IL LAGER DI MITTELBAU-DORA

di Renzo Paternoster -

E’ il simbolo dei campi nazisti di lavoro forzato, il più duro fra tutti, il più segreto di tutti.

Planimetria del campo

Planimetria del campo

“Dora” è l’acronimo di Deutsche Organisation Reichs Arbeit (Organizzazione del Lavoro del Reich), nome in codice per indicare le strutture concentrazionarie di lavoro forzato degli schiavi di Hitler.
Il campo di Mittelbau è il più infernale, nel suo senso letterale, perché si dirama per quindici chilometri nelle viscere della terra, nel cuore della Kohnstein, la collina della Turingia, nei pressi della città di Nordhausen.
Il sito è costruito nell’estate del 1943, dopo che la base nell’Isola di Usum nel mar Baltico in località Peenemünde, che ospitava la Heeresversuchsanstalt (Stazione sperimentale dell’esercito), un grosso sito di ricerca e sviluppo missilistico istituito nel 1937, è distrutta tra il 17 e il 18 agosto 1943 dai bombardieri della Royal Air Force britannica. La decisione di aprire un nuovo campo di lavoro segreto per la costruzione delle Wunderwaffen naziste, le armi segrete del Terzo Reich, è presa personalmente da Adolf Hitler. Il Führer e i suoi gerarchi hanno sperato sino alla fine, nonostante l’imminente sconfitta della Germania, di sviluppare dei programmi missilistici capaci di assicurare un riscatto militare. Tra queste nuove armi, i potenti missili V-2, la cui sigla ufficiale è A-4 (Aggregat 4), il missile precursore di tutti i vettori balistici, ossia un razzo monostadio a propellenti liquidi, alto 14 metri e di massa 12 tonnellate, provvisto di radiocomando e guida giroscopica, con carico di quasi una tonnellata di alto esplosivo e avente una traiettoria suborbitale con gittata di circa 300 km.
Nell’ottobre del 1943 la Mittelwerk GmbH, società tedesca di recente istituzione, ottiene dal responsabile dell’ufficio armi dell’esercito un contratto di guerra, il n. 0011-5565/43, per la costruzione di missili A4. Alla Mittelwerk è affidato un sito che si trova nella ex galleria mineraria della collina di Kohnstein, già utilizzata dalla Wehrmacht come deposito strategico di petrolio e lubrificante.
Il progetto del nuovo sito prevede due tunnel paralleli, da nord a sud della grande collina, collegati da una serie di gallerie laterali. Insomma, una grande scala, dove le due lunghe gallerie A e B sono i montanti e una serie di tunnel trasversali i pioli. Quest’ultimi, chiamati kammer, sono 46 zone di produzione e montaggio di sottoinsiemi dei razzi, pressappoco di 180 metri di lunghezza, 10 metri di larghezza e 6/7 metri di altezza. Nelle kammer da 1 a 20 producono motori per aerei Junkers; in quelle da 21 a 41 si occupavano dei pezzi per le V-2 (la kammer 42 ha i motori di ventilazione e riscaldamento); quelle da 43 a 46 dei componenti per i V-1. Il tunnel A è utilizzato per il trasporto di materiali, mentre quello B serve da catena di montaggio principale, ossia a ogni passaggio dalle kammer i razzi si arricchiscono di nuovi componenti, fino al completamento che avviene nella kammer 41. Dotato di una grande gru e di ponteggi, quest’ultimo ambiente si trova ben sotto il livello degli altri ambienti di lavoro, per permettere di erigere i missili in verticale. Nella fase iniziale di costruzione e perfezionamento dell’intero sito, le prime quattro kammer ubicate all’ingresso meridionale del tunnel A sono adibite a dormitori. Le due lunghe gallerie sono dotate di una rete ferroviaria sia per permettere il passaggio all’interno di carrelli a quattro dischi sia per il collegamento al sistema ferroviario principale attraverso un ponte esterno.

