tale sistema è indicato in particolare per l’analisi quantitativa di materiali ceramici, ossidiane, metalli.
– Sistema XPIXE
Il sistema XPIXE[13] è uno strumento portatile che consente analisi in situ. Consiste in una sorgente radioattiva che emette sia particelle alfa sia raggi X. Una volta colpito il campione, si ha l’emissione di raggi X specifici degli elementi chimici componenti il campione stesso, che vengono in questo modo rivelati. Dall’analisi degli spettri misurati, nella maggior parte dei casi, è possibile derivare la composizione chimica del reperto in studio.
Ripresa di immagini digitali
In archeometria è pure utile l’impiego di sistemi per la ripresa di immagini digitali. Queste, vengono analizzate e riprocessate dal computer che fa parte del sistema. Ciò è utile per lo studio e la diagnostica di dipinti e di documenti scritti su supporti vari. Le telecamere e le fotocamere impiegate sono dotate di un sensore sensibile alla luce in un vasto campo spettrale. Ciascun tassello (pixel) del mosaico opera come un elemento dell’immagine da riprodurre. Con l’aumentare del numero totale di pixel aumenta la risoluzione dell’immagine. Attraverso un obiettivo dotato di uno zoom ottico si ottengono ingrandimenti di notevole qualità.
Tali processi consentono di distinguere particolari di dimensioni quasi microscopiche. Le riprese sono utili nel caso di dipinti, di scritte su vari tipi di supporto, di vetrate…
Immagini radiografiche
Sono prese in tempo reale con un convertitore di radiazione, che sostituisce la lastra fotografica, realizzato in diversi modi. Il sistema radioscopico più semplice usa come convertitore uno schermo fluorescente che riproduce nel visibile l’immagine radiografica. Le immagini vengono riprese da una fotocamera digitale. Le radiografie sono realizzate anche con altre tecniche.
Ricerca scientifica. Nuovi strumenti. Processi di datazione
Quanto annotato è significativo perché orienta verso nuovi apporti scientifici. Tali moderni contributi sono stati utilizzati pure ai processi di datazione.
Si spiega, così, l’attenzione che gli storici – inclusi quelli della Chiesa – hanno rivolto ai metodi non distruttivi di analisi. Si pensi, ad esempio, alla metodologia RTI[14] applicata a un graffito individuato nelle catacombe di San Gennaro (Napoli)[15], o all’analisi di fluorescenza X applicata alle pitture murali della Cappella greca nelle Catacombe di Priscilla (Roma).[16]
Indagine storica, signum crucis, datazione
Nel contesto fin qui delineato si colloca anche lo studio citato in premessa. In un lacerto (frammento) di muro (corridoio di servizio che immette al terzo livello), si trova il signum crucis oggetto del progetto di ricerca. Fin dalle prime fasi dell’indagine si è cercato di raccogliere ogni dato informativo riguardante l’anello circolare. Sono state così tenute in considerazione le diverse fasi che hanno interessato l’ambiente. Una di queste ha riguardato l’incendio del 217 (III sec. d.C.). Tale evento fece crollare le strutture superiori dell’anfiteatro. I lavori di restauro durarono cinque anni (217-222). Durante questo periodo i giochi vennero trasferiti al Circo Massimo. Il restauro ebbe inizio negli anni di Eliogabalo (218-222) e proseguì con Alessandro Severo[17]. Questi rifece il colonnato sulla summa cavea. Il Colosseo riaprì i suoi ingressi nel 222, ma solo negli anni di Gordiano III[18] i lavori poterono dirsi conclusi.
Oltre a fatti legati alla storia del monumento[19], e alle ricerche scientifiche condotte dalla dott.ssa Rea, si è cercato di studiare anche pubblicazioni antiche[20] e di acquisire stampe che presentano lo stato del corridoio a fine Ottocento[21]. In seguito, con il progredire dell’analisi, sono emersi più interrogativi. Uno di questi ha riguardato la datazione. È possibile stabilire quando vennero disegnati il signum crucis e le due lettere?
