I COSIDDETTI “SILENZI” DI PIO XII: QUALCHE CHIARIMENTO (1)

di Pier Luigi Guiducci -

Il contesto storico, la documentazione, le criticità, le scelte storiche.

 

 

Nell’attuale periodo storico alcune recenti pubblicazioni[1] hanno riproposto all’attenzione dei lettori un tema che attira interesse. Si tratta dei cosiddetti “silenzi” di Pio XII[2] davanti ai drammi del secondo conflitto mondiale. Tali scritti propongono una diversa lettura storica del pontificato di Papa Eugenio Pacelli. L’obiettivo perseguito, però, ha avuto l’esito di confondere molte persone. Il termine “silenzio”, infatti è sinonimo di non intervento, non interesse, distacco. Altri autori, però, hanno pubblicato contemporaneamente vari studi evidenziando azioni a sostegno dei perseguitati riconducibili a una regìa vaticana. In presenza, allora, di messaggi tra loro non in sintonìa, può essere utile annotare alcuni dati di chiarimento per dimostrare un dato: Pio XII non fu un soggetto inerte.

Gli anni della nunziatura a Berlino (1917-1929)

Pacelli nunzio apostolico

Pacelli nunzio apostolico

Durante i dodici anni trascorsi in Germania, Eugenio Pacelli poté conoscere a fondo il mondo tedesco. A Monaco di Baviera si trovò anche a vivere in un periodo politico caratterizzato dalla Repubblica di Weimar[3]. Il 19 aprile 1919, nel corso di una rivolta spartachista[4], di ispirazione comunista (iniziata il 4 gennaio del 1919), l’arcivescovo dovette affrontare un’ora critica. Alcuni rivoluzionari fecero irruzione all’interno della nunziatura. Malgrado il capo dei ribelli, Seidl de Chemnitz, fosse armato, la vicenda si concluse senza ulteriori violenze, grazie anche all’intervento del capitano Francesco De Luca.[5] Nel 1920 Pacelli fu il primo a essere nominato nunzio per l’intera Germania. Si trasferì a Berlino. Nel 1925 fu nominato anche nunzio apostolico in Prussia.[6]

Porte chiuse dalla Russia

Trasferitosi a Berlino, Pacelli promosse trattative – cessate in modo definitivo nel 1928 – anche con l’ambasciatore Nikolai Nikolaevich Krestinski[7], e con il commissario agli Esteri dell’URSS, Georgij Vasil’evič Čičerin[8] . L’obiettivo fu quello di migliorare, fin dove possibile, la situazione della Chiesa cattolica in quella nazione, cercando di mantenere anche una certa flessibilità. Fu tutto inutile. Nel 1929, Pacelli venne richiamato a Roma dal Papa. Lasciò la Germania per essere creato cardinale (16 dicembre).

Lo studio di Dominiek Oversteyns

Ho avuto la possibilità di conoscere Dominiek Oversteyns. Per 25 anni questo studioso belga ha ricercato i documenti che riguardano, tra l’altro, gli anni della nunziatura a Berlino di mons. Pacelli. Alla fine ha posto in evidenza dei testi che attestano la realtà critica nella quale dovette operare il futuro Papa. Questo il sito che riporta il suo lavoro.

In particolare (1928-1929)

In tale contesto, è significativo confrontare alcuni passi del Mein Kampf (“La mia battaglia”, 1925)[9] di Adolf Hitler[10], precisamente quelli del secondo capitolo del tomo secondo, sulla formazione della gioventù, con tre discorsi (maggio e settembre 1928, febbraio 1929), che il nunzio Pacelli dedicò allo stesso argomento. Per approfondire gli interventi del nunzio Pacelli si rimanda al lavoro di Oversteyns che qui di seguito si cita.

In particolare: condanna antisemitismo razziale (1928)

Già prima dell’ascesa al potere di Hitler, il Sant’Uffizio, con proprio decreto del 25 marzo 1928, condannò “il moderno antisemitismo razziale”.

Inizio delle politiche razziali (1933)

Nel 1933 l’ascesa al potere di Hitler in Germania dette inizio a molteplici normative che privarono gli ebrei dei diritti civili, e che attivarono durissime violenze ai loro danni. Nessuna nazione protestò per affermazioni che facevano trapelare futuri drammi. Nel 1935 furono approvate le leggi antisemite di Norimberga, che costituirono un modello per le leggi razziali di Mussolini[11] del 1938. Non si levò nel mondo occidentale alcuna manifestazione di protesta. In quello stesso anno, con l’Anschluss (‘annessione’), l’Austria fu incorporata nella Germania.

Messa all’Indice del libro di Rosenberg (1934)

Nel 1934 il Sant’Uffizio mise all’Indice dei libri proibiti il testo dell’ideologo del Terzo Reich, Alfred Rosenberg[12]. Quest’ultimo, aveva scritto un lavoro dal titolo: ‘Il Mito del XX secolo’ (Der Mythus des 20. Jahrhunderts). Il fatto destò scalpore tra i gerarchi del Terzo Reich perché l’autore era delegato del Führer per l’educazione e la formazione intellettuale e filosofica del partito nazionalsocialista. Divenne pure Responsabile Esteri per il Partito e ministro dei territori occupati.

La Mit Brennender Sorge (14 marzo 1937)

pace2Con la Mit Brennender Sorge (“Con vibrante preoccupazione”) Pio XI[13] condannò il culto della razza, quello dello Stato, e il neopaganesimo. L’enciclica venne diffusa in tedesco per far comprendere a tutto il mondo che il Papa si rivolgeva solo alla Germania. Negli archivi vaticani si conservano i fogli originali del documento. E sono evidenti le integrazioni e le correzioni che vennero annotate dal Segretario di Stato monsignor Eugenio Pacelli.
Il 22 luglio del 1937, Das Schwarze Corps, quotidiano delle SS, pubblicò una caricatura satirica. Nel disegno il cardinale Pacelli abbraccia una donna ebrea che rappresenta la Francia e il comunismo. In alto venne posta la dicitura: “Il viaggio in Francia del Cardinale”. In basso la frase: “Non è troppo bella ma cucina bene”. L’attacco contro Pacelli fu quello di essere falso e opportunista. Il cardinale era stato a Lourdes (1935) e a Lisieux (1937), e nelle omelie aveva condannato le dottrine del nazionalsocialismo.

Alcune affermazioni dell’enciclica

Si riportano qui di seguito alcune affermazioni della Mit Brennender Sorge.
“(…) Non si può considerare come credente in Dio colui che usa il nome di Dio retoricamente, ma solo colui che unisce a questa venerata parola una vera e degna nozione di Dio. [...] Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti. [...]
Né è tale chi, seguendo una sedicente concezione precristiana dell’antico germanesimo, pone in luogo del Dio personale il fato tetro e impersonale, rinnegando la sapienza divina e la sua provvidenza; un simile uomo non può pretendere di essere annoverato fra i veri credenti”. (paragrafo 2).
“Se la razza o il popolo, se lo Stato o una sua determinata forma, se i rappresentanti del potere statale o altri elementi fondamentali della società umana hanno nell’ordine naturale un posto essenziale e degno di rispetto; chi peraltro li distacca da questa scala di valori terreni, elevandoli a suprema norma di tutto, anche dei valori religiosi e, divinizzandoli con culto idolatrico, perverte e falsifica l’ordine, da Dio creato e imposto, è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme. [...]
Solamente spiriti superficiali possono cadere nell’errore di parlare di un Dio nazionale, di una religione nazionale, e intraprendere il folle tentativo di imprigionare nei limiti di un solo popolo, nella ristrettezza etnica di una sola razza, Dio, Creatore del mondo, e legislatore dei popoli, davanti alla cui grandezza le nazioni sono piccole come gocce in un catino d’acqua”. (paragrafo 2).

Le reazioni in Germania 

Quando fu diffusa la Mit Brennender Sorge, il regime nazista venne preso alla sprovvista. Ma reagì con accentuata durezza. Il potere centrale ordinò di sequestrare le copie del testo. Di bloccare la diffusione del documento. Di accentuare le vessazioni contro i cattolici. Furono inscenati nuovi processi verso esponenti del clero (con l’accusa di frode fiscale, o di abusi sessuali), con il supporto della stampa nazionalsocialista. Soppressi alcuni giornali cattolici. Sciolte diverse associazioni cattoliche. Nel maggio 1937 oltre mille sacerdoti e religiosi subirono il carcere. Di questi, 304 vennero deportati nel lager di Dachau (1938).[14]

Syllabus antirazzista (13 aprile 1938)

Il 13 aprile del 1938, Pio XI fece indirizzare dalla Sacra Congregazione per i seminari e le università un Syllabus antirazzista, a tutti i rettori e i decani di facoltà. Nel documento si condannavano otto proposizioni, di cui sei razziste. Nel testo si ingiungeva ai professori di teologia di confutare, con il metodo proprio a ogni disciplina, le pseudo verità scientifiche con le quali il nazismo giustificava la sua ideologia razzista. Volutamente, la dichiarazione venne resa pubblica il 3 maggio, il giorno della visita di Hitler a Roma.

