I RIVALI DI CRISTO

di Renzo Paternoster -

Nella storia delle religioni si riscontrano similitudini impressionanti con la vita di Gesù di Nazareth. Oltre al Cristo ci sono state altre figure che sono state proclamate, o si sono dichiarate, Messia. Chi erano? Quali le analogie con Gesù?

La parola Messia deriva dall’ebraico Mashiach, che significa unto, nel senso di “consacrato da Dio”. Nell’Antico Testamento il personaggio oggetto dell’unzione divina era un re o sommo sacerdote, una figura cui si conferiva una missione divina di rinascita dell’ordine sociale e religioso. In seguito il termine indicò l’unto per eccellenza, l’inviato del Signore.
Nel Nuovo Testamento questa figura appartiene a Gesù di Nazareth, venuto al mondo con fecondazione virginale, morto per mano dell’uomo, risorto e asceso al Cielo. A Gesù, in qualità di Messia, quindi di “inviato da Dio per la realizzazione del Regno dei Cieli”, è apposto il termine di Cristo, da Christos traduzione greca di Messia.
Storicamente è un fatto documentato e approvato che Gesù di Nazareth sia realmente esistito. Se riguardo alla sua natura ‒ chi e che cosa Egli realmente sia stato ‒ vi sono dissensi e obiezioni di grande importanza, gli avvenimenti principali concernenti la sua vita e morte sono eventi indiscutibili, anche se esistono discrepanze riguardo alcune circostanze attinenti la sua vita. Tuttavia sono particolari che non minano assolutamente l’attendibilità della figura del Messia cristiano.
Tra queste la vera data della sua nascita. Il Nuovo Testamento nulla dice riguardo il 25 dicembre, e per questo, nei primi secoli del cristianesimo, la data di nascita di Gesù era diversa da comunità a comunità. Senza entrare approfonditamente in merito, alcuni indizi allontanano la data del 25 dicembre. Tra questi, si può dire che non era inverno, perché in questa stagione i pastori non pascolano i loro greggi. Altre discrepanze potrebbero essere il luogo della nascita, la data dell’apparizione della stella cometa, il “buco” di almeno vent’anni in cui non si sa con esattezza cosa fece e dove andò, e così via. Poiché la storia del Cristo è stata scritta dai suoi discepoli dopo la sua morte, i fatti riferiti hanno subito qualche cambiamento, sottrazione e aggiunte soggettive di chi li ha raccontati.

Già prima della nascita di Gesù, molti popoli praticavano culti nei quali vi era spesso la presenza di “Messia” e “inviati di Dio” che avevano caratteristiche molto simili se non uguali a quelle di Gesù Cristo. Elementi ricorrenti, quali il concepimento e/o la nascita virginale, una grotta come luogo della “discesa” sulla terra, l’attribuzione della paternità del Messia a Dio, la morte con relativa resurrezione, si incontrano in molti personaggi precedenti a Gesù Cristo. Le due caratteristiche più ricorrenti sono il concepimento e/o la nascita virginale.
Stando ai miti, una folta schiera di messia precedenti Gesù possiedono una o entrambe le caratteristiche: Devaki, madre di Krishna; Ceres, madre di Osiride; Maia, madre di Sakia; Celestina, madre di Zunis; Chimalman, madre di Quexalcote; Minerva, madre del Bacco greco; Semele, madre del Bacco egiziano; Nana, madre di Attis; Prudence, madre Hercules; Alcmene, madre di Alcides; Shing-Mon, madre di Yu; Mayence, madre di Hesus; Sara, madre di Isacco; Sansone, nato da madre sterile; Elisabetta, madre di Giovanni Battista.
Altamente simbolico è il concepimento virginale, poiché sono coinvolte sia la componente immateriale (lo Spirito) sia quella materiale (il grembo della mamma). Il concepimento virginale diventa così un compimento, nella carne, della filiazione divina.