Gli elementi considerati
In tale contesto si deve evidenziare il fatto che l’indagine non è stata semplice. Il frammento di muro è completamente ricoperto da molte “scritte” (con annotazione anche di date che riguardano il XIX e il XX secolo) e da disegni. Alcuni di questi, già a una prima osservazione, facevano pensare a una datazione non recente. Da ingrandimenti realizzati con programmi informatici emergono ad esempio il disegno di un serpente e quello di un fallo. Si spiega in tal modo la complessità dello studio, e le fasi di lavoro realizzate in tempi non brevi. Sono state promosse consultazioni con specialisti di varie scienze, attivi in diverse università italiane e in centri di ricerca internazionali. Molteplici gli itinerari di indagine. Tutto questo impegno consente – nell’attuale periodo – di indicare alcuni “passaggi” affrontati, inseriti qui di seguito in schemi di riferimento.
Alcune coordinate storiche
– ricostruzione degli eventi che hanno riguardato la storia dell’Amphitheatrum Flavium; [22]
– approfondimento delle persecuzioni cristiane avvenute nei territori dell’impero romano e a Roma;[23]
– attenzione rivolta alle venationes organizzate nell’anfiteatro Flavio con particolare riferimento all’uso dei tori;[24]
– studio dei graffiti individuati nell’Urbe e nel Colosseo[25], utilizzando anche database[26] e testi scientifici[27].
Indicazione di taluni approfondimenti
- osservazione del corridoio utilizzando anche la documentazione esistente in merito;
– studio del lacerto di muro ove, oltre al signum crucis, sono state trovate tracce di colore, disegni, scritte;
– esame delle tracce di colore;
– esame della traccia di zoccolatura[28];
– esame delle diverse scritte (staccandole in modo elettronico dal loro contesto);
– esame della lettera “T” e della lettera “S”. Queste presentano un medesimo colore e sono collegate tra loro da una striscia di uguale colore;
– comprensione del disegno della croce;
– indagine di aspetti diversi riscontrati nel modo di disegnare[29] le due lettere e il signum crucis;
– indagine comparata tra il disegno della croce e le croci individuate nelle catacombe romane.[30]
Database epigrafici
Si riportano di seguito dei database di particolare importanza.
EAGLE. Electronic Archive of Greek and Latin Epigraphy. Il progetto è stato avviato nel 1997 con il patrocinio dell’Association Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine (AIEGL). Prevede la istituzione di una banca dati generale dell’epigrafia antica e la registrazione delle iscrizioni greche e latine anteriori al VII sec. d.C..[31] Dal progetto dipendono quattro database federati:
EDR, Epigraphic Database Roma (http://www.edr-edr.it). Ha l’obiettivo di pubblicare tutta la documentazione relativa a Roma, alla penisola italica, alla Sicilia ed alla Sardegna;
EDB, Epigraphic Database Bari (http://www.edb.uniba.it). La finalità è di pubblicare tutte le epigrafi cristiane di Roma;
EDH, Epigraphische Datenbank Heidelberg (http://edh-www.adw.uni-heidelberg.de/home). Si propone di pubblicare tutte le evidenze provenienti dalle province dell’Impero, ad eccezione di quelle iberiche;
HE, Hispania Epigraphica (http://eda-bea.es). Questo database intende pubblicare tutte le evidenze provenienti dalle province iberiche.
È possibile effettuare una ricerca globale, interrogando il database generale, o specifica consultando singolarmente i database federati provvisti di una maschera per le ricerche indicizzate.
PETRAE, Programme d’enregistrement, de traitement et de recherches automatiques en épigraphie. Questo database è un sistema per la registrazione di iscrizioni latine e greche sviluppato presso l’Istituto Ausonius (Francia). Raccoglie testi epigrafici provenienti da diverse regioni in cui lavorano i suoi ricercatori e i loro collaboratori.[32]
Epigraphische Datenbank Clauss-Slaby (http://www.manfredclauss.de). Rappresenta la più grande banca dati disponibile al momento.[33]
Ipotesi che paiono deboli
Nel contesto descritto sono state tenute in considerazione più ipotesi sulle quali si mantengono perplessità. Si riportano qui di seguito le principali.
- La “T” e la “S” sono la prima e l’ultima lettera di un nome. Esempio: “Thèseus”, “Titus”, “Terentius”, “Tacitus”.
Però gli antichi romani scrivevano i nomi per intero. Qualche eccezione si trova ad esempio nelle monete (per lo spazio ridotto).