L'ingresso delle gallerie

L’ingresso delle gallerie

Il campo di Mittelbau-Dora nasce come Arbeitskommando Dora (campo di lavoro) di Buchenwald. Infatti, è il primo scaglione di deportati, la maggior parte provenienti proprio dal Lager di Buchenwald, che dall’ottobre del 1943 scava per perfezionare questa nuova fabbrica sotterranea dei nazisti. In condizioni terribili e disumane, allargano e sistemano i tunnel di Mittelwerk per adattare il cuore della collina a officine sotterranee. Mangiano e dormono nelle stesse gallerie che scavano, senza rivedere la luce.
Gli schiavi di Mittelbau-Dora sono in gran parte prigionieri politici e militari russi, polacchi e francesi, ma dopo l’8 settembre 1943 si aggiungono anche gli italiani che non aderiscono alla RSI, quindi divenuti nemici del Reich. 1.435 italiani, poco più della metà sono IMI, ossia “Internati Militari Italiani” deportati a Mittelbau-Dora in dispregio delle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra. Il loro ostinato “no” ad arruolarsi nell’esercito nazista, per combattere contro gli stessi italiani, li porta nell’inferno del lavoro forzato di Mittelbau-Dora, contrassegnati con un triangolo rosso, quindi bollati come oppositori politici. Per questi italiani internati, le condizioni di vita sono le più drammatiche: per i nazisti sono dei traditori, per gli altri internati sono ex soldati di Mussolini. Dunque, angherie da tutte le parti.
Terminato l’ampliamento e l’adattamento delle gallerie, il lager Mittelbau-Dora diventa un campo tradizionale, con filo spinato elettrificato ed edifici di caserme installate poco lontane dall’entrata sud del tunnel B. Una cinquantina di baracche sono utilizzate per gli alloggiamenti degli internati (con letti a castello e latrine), una decina per il personale nazista, un’altra decina sono adibite a infermeria, una per le docce e una per le caldaie.
Inizia così il lavoro vero e proprio a cui questo sito concentrazionario è dedicato: la costruzione di missili (a cui poi si affiancherà anche il montaggio di motori per aerei Junkers).
Raggiunta l’autonomia, il 28 ottobre 1944 il sito diventa un campo indipendente col nome di “Dora Lager Mittelbau”. In questa data i deportati presenti nell’intero complesso concentrazionario sono già 32.534. Alle dipendenze di Mittelbau-Dora lavorano internati di altri quaranta sottocampi.

Deportati al lavoro nei tunnel

Deportati al lavoro nei tunnel

A Mittelbau-Dora non manca niente riguardo le atrocità compiute dai nazisti. Gianni Araldi, internato militare italiano con il numero di matricola 0233, narra anche di esperimenti fatti sui prigionieri. Araldi, grazie alla complicità di un medico ceco in servizio nell’infermeria del campo, riesce a visitare un reparto di sofferenti di polmonite: «Questi ammalati venivano fatti sdraiare su un tavolo sopra a due coperte inzuppate di acqua gelida ricoperti di altri due panni sempre gocciolanti di acqua gelida e sopra ancora due o tre coperte asciutte e ben rimboccate. Veniva controllata la temperatura e la resistenza di questi individui a questi trattamenti. In un angolo poi vi era una vasca con a fianco un compressore: l’ammalato veniva immerso in questa vasca e l’acqua fatta gelare; veniva cronometrato il tempo di resistenza in queste condizioni (di questo esperimento non sono stato però testimone diretto, ma mi fu spiegato dall’amico medico). Nel reparto diabetici c’erano scheletri viventi con le gambe talmente gonfie e lucide che sembravano verniciate. Qui ai soggetti sottoposti agli esperimenti venivano praticate delle incisioni e iniettato del siero che in breve tempo procurava la morte per cancrena e dolori terribili».
Il terribile lavoro fisico con turni di dodici ore, le condizioni di vita tra polveri (che provocano patologie polmonari), umidità e rumori assordanti costanti, la crudeltà dei guardiani e l’insufficiente assistenza medica, determina un alto tasso di mortalità. Di questo i responsabili del campo non sono affatto preoccupati, poiché gli internati deceduti sono immediatamente sostituiti da nuovi prelevati da altri lager.
Lo smaltimento degli internati deceduti, l’umanità uccisa dal nazismo, inizialmente è attuato attraverso i crematori del lager di Buchenwald, successivamente Mittelbau-Dora si dota dapprima di un forno crematorio mobile, poi il campo si dota di un impianto autonomo.
Le condizioni di vita si “ammorbidiscono” leggermente dopo la visita al campo del ministro per gli armamenti del Reich Albert Speer il 10 dicembre 1943, che si lamenta delle condizioni sanitarie degli internati. Così entro l’estate del 1944 è completato il trasferimento dei prigionieri negli alloggi all’esterno e l’infermeria viene ampliata. Non ci fu un lampo di umanità in Speer, ma le sue richieste di un miglior trattamento dei prigionieri sono unicamente dettate da esigenze di produzione.
Al miglioramento delle condizioni di vita non corrisponde però una miglioria nei comportamenti dei carcerieri. Le punizioni restano all’ordine del giorno per ogni minima mancanza, dal rallentamento del lavoro all’insubordinazione. Oltre la fustigazione a corpo nudo c’è anche la reclusione in isolamento in una strettissima cella di rigore, quasi sempre da condividere con altri. Questa punizione è applicata per sottrazione di cibo e materiali, errori involontari nella produzione. Per fatti più gravi, come il sabotaggio volontario e la tentata fuga è prevista l’esecuzione capitale: di rado la fucilazione, spesso l’impiccagione.
Le sentenze di morte sono applicate pubblicamente. In particolare, le impiccagioni sono sempre pubbliche ed eseguite sia per mezzo di una forca tradizionale presente nel cortile, sia all’interno della collina. Particolare macabro, le impiccagioni all’interno avvengono utilizzando una gru, che solleva un gruppo di condannati alla presenza degli internati di turno. I cadaveri sono lasciati appesi per un giorno in modo da “informare” anche gli internati dell’altro turno. Anche le fucilazioni sono pubbliche ed elargite senza pietà: sette alpini, ad esempio, sono fucilati il 15 dicembre del 1943 per essersi rifiutati di lavorare.
Malgrado la ferocia dei guardiani, molti internati apportano azioni di sabotaggi come misura di resistenza. I sabotaggi sono attuati mediante il danneggiamento dei prodotti da assemblare, il ritardo nella lavorazione, guasti ai macchinari, tarature sbagliate degli strumenti di misura, saldature imparziali in posizioni nascoste, furto di utensili da lavoro, moltiplicazione degli scarti e così via.