Horus

Horus

Il primo Messia della storia antica è la divinità celeste egizia Horus. Nato il 25 dicembre di quattromila anni prima di Cristo, sua madre era la vergine Isis, conosciuta anche con il nome di Meri. La sua nascita è annunciata da una stella che tre re seguirono da Est per adorare il figlio del dio Ra.
Horus nasce ad Annu, letteralmente “il posto del pane” (Gesù, invece, a Betlemme, letteralmente “la casa del pane”). A dodici anni insegna nel tempio di Ptah, mentre a trentatré anni è battezzato lungo le rive del fiume Eridanus per mano di Anup, un sacerdote cui fu poi tagliata la testa (una figura che ricorda da vicino quella di Giovanni Battista).
Horus lotta nel deserto per quaranta giorni il malvagio Seth. Aveva dodici discepoli, tra cui i fidatissimi Anup e Aan. Tra i suoi prodigi, la resurrezione del giovane Al-Azar.
Tradito dal discepolo Thyphon, secondo alcune leggende, fu crocefisso e il terzo giorno dopo la sua morte resuscita. La divinità celeste egizia ha la sua ipostasi nel falco. Il suo mito, tuttavia, cambia secondo la civiltà e il periodo preso come riferimento.

Stele con la nascita di Mithra

Stele con la nascita di Mithra

Il più famoso e potente “concorrente” di Gesù il Nazareno è Mithra, tanto da far scrivere al famoso storico delle religioni Joseph Ernest Renan (1823-1892): «Si può dire che, se il cristianesimo fosse stato fermato nella sua crescita […], il mondo sarebbe stato mitraista».
Il culto di Mithra nasce tra duemila e mille anni prima di Cristo nella religione persiana, diventando poi anche una divinità dell’induismo, del mondo ellenistico e di quello romano. Il più antico riferimento conosciuto alla divinità Mithra si trova su una iscrizione di un trattato risalente approssimativamente al 1400 a. C., stipulato tra gli Ittiti e gli Urriti di Mitanni (nel nord della Mesopotamia).
Mithra è uno degli dèi uranici e rappresenta l’elemento solare del culto. Non a caso egli nasce il 25 dicembre, in coincidenza con il solstizio d’inverno, il giorno festivo del calendario romano dedicato al dies natalis del Sol invictus. Mithra nasce da una roccia in una grotta o caverna, portando dunque luce nelle tenebre della spelonca. La divinità viene al mondo già giovinetto e con una daga in una mano, una fiaccola nell’altra e con un berretto frigio sul capo. Un altro mito sulla nascita di Mithra narra che la divinità decide di venire al mondo incarnandosi nel ventre di una vergine, scegliendo una grotta come luogo e sempre il 25 dicembre come giorno.
Dopo la sua nascita, alcuni pastori si recano al suo cospetto portando doni e riconoscendolo come dio supremo, figlio del Sole, e Sole lui stesso (la divinità si rappresentava con un’aureola di raggi solari intorno alla testa).
Mitha aveva dodici discepoli, come i dodici mesi dell’anno solare, con i quali celebrò il suo ultimo “pasto sacro” con pane e acqua. I suoi seguaci ricordavano questo pasto sacro officiandolo attorno a un altare con pane e una bevanda estatica (chiamata soma dagli gli indo-ari e haoma dagli iranici). I Romani adottarono il vino al posto del soma-haoma. Sull’altare era esposto un disco che ricordava il sole (nel rituale cattolico c’è un ostensorio, circondato da una raggiera d’oro contenente “il corpo del Cristo”). Il primo sacerdote di Mithra era chiamato Pater (Padre), durante le cerimonie indossava un berretto e un paramento rossi (come i cardinali) e aveva un bastone da pastore con la punta ricurva (la mitra, appunto) come simbolo della propria posizione.
Il dio Mitra, sia nella forma tarda romana, sia in quella più antica indiana, come in quella antica iranica, è associato al sole e al sacrificio del toro. Il mito di Mithra racconta che la sua prima missione terrena è quella di soggiogare il Sole, per poi accordarsi con lui e ricevere in dono una corona luminosa. Cattura poi un toro, portandolo nella sua grotta e superando tutta una serie di difficoltà, causate da un serpente e da uno scorpione (simboli del male), inviati dal dio maligno Ahriman, lo uccide. Dal corpo del toro morto si generarono erbe, piante e umani: dal midollo il grano, dal sangue la vite, dal suo seme l’uomo. Il mito univa alla forza vitale del sole quella della fertilità della terra.
Al termine del suo operato Mithra muore nel solstizio di primavera, risorge e, con l’aiuto del Sole, sale al cielo da dove continuerebbe a proteggere gli esseri umani.

