EGITTO, LE RIVOLUZIONI DIMENTICATE

di Max Trimurti -

A due riprese, nel 1881 e nel 1919, l’Egitto si solleva per conquistare l’indipendenza. La protesta dei nazionalisti egiziani sfocerà nell’instaurazione di un regime parlamentare e di un governo responsabile davanti alla Camera. Ma l’indipendenza concessa dalla Gran Bretagna nel 1922 sarà solo parziale.

Nel 1881 e nel 1919 l’Egitto va incontro a due rivoluzioni molto diverse nelle forme e nella mobilitazione che suscitano. Entrambe, però, possono essere considerate come due tappe verso l’emancipazione del Paese. Esse inoltre delimitano, cronologicamente, l’avvio e la fine dell’ordine coloniale britannico, fra l’instaurazione di un protettorato di fatto nel 1882 e la proclamazione unilaterale dell’indipendenza del paese nel 1922.
Il primo di questi episodi insurrezionali – la “rivoluzione d’Urabi” – assume apparentemente la forma di una rivolta militare. In realtà essa affonda le sue radici nella crisi finanziaria aperta dall’eccessivo indebitamento del Paese, considerevolmente aggravatosi sotto il regno del khedivé Ismail Pascià (1863-1879). Questo indebitamento provoca, nell’aprile 1876, il fallimento dello stato egiziano. La Francia e la Gran Bretagna, principali creditori del khedivé, impongono a quel punto la costituzione di una Cassa del Debito Pubblico (maggio 1876) e qualche mese più tardi (novembre), la presenza  in seno al governo egiziano di due controllori, alle Finanze ed ai Lavori Pubblici. L’istituzione di questo “Gabinetto europeo”, particolarmente impopolare, suscita le proteste unanimi di tutte le correnti del movimento nazionale.

Il kedivè Ismail Pascià

Il kedivé Ismail Pascià

1879: la caduta del khedivé Ismail
Nell’aprile 1879 un gruppo di notabili disposti a fornire garanzie sui propri beni per il pagamento del debito redige una “Carta Nazionale” attraverso la quale si esige la partenza dei controllori europei e la promulgazione di una Costituzione che renda i ministri responsabili davanti alla Camera.
Cogliendo l’opportunità offerta da questa iniziativa che ha segretamente appoggiato, il khedivé si libera della tutela impostagli, dimettendo il “Gabinetto europeo”: questo viene così rimpiazzato da un ministero “nazionale”, incaricato di redigere la Costituzione. Ma Francia e la Gran Bretagna ottengono quasi subito dal Sultano ottomano di Istanbul la destituzione di Ismail Pascià (25 giugno 1879) ed il suo esilio.
Prigioniero dell’ingombrante patronato delle Potenze, suo figlio Tawfiq (1879-1892) è costretto a dimettere il dicastero nazionale, ristabilendo i due controllori e reprimendo brutalmente ogni forma di espressione del movimento nazionale, attraverso la censura della sua stampa e l’esilio delle sue figure di spicco. La promulgazione, nel luglio 1880, della Legge di liquidazione del debito pubblico e l’annuncio delle economie forzate che essa impone al governo, contribuiranno a provocare un aumento vertiginoso della tensione politica.