Conferenza di Évian (luglio 1938)

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Vignetta di Der Stürmer (1939) contro Pacelli

Conferenza di Monaco (29-30 settembre 1938)

Nella sera tra il 29 e il 30 settembre 1938 si svolsero a Monaco di Baviera i lavori di una Conferenza tra quattro Paesi. Furono presenti i rappresentanti del Regno Unito (Neville Chamberlain[18]), della Francia (Édouard Daladier[19]), del Terzo Reich (Adolf Hitler[20]) e dell’Italia (Benito Mussolini). La questione da affrontare riguardava le rivendicazioni tedesche sulla regione cecoslovacca dei Sudeti.[21] Si arrivò a un accordo. La Germania poté annettersi estese aree della Cecoslovacchia. L’intesa fu caratterizzata da una politica di appeasement (pacificazione) verso il Führer. All’incontro non venne però invitata la Cecoslovacchia. Eppure esisteva un’alleanza tra questa e la Francia e il Regno Unito. Quanto concordato a Monaco, però, venne presto disatteso da Hitler. Le successive manovre di quest’ultimo condussero in breve tempo alla dissoluzione della Cecoslovacchia, e alla sua annessione di fatto al Reich.

La Notte dei Cristalli[22] (Kristallnacht, 9-10 novembre 1938)

Tra il 9 e il 10 novembre del 1938 si scatenò in tutta la Germania, nell’annessa Austria, e nella regione dei Sudeti della Cecoslovacchia, un violentissimo attacco antiebraico. Il piano era stato preordinato. Tale disegno fu celato dietro un fatto avvenuto a Parigi. Si trattò dell’uccisione di Ernst von Rath, un funzionario tedesco, da parte di un 17enne ebreo polacco.[23] Vennero attaccate centinaia di sinagoghe, soggette ad atti di vandalismo, saccheggiate e distrutte. Molte furono date alle fiamme. Ai vigili del fuoco si ordinò di lasciar bruciare le sinagoghe, ma di evitare che le fiamme si propagassero agli edifici vicini.
Le vetrine di moltissimi negozi ebrei rimasero distrutte e la merce venne rubata. I cimiteri ebraici subirono profanazioni. Molti ebrei furono attaccati da squadre di truppe d’assalto (SA). Almeno 91 ebrei morirono durante quel pogrom.[24]
Il 30 novembre 1938, tre settimane dopo la Kristallnacht, il cardinale Pacelli, segretario di Stato di Pio XI, trasmise un telex alle nunziature e alle delegazioni apostoliche, e una lettera a 61 arcivescovi di tutto il mondo richiedendo 200mila visti per cattolici “non ariani” (ex non ariano genere provenientes). Il futuro Pio XII inviò anche un’altra lettera scritta in latino e datata 9 gennaio 1939.[25]
Al riguardo, occorre sottolineare un punto. Il Concordato del 20 luglio 1933, firmato dalla Santa Sede con la Germania, garantiva che gli ebrei convertiti sarebbero stati trattati come cristiani. Usare quindi questa posizione legale permise alla Chiesa di aiutare appunto i cattolici “non ariani”.
Esiste, al riguardo, una prova del fatto che Pacelli non si riferisse solo agli “ebrei convertiti”. Tale dato lo si trova nella frase della lettera ove il cardinale chiede che gli arcivescovi si dovevano preoccupare di difendere “il loro culto religioso, i loro costumi e le loro tradizioni” (omnia quae ad religionis cultum, instituta et mores pertinent).
Un altro indizio del reale intento delle richieste del Vaticano deriva dalle risposte originali dei vescovi e dei nunzi alla richiesta, nelle quali i presuli fanno riferimento spesso a “ebrei perseguitati”, non a “ebrei convertiti” o a “cattolici non ariani”.[26]

Le voci cattoliche soffocate. Un esempio

Furono diversi i cattolici che intervennero contro la Kristallnacht. Tra questi, emerge la figura del sacerdote Bernhard Lichtenberg.[27] Era il rettore della cattedrale berlinese di Sant’Edvige. Egli arrivò a condannare direttamente dal pulpito le persecuzioni naziste contro gli ebrei, e le soppressioni dei malati mentali. Venne arrestato e imprigionato. Mantenne la sua denuncia in modo fermo. Morì mentre veniva trasportato verso il lager di Dachau. Tutte le voci che criticarono in vario modo la Kristallnacht furono alla fine soffocate in modo violento dai nazisti.

Il fascismo contro chi avversava le leggi razziali (17 novembre 1938)

Già in fase di approvazione delle leggi razziali italiane, si cercò di limitare alcuni effetti (es. senatore Filippo Crispolti[28]). Dopo la promulgazione del regio decreto legge del 17 novembre 1938 (Provvedimenti per la difesa della razza italiana) emersero più voci di dissenso. Si riportano qui di seguito alcuni esempi.
- Pio XI: “(…) l’antisemitismo è inammissibile. Noi siamo spiritualmente semiti” (6 settembre 1938);[29]
- membri della Segreteria di Stato vaticana (card. Luigi Maglione; mons. Pacelli et alii);
- vescovi: mons. Antonio Santin, arcivescovo di Trieste e Capodistria[30]; card. Alfredo Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano; card. Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze[31]; et alii;
- delegati vescovili: mons. Vincenzo Russo, delegato vescovile della diocesi di Vasto, e assistente di Azione Cattolica[32], et alii;
- cattolici vari: padre Enrico Rosa SI della Civiltà Cattolica; Sante Maggi, direttore de L’Italia; Egilberto Martire, direttore della Rassegna Romana; madre Maria Elisabeth Hesselblad[33], et alii;
- politici: Luigi Einaudi, Giuseppe Di Vittorio…;
- intellettuali: Gabriele d’Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti…;
- filosofi: Benedetto Croce[34], Giovanni Gentile[35]…;
- gerarchi fascisti: Italo Balbo.[36]
In tale contesto, si cercò – fin dove possibile – di attenuare l’applicazione di taluni aspetti normativi.[37]
Su questi interventi la ricerca storica si è poco inoltrata per vari motivi. Da una parte, perché un decreto ministeriale aveva imposto “la proibizione di pubblicare commenti sulla questione razziale divergenti dal senso del Governo nazionale”. Dall’altra, perché molti zelanti funzionari del tempo cancellarono le prove di comportamenti non in sintonìa con il regime (ma tali posizioni si possono ritrovare nelle valutazioni interne conservate negli archivi di varie amministrazioni del tempo). E, in ultimo, perché la propaganda mussoliniana fu impegnata per anni ad esaltare il consenso popolare verso Mussolini.
È il regime fascista, in conclusione, che bloccò gli organi di stampa cattolici. Fu vietato di intervenire contro il Manifesto della razza[38], e di divulgare le parole già pronunciate da Pio XI. L’8 agosto 1938 mons. Giovanni Battista Montini (sostituto della Segreteria di Stato)[39], informò il governo USA di questi provvedimenti, in modo che all’estero non si dicesse che il Vaticano e la stampa cattolica avevano taciuto sulla nuova normativa per debolezza o per complicità con il regime. Un altro aspetto interessante riguarda i rapporti tra il cardinale Pacelli e James G. McDonald[40], alto commissario per i profughi tedeschi (ebrei e non ebrei), il quale rimase in costante contatto con l’ingegner Enrico Galeazzi[41] e tramite lui ottenne di vedere più volte il futuro Papa, come attestano i dossier conservati nell’Archivio privato Galeazzi.

Incoronazione Papa Pio XII (12 marzo 1939)

Alla cerimonia di incoronazione di Pio XII furono presenti quaranta delegazioni in rappresentanza dei rispettivi Paesi. L’unica delegazione assente fu quella del Terzo Reich.

Condanna antisemitismo (marzo 1939)

Nel marzo del 1939, Pio XII fece consegnare alle autorità italiane un Promemoria, redatto in mesi precedenti per volontà di Pio XI. Nel testo si trova un richiamo alla pace, e viene espressa viva preoccupazione per l’antisemitismo in crescita, inclusa la promulgazione delle leggi razziali. Il documento fu consegnato all’ambasciatore presso la Santa Sede.[42]

La vicenda del St. Luis (13 maggio 1939)

Il 13 maggio del 1939, salpò dal porto di Amburgo un transatlantico. Era il St. Louis. A bordo si trovavano 937 profughi, quasi tutti ebrei. Il comandante, il tedesco Gustav Schröder, era intenzionato a salvarli. Il St. Louis attraversò l’Atlantico, e fece attracco a Cuba. Solo in 22 riuscirono a scendere. Tutti gli altri furono respinti. Nuova rotta verso gli USA. Respinti. Nuova rotta verso il Canada. Respinti. Erano “clandestini”, non avevano “diritti”. Il St. Louis fece poi attracco in Belgio. (porto di Anversa). La condizione fu una sola: ci doveva essere un’equa ripartizione dei profughi senza diritti. Il 17 giugno del 1939, un mese e quattro giorni dopo la partenza, ai clandestini sfiniti viene concesso finalmente di sbarcare. L’Inghilterra ne accoglie 288, la Francia 224, l’Olanda 181 e il Belgio 214. Di questi sopravvissero alla guerra solo in 365. Il resto morì. Molti nei campi di sterminio di Auschwitz e di Sobibor.[43]

Tentativi per fermare la guerra (agosto 1939)

Una serie di eventi fecero comprendere ai governi del tempo che l’attacco tedesco alla Polonia era ormai imminente. Pio XII intervenne con un radiomessaggio (24 agosto 1939) per fermare il conflitto, e arrivò a dire: “(…) gl’imperi non fondati sulla giustizia non sono benedetti da Dio (…)”. Il Papa propose inoltre a Germania e Polonia di soprassedere per quindici giorni alle misure militari per riunire una Conferenza internazionale di pace.[44]. Fu tutto inutile.