Krishna

Krishna

Krishna non nasce il 25 dicembre, ma è un messia per la religione Indù. Egli è l’incarnazione del dio Vishnu, che decide di umanizzarsi per liberare la terra dalla tirannia di Kamsa, re di Mathura. Pur essendo l’ottava incarnazione di Vishnu, Krishna è venerato come divinità a sé. Egli nasce da una madre vergine, Devaki, la quale è costretta a nascondersi perché il re Kamsa, grazie a una profezia, ha saputo della sua nascita e vuole ucciderlo. La nascita del fanciullo divino avviene fra i pastori. Una fonte riguardante la nascita di Krishna è il libro di Edouard Schuré I grandi Iniziati, dove compare il seguente  brano sulla nascita del dio Krishna secondo la tradizione Indù: «Mahadeva (Grande Dio), il sole dei soli, le apparve nel lampo di un folgorante raggio sotto forma umana. Allora, adombrata dallo Spirito dei mondi, cadde priva di sensi e nell’oblio della terra, in una felicità senza limiti concepì il fanciullo divino. Quando sette lune ebbero descritto il loro magico giro intorno alla sacra foresta, il capo degli anacoreti chiamò a sé Devaki e disse: “La volontà dei Deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell’amore divino. Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del mondo. Ma fuggi, perché Kansa ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel seno”».
Krishna muore nell’anno 3102 a.C., perdonando chi erroneamente lo colpisce con una freccia al calcagno, unico suo punto vulnerabile. Con la sua morte lasciò il corpo e riacquistò la sua forma divina.

A partire dal 1947 in undici grotte dentro e intorno a Qumran, sulla riva occidentale del Mar Morto, nell’attuale Cisgiordania, furono ritrovati un insieme di testi di grande significato religioso e storico, manoscritti su pergamena, papiro e su una pietra. Su quest’ultima sono riportati ottantasette versi in ebraico che narrano la storia di un Messia che avrebbe predicato pace e amore, e che sarebbe stato ucciso dai Romani e, tre giorni dopo la sua morte, sarebbe risorto.
Niente di nuovo se si pensa alla storia di Gesù Cristo. Tuttavia il reperto storico risalirebbe a un’epoca antecedente alla nascita del Messia cristiano, probabilmente al I secolo a.C. Il reperto, conservato all’Israel Museum di Gerusalemme, è chiamato Rivelazione di Gabriele ed è ovviamente un prezioso documento storico e religioso che ha scatenato un acceso dibattito tra archeologi e biblisti sulla valenza della lapide.

L’ultimo grande “unto” dell’era precristiana si chiama Apollonio. Nasce a Tiana, in Cappadocia, allora provincia dell’Impero Romano, all’inizio del I secolo, o forse un po’ prima. Le affinità con il Messia cristiano sono fin troppo evidenti, tanto da essere appellato il “Cristo pagano”.
Come di Gesù, anche di Apollonio si conosce poco della sua infanzia. Educato nel tempio di Asclepio a Egea, ormai adulto si ritira nel deserto, dove incontra e sconfigge i demoni. Vestito con una tunica di lino bianco, e seguito dai suoi discepoli, predica amore e pace, fa guarigioni e miracoli, tra cui una risurrezione. Come Gesù è imputato di sedizione e di magia. È quindi processato per sedizione, ma riesce a sottrassi miracolosamente alla condanna (Gesù, come sappiamo, fu crocifisso). Apollonio non resuscitò dai morti per il semplice fatto che non morì mai, ma in compenso ascese direttamente al cielo.
La storia della vita, dei viaggi e dei prodigi di Apollonio di Tiana fu scritta agli inizi del III secolo d.C. da Filostrato, e fu commissionata da Giulia Domna (170-217 d.C.), moglie dell’Imperatore romano Lucio Settimio Severo, affascinata dalla figura di quest’uomo.

