I COSACCHI ZAPOROGHI, SUDDITI MA NON TROPPO…

di Massimo Iacopi -

 

I Cosacchi Zaporoghi o del Dnepr si stabilirono all’interno delle attuali frontiere dell’Ucraina, fra il Dniestr e la foce del Don, in un crocevia di regni e di imperi. Presi a est e a ovest fra le potenze russa e polacco-lituana, e con l’Impero ottomano a sud, tra XVI e XVII secolo riuscirono a ritagliarsi un proprio spazio vitale, bilanciando alleanze e ribellioni.

Le prime notizie sui Cosacchi venuti dalle frontiere del voivodato di Kiev, appaiono nelle fonti della fine del XV secolo. A questa epoca risultano il più delle volte associati alla città di Tsherkassij, a sud di Kiev sul fiume Dnepr, che serve loro da punto di riferimento e riunione.
Tuttavia, la costituzione di questo gruppo in una società militare organizzata con i suoi propri capi risale agli anni 1530. Nei decenni seguenti, questi contingenti continuano a riunirsi in piccoli accampamenti sui bordi del Dnepr, nei dintorni dell’attuale città di Zaporizhjia (500 km a sud di Kiev). Nel 1556, il principe e magnate ruteno Dmytro Ivanovic Vyshnenevetskij o Wisniowiecki (morto nel 1563), staroste (capitano) delle città di Tsherkassij e di Kaniv, coordina la costruzione di un nuovo castello sull’isola di Mala Khortytsia, nell’oblast di Zaporizhjia, che non risulta direttamente destinato ai Cosacchi, di cui diventerà il primo atamano, ma che serve a rinforzare la loro posizione nella regione. Dopo la distruzione di questo castello da parte dell’esercito ottomano nel 1557, occorrerà attendere il 1570 affinché i Cosacchi Zaporoghi si stabiliscano su un’isola vicina, Sitch o Sietch, diventata progressivamente la loro capitale informale.
Il riconoscimento della libertà personale e dalla concessione da parte del re polacco di alcuni privilegi, in cambio del servizio militare, rendono lo statuto cosacco sempre più interessante e attraente. Il numero dei fuggitivi verso la Sitch conosce una crescita continua che spinge il re di Polonia a regolare il fenomeno. Nel 1572, Sigismondo II Augusto (1520-1572) crea il primo Registro cosacco, fissato a 300 persone, con una struttura militare propria: questa lista deve sancire una truppa permanente, remunerata dalla monarchia e dotata di privilegi giuridici e fiscali. Malgrado i successivi allargamenti del Registro, il numero totale di Cosacchi non smette di crescere, superando largamente la lista reale.
La situazione diventa più ambigua nel momento delle grandi campagne militari, quando il potere non esita a rinforzare gli effettivi dell’esercito anche con i Cosacchi non registrati. Ad esempio, mentre le dimensioni del contingente nel 1617 era stato portato a mille individui, la campagna dell’anno seguente contro i Moscoviti mobilita 20 mila Zaporoghi senza alcuno statuto particolare. Il Registro concorre a stabilire una specie di aristocrazia cosacca, ma è ugualmente all’origine di numerose tensioni fra quelli che figurano nella lista e i Cosacchi “dei ranghi”, gelosi dei privilegi dei primi.
La seconda metà del XVI secolo porta a una istituzionalizzazione delle strutture militari della Sitch, con una assemblea, un capo militare (Atamano o hetman) e alcuni ufficiali eletti. Di fatto, le truppe registrate si affiancano spesso alle ribellioni cosacche dirette dall’atamano eletto, che continua a mantenere il controllo sull’esercito zaporogo. La rivolta contro le autorità ufficiali diventa un fenomeno ricorrente a partire dalla fine del XVI secolo e la prima metà del XVII secolo.
Posti in una posizione vacillante, con l’obbligo di rinegoziare il loro statuto per difendere i loro privilegi o per ottenere le paghe promesse per una campagna, gli Zaporoghi si trovano ai margini della legalità di fronte al potere reale polacco. Il re deve, a sua volta, esercitare una pressione permanente su queste truppe poco disciplinate, utili in caso di battaglia ma che possono trasformarsi in una minaccia per la pace e l’ordine interni e per i rapporti diplomatici con l’Impero ottomano.