Montaggio di una V2 nell'area 41

Montaggio di una V2 nell’area 41

La fine del lager Mittelbau-Dora inizia la sera dell’8 aprile 1945. L’aviazione alleata bombarda la città di Nordhausen, distante tre chilometri. Il mattino seguente, all’alba, i nazisti radunano tutti gli internati. Inizia il piano di evacuazione dei prigionieri. Alcuni di loro sono stipati in vagoni merci e trasferiti a Bergen-Belsen, Sachsenhausen e Ravensbrück. Altri sono costretti ad affrontare marce della morte. Chi non riesce a tenere il passo è sommariamente ucciso e lasciato per strada. In un caso, i prigionieri sono trucidati per ridurre il loro numero. Questo avviene il 13 aprile 1945 in località Mieste, frazione del comune di Gardelegen, in Sassonia. Circa mille prigionieri sono fatti scendere dal treno e condotti in un fienile la cui paglia è impregnata di benzina. Qui i deportati muoiono bruciati vivi.
L’11 aprile la 3a divisione corazzata statunitense scopre Mittelbau-Dora e i suoi sottocampi. Il primo sito è la Boelcke-Kaserne, un luogo utilizzato dai nazisti per “depositare” i prigionieri troppo deboli o malati per affrontare il trasferimento. Gli americani trovano ancora internati in vita, anche se malconci, ma anche una vera e propria montagna di cadaveri. Dopo scoprono anche il sito nel cuore della collina, con ancora molti V-2 allineati e tantissimi sottoinsiemi. Il Lager ha ancora i suoi sistemi di alimentazione elettrica e di ventilazione in funzione.
La presenza dei razzi allerta il comando superiore che ordina di acquisire molti V-2 per spedirli al White Sands Proving Ground (WSPG), area per test militari gestita dall’esercito degli Stati Uniti nel New Mexico. Per smontare i missili è chiamata la 144a compagnia di assemblaggio di veicoli a motore (MVA) dell’esercito. Questa arriva il 18 maggio, iniziando il lavoro di smontaggio e carico per Erfurt e poi per il porto di Anversa. Il 22 maggio parte il primo carico composto da 40 vagoni. L’ultimo carico di materiale trovato a Mittelbau-Dora parte il 31 maggio.
I maggiori scienziati e tecnici del Lager non riescono a raggiungere luoghi sicuri, così si nascondono in un hotel nell’area di Reutte, nella Baviera meridionale, appena oltre il confine austriaco. Il 2 maggio, all’arrivo nella zona della 324a fanteria dell’esercito USA, sono costretti ad arrendersi. Tra di loro l’ingegner Wernher von Braun, giovane genio della missilistica e maggiore delle SS, considerato il “padre” della V-2. Assieme allo scienziato anche alcuni ufficiali nazisti, tra cui il generale Walter Dornberger, e gli esperti di missili guidati Bernard Tessmann e Dieter Huzel, incaricati di nascondere tutti i documenti relativi alle V-2 in una miniera a Dörnten. Il 7 maggio, l’intero gruppo di scienziati e ingegneri V-2 è trasferito a Garmisch-Partenkirchen. Qui iniziano a essere interrogati.
Nel frattempo, il 12 maggio il maggiore Robert B. Staver, ufficiale della sezione missilistica della divisione Ricerca e Sviluppo, arresta l’ingegnere di Mittelbau-Dora Karl Otto Fleisher. Quest’ultimo riesce a mettersi in contatto con gli altri tecnici del campo che non sono riusciti a fuggire. Tutti si consegnano agli statunitensi. Tra questi l’ingegnere Walther Riedel, responsabile della sezione motori a razzo e progettazione strutturale, che durante gli interrogatori illustra l’importanza dei razzi V-2 per i viaggi nello spazio e il beneficio che gli statunitensi avrebbero ricevuto se avessero concesso la garanzia dell’asilo e della cancellazione dei crimini di guerra agli scienziati di Mittelbau-Dora in cambio di una loro collaborazione. Gli statunitensi, prima che gli inglesi occupassero l’area, grazie alle informazioni degli scienziati delatori recuperano tutti documenti riguardanti le V-2. Anche il prezioso materiale è spedito al White Sands Proving Ground, passando per Parigi. Grazie sempre alle informazioni degli scienziati altri tecnici furono arrestati e convinti a collaborare con gli USA.