La caduta di Simon Mago, miniatura del XV secolo

La caduta di Simon Mago, miniatura del XV secolo

Agli albori della cristianità, un’altra figura messianica si aggirava per la Samaria, regione montuosa situata tra la Galilea (a nord) e la Giudea (a sud). Un temibile rivale di Gesù chiamato Simon Mago. I suoi seguaci credevano che fosse il Messia, ma egli sosteneva di incarnare il potere di Dio, lo Spirito Santo. Egli fu l’iniziatore di una potente setta religiosa caratterizzata da una dottrina a tratti accentuatamente gnostici. Dalla Samaria viaggiò, predicò e praticò la magia, arrivando sino a Roma. Per questo la sua setta divenne numerosa e potente.
Pur avendo molti proseliti, Simone cercò di accreditarsi presso i cristiani, arrivando a offrire denaro all’apostolo Pietro per acquisire il potere di conferire lo Spirito Santo. Raccontano gli Atti degli Apostoli che Pietro rimproverò Simon Mago gettando i soldi per terra e accusandolo di essere un peccatore e un blasfemo. Gli Atti degli Apostoli citano le parole di Pietro contro Simon Mago: «Alla perdizione tu e il tuo denaro! Poiché hai creduto di ottenere il dono di Dio con l’oro». Questo episodio ha portato alla nascita del termine “simonia”, ovvero il peccato di comprare i benefici spirituali.
Ci sono due versioni dell’eclissi del mito di Simon Mago. La prima versione si inserisce nella disputa tra Simon Mago e l’apostolo Pietro. Si racconta negli Atti di Pietro, apocrifo del Nuovo Testamento, che Simone sfidò Pietro, affermando che poteva ascendere al cielo. Alla presenza di molti testimoni Simone iniziò a sollevarsi, arrivando molto in alto. Gli Atti di Pietro descrivono così la scena: «per meraviglia di improvviso si innalzò verso il cielo senza sforzo». Pietro, dal canto suo, iniziò a pregare invocando il suo Messia di riportare a terra Simone. La preghiera di Pietro riuscì nel suo intento: «Cadde dall’alto», narrano gli Atti, «e si ruppe le gambe in tre punti, allora la folla gli scagliò contro le pietre, rientrarono in casa e da quel momento in poi credettero a Pietro».
L’altra versione della misera fine di Simon Mago narra che egli, volendo emulare la resurrezione di Gesù avrebbe chiesto di essere sepolto vivo in modo da poter risorgere dopo tre giorni. Fu sepolto, ma sarebbe morto senza resuscitare. Simon Mago ebbe due successori Menandro e Saturnino, mentre i suoi seguaci furono definiti simoniani.

Le credenze messianiche hanno prodotto nel popolo ebraico delle figure che hanno avocato a sé la personalità del Messia atteso. Fra tutte, quella di Simon Bar Kokheba.
Simon non è stato concepito virginalmente come il Messia cristiano ed è nato come tutti i bambini. Come Gesù era un discendente della famiglia reale di re Davide, ma a differenza del Messia cristiano che invitava a “dare a Cesare quello che era di Cesare e a Dio che di Dio”, Simon voleva dare ai Romani il benservito cacciandoli dalla sacra terra degli ebrei.
Simon Bar Kokheba si definì “Principe d’Israele” e i suoi discepoli lo ritenevano il Messia ebreo, nel senso di “re trionfante” per il riscatto d’Israele. Il nome Bar Kokheba in aramaico significa “figlio della stella” ed è probabilmente il soprannome dato a Simone attinto dai suoi seguaci dal passo biblico XXIV, 17: «Una stella è venuta da Giacobbe». Simon aveva una piccola cerchia di discepoli e molti ebrei aderirono alle sue idee rivoluzionarie, tra questi anche uno dei più insigni dottori del tempo, Akiva ben Joseph, conosciuto come Rabbi ‛Aqiba.
Nel 132 Simon si autoproclamò Messia, mettendosi a capo dell’ultima rivolta ebraica, la terza contro l’Impero Romano (132-135). La scintilla che diede inizio alla ribellione, fu innescata dall’imperatore Adriano che, non solo ordinò il divieto di circoncisione (rituale importantissimo per gli ebrei, perché ordinato direttamente da Dio ad Abramo), ma fece costruire un tempio pagano dedicato al dio romano Giove proprio dove sorgeva il Grande Tempio di Gerusalemme.
Inizialmente i rivoltosi di Simon ebbero notevoli successi militari, riuscendo ad annientare una intera legione romana, liberando Gerusalemme dall’occupazione e sconfiggendo i Romani in tutta la Giudea che divenne Stato libero. I trionfi militari accrebbero la fama di Simon come Messia trionfante. Alcune monete furono coniate per lui.
L’imperatore Adriano volle prendersi la rivincita e, assegnando il comando a Giulio Severo, ordinò di sterminare i rivoltosi e uccidere Simon. Per tre anni l’esercito romano affrontò i rivoltosi giudei, spingendo gli ultimi fedelissimi sulla collina di Bhetar. Dopo tre anni, l’esercito romano riuscì ad annientare tutti i seguaci di Baak Khobar. Lo stesso Simon trovò la morte fra le rovine di Bethar. Gerusalemme fu nuovamente occupata e ricostruita come una città romana. I rabbini che maggiormente si erano distinti nel sostegno della guerra furono catturati e uccisi.
La drammatica fine del sogno ebraico ebbe ripercussioni anche nella memoria di Simon Bar Kokheba che, dopo la sconfitta, fu appellato dai rabbini Bar Koseba, ossia “il figlio della menzogna”.