L'esercito inglese reprime l'insurrezione ad Alessandria, luglio 1882

L’esercito inglese reprime l’insurrezione ad Alessandria, luglio 1882

1881, il colpo di forza di Urabi
L’esercito è il primo obiettivo dei tagli di bilancio. Nel 1880 le forze armate costituivano un corpo composito il cui inquadramento – diviso da profonde rivalità fra ufficiali “circassi” (turchi) ed “indigeni” – poteva apparire pletorico.
L’annuncio che una parte dell’esercito sarebbe stata licenziata contribuisce ad acuire le divisioni. Il 9 settembre 1881 un reggimento dell’esercito egiziano circonda il palazzo del khedivé e, sotto la minaccia delle armi, esige le dimissioni del Consiglio dei Ministri oltre alla partenza dei due controllori europei, francese e britannico. Il colonnello che li comanda è un ufficiale del quadro indigeno di nome Ahmad Urabi: costui diventa il portavoce della nascente rivoluzione.
Il colpo di forza dell’esercito porta al potere un governo nazionalista, presieduto da uno dei principali firmatari della carta nazionale del 1879, ed apre la via ad una petizione di notabili di provincia, i quali richiedevano la convocazione della Camera dei delegati.
Ahmad Urabi, diventato ministro della Guerra nel gennaio 1882, traduce davanti ad una corte marziale i capi delle file degli ufficiali circassi, fra i quali il suo predecessore nel suo incarico (aprile 1882). Nel mese di maggio le squadre navali inglesi e francesi arrivano ad Alessandria, le cui difese vengono nel gfrattempo rinforzate dai partigiani Urabisti. Nel mese di giugno, in un clima di grande tensione, la città viene dilaniata da sommosse anti-europee. Dopo una serie di ultimatum rimasti lettera morta, la flotta britannica bombarda la città l’11 luglio 1882, distruggendo il centro città. Il khedivé Tawfiq, impossibilitato ad imporre la propria autorità e direttamente messo in discussione dai nazionalisti che chiedono la sua destituzione, decide di porsi sotto la protezione della squadra britannica.

Soldati scozzesi nella battaglia di Tel el Kebir

Soldati scozzesi nella battaglia di Tel el-Kebir

1882, sbarcano gli Inglesi
Qualche settimana più tardi (agosto 1882), in violazione dello statuto internazionale del Canale di Suez che ne garantisce la neutralità, la Gran Bretagna sbarca ad Ismailia truppe arrivate dall’India e dalla Nuova Zelanda. Il 13 settembre queste mettono in rotta l’esercito egiziano nella battaglia di Tel el-Kebir ed il giorno seguente investono il Cairo. La sconfitta militare segna la fine del movimento nazionale: Ahmad Urabi, arrestato insieme ai suoi compagni, viene tradotto davanti ad una corte marziale, con l’accusa di ribellione ed alto tradimento. Condannati tutti a morte, i prigionieri saranno graziati ed esiliati nell’isola di Ceylon mentre il khedivé, sotto buona scorta, viene reinsediato nel suo governo.
Giuridicamente lo statuto dell’occupazione britannica dell’Egitto non verrà mai chiarito: il governo egiziano viene mantenuto sotto una stretta tutela del regime dei “consiglieri obbligatori”, che impone la presenza di un consigliere britannico a fianco di ogni ministro; il Paese viene dotato di assemblee provinciali, ma senza un Parlamento; l’esercito e la polizia vengono ridotti e posti sotto comando britannico.
Questo “protettorato velato” (Veiled Protectorate) verrà esercitato per più di un quarto di secolo (1883-1907) da un console generale dalla volontà di ferro, Lord Cromer. Sul piano politico il fallimento dell’insurrezione viene dunque pagato a caro prezzo e l’Egitto, che formalmente rimane una provincia dell’Impero ottomano, ha perduto l’autonomia che gli aveva fatto guadagnare la dinastia di Mohamed Alì.
Ma i nazionalisti egiziani non disarmano: dal 1882 al 1919, la loro protesta non smette di accrescersi, diventando con il tempo più unanime, almeno su qualche punto fondamentale: la proclamazione di una Costituzione che instauri un regime parlamentare, un governo responsabile davanti al Parlamento, la partenza dell’esercito di occupazione ed il riconoscimento dei diritti dell’Egitto sul Sudan. Ma su questi quattro punti si vedono opporre un netto rifiuto. La Gran Bretagna instaura un Consiglio legislativo dalle competenze consultive, ma rifiuta il regime parlamentare; essa mantiene i suoi consiglieri presso tutti i ministeri, rinforza il suo contingente di occupazione e stabilisce sul Sudan un condominio anglo-egiziano (1898) che funziona, in realtà, a suo beneficio esclusivo.