Tensioni religiose

La cronologia delle prime grandi ribellioni – quelle di Kosinski e di Nalewajko – offrono l’occasione ad alcuni storici per affermare che queste tensioni erano strettamente connesse all’Unione di Brest, che aveva promulgato, nel 1595-96, il passaggio della metropoli ortodossa di Kiev sotto l’obbedienza del Papa di Roma e segnato la nascita della Chiesa uniate di Polonia-Lituania. Una attenta analisi mostra tuttavia che il fattore religioso risultava poco presente in queste rivolte, scatenate dalle rivendicazioni personali degli atamani o parzialmente strumentalizzate dal fervente difensore del campo ortodosso, il voivoda di Kiev, Konstantij Wasyl Ostrogski.
Il clero uniate vede questi avvenimenti come un complotto formato dall’alleanza fra gli Zaporoghi, i rappresentanti del clero ruteno, che si ostinano a non accettare l’Unione, e il principe ortodosso Ostrogski. Tuttavia, contrariamente a queste accuse, dopo la disfatta di Nalewajko, inflitta dalle truppe reali e fino agli anni 1610, i Cosacchi si guardano bene dall’intervenire nelle tensioni religiose fra fautori e detrattori dell’Unione. La situazione cambia dopo il 1608, con la morte del principe Ostogski, che esercitava un forte ascendente politico, economico e militare su tutto il territorio dei voivodati di Kiev e della Volynia. La sua scomparsa lascia un vuoto nel campo ortodosso, che ha bisogno di cercare nuovi appoggi.
Il contesto risulta tanto più preoccupante per il fatto che il re polacco mostra ormai una maggiore fermezza nel suo sostegno agli Uniati. Al contrario, e nello stesso momento, i Cosacchi vedono la loro posizione rinforzata, in quanto Sigismondo III (1566-1632) prepara una nuova spedizione contro la Moscovia ed è incline a fare concessioni per avere i Cosacchi dalla propria parte, fatto che determina un riavvicinamento fra l’esercito dei Cosacchi e la Chiesa ortodossa.
Per quanto riguarda il clero orientale, è importante contare su un alleato, che per la sua potenza militare risulta indispensabile alla monarchia polacca, anche se rivendica una certa indipendenza. Per i Cosacchi, il legame con una Chiesa non riconosciuta offre un argomento di rilievo nel loro gioco politico con il potere reale. Allo stesso modo, l’impegno religioso dei Cosacchi serve loro per guadagnare il sostegno della popolazione rutena che, nel voivodato di Kiev, rimane largamente ortodosso e può apportare un aiuto prezioso in caso di eventuali conflitti con il potere polacco. Il riavvicinamento viene sancito attraverso azioni simboliche, come l’iscrizione nel 1615 di tutto l’esercito degli Zaporoghi nella Confraternita ortodossa di Kiev. Questa posizione confessionale favorisce ugualmente l’educazione politica dei Cosacchi, con l’invio di ambasciate alle Diete polacche e con l’adozione di pratiche deliberative mutuate dalla nobiltà polacca.
Pertanto, dietro l’apparenza di un gruppo anti sistema, i Cosacchi Zaporoghi esprimono una cultura della disobbedienza, il cui modello rimanda direttamente alla vita politica della Repubblica polacco-lituana. Una tale trasposizione appare tanto più facile in quanto numerosi ufficiali cosacchi provengono dalla piccola nobiltà locale.