L’invasione della Polonia (1° settembre 1939)

Il 1° settembre del 1939 le forze tedesche invasero la Polonia (che si arrese il 6 ottobre). In conformità al protocollo segreto del Patto di non aggressione (agosto 1939), stipulato tra la Germania e l’Unione Sovietica (29 settembre 1939), le due nazioni si spartirono la Polonia. La linea di divisione fu fissata lungo il fiume Bug. Con questa manovra crollavano i tentativi dell’Occidente per fermare la politica espansionistica di Hitler. Malgrado tale realtà oggettiva, in tempi successivi si accusò Pio XII di non essere intervenuto a favore della Polonia.
Ci si chiede: con centinaia di carri armati presenti nei territori invasi, e con un’aviazione tedesca che non aveva rivali, che cosa doveva fare il Pontefice? Eppure, Pio XII si mosse. Egli era stato informato che tedeschi e sovietici avevano bloccato ogni via di accesso. Sapeva che anche le linee di comunicazione erano state interrotte. La posta diplomatica era controllata. Era noto inoltre che un numero elevato di cattolici era stato internato[45], e che permaneva il divieto di inviare in Polonia un nunzio apostolico.
In questa situazione la Santa Sede fu costretta ad affidare gli affari religiosi polacchi alle cure del nunzio in Germania, mons. Cesare Orsenigo[46], con tenui risultati. Per questo motivo, il card. Luigi Maglione[47] inviò a Orsenigo (13 aprile 1940) un telegramma nel quale si invitava il nunzio a non ostacolare o scoraggiare i “Vescovi, che giudicano dovere del loro ministero pastorale presentare denunce e proteste contro le violazioni dei diritti e delle libertà della Chiesa”.[48]
In tale contesto Pio XII si trovò davanti a una realtà complessa. La posizione tedesca era totalmente avversa alla Chiesa cattolica. Inoltre, il card. August Hlond[49] (arcivescovo di Gniezno-Varsavia e primate di Polonia) aveva lasciato la Polonia disobbedendo all’ordine di Pio XII di rimanere nella propria diocesi. Da aggiungere, poi, che i russi, ostili al Papa, controllavano una parte della Polonia.
Pacelli, di conseguenza, si rese conto che una denuncia ufficiale dei drammi in corso non avrebbe mutato di un millimetro le criticità. Decise comunque di segnalare al mondo in modo ufficiale la situazione polacca.[50]
In particolare, nell’Enciclica Summi Pontificatus Pio XII volle sottolineare quanto segue: “(…) I popoli, travolti nel tragico vortice della guerra, sono forse ancora soltanto agli «inizi dei dolori», ma già in migliaia di famiglie regnano morte e desolazione, lamento e miseria. Il sangue di innumerevoli esseri umani, anche non combattenti, eleva uno straziante lamento specialmente sopra una diletta nazione, quale è la Polonia, che per la sua fedeltà verso la Chiesa, per i suoi meriti nella difesa della civiltà cristiana, scritti a caratteri indelebili nei fasti della storia, ha diritto alla simpatia umana e fraterna del mondo (…)”.
Accanto a questa iniziativa, il Papa attivò azioni umanitarie (dove possibile) attraverso contatti con: nunzi, fiduciari pontifici, presuli tedeschi, vescovi polacchi (e loro collaboratori), diplomatici svizzeri e spagnoli, Croce Rossa tedesca, Croce Rossa Internazionale.[51]
Attualmente, il già citati Dominiek Oversteyns è riuscito a tracciare le linee d’intervento della Santa Sede a favore della Polonia. Si riportano qui di seguito i risultati di questo studioso.

Polonia. Due testimonianze[52]

Con riferimento alle vicende polacche, esiste una testimonianza che rilasciò il cardinale Ersilio Tonini[53] (arcivescovo di Ravenna). Il presule raccontò tra l’altro: “(…) Durante la seconda guerra mondiale un sacerdote mio compagno di studi, monsignor Quirino Paganuzzi[54], fu nominato cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta. Ebbe il compito di accompagnare il treno di aiuti diretti in Polonia. In una di quelle occasioni, Pio XII gli chiese di consegnare un messaggio a mons. Sapieha.[55] Intendeva infatti denunciare i crimini che si stavano compiendo, e voleva un parere dell’episcopato polacco. Fu Sapieha a scongiurare il Santo Padre di non fare nulla: il popolo polacco avrebbe pagato cara, in termini di ritorsione, quella denuncia così coraggiosa”.[56]
Anche lo storico paolino, Rosario F. Esposito[57] ha confermato i fatti sopra descritti: “(…) a Cracovia, nel pomeriggio del 14 agosto del 1942, il cappellano militare sulla piazza di Cracovia, Josef Kaul, arruolato nella Wehrmacht, prelevò mons. Quirino Paganuzzi (nato nel 1914 a Varsi, diocesi di Piacenza, compagno di classe e ordinato sacerdote con monsignor Tonini, il 18 aprile 1937, per anni operante nell’ufficio del maestro di camera del Pontefice e come ambasciatore per missioni segrete nei Paesi occupati dall’Asse).
Dalla stazione di Cracovia, con un’auto militare, Kaul accompagnò l’ospite al palazzo arcivescovile, posto dirimpetto al comando delle SS”. Per prudenza, i documenti di Pio XII erano in pacchi camuffati con etichette di spaghetti, e in fiaschi con etichette di Chianti.

Polonia. La testimonianza del cappellano Josef Kaul

“(…) L’arcivescovo lesse prima fra lacrime di gioia uno scritto autografo del Santo Padre. Poi ruppe i sigilli del pacco gonfio consegnato da Quirino e aprì il pacco; vidi che si trattava di un’enciclica stampata in lingua polacca, opera di Pio XII. L’argomento principale dell’enciclica e il titolo erano questi: Differenza ideologica e opposizione al Nazionalsocialismo.
Il cardinale ne prese un foglio e cominciò a leggerlo. All’improvviso si batté una mano sul capo, lasciò cadere il foglio ed esclamò: ‘Per l’amor di Dio! È assolutamente impossibile che io comunichi al mio clero questa enciclica di Sua Santità, e tanto meno posso comunicarla al mio popolo di Polonia. Basta che una sola copia arrivi nelle mani del Sd (Sicherheits Dienst) e le nostre teste cadranno. In tal caso, la Chiesa della Polonia sarà perduta.
Ma il Santo Padre non sa dunque in che posizione ci troviamo? Questa enciclica deve essere immediatamente bruciata’. E senza pensarci su gettò l’intero pacco sul fuoco (…)”.

Polonia. La testimonianza di monsignor Paganuzzi

“(…) Sapieha aprì i plichi, li lesse, li commentò con la sua simpatica voce. Poi aprì lo sportello della stufa murale, appiccò il fuoco e vi gettò quella corrispondenza… Infine, per giustificarsi davanti alla mia faccia attonita, mi disse: ‘Ringrazio tanto il Santo Padre… nessuno più di noi polacchi è grato per l’interessamento del Papa per noi. Non occorre però una dimostrazione esterna dell’amore e dell’interessamento del Papa per i nostri guai, quando ciò non serve che ad aumentarli. Questo è proprio il caso’.
(…) ‘Ma non sa che se io do pubblicità a queste cose e se me le trovano in casa non bastano tutte le teste dei polacchi per la rappresaglia che il gauleiter nazista Frank[58] ordinerà? Meglio non parlarne. Altro che ebrei… Qui ci ammazzano tutti. Con quale utilità andiamo a dire una cosa che tutti sanno? Ma è naturale che il Papa è con noi… ma perché dire il compianto e la condanna del Papa, se serve ad aumentare i nostri guai?
Lo vede come ci hanno ridotto! Ma il fatto più doloroso è proprio il dover lasciare quei disgraziati senza aiuto, isolati da tutto il mondo. Sono dei moribondi ai quali manca anche il conforto di una parola. Non possiamo, non dobbiamo dirla, per non abbreviare i loro giorni.
Noi viviamo la tragedia di quegli infelici e nessuno più di noi vorrebbe aiutarli, nessuno più di noi è nell’impossibilità di aiutarli. Tra ebrei e polacchi non c’è alcuna differenza. Ci hanno tolto il pane, la libertà. Che almeno ci resti la vita e la speranza di vedere la fine del nostro calvario (…)”.

Polonia. Una lettera di monsignor Sapieha a Pio XII

Pio XII il 28 agosto 1942 fece pervenire all’arcivescovo Sapieha una lettera di incoraggiamento. Il presule rispose il 28 ottobre. Ringraziò il Papa, ma annotò quanto segue: “(…) Ci dispiace moltissimo di non poter comunicare pubblicamente ai fedeli la lettera di Sua Santità, dato che ciò fornirebbe soltanto l’opportunità per nuove persecuzioni; il solo fatto che noi siamo sospettati di essere in segreta comunicazione con la Santa Sede ha già provocato delle vittime”.[59] 

Omelia di Pio XII (29 ottobre 1939)

Il 29 ottobre del 1939, festa liturgica di Cristo Re, Pio XII conferì nella basilica di San Pietro la consacrazione episcopale a dodici vescovi missionari di varie nazioni, tra cui quattro indigeni. Nell’omelia il Papa affermò che: “(…) mentre il desiderio di cose terrene, gli odi intestini e le gelosie troppo spesso scindono e dividono gli animi degli uomini, la Chiesa di Dio, Madre amantissima di tutti i popoli, abbraccia con immensa carità tutta l’umana famiglia, senza distinzione di stirpe e di grado, e provvede, sia con la preghiera che con l’opera esterna, alla salvezza e alla vera felicità di tutti (…)”.[60]

La posizione degli Stati davanti alla Shoah

Solo dopo l’invasione tedesca della Polonia (settembre 1939), e con la successiva dichiarazione di guerra di Regno Unito e Francia, si verificò in Occidente un primo debole mutamento nelle posizioni di indifferenza verso i drammi ebraici.. Il nuovo corso, però, fu segnato da debolezze, contraddizioni e oggettivi limiti. Risentì inoltre di un antisemitismo.[61] Le origini di quest’ultimo non erano recenti e si trovavano in molteplici nazioni.
In tempi più ravvicinati, tra le tante azioni che singoli autori attribuirono agli ebrei ci fu anche quella di aver preparato teoricamente la Rivoluzione russa. Karl Marx[62], teorico del socialismo scientifico, era di origine in parte ebraica (il padre si era convertito dall’ebraismo al luteranesimo). Di origine ebraica era Emma Goldman[63], filosofa anarchica lituana. Sono poi da ricordare Rosa Luxemburg[64], fondatrice del Partito Comunista Tedesco; Lev Trockij[65], fondatore dell’Armata Rossa. Da aggiungere, inoltre, che dei dodici membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Russo del 1918, nove erano ebrei.