– La “T” e la “S” costituiscono la prima e l’ultima lettera del nome di un martire cristiano. Esempio: Tarsicius.
L’affermazione non tiene conto del fatto che san Tarcisio[34] non venne ucciso nel Colosseo, fu lapidato probabilmente in prossimità delle carceri del tempo. È pure da ricordare che, negli anni delle persecuzioni contro i cristiani, si evitava un pubblico riferimento ai martiri.
– La “T” e la “S” sottintendono una espressione volgare.
Non si considera, però, l’uso degli antichi romani a scrivere senza remore espressioni sconce, oltraggiose o polemiche sempre per intero.[35] Unitamente a ciò non sono state individuate nella documentazione di merito riferimenti a esclamazioni oscene, triviali, che iniziavano con la “T” e che terminavano con la “S”.
- La “T” e la “S” costituivano delle note di cava o di stoccaggio, scritte di lavoro.
È vero che il corridoio si trova in una sezione dell’Anfiteatro che fu interessata dall’incendio del 217 e fu ricostruita subito dopo. Però tali note seguivano altre impostazioni e dislocazioni (come risulta dagli studi realizzati in merito). Non si spiega, inoltre, la scelta di disegnare una croce tra le due lettere.
- Il signum crucis è stato disegnato da chi era abituato a dormire sotto le arcate del Colosseo.
I luoghi utilizzati da chi in più momenti storici utilizzò gli ambienti del Colosseo come rifugio occasionale, o come dormitorio, sono stati individuati dai ricercatori nei piani inferiori dell’anfiteatro (probabilmente perché più protetti da intemperie e da eventuali crolli). Non si può inoltre dimenticare il fatto che il disegno della croce non è isolato ma rimane esattamente posizionato su una linea rossa che collega la “T” e la “S”.
- La “T” e la “S” non sono lettere dell’alfabeto romano.
L’affermazione appare debole rivedendo gli alfabeti del tempo. Da considerare inoltre il fatto che le scritte individuate nell’area archeologica sono in latino.
- La “T” e la “S” e il signum crucis sono da collocare in una fase temporale medievale.
In questo periodo non c’era bisogno di disegnare una piccola croce in un luogo poco consono alla devotio crucis. Il Cristianesimo era ormai affermato. Per questo motivo le incisioni di croci medievali già individuate nel Colosseo, si trovano tutte in prossimità dell’arena, quindi ben visibili.
– La “T” e la “S” e il signum crucis si devono datare con riferimento all’epoca moderna.
In questo periodo storico il signum crucis ha ormai acquisito una tale diffusione che è ormai presente in ogni luogo. Nell’anfiteatro Flavio erano posizionate le stazioni della Via Crucis (poi spostate), una cappella (che rimane) e una grande croce nell’arena (che subì spostamenti).
Una possibile interpretazione
Lo studio del disegno della croce (corridoio di servizio del Colosseo che immette al terzo livello), dopo le ricerche in precedenza citate, ha fornito dati che inducono a ritenere non debole una ipotesi. La datazione potrebbe essere collegata alla fine del III secolo d.C. È in questo periodo, infatti, che le persecuzioni contro i cristiani assunsero un carattere sistematico.[36] Inoltre, nelle venationes è documentato (anche da monete) l’uso dei tori. Unitamente a ciò, occorre sottolineare che il numero delle persone uccise nell’anfiteatro Flavio rimase significativo, e si trovano attestazioni in merito nella letteratura latina.[37] Da non dimenticare, inoltre, il fatto che nelle catacombe romane trovarono sepoltura i corpi di più martiri cristiani. La loro memoria favorì un culto.[38]
Alcune considerazioni di sintesi
La “fatica” a leggere un lacerto di muro ove si trovano scritte e disegni di ogni tipo è certamente un fatto oggettivo.
Molti studiosi si sono orientati sulla “scoperta” del colore (ad es. il rosso). Importante, al riguardo, il contributo offerto anche dalla prof.ssa Silvia Orlandi, docente di epigrafia latina (Università di Roma 1, La Sapienza).
Non è mancata, poi, un’attenzione verso i graffiti del Colosseo, il cosiddetto passaggio di Commodo, la cavea dell’anfiteatro, l’area ipogea, il disegno posto sopra la Porta Triumphalis[39] .