Inri Cristo, il Messia brasiliano

Inri Cristo, il Messia brasiliano

Altri messia si dichiarano o sono proclamati tali. Il nostro tempo non è immune dalla presenza di questi profeti messianici. Vediamo di conoscere alcuni di loro, forse i più folli.
In Brasile un nuovo Messia si fa chiamare Inri Cristo (Inri è l’acronimo posto sopra Gesù crocefisso per indicare la motivazione della condanna e significa “Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum“, letteralmente “Gesù il Nazareno, Re dei Giudei”). Nato come Álvaro Theiss nel 1948 nello Stato brasiliano di Santa Catarina, si proclama la vera reincarnazione di Gesù Cristo ed emissario del Padre Eterno. Inri Cristo non riesce a fare miracoli, ma dice di redimere le anime e pregare per la salvezza e la pace nel mondo invocando “suo” Padre Dio. Fin da bambino, Inri ha affermato di obbedire a una voce potente che gli parla nella sua testa. Obbediente a questa voce, ha lasciato la sua casa a tredici anni per vivere in modo indipendente. Nel 1969, all’età di ventuno anni, Inri inizia la sua vita pubblica come sedicente profeta, presentandosi come “Iuri de Nostradamus”. Successivamente inizia a farsi chiamare Inri Cristo, perché la “voce” gli ha ordinato di capovolgere la seconda lettera di Iuri (quindi la “u” è diventata “n”) e di aggiungere la sua vera natura, quella di Cristo reincarnato. Indossa una tunica bianca e una corona di spine in plastica o in spugna sul capo. Ovviamente, il santone si è adeguato ai tempi, aprendo anche un sito web per la predicazione. Come molti nuovi Messia, sembra molto sensibile al fascino femminile, circondandosi così di “angeli femminili” pronte a seguirlo e assecondare ogni suo desiderio. Álvaro Theiss è stato arrestato numerose volte dalla polizia brasiliana.

José Luis de Jesús Miranda

José Luis de Jesús Miranda

Restiamo nelle Americhe per conoscere un altro sedicente Cristo. Si chiama José Luis de Jesús Miranda. Nato nel 1946 a Porto Rico, è il fondatore della chiesa “Creciendo en Gracia”, un movimento settario che insegna la “dottrina della grazia”, ma a modo suo. Miranda sostiene di essere Gesù Cristo nel suo secondo avvento, ma allo stesso tempo sostiene di essere l’Anticristo. Per questo si è fatto tatuare il numero 666 sul braccio (è il “numero della bestia”, appare in un passo del Nuovo Testamento, nell’Apocalisse di Giovanni). Lo stesso fanno i suoi seguaci. Poiché egli si considera l’unico Messia, nelle sue predicazioni apostrofa con violenza la Chiesa cattolica, protestante, evangelica, ortodossa, copta e contro ogni tipo di denominazione cristiana che non sia la sua. La setta di Miranda ha quasi trecento congregazioni in tutto il mondo, con un seguito di quasi due milioni di adepti.
José Luis de Jesús Miranda è morto nel 2013 per tumore, ma i suoi fedeli dicono che si è trasformato in immortale.