Pio XII e von Ribbentrop (marzo 1940)

L’11 marzo del 1940 il ministro degli Esteri del Terzo Reich, Joachim von Ribbentrop[66], raggiunse il Vaticano per un colloquio con Pio XII. Berlino voleva rendere più “flessibile” la Santa Sede dopo le 55 Note di protesta che quest’ultima (denunce di violazioni del Concordato) aveva indirizzato al governo nazista (1933-1939). Di queste Note solo 12 avevano avuto risposta.
Ora, davanti al politico c’era Pacelli. E quest’ultimo elencò vari punti irrinunciabili: la sospensione degli attacchi contro il Cristianesimo e contro la Chiesa negli scritti del Partito e dello Stato; la cessazione degli influssi anti-ecclesiastici sui giovani in ambito scolastico consentendo ai membri cattolici delle organizzazioni giovanili statali e di altre organizzazioni simili di adempiere ai loro doveri religiosi; il ripristino della libertà della Chiesa di difendersi apertamente dagli attacchi pubblici; l’astensione da ulteriori sequestri di beni della Chiesa. Von Ribbentrop, in conclusione, non raggiunse gli obiettivi prefissati.

La reazione tedesca

La propaganda hitleriana esaltò l’incontro di von Ribbentrop in Vaticano. La stampa tedesca riferì di un trionfo del nazionalsocialismo, di una vicinanza del Papa al Terzo Reich e, di conseguenza, di una noncuranza della Santa Sede verso la condizione dei polacchi cattolici. Mentre si verificarono questi fatti, proseguirono le persecuzioni naziste verso gli esponenti della Chiesa cattolica polacca. Ai primi di ottobre 1941 ebbe inizio quella che le autorità tedesche chiamarono Azione per la distruzione della Chiesa polacca”. In sole quarant’otto ore, vennero arrestati e internati in tre campi più di cinquecento religiosi. Il numero delle chiese private di pastori aumentò da una quarantina a 122.

Lettera di Pio XII a Hitler (maggio 1940)

13 maggio 1940. Pio XII ricevette in udienza Dino Alfieri[67]. Si trattava dell’ambasciatore italiano presso la Santa Sede. Alfieri, in tale occasione, si congedò dal Papa perché lo avevano destinato a Berlino. Per tale motivo il Pontefice gli disse: “Gli italiani sanno sicuramente e completamente le orribili cose che avvengono in Polonia. Noi dovremmo dire parole di fuoco contro simili cose, e solo ci trattiene dal farlo il sapere che renderemmo la condizione di quegli infelici, se parlassimo, ancora più dura”[68].

Il soccorso a persone anche di stirpe semitica (dicembre 1940)

Nel dicembre del 1940, Papa Pacelli fece un esplicito riferimento agli ebrei. Disse tra l’altro: “(…) Né minore conforto è per Noi l’essere stati in grado di consolare, con l’assistenza morale e spirituale dei Nostri Rappresentanti o con l’obolo dei Nostri sussidi, ingente numero di profughi, di espatriati, di emigranti, anche fra quelli di stirpe semitica: ai polacchi ha potuto essere particolarmente largo il Nostro soccorso, come a quelli per i quali il contributo della carità dei Nostri figli degli Stati Uniti d’America Ci rendeva più facile il Nostro paterno interessamento (…)”.[69]

Un vescovo tedesco contro Hitler (1941)

Nel giugno del 1941, pochi giorni prima dell’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, il gerarca Martin Bormann[70], volle indirizzare ai Gauleiter (governatori regionali) una direttiva che sottolineava la netta incompatibilità tra Cristianesimo e nazionalsocialismo. L’ordine fu quello di avversare l’attività delle chiese cristiane nel territorio del Terzo Reich. A questo punto, il vescovo di Münster, mons. Clemens August von Galen[71], dopo una consultazione con Pio XII, pronunciò tre omelie antinaziste. Il 13 e 20 luglio intervenne contro l’occupazione e la confisca di conventi e monasteri, e contro l’espulsione violenta dei religiosi, che cessarono (30 luglio) per ordine di Hitler. Il 3 agosto attaccò il programma Aktion T4 mirato a eliminare disabili psichici e fisici, malati lungodegenti e terminali, e pazienti non tedeschi. Il regime del tempo, pur volendo eliminare questo presule, decise di attendere la fine della guerra, anche per evitare reazioni in Vestfalia ove von Galen godeva di forte sostegno. Comunque le operazioni di eutanasia proseguirono, spostando i centri specialistici in Polonia, presso i lager di sterminio.[72]

Le denunce dei vescovi francesi (1942)

In agosto e settembre 1942, vigorose proteste contro le deportazioni degli ebrei dalla Francia furono esternate da parte dell’arcivescovo Jules Saliège[73] di Tolosa (“Giusto tra le Nazioni”), del vescovo Pierre-Marie Théas[74] di Montaubon (“Giusto tra le Nazioni”), e del cardinale Pierre Gerlier[75] di Lione (“Giusto tra le Nazioni”). In tale contesto, Pio XII mandò il suo nunzio a protestare presso il governo di Vichy contro “gli inumani arresti e le deportazioni di ebrei dalla zona d’occupazione francese in Slesia e in certe parti della Russia”.[76] Radio Vaticana commentò le lettere episcopali per sei giorni di seguito, in un momento in cui ascoltare questa emittente in Germania e in Polonia era un crimine per cui alcuni furono condannati a morte. Come ritorsione, nell’autunno del 1942, l’ufficio di Goebbels diffondeva dieci milioni di copie di un opuscolo che definiva Pio XII “il Papa filo-ebraico”, e citava in modo chiaro suoi interventi in Francia.[77]

I fatti accaduti in Olanda (1942)

Nell’agosto del 1941, le autorità tedesche, che avevano occupato l’Olanda, emanarono diverse normative per escludere gli ebrei dalla vita sociale. In seguito, ebbero inizio le deportazioni. I vescovi cattolici e quelli di altre confessioni si opposero alle operazioni in corso (telegramma dell’11 luglio 1942). Il 15 dello stesso mese le deportazioni furono accentuate.
Il 20 luglio le autorità tedesche comunicarono ai vescovi cattolici ed evangelici che avrebbero risparmiato gli ebrei convertiti al cristianesimo. I presuli, però, non dovevano più criticare il comportamento del Terzo Reich verso gli ebrei.
L’episcopato evangelico cessò di protestare. Quello cattolico rispose invece con una lettera pastorale. Il testo doveva essere letto in tutte le chiese domenica 26 luglio. La replica tedesca fu immediata. In una Nota del 31 luglio il Reichskommissar (Commissario del Reich), Arthur Seyss-Inquart[78], ordinò quanto segue: “Visto che i vescovi cattolici si sono immischiati nella faccenda – malgrado non fossero toccati personalmente – tutti gli ebrei cattolici verranno deportati entro questa settimana. Non si tenga conto di nessun intervento in loro favore. Il commissario generale Schmidt[79] darà risposta pubblica ai vescovi il 2 agosto 1942”. Nella successiva deportazione fu inserita anche Edith Stein[80].
Successivamente il 2 agosto – a deportazione iniziata – il Commissario generale parlò in pubblico: (…) Anche in alcune chiese protestanti sono state lette delle dichiarazioni… tuttavia i rappresentanti delle chiese protestanti ci hanno fatto sapere che tali notificazioni non rientravano nelle loro intenzioni, ma che non sono riusciti per motivi puramente tecnici ad impedire dappertutto che venissero lette.Se invece il clero cattolico non vuole prendersi la pena di trattare con noi, saremo costretti da parte nostra a considerare i cattolici di puro sangue ebraico come i nostri peggiori nemici e quindi a deportarli al più presto in oriente”.[81]

Lettera di Pacelli a von Preysing (30 aprile 1942)

In una lettera del 30 aprile 1942 indirizzata al vescovo di Berlino, Konrad von Preysing,[82] Pio XII elogiò l’aiuto dato agli ebrei: “ (…) Ci ha recato grande consolazione nel sentire che i cattolici, e proprio i cattolici berlinesi, hanno recato soccorso ai cosiddetti non-ariani nella loro afflizione (…)”. [83]

Lettera del metropolita Szeptyckyj (14 novembre 1942)

Il 14 novembre del 1942 il metropolita ucraino di Lwow, mons. Andrea Szeptyckyj[84] rispose a una lettera di Pio XII. Nella missiva si trova anche questo passo: “Non oso pubblicare questa lettera, piena di saggi consigli e di vere e sincere consolazioni, perché ciò facendo, nei tempi cattivi che stiamo vivendo, esporrei un messaggio del Vicario di Cristo a confisca ufficiale”.[85]

