LE VICENDE DEL FEMMINISMO CRISTIANO

di Michele Strazza -

 

Accanto a un femminismo “laico”, alla fine dell’Ottocento nacque un femminismo di matrice religiosa, più specificamente definibile “cristiano”. Ma è nel secolo successivo che avviene la definitiva contestazione del mondo cattolico “androcentrico”.

 

Tutto cominciò quando un gruppo di studiose americane iniziarono a riunirsi, sotto la guida di Elizabeth Cady Stanton, per individuare e studiare i passi del Vecchio Testamento riguardanti le donne. La lettura che esse proponevano era di profonda critica alla concezione “androcentrica” della Bibbia. L’iniziativa si dimostrò abbastanza dirompente negli ambienti protestanti degli Stati Uniti, portando, altresì, alla pubblicazione, sempre a cura della stessa studiosa, tra il 1895 e il 1898, di una Woman’s Bible.
Anche in Europa non mancarono formazioni femminili che si proponevano una rilettura dei testi sacri in una dimensione “femminista”. Così, nel 1911, in Gran Bretagna nacque la “Alleanza internazionale Giovanna d’Arco” con l’obiettivo dell’eguaglianza delle donne in campo religioso. Famoso il motto di riconoscimento che pronunciavano le socie: “Pregate Dio: Ella vi esaudirà”. Tale espressione, pur non arrivando ad affermare la natura femminile di Dio, criticava apertamente il linguaggio maschilista e monosessuale biblico che parlava di Dio soltanto al maschile.
Indubbiamente il dibattito sul femminismo cristiano prese piede innanzitutto nel mondo protestante dove si sviluppò nella prima metà del Novecento, portando ad importanti conquiste come il sacerdozio femminile.

Nel mondo cattolico, invece, l’impostazione “androcentrica” rimase prevalente, anche se qualche segnale in senso opposto fu comunque registrato. Durante il Concilio Vaticano II, ad esempio, un gruppo di donne, sotto la guida della giurista svizzera Gertrud Heinzelmann (1914-1999), inviò all’assemblea conciliare una lettera aperta dal significativo titolo “Non siamo più disposte a tacere”, non ottenendo alcuna attenzione o risposta.
Dobbiamo però aspettare gli anni Sessanta, e la conseguente rivoluzione sessuale, per avere un libro fondamentale per il femminismo cristiano. Nel 1968, infatti, la giovane teologa americana Mary Daly (1928-2010) pubblicò
The Church and the Second Sex.
Dopo avere frequentato il College of Saint Rose e la Catholic University of America, laureandosi in Lingua inglese e in Religione al Saint Mary’s College dell’Indiana, l’autrice si era trasferita a Friburgo per studiare Teologia, poiché nessuna università americana concedeva tale dottorato a una donna. L’Ateneo di Friburgo, invece, essendo statale, non poteva legalmente escludere le donne.
Interessantissimi sono i passi in cui la giovane studiosa descrisse la sua esperienza nella Facoltà frequentata da preti e seminaristi, chiedendosi cosa significasse «sedere in un’aula ad ascoltare lezioni in latino impartite da preti domenicani in lunghi abiti bianchi, le cui lezioni talvolta avevano più senso quando non si capiva la lingua che quando la si capiva. […] nelle aule affollate avveniva spesso che intorno a me restassero dei posti vuoti, perché i miei “compagni” avevano paura delle tentazioni che avrebbero potuto suscitare in loro lo star seduti vicini a una femmina».

Mary Daly non condivideva l’affermazione di Simone de Beauvoir secondo cui l’ideologia cristiana aveva contribuito non poco alla schiavitù della donna.
Eppure si rendeva conto che quanto sostenuto dalla scrittrice francese aveva una base di verità. Dallo studio dei testi sacri e degli scritti dei padri della Chiesa emergeva una forte contraddizione tra l’insegnamento evangelico, improntato all’uguaglianza, e la visione misogina del Vecchio Testamento e di tutta la tradizione della Chiesa. Di qui la sua esortazione agli apparati ecclesiastici per il riconoscimento dei propri errori e per una riforma interna.
Questa visione riformista della studiosa americana, però, venne presto abbandonata per l’approdo a una impostazione più radicale. Licenziata dal Boston College, anche se tale istituzione ritornò dopo sui propri passi, nel 1975 la Daly diede alle stampe la seconda edizione del suo libro con l’aggiunta di una Prefazione autobiografica e di una Introduzione postcristiana.
In tali aggiunte la studiosa spiegò come parlare di “femminismo cristiano” apparisse una contraddizione logica, in quanto l’aggettivo “cristiano” risultava in contrasto con il sostantivo “femminismo”. In poche parole, secondo l’autrice ogni tentativo di conciliare cristianesimo e femminismo era illusorio.
Contestando, dunque, il suo stesso libro, Mary Daly arrivava alla conclusione dell’impossibilità di liberare la donna in nome di una ideologia, quella cristiana, e di una struttura, la Chiesa, che per secoli erano state le principali responsabili dell’oppressione della donna stessa.
Erano, altresì, inutili tutti i tentativi di interpretazione dei passi biblici in chiave femminile, dato “il carattere prevalentemente patriarcale” dell’intero testo sacro.