Il reverendo Moon con la moglie

Il reverendo Moon con la moglie

Viaggiamo dal continente americano a quello asiatico per incontrare Sun Myung Moon, più famoso come reverendo Moon. Nato col nome di Mun Yong-Myeong nel 1920 a Jeonju City, ora Corea del Nord, in seguito a una visione si considera il nuovo Messia. Il 17 aprile 1935, infatti, dice che gli apparve durante la preghiera Gesù Cristo, dandogli il compito di portare avanti la Sua missione. Per questo si dichiara Messia. Nel 1946 inizia la sua predicazione trasferendosi a Pyongyang e fondando la chiesa Kang Hei (Grande Mare). Accusato di essere una spia della Corea del Sud, è rinchiuso nel campo di lavoro situato nei pressi della città di Hung-nam per scontare una pena di cinque anni, ma riesce a scappare nella cittadina di Busan, nella Corea del Sud. Nel 1953 si trasferisce a Seoul e l’anno dopo fonda la sua Chiesa chiamandola “Associazione Spirituale per l’Unificazione del Mondo Cristiano”. Nel 1972 si trasferisce negli Stati  Uniti, dove continua la sua predicazione.
La sua dottrina è centrata sulla restaurazione della “famiglia originale” e sulla riunificazione di tutte le Chiese in un’unica realtà: la sua. La “famiglia orginale” è quella di Adamo ed Eva che avrebbero dovuto realizzare prima della caduta. Lo stesso Gesù Cristo, dice, aveva questo compito, ma la morte non gli permise di realizzarlo. Per questo, per instaurare finalmente questa “famiglia originale” Dio ha voluto un secondo avvento del Messia. Il reverendo Moon così si sposa, per creare la prima vera famiglia originale, mettendo al mondo, da “vero” genitore della “vera famiglia originale” ben quattordici figli. Tra le attività che hanno reso famoso il reverendo, ci sono i matrimoni di massa, organizzati negli stadi.
Nel frattempo la setta cresce e Moon si arricchisce permettendogli di acquistare un quotidiano statunitense, il The Washington Times, di fondare l’Università di Bridgeport Connecticut, di aprire il “New Yorker Hotel” a Manhattan e molte ditte distributrici di sushi per i ristoranti giapponesi. Nel 1984 Sun Myung Moon è condannato per evasione fiscale, trascorrendo tredici mesi nel carcere di Danbury (nel Connecticut). Nel 1994 dichiara terminata l’esperienza della Chiesa dell’Unificazione, poiché, secondo quando afferma lui stesso, nei progetti di Dio questa avrebbe avuto una durata di quarant’anni. Tuttavia continua a celebrare i suoi matrimoni di massa, invitando i suoi adepti ad aderire alla “Federazione delle Famiglie per la Pace e l’Unificazione Mondiale”.
Il 27 maggio del 2001, il reverendo Moon diviene famoso per aver unito in matrimonio, durante una delle sue famose celebrazioni di massa, l’arcivescovo cattolico Emmanuel Milingo con la coreana Maria Sung. Nel 2003 il reverendo torna a far parlare di sé in seguito a un suo discorso in cui giustificava l’Olocausto verso gli ebrei come una punizione per aver ucciso Gesù. Nel 2006 Moon ritorna in Corea del Sud, iniziando a distribuire ai suoi figli le responsabilità religiose e, soprattutto, economiche accumulate anche in patria (conti bancari, alberghi di lusso in zone sciistiche, una squadra di calcio, ecc.). Moon muore il 2 settembre 2012 per complicanze dovute alla polmonite.