La lettera di padre König a padre Leiber (14 dicembre 1942)

Tra le carte ritrovate nell’attuale periodo nell’Archivio Apostolico Vaticano c’è una missiva datata 14 dicembre 1942. La scrive un gesuita tedesco, p. Lothar König, al segretario particolare del Papa, il prelato tedesco Robert Leiber.[86] König fu un intermediario tra il “Circolo di Kreisau” (un nucleo di oppositori al nazismo[87]), e i vescovi tedeschi, specie mons. Conrad Gröber[88] di Friburgo e mons. von Preysing[89] di Berlino. Nel testo del gesuita cit. si fa riferimento al forno crematorio situato nel lager di Bełzec (Polonia occupata dai tedeschi). Viene pure menzionato il campo di Auschwitz.
Tale documento, però, venne preceduto nel 1942 da altre informative. Esistevano riferimenti da parte USA. Don Pirro Scavizzi[90], che come cappellano aveva viaggiato nell’Est Europa, ne aveva informato direttamente il Papa. Si deve poi ricordare la lettera di mons. Andrej Szeptycki[91], metropolita greco-cattolico di Leopoli. Inoltre, Giovanni Malvezzi[92], dirigente IRI, aveva visto in Polonia la drammatica situazione di ebrei e polacchi. Papa Pacelli, quindi, riceveva continue informative sui drammi in corso.
Nel contesto delineato, occorre evidenziare un punto chiave. Nella lettera del 14 dicembre 1942, p. König raccomandava al suo interlocutore una particolare prudenza nell’uso dei dati ricevuti. Si riporta qui di seguito il passaggio chiave.
“I numeri sono ufficiali (…).C’è anche un rapporto di vari testimoni (…). Entrambi gli allegati sono stati ottenuti con il massimo rischio. Non solo è a rischio la mia testa, ma anche la testa degli altri se non vengono usati con la massima prudenza e cura (…)”.[93]
Non si doveva rivelare che i report provenivano dalla Chiesa tedesca. Infatti, una eventuale fuga di notizie avrebbe provocato nuove e più feroci persecuzioni contro i cattolici. Ciò conferma quanto trasmesso anche da altri ecclesiastici del tempo. Il rischio delle rappresaglie era sempre in agguato.
Il problema base era legato a interrogativi chiave che qui di seguito si riportano.
- Come fermare queste tragedie?
- Come affrontare le autorità tedesche?
- Con un discorso ufficiale di sdegnata riprovazione?
- O piuttosto chiedendo alle Forze Alleate di concentrare i propri sforzi bellici anche intorno alle aree ove stavano morendo migliaia di persone?
Si cercò di seguire la strada di un’interazione con i comandi alleati. Ma i potenti del tempo (USA e Regno Unito in primis), concentrati sulle vicende belliche, non manifestarono attenzioni verso la Shoah, e non assegnarono alcuna priorità a operazioni mirate a distruggere le aree circostanti i campi di sterminio.

Radiomessaggio di Pio XII (dicembre 1942)

Giovedì 24 dicembre 1942, Pio XII si rivolse a tutti i fedeli attraverso un Radiomessaggio. Il titolo del suo intervento fu: ‘Alla vigilia del Santo Natale’. Il testo conteneva anche un esplicito riferimento alle persecuzioni anti ebraiche. Si riporta qui di seguito il passaggio.
“Questo voto [di non darsi riposo, finché ... divenga legione la schiera di coloro, che… anelano al servizio della persona e della sua comunanza nobilitata in Dio, n.d.A.] l’umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento”.
In realtà, già nella sua prima enciclica[94], il Papa aveva fatto riferimento al fatto che la Chiesa guardava con attenzione a un “ordinato svolgimento di forze e tendenze particolari, le quali hanno radici nei più riposti penetrali d’ogni stirpe (…).” Inoltre il Pontefice fece anche riferimento “ai doveri derivanti all’umanità dall’unità d’origine e comune destinazione (…)”.

L’informativa dello spionaggio tedesco a Berlino (dicembre 1942)

A seguito delle affermazioni pontificie, gli agenti segreti tedeschi, operanti a Roma scrissero, tra l’altro, a Berlino: “(…) Qui egli virtualmente accusa il popolo tedesco di ingiustizia nei riguardi degli ebrei e si fa portavoce dei criminali di guerra ebrei”.[95]

Rappresaglie dopo il radiomessaggio di Pio XII del dicembre 1942

L’intervento del Papa a difesa degli ebrei (radiomessaggio del 1942), e le omelie di vescovi tedeschi, ebbero in Germania l’effetto di acuire i maltrattamenti anche verso i preti cattolici rinchiusi nel lager di Dachau. Una volta, ad esempio, in occasione di un Venerdì Santo, le guardie torturarono sessanta sacerdoti. Li legarono con le mani dietro la schiena, incatenarono i polsi e li issarono, lacerando loro le articolazioni, uccidendo e rendendo invalidi diversi sacerdoti.[96]

Lettera di Pio XII al cardinale Bertram (3 gennaio 1943)

In tale contesto, il 13 settembre 1942 il cardinale Adolf Bertram[97] domandò a Pio XII una parola di sostegno al clero e al popolo tedesco. Il Papa inviò una lettera (3 gennaio 1943), lasciando al cardinale la scelta di renderla nota nelle chiese. Il presule non volle decidere da solo. Ritenne rischioso interrogare i vescovi per lettera. E attese la riunione collegiale di Fulda (17-19 agosto 1943). In tale occasione, i vescovi ritennero di non pubblicare la lettera del Pontefice per non provocare una dura reazione del governo e del partito.[98]

Conferenza alle Bermuda (aprile 1943)

Nell’aprile del 1943, rappresentanti del Regno Unito e degli Stati Uniti si incontrarono alle Bermuda per discutere la questione dei rifugiati ebrei che erano stati liberati dalle Forze Alleate, e degli ebrei rimasti nell’Europa occupata dai nazisti. La Conferenza non recò alcun cambiamento sul piano politico. Il governo USA non cambiò le quote di immigrazione per accogliere i rifugiati. E quello inglese non modificò la propria politica di immigrazione per consentire agli ebrei di entrare in Palestina.

Discorso di Pio XII ai cardinali (2 giugno 1943)

In mesi successivi, Papa Pacelli, in un discorso del 2 giugno 1943 al Sacro Collegio, aggiunse un passaggio sugli ebrei, coloro che “per ragione della loro nazionalità o della loro stirpe” sono “destinati talora, anche senza propria colpa, a costrizioni sterminatrici”.[99]

Temuti provvedimenti contro ebrei (17 settembre 1943)

Desta interesse un appunto del Sostituto alla Segreteria di Stato Domenico Tardini.[100] È datato 17 settembre del 1943. Il titolo dello scritto è: Temuti provvedimenti contro gli Ebrei in Italia. Si riporta il testo: “Studiare se non convenga fare una raccomandazione in termini generali all’Ambasciata di Germania presso la Santa Sede in favore della popolazione civile di qualunque razza, specialmente per i più deboli (donne, vecchi, fanciulli, gente del popolo…”. Il prelato sottolinea il fatto che in quel momento i tedeschi sono alla caccia dei disertori italiani. Afferma, però, che gli ebrei sono terrorizzati, e che corrono voci assai poco rassicuranti circa imminenti provvedimenti contro i capi di famiglie ebraiche. Occorreva quindi interagire con l’ambasciatore tedesco Weizsäcker.[101] Da questo appunto si evince che la Santa Sede seguiva la realtà ebraica romana.
A questo punto, mons. Montini parlò con Pio XII. E il Pontefice propose di esperire un ulteriore passo presso il diplomatico (realizzato). L’azione vaticana rimaneva comunque critica. Per proteggere gli ebrei sarebbe stato necessario un appoggio di esponenti del regime nazista e di quello repubblichino. Tale interazione, però, non esisteva. Infatti: 1] i tedeschi ricevevano in primis direttive da Berlino, 2] Hitler non voleva sentir parlare di ebrei e di Chiesa Cattolica, 3] i fascisti sostenevano i provvedimenti razziali. In definitiva, l’unica concreta soluzione era quella di nascondere gli ebrei, possibilmente in zone con una debole presenza di tedeschi. Ebbero così inizio una serie di azioni umanitarie che solo dopo la guerra vennero gradualmente alla luce.