Solo Dio controlla i Cosacchi

Il voivoda di Kiev diventa, in tal modo, il bastione degli oppositori degli Uniati, posto sotto una forte influenza cosacca. Approfittando della fragile situazione del potere reale di Varsavia, che lascia loro una certa impunità, gli Zaporoghi osano alcune azioni di rilievo, assassinando nel 1618 un rappresentante del metropolita uniate e procedendo con il concorso del patriarca Teofane III di Gerusalemme (morto nel 1644), alla consacrazione di un nuovo metropolita ortodosso e di sei vescovi per le diverse diocesi, occupate dagli Uniati. Nello stesso tempo, una alleanza di questo tipo pone le gerarchie ortodosse sotto la dipendenza dei Cosacchi, senza poter temperare le loro azioni e costituisce un freno nei loro tentativi di normalizzare i rapporti con le autorità polacche. Questa ambiguità si legge nella memoria indirizzata a Sigismondo III da parte dei vescovi ortodossi nel 1621: “E’ certo che nessuno al mondo, ad eccezione del Signore, apporti tanti benefici alla Cristianità soggiogata così come non lo fanno i Greci con il loro tributo, il re di Spagna con la sua potente flotta e la truppa degli Zaporoghi con il suo coraggio e le sue vittorie… Non solo non c’è alcun bisogno che i preti li arringhino, ma sono loro stessi che controllano i preti e i cittadini e ricordano loro, a volte con minacce, che la fede non deve soffrire alcun cambiamento e nessuna comunione con gli Uniati apostati. Che Dio li controlli “.
E’ per questo motivo che, negli anni ’20 del XVII secolo, il clero ortodosso cerca di condurre – senza successo – una diplomazia religiosa autonoma, aprendo negoziati con i vescovi uniati. Gli ultimi anni del regno di Sigismondo III sono stati marcati da una forte agitazione connessa con le tensioni religiose.
Nella ribellione degli Zaporoghi del tartaro Taras Triasylo Fedorowicz, atamano dei Cosacchi non registrati, nel 1630, la contestazione religiosa viene enunciata chiaramente e suscita reazioni straniere. Nel suo progetto di alleanza contro la Polonia, il re di Svezia Gustavo II Adolfo Vasa (1594-1632) invia una lettera all’atamano cosacco, presentandosi come “nemico dei Gesuiti e protettore della religione greca”. Questa rivolta produce differenti discorsi autonomi sulla situazione religiosa dei Ruteni. Se gli ufficiali cosacchi si mostrano poco accondiscendenti nei confronti dell’ambasciata svedese, essendo più inclini a negoziare con il potere polacco, gli uomini di rango che riprendono le lamentele di una parte della popolazione ortodossa, non esitano a sollecitare a viva voce che i Polacchi eliminino gli Zaporoghi comprese donne e bambini se essi si rifiutano di convertirsi al “papismo”. Alcune cronache ortodosse affermano anche che Staniskaw Koniekpolski, incaricato di reprimere la rivolta, aveva ricevuto una spada benedetta dai Domenicani per “estirpare i Ruteni”.

Sorvegliati da vicino

Le divisioni sfociano in una pace di compromesso che aumenta il numero dei Cosacchi registrati a 8 mila individui, ma vieta gli attacchi in territorio ottomano. Alcune parti, non soddisfatte dell’accordo, continuano ad alimentare le tensioni e sfociano in nuove rivolte. L’arrivo sul trono di Ladislao IV (1595-1648) modifica profondamente lo statuto della chiesa ortodossa e, per un breve momento, contribuisce a diminuire i conflitti ereditati dai decenni precedenti. Il figlio di Sigismondo III si mostra attento al ristabilimento della pace civile e accetta di ridare una legalità alla gerarchia ortodossa, a condizione che tutti i vescovi siano rinnovati, e questa volta, confermati dal re. La sede metropolitana viene attribuita al superiore di un monastero delle Grotte di Kiev, Pyotr Mohyla (1596-1647), metropolita discendente da una famiglia principesca moldava e conosciuto per il suo carisma e con un marcato orientamento a favore di un lealismo verso i poteri ufficiali. Con il loro statuto ormai riconosciuto e le visioni personali dei nuovi vescovi ortodossi non possono che allontanarli dagli Zaporoghi, difficili da controllare nelle loro azioni.
Gli uomini della Sitch, pur perdendo il sostegno dell’aristocrazia ecclesiastica rutena, si trovano sempre di più sotto la pressione dei rappresentanti reali, che tentano di limitare le loro attività. Nel 1635, i Polacchi decidono di costruire una nuova fortezza nei pressi delle rapide di Kodak al fine di bloccare l’accesso alla Sitch e impedire le spedizioni in territorio ottomano. La reazione cosacca non si fa attendere e, nel corso dello stesso anno, un contingente guidato dall’atamano Iwan Sulima (morto nel 1635) distrugge parzialmente la piazzaforte Negli anni 1637-1638 le ribellioni di Pawel Pawluk e di Jakub Ostrzanin o Yakiv Ostryanyn esacerbano ancora di più le tensioni all’interno dei Cosacchi registrati, poiché diversi di loro – ed in primo luogo gli agitatori – si ritrovano nei ranghi alcuni ribelli, mentre altri rimangono fedeli al potere reale. Questi scontri consolidano parimenti l’alleanza fra i Cosacchi e il mondo rurale ruteno, che partecipa massicciamente ai combattimenti, ponendo gli Zaporoghi nel ruolo di difensori della popolazione plebea di fronte alla pressione dei signori feudali.