Pur tuttavia, non pare debole lo studio del disegno della croce trovato nel corridoio di servizio.
Quello che colpisce, infatti, è il luogo del ritrovamento (un ambiente di rapido passaggio, anonimo). È un corridoio che conduce verso un orinatoio. In questo punto nessuno avrebbe mai disegnato una croce. Non lo avrebbero fatto per gioco, per passatempo nel periodo delle persecuzioni. Quando ciò è accaduto (in un edificio del Palatino) il disegno della croce era visibilmente blasfemo, e l’uomo crocifisso aveva una testa di asino.
E non lo avrebbero fatto in seguito perché il Cristianesimo era divenuto ormai religione di Stato e i crocifissi erano rappresentati in modo molto diverso.
Si vede poi nel disegno complessivo una marcata differenza. Le due lettere “T” ed “S” sono state disegnate in modo “animoso”, “di getto”. La croce no. Il signum crucis è rappresentato in modo molto umile ma preciso. Esprime quindi una volontà. E la sua collocazione tra le due lettere non è casuale perché il signum poggia proprio sulla linea rossa che collega le due lettere.
A questo punto rimane una possibile chiave di lettura: le due lettere sono le iniziali di una esclamazione: “taurus” (toro). Grido molto in uso nell’anfiteatro. Esaltazione della forza bruta, del sangue, della dominanza assoluta. E il disegno della piccola croce rimane la testimonianza di fede e di affidamento nel Signore di un cristiano anonimo che vede tanti condannati (anche cristiani) morire per il passatempo di centinaia di spettatori.
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[37] Già il filosofo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) aveva in precedenza riprovato i giochi del circo. In alcune delle sue Epistulae morales ad Lucilium palesa disgusto e condanna per i giochi circensi (per gli spettacoli delle fiere, per quelli dei gladiatori, per quelli ippici).
[38] L. Hertling – E. Kirschbaum, Le catacombe romane e i loro martiri, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1996.
[39] Rappresenta la mappa di una Gerusalemme ideale del I sec. d.C.
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Per saperne di più
AA.VV., Archeometria e restauro. L’innovazione tecnologica, a cura di S. Siano, Nardini, Firenze 2012. AA.VV., Elementi di archeometria. Metodi fisici per i beni culturali, a cura di A. Castellano, M. Martini, E. Sibilia, EGEA, Milano 2007. A. Buonopane, Manuale di Epigrafia Latina, Carocci, Roma 2009. C. Carretti, Il segno del vincitore. La croce nella documentazione epigrafica, in ‘L’Osservatore Romano’, 20 novembre 2009. A. Donati, Epigrafia romana. La comunicazione nell’antichità, Il Mulino, Bologna 2002. P.L. Guiducci, Nell’ora della prova. La testimonianza dei martiri cristiani a Roma dal I al IV secolo, prefazione di p. Peter Gumpel SI, Albatros, Roma 2017. Id., Un nuovo messaggio cristiano dal Colosseo?, EDUCatt, Milano 2021. U. Leute, Archeometria. Un’introduzione ai metodi fisici in archeologia e in storia dell’arte, Carocci, Roma 1993. Marziale, Liber de spectaculis. R. Rea, Il Colosseo. Nuova guida, Electa, Milano 2019.
Ringraziamenti
Prof.ssa Anna Candida Felici, Università degli Studi Roma 1 La Sapienza, Dipartimento Scienze di Base ed Applicate per l’Ingegneria. Prof. Gabriele Cifani, Archeologo, Università degli Studi Roma 2 Tor Vergata, Dipartimento di Storia. Dott.ssa Donata Magrini, Ricercatrice Scientifica, Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Sesto Fiorentino). Dott.ssa Claudia Principe, Ricercatrice Scientifica, Istituto di Geoscienze e Georisorse, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Pisa e Lucca). Prof.ssa Francesca Rizzo, Professoressa Associata di Fisica Nucleare e Subnucleare Università degli Studi di Catania, Responsabile Laboratorio Analisi Non Distruttive In Situ (LANDIS), sede IBAM di Catania. Prof. Alfredo Petralia, Università degli Studi di Catania (Catania).