Gli studi di Dominiek Oversteyns sul 16 ottobre 1943

A inizio mattina del 16 ottobre 1943, ebbe inizio a Roma una razzìa di ebrei. Questi vennero poi ristretti nel Collegio Militare di via della Lungara. E, in ultimo, furono deportati (più di mille) nei campi di sterminio (ove quasi tutti morirono). Già prima dell’operazione alcuni ebrei si erano allontanati dalle proprie abitazioni. Alcuni avevano raggiunto luoghi fuori Roma. Altri si trovavano già nascosti in strutture cattoliche.[102] Il rabbino capo (Israel Anton Zoller), con diversi esponenti della Comunità, aveva messo in guardia le autorità ebraiche (di Roma e dell’Italia), ma queste non gli dettero attenzione. Anzi, dissero ai correligionari di rimanere a casa. L’operazione tedesca, coordinata da Theodor Dannecker[103], affiancato da Kappler, si sviluppò in più quartieri della città.
Nel frattempo era stato avvisato Pio XII. E con il Papa fu concordata una strategia. Sul piano ufficiale (poco rilevante) venne convocato l’ambasciatore tedesco. Ma è soprattutto sul piano ufficioso che si sviluppò una linea di difesa degli ebrei. Unitamente a ciò si mossero comuni cittadini, religiosi e sacerdoti. Oltre alla principessa Enza Pignatelli Aragona Cortés[104], altri cattolici avvisarono gli ebrei del pericolo in corso. Da ricordare, poi, che diverse persone – che assistevano alla retata – coprirono gli ebrei consentendo loro di fuggire. Più ricercati dai tedeschi vennero nascosti in chiese, conventi, istituti religiosi, ospedali.
In tale contesto, si collocò anche un disegno vaticano ufficioso. il Pontefice inviò suo nipote, Carlo Pacelli, dal vescovo Alois Hudal[105]. Questi, seguiva i cattolici tedeschi e austriaci a Roma. Gli fu chiesto di scrivere una lettera al comandante militare di Roma, il generale Rainer Stahel[106], per chiedere di fermare gli arresti. Si riporta il testo della missiva.“(…) Un’alta carica del Vaticano molto vicina al Santo Padre mi ha appena riferito che questa mattina sono iniziati arresti di ebrei di nazionalità italiana. Io chiedo fortemente negli interessi dei rapporti pacifici tra il Vaticano e il comando militare tedesco, di dare l’ordine che questi arresti vengano immediatamente sospesi a Roma e nei dintorni. Io temo che il Papa possa prendere altrimenti una posizione che potrebbe essere utilizzata dalla propaganda antitedesca come arma contro noi tedeschi”.[107]
La lettera venne poi consegnata a mano al generale Stahel da padre Pancratius Pfeiffer[108], superiore generale della Società del Divin Salvatore. L’alto ufficiale parlò di persona con Himmler.[109] Fece capire che il rastrellamento in corso poteva provocare una sollevazione della popolazione, e che lui non aveva un numero sufficiente di soldati per neutralizzare eventuali rivolte. Himmler si convinse, e dette l’ordine di fermare la razzìa ancora in corso.[110] Su tale contatto telefonico fu testimone Dietrich Beelitz.[111]
Accanto a questa iniziativa, si collocarono ulteriori tentativi vaticani. Si cercò di far liberare dei prigionieri inseriti nel gruppo degli arrestati (come risulta da bigliettini trovati nella camera del p. Pfeiffer dopo la sua morte), e si operò per dirigere il trasporto ferroviario degli ebrei verso un campo di lavoro, e non in direzione di un lager di sterminio. Dalla scheda di trasporto risulta che il treno doveva dirigersi in Baviera, ma venne poi indirizzato verso la Polonia. In pratica si trattò di un bluff di Kappler.[112]
Questo ufficiale tedesco, sia nei rapporti ai superiori, che nel processo a suo carico, trasmise sempre dei dati non veri (es. orari dell’operazione) per diminuire l’entità della razzìa, e per rendere meno grave la propria posizione.
Su questa vicenda tragica si possono studiare anche i risultati delle ricerche di Dominiek Oversteyns.

Corsivo dell’Osservatore Romano (25-26 ottobre 1943)

Dopo la razzìa del 16 ottobre la popolazione, e le autorità romane e vaticane, vissero con il timore di ulteriori attacchi tedeschi. Alla fine, sull’Osservatore Romano del 25-26 ottobre 1943 venne pubblicato un corsivo. Tra l’altro, vi era scritto: “(…) Con l’accrescersi di tanti mali è divenuta, si direbbe, quasi più operosa la carità universalmente paterna del Sommo Pontefice, la quale non si arresta davanti ad alcun confine né di nazionalità, né di religione, né di stirpe. Questa multiforme ed incessante azione di Pio XII in questi ultimi tempi si è anche maggiormente intensificata per le aumentate sofferenze di tanti infelici.”[113]
Il testo conteneva un messaggio in codice per i cattolici. Il Pontefice faceva pressioni su tutti i fedeli per promuovere azioni a difesa degli ebrei perseguitati. In questo periodo tragico vennero registrati diversi interventi della Segreteria di Stato a favore di ebrei.
Basti ricordare almeno il via libera all’azione di un gesuita (7 marzo 1944) a favore dei figli di alcune madri ebree[114], o l’interazione con le Suore del Buono e Perpetuo Soccorso o con quelle di Maria Bambina.[115]

L’eccidio delle Cave Ardeatine (23 marzo 1944)

Il 23 marzo del 1944, alcuni membri dei Gruppi di Azione Patriottica (GAP), attuarono a Roma un attentato contro un gruppo di militari tedeschi che stava transitando in via Rasella. Lo scoppio di dodici chili di tritolo, nascosti in un carretto dell’immondizia, provocò la morte di 32 soldati dell’11ª Compagnia del Terzo Battaglione del PolizeiregimentBozen”, appartenente alla Ordnungspolizei (Polizia d’Ordine), e composto da reclute altoatesine. Rimasero uccisi anche dei civili, incluso un dodicenne. La vicenda provocò una rappresaglia. Vennero eliminate alle Cave Ardeatine 335 persone appartenenti ai più diversi ceti sociali.
Di queste: 154 a disposizione dell’Aussenkommando, sotto inchiesta di polizia; 23 in attesa di giudizio del Tribunale militare tedesco; 16 già condannate dallo stesso tribunale a pene varianti da 1 a 15 anni; 75 appartenenti alla comunità ebraica romana; 40 a disposizione della Questura romana fermate per motivi politici; 10 fermate per motivi di pubblica sicurezza; 10 arrestate nei pressi di via Rasella; una persona già assolta dal Tribunale militare tedesco; sette persone tuttora non identificate.
Su questo dramma Pio XII venne informato dal cappellano di Regina Coeli. Ma la notizia rimaneva incompleta. Arrivò anche in Vaticano una telefonata di un dipendente del Governatorato. Si accennava a via Rasella e si evidenziava una possibile risposta tedesca. A questo punto, la Segreteria di Stato chiese delucidazioni all’Ambasciata tedesca, ma ne ottenne risposte vaghe. Lo stesso superiore dei Salvatoriani, il p. Pancrazio Pfeiffer[116], cercò di accedere ai comandi tedeschi ma trovò tutti gli uffici chiusi. La rappresaglia, poi, si completò nelle 24 ore, rendendo impossibile attivare altri tentativi umanitari.[117]

Dopo il secondo conflitto mondiale (1945). Condanna della Shoah

Al termine della seconda guerra mondiale furono diverse le realtà che vennero immediatamente affrontate. Si pensi, ad esempio, alla questione dei profughi, degli sfollati, dei prigionieri di guerra da rimpatriare, degli internati ristretti in campi recintati, degli abitati da ricostruire, delle nuove alleanze politiche, dei diversi assetti della pubblica amministrazione, dei processi su chi si era compromesso con l’ex regime fascista, et al.
Di tutto si parlò ma non della Shoah. I temi principali rimasero la vittoria militare, l’onore da tributare ai soldati alleati morti in guerra, le onorificenze a chi aveva militato nella Resistenza, i processi ai criminali di guerra, la ricostruzione, et al.
Su questo punto è stato scritto: “(…) Fino alla fine degli anni Sessanta, dunque, la memoria ha dovuto lottare innanzitutto contro l’oblio. Un oblio tenace, alla cui costruzione concorreva soprattutto la volontà prevalente delle nuove élites politiche della Germania occidentale e dei diversi Stati variamente implicati nella politica dello sterminio di evitare che la condanna dell’ignominia formalmente pronunciata si traducesse nel riconoscimento pieno delle proprie responsabilità nella sua concreta realizzazione: oblio, dunque, come conseguenza di una politica programmaticamente rivolta a favorire un’amnesia collettiva sullo sterminio degli ebrei e sulla collaborazione che il progetto nazista trovò in numerosi Paesi europei sia sottoposti sia formalmente non sottoposti alla dominazione tedesca (…)”. [118]
Solo Pio XII, in udienze private e in colloqui riservati, espresse per tre volte la sua condanna della Shoah. Ciò avvenne quando:
1] incontrò Moshe Sharrett[119] (22 aprile 1945). Si trattava del futuro ministro degli Esteri e primo ministro di Israele. Questi, dopo l’udienza con il Papa, inviò un report all’organo esecutivo della Jewish Agency. Annotò tra l’altro: “(…) Gli dissi [al Papa] che il mio primo dovere era ringraziarlo, e tramite lui la Chiesa cattolica, a nome del popolo ebraico per tutto ciò che avevano fatto nei vari Paesi per salvare gli ebrei. Siamo profondamente grati alla Chiesa cattolica.[120] Evidentemente, ogni volta che si faceva riferimento ad ebrei salvati si faceva memoria della Shoah, condannando i tanti crimini avvenuti;
2] accolse Leon Kubowitzky[121] (29 luglio 1945). Questi, era il segretario generale del Congresso mondiale ebraico. Tale esponente ebraico ringraziò il Papa per i suoi interventi umanitari nel corso del secondo conflitto mondiale. A nome, poi, del Congresso cit., donò 20mila dollari all’Obolo di San Pietro “come segno di riconoscenza per l’opera svolta dalla Santa Sede nel salvare gli ebrei dalle persecuzioni fasciste e naziste”.[122] Pure in tale circostanza si fece riferimento alla Shoah e alla sua condanna;
3] interagì in Vaticano (29 novembre 1945) con ottanta ebrei liberati dai campi di concentramento.[123] In tale udienza, come provato da una foto, il Papa accantonò ogni prassi protocollare, e parlò ai presenti in piedi, davanti a loro, in modo spontaneo. Fu in tale occasione che il Pontefice ebbe occasione di ascoltare le storie di taluni perseguitati, e di condannare il dramma della Shoah.
In tutti questi tre incontri, come riferirono i testimoni degli eventi, fu costante il riferimento agli orrori della Shoah e alla sua condanna.