Una galleria oggi

Una galleria oggi

Su Mittelbau-Dora cala il silenzio. Per quasi cinquant’anni i tunnel restano nell’oscurità. Anche nei processi di Norimberga il lager resta occultato. Gli interessi militari degli USA sono stati più importanti della giustizia. I 138mila deportati, sfruttati sino alla morte nel sito, e i circa 90mila internati deceduti non hanno avuto diritto a ricevere giustizia.
Grazie agli studi degli scienziati nazisti, gli Stati Uniti d’America sbarcheranno sulla Luna nel 1969, attraverso il viaggio del razzo Saturno 5, evoluzione delle micidiali V-2.
Oggi a Mittelbau-Dora c’è un piccolo memoriale nella parte meridionale del tunnel A. All’esterno come all’interno molto è andato distrutto. All’esterno gli unici edifici rimasti in piedi sono il crematorio e la caserma dei pompieri. All’interno solo una piccola parte delle strutture del tunnel è accessibile attraverso visite guidate: un breve tratto della galleria longitudinale (galleria A) e tre camere trasversali che servivano da abitazione dei detenuti fino al giugno 1944.
Solo nel maggio del 1991 è divenuto un sito di importanza storica nazionale. Ancora oggi chi visita questo luogo infernale percepisce le grandi pene di chi fu sepolto vivo in questa fabbrica di morte… morte in tutti i sensi. Quello che resta serve a comprendere che “ciò che è accaduto può ritornare… e le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate”, Primo Levi docet.

Per saperne di più
C. Klose, Italienische Häftlinge im Kz Mittrlbau-Dora 1943 -1945, ed. 1996, trad. it, Dora, in «Triangolo rosso. Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati politici», anno XVII, n. 3 giugno 1997, pp. 24-33.
C. Sparacino, Diario di prigionia, a cura di A. Buffulini, La Pietra, Milano 1984.
“La testimonianza di Gianni Araldi. Così si viveva e si moriva nel campo”, in Le radici sconosciute della Repubblica. DORA, 1° convegno storico internazionale sull’annientamento nel lavoro forzato nei campi di deportazione politica degli internati militari italiani, Salsomaggiore Terme 25-26 ottobre 1997, ANED – Associazione Nazionale Ex Deportati Politici nei Campi Nazisti, pp. 28-31.
J.-C. Wagner, Konzentrationslager Mittelbau–Dora 1943-1945: Begleitband zur ständigen Ausstellung in der KZ-Gedenkstätte Mittelbau–Dora, Wallstein, Göttingen 2007.
M. D’Angelo, Nei tunnel delle V2. Memorie di un deportato a Dora, Mursia, Milano 2008.
C. Bounous, Nell’inferno di Dora. Il il tunnel delle armi segrete di Hitler. La storia, la memoria, la testimonianza di Albino Moret, LAR, Perosa Argentina (Torino) 2012.
O. Brovedani, Da Buchenwald a Belsen. L’inferno dei vivi. Memorie di un deportato 76360, Fondazione Osiride Brovedani, Gradisca d’Isonzo (Gorizia) 2017.
Inferno Mittelbau Dora. L’ultimo Lager, documentario di Mary Mirka Milo, 2017, visionabile su YouTube all’url: https://www.youtube.com/watch?v=9K_6Nn5DPdY
R. Paternoster, La politica dell’esclusione. Deportazione e campi di concentramento, Tralerighe, Lucca 2020.