Questa impostazione radicale era già espressa nel suo secondo libro Beyond God the Father. Toward Philosophy of Women’s Liberation (1973) nel quale critica lo stesso concetto di “Dio Padre”, come espressione del maschilismo biblico.
Pur sapendo che Dio è al di sopra di qualsiasi connotazione sessuale, la studiosa americana non si esime dall’opporsi ad una concezione simbolica che, determinando l’immaginario collettivo, finisce col rafforzare una mentalità maschilista. Di qui la necessità di abbattere tale figura patriarcale, distruggendo, nel contempo, tutte le sue derivazioni collegate di autorità e dominio.
L’alternativa è, per la Daly, quella di un Dio quale “Assoluto in divenire”, al cui “disvelamento” l’umanità stessa partecipa.
Nei confronti, invece, del tradizionale “patriarcato” bisogna lottare strenuamente. Esso, definito “una specie di stupro collettivo sia delle menti che dei corpi”, deve essere combattuto dall’unione delle donne, una “sorellanza anti-mondo e anti-Chiesa”, in chiave ecologica e cosmica.
Nel 1978 questi concetti sono ripresi e ampliati in Gin/Ecology. The Metaethics of Radical Feminism sul “ginocidio”, cioè la distruzione sistematica delle donne.
Contemporaneamente l’attenzione della studiosa si sposta sull’uso delle parole tipiche di un dizionario “fallocentrico” che deve essere scardinato. Poiché “esistere come essere umani è dare un nome al sé, al mondo e a Dio”, le donne sono state derubate del “potere di nominare”. Pertanto la loro liberazione non potrà mai realizzarsi se non anche attraverso una operazione di liberazione del linguaggio in senso femminista.

I temi della liberazione linguistica ritornano, nel 1984, in Pure Lust. Elemental Feminist Philosophy, nonché, nel 1993, in Outercourse. The Be-Dazzling Voyage, una vera e propria sintesi filosofica autobiografica.
Al di là del pensiero della Daly, la quale resta un’icona del femminismo cristiano, questo movimento ebbe un deciso sviluppo, come già anticipato, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei successivi anni Settanta. E’, infatti, in questo periodo, estremamente ricco dal punto di vista teologico, che i temi della lettura al femminile della Bibbia e di un nuovo ruolo della donna nella Chiesa, vengono alla ribalta.
Del resto, nella stessa nuova “Teologia della liberazione” era contenuto il concetto secondo cui la teologia degli oppressi non poteva essere la stessa di quella degli oppressori. Una visione, questa, che non poteva non diventare appetibile per la teologia femminista che considerava il mondo femminile come un mondo di oppressi.
Di qui la lotta ad una teologia androcentrica e sessista che aveva finito con l’opporsi ad ogni rivendicazione, non solo religiosa, ma soprattutto politica e sociale dell’altra metà del cielo. Una teologia, dunque, di “donne in rivolta” che aspiravano ad una nuova soggettività nella religione cristiana.
Sono diverse le teologhe e le studiose che si ispirano a queste idee. Oltre a quelle già citate, ricordiamo Elisabeth Schussler Fiorenza, Rosemary Radford Ruether, Phillis Tribel, Nelle Morton, Anne Carr, Catharina Halkes, Marga Buhring, Elisabeth Moltmann-Wendel. Tutte impegnate nella rivisitazione al femminile dei testi sacri e nella elaborazione teologica dei temi della “depatriarcalizzazione” e di un diverso protagonismo delle donne nella fede, tematiche ancora presenti nell’odierno dibattito teologico.

 

 

Per saperne di più
Bragantini G., Le donne nel Concilio Vaticano II, Roma, Pontificia Università Lateranense, 1984.
Cady Stanton E., Woman’s Bible, I e II, New York, Società Editoriale Europea, 1895-1898.
Codrignani G., “L’Alleanza internazionale Giovanna d’Arco. Storia di una associazione cattolica e femminista”, in Militello C., Donne e teologia: bilancio di un secolo, Bologna, EDB, 2004.
Daly M., The Church and the Second Sex, London, Chapman, 1968. Per l’edizione italiana: Daly M., La Chiesa e il secondo sesso, Milano, Rizzoli, 1982.
Daly M., The Church and the Second Sex. With a New Feminist Postchristian Introduction by the author, New York, Harper & Row, 1975.
Daly M., Gin/Ecology. The Metaethics of Radical Feminism, Boston, Beacon Press, 1978.
Daly M., Pure Lust. Elementar Feminist Philosophy, Boston, Beacon Priss, 1984.
Daly M., Al di là di Dio Padre. Verso una filosofia di liberazione della donna, Roma, Editori Riuniti, 1990.
Daly M., Outercourse. The Be-Dazzling Voyage, San Francisco, Harper Collins, 1993.
Gibellini R., La teologia del XX secolo, Brescia, Queriniana ed., 1992.
Halkes C., “Primo bilancio della teologia femminista”, in AA.VV., La sfida del femminismo alla teologia, Brescia, Queriniana ed., 1980.
Pelletier A.M., Il cristianesimo e le donne, Milano, Jaca Book, 2021.
Russell L. (a cura di), Feminist Interpretation of the Bible, Philadelphia, Westminster Printing, 1985 (trad. it. Interpretazione femminista della Bibbia, Assisi, Cittadella, 1991).
Schlüssler Fiorenza E., In memoria di lei. Una ricostruzione teologica femminista delle origini cristiane, Torino, Claudiana, 1988.



[1] Daly M., The Church and the Second Sex, London, Chapman, 1968. Per l’edizione italiana cfr. Daly M., La Chiesa e il secondo sesso, Milano, Rizzoli, 1982.