La ricerca di Dominiek Oversteyns

Nel contesto fin qui riportato si collocano anche le ricerche dell’Oversteyns. Per esaminare la documentazione di questo studioso olandese si riporta qui di seguito il sito da visitare. Si aggiunge inoltre il sito che riguarda l’azione di Pio XII a favore degli ebrei romani.

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Note

[1] Cit. nelle indicazioni bibliografiche.
[2] Pio XII (nato Eugenio Pacelli; 1876-1958; Venerabile). Il suo pontificato durò dal 1939 alla morte. 
[3] Espressione con la quale si indica il Reich (Stato) tedesco nel periodo tra il novembre 1918 e il 1933.
[4]  Sciopero generale divenuto sommossa popolare. La Germania era reduce dal primo conflitto mondiale. La Lega spartachista era un’organizzazione rivoluzionaria. Si richiamava a Spartaco, il gladiatore che aveva guidato una rivolta di schiavi contro la repubblica romana nel I secolo a.C.. Obiettivo della Lega era quello di rendere operativo un modello di Stato basato su assemblee dei lavoratori, come i soviet russi. La ribellione venne repressa.
[5] il capitano Francesco De Luca era addetto militare a Monaco dalla fine della guerra. Avrebbe dovuto svolgere soltanto mansioni consolari. In realtà coordinava i servizi d’informazione agli ordini del brigadiere-generale Roberto Bencivenga, capo della missione militare che rappresentava l’Italia a Berlino in attesa che venissero ristabilite le normali relazioni diplomatiche. Cf anche: A, Tornielli, Pio XII, Piemme, Casale Monferrato 2001, pp. 68-69.
[6] Cf anche: A. von Teuffenbach, Eugenio Pacelli. Pio XII tra storia, politica e fede, Art Data, Londra 2008, p. 112.
[7] Nikolai Nikolaevich Krestinski (1883-1938).
[8] Georgij Vasil’evič Čičerin (1872-1936). Cf anche: M. Serri, Pacelli a cena con il diavolo, in: ‘La Stampa’, 12 ottobre 2006.
[9] A. Hitler, Mein Kampf. La mia battaglia, Liberamente, Ravenna 2017.
[10] Adolf Hitler (1889-1945). Politico austriaco naturalizzato tedesco. Cancelliere del Reich in Germania dal 1933, e Führer dal 1934. Instaurò un regime dittatoriale che durò fino alla sua morte.
[11] Benito Mussolini (1883-1945). Duce del fascismo.
[12] Alfred Rosenberg (1893-1946).
[13] Pio XI (nato Achille Ratti; 1857-1939). Il suo pontificato durò dal 1922 alla morte.   
[14] E. Gentile, Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi, Feltrinelli, Milano 2010.
[15] Franklin Delano Roosevelt (1882-1945). Presidente degli Stati Uniti d’America dal 1933 al 1945. 
[16] https://ilbolive.unipd.it/it/news/cultura/evian-6-luglio-1938-quando-migranti-ebrei-furono. Università di Padova.
[17] Il Messico, la Danimarca e l’Olanda dettero il consenso a dare asilo a qualche centinaio di ebrei.
[18] Neville Chamberlain (1869-1940).
[19] Édouard Daladier (1884-1970).
[20] Adolf Hitler (1889-1945). Führer (guida) della Germania.
[21] Viveva in quei territori una significativa comunità di tedeschi.
[22] Il termine Kristallnacht fa riferimento alle schegge dei vetri frantumati che provenivano delle finestre delle sinagoghe, delle case e delle vetrine dei negozi di proprietà di ebrei e che erano stati saccheggiati e distrutti durante i disordini.
[23] Pochi giorni prima, le autorità tedesche avevano espulso migliaia di cittadini ebrei polacchi che vivevano in Germania e Herschel Grynszpan (l’attentatore) aveva saputo che tra loro c’erano i suoi genitori, residenti in Germania dal 1911.
[24] M. Gilbert, 9 novembre 1938. La Notte dei cristalli, Corbaccio, Milano 2008 [2006].
[25] Archivio Segreto Vaticano, Affari Ecclesiastici Straordinari, Stati Ecclesiastici, 1938-1939, pos. 575 p.o., fasc. 606 bis.
[26] Redazione, Duecentomila visti per i “non ariani”, in: ‘L’Osservatore Romano’, 3 luglio 2010.
[27] Rev. Bernhard Lichtenberg (1875-1943; Beato). Sacerdote cattolico. O. Ogiermann: Contro il nazismo. Un martire cristiano. Bernhard Lichtenberg, prevosto del duomo di Sant’Edvige a Berlino, prefazione di Carlo Manziana, Morcelliana, Brescia 1974. Cf anche: F. Comina, La lama e la croce. Storie di cattolici che si opposero a Hitler, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024.
[28] Filippo Crispolti (1857-1942). Senatore.
[29] Fonte: La Documentation Catholique (1938), pp. 1459-1460; cit. in J.G.M. Willebrands, Church and Jewish People: New Considerations (Paulist, 1992), p. 60.
[30] A. Santin, Al Tramonto, Lint, Trieste 1978, pp. 60-63.
[31] Cf anche: AA.VV., La chiesa fiorentina e il soccorso agli ebrei. Luoghi, istituzioni, percorsi (1943-1944), a cura di F. Cavarocchi e E. Mazzini, Viella, Roma 2019.
[32] Cf : G. Perri, Il caso Lichtner, Jaca Book, Milano 2010, p. 174.
[33] Madre Maria Elisabeth Hesselblad (1870-1957; Santa) fondatrice della congregazione delle suore dell’Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida.
[34] M. Grasso, Contro le leggi razziali. Benedetto Croce e la lettera di Antonio De Ferrariis Galateo sugli ebrei, Editore Kurumuny, Calimera 2023.
[35] P. Simoncelli, Non credo neanch’io alla razza. Gentile e i colleghi ebrei, Le Lettere, Bagno a Ripoli 2013. . 
[36] G. Bruno Guerri, Italo Balbo, Bompiani, Milano 2013.
[37] Fu prevista la figura degli ebrei arianizzati. Si trattava di quegli ebrei che, in virtù della legge n. 1024 del 13 luglio 1939-XVII, ricevettero per decreto la dichiarazione di appartenenza alla razza ariana. A tali soggetti, le leggi razziali furono applicate con alcune deroghe e limitazioni.
[38] Il Manifesto della Razza (o Manifesto degli scienziati razzisti) fu pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, il 14 luglio 1938 su Il Giornale d’Italia. Venne poi ripreso in ag. sul primo numero della rivista La difesa della razza, diretta da T. Interlandi e voluta da Mussolini in persona. 
[39] Mons. Giovanni Battista Montini (1897-1978; Santo). Venne eletto Papa nel 1963.
[40] James Grover McDonald (1886 -1964).
[41] Ing. Enrico Pietro Galeazzi (1896-1986).
[42] Osservatore Romano, 7 febbraio 2013, p. 23.
[43] G. Thomas e M. Morgan Witts, Voyage Of The Damned, Motorbooks Intl, Beverly 1974.
[44] N. Padellaro, Pio XII, Saie, Torino 1956, p. 209.
[45] L’attacco alla Chiesa cattolica in Polonia venne condotto in quattro tempi: 1) nel periodo immediatamente successivo all’invasione dell’autunno 1939; 2) durante i primi tre mesi del 1940, quando i tedeschi presero di mira i sacerdoti delle diocesi di Gniezno e Poznań; 3) nell’agosto 1940, quando circa duecento sacerdoti furono deportati nei campi di di Sachsenhausen e Buchenwald; 4) ai primi di ottobre del 1941, con l’Azione per la distruzione della Chiesa polacca, che portò all’arresto di oltre cinquecento sacerdoti del Warthegau.
[46] Mons. Cesare Orsenigo (1873-1946). Arcivescovo.
[47] Mons. Luigi Maglione (1877-1944). Cardinale.
[48] Cit. in: D.I. Kertzer, Un papa in guerra. La storia segreta di Mussolini, Hitler e Pio XII, Garzanti, Milano 2022, p. 591, nota 6.
[49] Mons. August Hlond (1881-1948; Venerabile). Cardinale.
[50] Enciclica Summi Pontificatus, 20 ottobre 1939.
[51] A. Duce, Pio XII e la Polonia (1939-1945), Studium, Roma 1997. Z. Waszkiewicz, La politica del Vaticano verso la Polonia negli anni della seconda guerra mondiale, in: ‘Studi trentini di scienze storiche’, 65/3, 1986, pp. 367-384.
[52] Cf anche: https://www.giannellachannel.info/archivio-segreto-pio-xii-nazismo/.
[53] Mons. Ersilio Tonini (1914-2013). Cardinale.
[54] Mons. Quirino Paganuzzi (1914-1974).
[55] Mons. Józef Sapieha (1867-1951). Cardinale.
[56] Episodio riportato anche dal quotidiano ‘La Stampa’.
[57] Rosario F. Esposito (1921-2007). Autore del libro Processo al Vicario, edizioni Saie, Torino 1964.
[58] Frank Karl Hermann (1898-1946). Governatore nazista. (ndA).
[59] Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la période de la Seconde Guerre Mondiale, vol. III/2, 1967, p. 670.
[60] Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, I, Primo anno di Pontificato, 2 marzo 1939 – 1° marzo 1940, pp. 357-360, Tipografia Poliglotta Vaticana.
[61] T.S. Hamerow, Perché l’Olocausto non fu fermato. Europa e America di fronte all’orrore nazista, Feltrinelli, Milano 2010.
[62] Karl Marx (1818-1883).
[63] Emma Goldman (1869-1940).
[64] Rosa Luxemburg (1870-1919).
[65] Lev Trockij: pseudonimo del rivoluzionario e uomo politico russo Lejba Bronštein (1879-1940).
[66] Joachim von Ribbentrop (1893-1946). Ministro degli esteri della Germania nazista dal 1938 al 1945,
[67] Edoardo Alfieri detto Dino (1886-1966).
[68] Actes et Documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale, Libreria Editrice Vaticana, vol. I, Città del Vaticano 1965, p. 455.
[69] Discorso di Sua Santità Pio XII al Sacro Collegio dei cardinali e alla prelatura romana, Sala del Concistoro, martedì 24 dicembre 1940.
[70] Martin Bormann (1900-1945). Capo della cancelleria del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori[ NSDAP (Parteikanzlei) e segretario personale di Adolf Hitler.
[71] Mons. Clemens August von Galen (1878-1946; Beato). Creato cardinale nel 1946. Cf anche: S. Falasca, Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2006.
[72] S. Berger, Experten der Vernichtung: Das T4-Reinhardt-Netzwerk in den Lagern Belzec, Sobibor und Treblinka, Hamburger Edition, Amburgo 2018.
[73] Mons. Jules-Géraud Saliège (1870-1956).
[74] Mons. Pierre-Marie Théas (1894-1977).
[75] Mons. Pierre Gerlier (1880-1965). Creato cardinale nel 1937.
[76] D.G. Dalin, Pius XII and the Jews. A defense, in: ‘The weekly Standard’, volume 6, n. 23, New York 26-2-2001. 
[77] L. Yagil, Chrétiens et Juifs sous Vichy (1940-1944). Sauvetage et désobéissance civile, Cerf, coll. ‘Histoire’, Paris 2005.
[78] Arthur Seyss-Inquart (1892-1946).
[79] Fritz Schmidt (1903-1943). Fu uno dei quattro ministri del Reichskommissar Arthut Seyss-Inquart.
[80] Edith Stein, in religione suor Teresa Benedetta della Croce, (1891-1942; Santa).
[81] Cf anche: M. Figliola, Due Nunzi nella tempesta. I documenti di Paolo Giobbe e Cesare Orsenigo negli Archivi Vaticani. L’occupazione nazista e la Chiesa olandese (1940-1943), Edusc, Roma 2024. E. Stein, Scritti, Mimep-Docete, Pessano con Bornago (MI) 2021. https://www.santateresaverona.it/santa-teresa-benedetta-della-croce-edith-stein/.
[82] Mons. Konrad von Preysing (1880-1950). Consacrato vescovo nel 1932. Creato cardinale nel 1946.