Una fermezza tardiva

In questo contesto le sconfitte cosacche determinano una ripresa in mano di tutta l’organizzazione istituzionale zaporoga da parte della Polonia. L’ordinanza approvata dalla Dieta polacca nel 1638 stabilisce che ormai il contingente registrato sarà diretto da un commissario reale e che tutte le cariche principali, dal comandante fino ai colonnelli dei reggimenti saranno riservate a nobili polacchi provenienti direttamente dall’amministrazione reale e che non provengono dai ranghi degli Zaporoghi. Inoltre, il testo si preoccupa di circoscrivere lo statuto cosacco all’interno della popolazione locale, vietando non solo ai borghesi e ai loro figli di affiliarsi ai cosacchi, ma anche alle loro figlie di sposare gli uomini i cui nomi figurino sul Registro, sotto pena della confisca dei loro beni. Se questa fermezza politica impedisce nuove rivolte per circa un decennio, essa contribuisce ad aumentare lo scontento contro gli amministratori reali e rinforza il risentimento nei confronti di una gerarchia, percepita come iniqua e arbitraria.
Di fatto, la reazione reale arriva troppo tardi per frenare una evoluzione iniziata alla fine del secolo precedente. Considerati nel loro insieme, i tentativi della monarchia per regolare il modo di vita delle comunità cosacche, sembrerebbero persino aver determinato un aumento degli atti di disobbedienza e di conflitti violenti.
Un tale paradosso riguarda anche la grande insurrezione iniziata nel 1648 sotto la guida dell’atamano Bogdan Khmelnitski (1595-1657). In effetti, questo conflitto, di una ampiezza senza precedenti, scoppia alla fine del regno di Ladislao IV, anche se marcato da una politica di pacificazione religiosa e di sforzi per limitare le tensioni dirette fra comunità concorrenti. Dietro questa cronologia, si nasconde forse la natura stessa della società dei Cosacchi Zaporoghi che, dopo aver integrato i codici e la cultura della Repubblica delle Due Nazioni, non può ammettere che le aristocrazie rifiutino di inserire le sue rivendicazioni in una procedura di negoziato riservato alla sola nobiltà.

Per saperne di più
John Hure, Cosacchi, Edizioni Piemme, Casale Monferrato, 1999.
Philip Longworth, Les Cosaques, Paris, Albin Michel, 1972.
Jean-Benoit Scherer, Annales de la Petite-Russie, ou Histoire des Cosaques-Saporogues et des Cosaques de l’Ukraine, ou de la Petite-Russie depuis leur origine jusqu’à nos jours:… et de pièces justificatives, t. 2, BookSurge Publishing, 2001.
Christoph Witzenrath, Cossacks and the Russian Empire, 1598–1725: Manipulation, Rebellion and Expansion into Siberia, Routledge, 2007