VIssarion, il Messia siberiano

Vissarion, il Messia siberiano

L’ultimo Messia che prendiamo in considerazione, ma ce ne sono altri, si fa chiamare Vissarion, ed è un messia cosacco. Il suo nome è Sergej Anatol’evič Torop, e nasce a Krasnodar, nella Russia europea meridionale, il 14 gennaio 1961. Nel 1968 con la famiglia si trasferisce a Minusinsk, nella Russia siberiana meridionale. Qui studia e, dopo il servizio militare obbligatorio, diventa poliziotto. Negli anni Novanta del XX secolo fonda una confessione religiosa, autoproclamandosi incarnazione di Gesù Cristo. Egli afferma che una notte è stato “visitato” dallo Spirito Santo che gli ha rivelato la sua vera identità, spingendolo a predicare.
Combinando elementi della Chiesa ortodossa russa, del buddhismo e dell’ecologia fonda la “Chiesa dell’Ultimo Testamento”. Il 18 agosto 1991 predica il primo sermone nei pressi di Minusinsk, nella Russia siberiana meridionale. Questo è ricordato e celebrato dal suo movimento come “Giorno dell’Annuncio”. Nel 1994 fonda una comunità ai piedi del monte Sukhoi (nella provincia di Krasnoyarsk, in Siberia centrale), un luogo considerato da Vissarion come “il centro del mondo”. Pian piano il movimento di Vissarion cresce, contando una trentina di comunità, con templi e sacerdoti che impartiscono il battesimo e celebrano il sacramento del matrimonio. I vissarionovcy (così sono chiamati i seguaci di Vissarion) festeggiano il Natale il 14 gennaio alle ore 14, in ricordo del giorno e dell’ora di nascita del loro messia, aspettando la fine del mondo. A loro sono vietati alcol, tabacco e carne animale. Vissarion ha provato, senza fortuna, a profetizzare più volte la fine del mondo. La stretta somiglianza alle più conosciute immagini sacre di Gesù Cristo ha contribuito molto (e continua a farlo) a far crescere la sua notorietà e la sua comunità religiosa.

La nascita e il persistere di nuovi movimenti messianici risponde in linea di massima a diversi elementi. Da sempre, uno dei bisogni profondi dell’uomo è stato quello di appoggiarsi a una guida sicura che possa in qualche modo facilitare il difficile cammino della vita. Se a questo aggiungiamo la presenza di una figura carismatica capace, attraverso un elevato sincretismo (cioè la fusione di elementi tratti da diversi contesti religiosi), di raccogliere situazioni di disagio sociale, sofferenza, condizioni di privazioni e debolezza psichica, il gioco è fatto.
Basta veramente poco per proclamarsi messia. Potrei farlo anch’io, ancor più avvantaggiato dal mio cognome: perché un po’ mi dispiace chiamarmi Paternoster e non esserlo!

Per saperne di più
D. Donnini, Gesù e i manoscritti del Mar Morto. Il cristianesimo delle origini e l’identità storica di Cristo - Coniglio Editore, Roma, 2006
E. Renan, Marco Aurelio e la fine del mondo anticoEdizioni Studio Tesi, Pordenone 1994
AA. VV., Miti dell’Antico Egitto – Demetra, Milano, 2003
G. Colli, La sapienza greca - Adelphi, Milano, 1997
D. Ulansey, I misteri di Mithra – Edizioni Mediterranee, Roma, 2001
A. Daklapiccola, voce “Krishna” in Induismo. Dizionario di storia, cultura, religione – Bruno Mondadori, Milano, 2005
E. Schuré, I grandi IniziatiLaterza, Bari, 1948
M. Meunier, Apollonio di Tiana. La vita di un dio fra gli uomini del I secolo – Edizioni Mediterranee, Roma, 2011
M. Henze, Hazon Gabriel. New Readings of the Gabriel Revelation – Society of Biblical Literature, Atlanta, 2011
C. Martone, Il giudaismo antico (538 a.e.v.-70 e.v.) – Carocci, Roma, 2008
M. Introvigne, La Chiesa dell’Unificazione del reverendo Moon - ElleDiCi, Torino, 1997
C. M. Del Re, Le nuove sette religiose. Culti e sette emergenti di tutto il mondo. Guru, santoni e manipolatori di anime - Gremese, Roma, 1997