[83] Fonte: Secondo volume degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde guerre mondiale, intitolato ‘Les lettres de Pie XII aux évêques allemands, 1939-1944’.
[84] Mons. Aleksander Szeptycki (1865-1944). Arcivescovo.
[85] Testo riportato in: R.A. Graham, Il Vaticano e il Nazismo, Edizioni Cinque Lune, Roma 1975, p. 190, nota.
[
86] P. Robert Leiber SI (1887-1967). Professore di storia della Chiesa, e segretario particolare di Pio XII.
[87] Il circolo di Kreisau venne fondato a Berlino nel 1943 dal conte Helmuth James Graf von Moltke. Frequentato da alti membri ecclesiastici, da civili e da militari della dissidenza interna avversa a Hitler. [88] Mons. Conrad Gröber (1872-1948). Arcivescovo di Friburgo.
[89] Mons. Konrad von Preysing (1880-1950). Vescovo di Berlino. Creato cardinale nel 1946.
[90] Don Pirro Scavizzi (1884-1964). Parroco romano di Sant’Eustacchio. Cappellano nei treni dell’Ordine di Malta.
[91] Arcivescovo Andrej Szeptycki (1865-1944).
[92] Giovanni Malvezzi (1887-1972).
[93] M.L. Napolitano, Pio XII, il Papa “che sapeva”, in: ‘Vatican News’, 19 settembre 2023.
[94] Summi Pontificatus. 20 ottobre 1939.
[95] G. Miccoli, Santa Sede, guerra e Shoah. Una proposta di discussione, in: ‘Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento’, 31, 2005, p. 255.
[96] J. Bernard, Pfarrerblock, 25487. Un prete a Dachau 1941-1942, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007.
[97] Mons. Adolf Bertram (1859-1945). Creato cardinale nel 1919. Fu presidente della Conferenza Episcopale della Germania.
[98] A. Martini, La vera storia e Il Vicario di Rolf Hochhuth, in: ‘La Civiltà Cattolica’, 1964, vol. II, p. 450.
[99] Discorso di Sua Santità Pio XII al Sacro Collegio nel giorno del suo onomastico, mercoledì 2 giugno 1943. In:Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII’, V, Quinto anno di Pontificato, 2 marzo 1943 – 1° marzo 1944, pp. 73-80, Tipografia Poliglotta Vaticana.
[100] Mons. Domenico Tardini (1888-1961). Creato cardinale nel 1958.
[101] Ernst von Weizsäcker (1882-1951). Su questo punto cf.: P. Blet, Pio XII e la seconda guerra mondiale, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, p. 281. Weizsäcker fu un personaggio equivoco. Nei suoi messaggi a Berlino trasmise più volte dati non veri.
[102] Nell’archivio Generale della Società del Sacro Cuore, ad esempio, è stato trovato un documento significativo. Si tratta del Giornale della Casa «Villa Lante» nel quale le religiose annotavano i fatti quotidiani riguardanti l’Istituto. Risulta che già il 6 ottobre 1943 mons. Montini aveva convocato in Vaticano la superiora generale, madre Manuela Vicente, pregandola “in nome del Santo Padre, di alloggiare tre famiglie minacciate, come molte altre, di essere prese dai tedeschi”. Successivamente l’aveva esortata ad allestire adeguati rifugi presso le proprie case religiose allo scopo di dare asilo agli ebrei perseguitati.
[103] Theodor Dannecker (1913-1945). SS-Hauptsturmführer. Fu inviato a Roma da Hitler.
[104] Aveva avvisato a inizio mattina Pio XII della razzìa in corso.
[105] Mons. Alois Hudal (1885-1963). Vescovo. Rettore della chiesa di Santa Maria dell’Anima. Rappresentante della Chiesa cattolica austriaca.
[106] Gen. Rainer Stahel (1892-1955). Comandante militare di Roma dal settembre 1943. Fu compagno di studi di padre Pancratius Pfeiffer.
[107] Notes de la Secrétairerie d’Etat, 1-10-1943, ‘Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la période de la Seconde Guerre Mondiale’, vol. IX, p. 495.
[108] Padre Pancratius Pfeiffer (1872-1945).
[109] Heinrich Luitpold Himmler (1900-1945). Reichsführer delle Schutzstaffel dal 1929, comandante della Polizia dal 1936 e delle Forze di sicurezza del Terzo Reich dal 1939. Ministro dell’Interno del Reich.
[110] H. Tittmann, Il Vaticano di Pio XII. Uno sguardo dall’interno, Milano 2005, p. 179.
[111] Dietrich Beelitz (1906-2002). Fu Capo di stato maggiore generale della 3° armata corazzata (dal 2 giugno 1942 al 5 novembre 1943). Capo di stato maggiore generale della 10° armata (dal 1° novembre 1944 fino al termine della guerra in Italia, 2 maggio 1945).
[112] P.L. Guiducci, Shoah a Roma. Salvare gli ebrei, Educatt, Milano 2023. Questo libro si può scaricare: https://www.auditorium.info/pierluigi-guiducci-shoah-a-roma-16-ottobre-1943-salvare-gli-ebrei/.
[113] Cit. Osservatore Romano, 25-26 ottobre 1943.
[114] Mons. Montini, sotto al foglio di udienza, annotò: “Ex. Aud. SS.mi, 8-3-44. Si rimette alla sua responsabilità”. Lo stesso giorno, sul medesimo documento, si trova scritto: “Comunicato: 8-3-44. Padre Martinelli ringrazia”. Notes de la Secrétairerie dEtat, Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la période de la Seconde Guerre Mondiale, vol. IX, p. 171.
[115] G. Loparco, Gli Ebrei negli istituti religiosi a Roma (1943-1944). Dall’arrivo alla partenza, in: ‘ Rivista di Storia della Chiesa in Italia’, 58, 2004, I, pp. 185 e 187.
[116] P. Pancrazio Pfeiffer (1872-1945).
[117] P.L. Guiducci, Un attentato inutile. Via Rasella. Roma, 23 marzo 1944. Contesto storico. Decisione. Morti. Rappresaglia. Evidenze, in: https://sanpaolinosvoice2com.wordpress.com/. 27 aprile 2025.
[118] A. De Bernardi, La memoria della Shoah e la ricerca storica, in: ‘Italia Contemporanea’, giugno 2002, p. 289.
[119] Moshe Sharrett (1894-1965). Politico ucraino naturalizzato israeliano.
[120] Cf anche: Moshe Sharrett, Diario personale. Pubblicato in parte a cura di Livia Rokach. Cf inoltre: Agenzia Zenit, 28 gennaio 2005.
[121] Leon Kubowitzky (1896-1966).
[122] L. Cremonesi, Il grazie a Pio XII dal Congresso mondiale ebraico, in: ‘Tempi’, 11 agosto 1999 (tempi.it).
[123] Cf Acta Apostolicae Sedis, 37, 1945, p. 317 s.