Saad Zagul

Saad Zagul

1914-1919: attentati e proteste
Non potendo esprimersi per vie legali la protesta assume negli anni precedenti la Grande Guerra una forma più violenta: gli attentati politici diventano una delle forme di espressione della protesta anti-coloniale. I partiti politici, tuttavia, si organizzano e danno alle diverse correnti del nazionalismo una forma istituzionale. Nel 1914 l’entrata in guerra della Turchia a fianco delle potenze centrali (6 novembre) fornisce alla Gran Bretagna l’occasione per stabilire un controllo più stretto sul Paese. Nel dicembre 1914 essa proclama il suo protettorato sull’Egitto, strappandolo unilateralmente all’Impero ottomano, destituisce il figlio di Tawfiq e trasforma il Paese in un sultanato autonomo, affidato allo zio del sovrano deposto. Il paese, tutto intero, viene posto al servizio dello sforzo di guerra britannico.
Al momento della firma dell’Armistizio (13 novembre 1918) una delegazione (Wafd) di vecchi ministri e di capi di partito, guidata da Saad Zaghul, presenta all’Alto Commissario una petizione con la richiesta della piena indipendenza dell’Egitto e la sua partecipazione alla conferenza di pace che si apre a Versailles. Manifestazioni massicce, sostenute da tutti i partiti appoggiano queste rivendicazioni e la loro ampiezza aumenta con l’avvicinarsi dell’apertura del Congresso (gennaio 1919). Il rifiuto opposto dai Britannici contribuisce a radicalizzare il movimento.
A partire dal febbraio 1919 la legittimità del protettorato viene messa direttamente in discussione. L’8 marzo Saad Zaghul è arrestato con due suoi compagni ed immediatamente esiliato nell’isola di Malta. Gli Egiziani reagiscono con uno sciopero generale e con immense manifestazioni che degenerano spesso in sommosse o in attentati anti-britannici. Il Paese è sempre sotto il rigore della legge marziale e la repressione è decisamente brutale. Tuttavia essa non riesce a mettere fine alle proteste. Il 7 aprile il governo britannico viene costretto a liberare Saad Zaghul, autorizzato a recarsi a Parigi. Egli non sarà pero ammesso alla Conferenza di pace né ascoltato da quel consesso mentre, per contro, il Congresso egiziano riconosce nel maggio 1919 il protettorato britannico sull’Egitto.

Il secondo arresto di Saad Zaghul e l’indipendenza del 1922
Scoppiano nuovi scioperi, si moltiplicano nelle province i comitati di sostegno alle richieste egiziane del Wafd e aumentano le manifestazioni di protesta. Il governo britannico decide a quel punto di inviare sul posto una commissione di inchiesta, incaricata di negoziare con il governo egiziano. Il Wafd, cosciente della forza che ha acquisito, ne organizza, con successo, il boicottaggio.
Il rapporto della missione inglese Milner, consegnato nel febbraio 1921, riconosce che il protettorato non è una forma di governo adeguato all’Egitto e raccomanda l’apertura di negoziati con il governo egiziano per fissare la natura dei legami che devono unire il paese alla Gran Bretagna. Zaghul rientra al Cairo (5 aprile 1921), ben determinato a prendere parte ai negoziati. Egli viene accolto nella gioia generale e con immense manifestazioni di sostegno. Egli, a quel punto, irrigidisce la sua posizione per impedire al governo di negoziare da solo, ed esige il ritiro della legge marziale e l’abolizione immediata del protettorato. Ancora una volta scioperi e manifestazioni, che coinvolgono strati sempre maggiori della popolazione, contribuiscono a dare alle sue posizioni un sostegno formidabile. Zaghul viene nuovamente arrestato e deportato ad Aden, quindi alle Seychelles ed infine a Gibilterra.
In Egitto le violenze diventano più frequenti e la pressione che esse esercitano condanna al fallimento gli sforzi di negoziato di un governo, che appare, ai più, al soldo dei Britannici. Nel febbraio dell’anno seguente, la Gran Bretagna proclama unilateralmente (28 febbraio 1922) l’indipendenza dell’Egitto, trasformato in una monarchia parlamentare, ma essa mantiene il suo esercito d’occupazione ed il suo controllo diretto sul Canale di Suez. La Costituzione viene approvata il 19 aprile 1923 e per il gennaio 1924 vengono fissate elezioni legislative.

Re Fuad I e la sua corte

Re Fuad I e la sua corte

Tra liberalismo e autocrazia
Saad Zaghul, rientrato dall’esilio, ne sarà l’indiscusso vincitore: il Wafd, trasformatosi nel frattempo in partito politico, raccoglie il 90% dei seggi in Parlamento, offendo al suo capo la presidenza del Consiglio (gennaio 1924) e la possibilità di negoziare direttamente con la Gran Bretagna le due questioni più difficili del contenzioso anglo-egiziano: il controllo del Sudan e l’evacuazione delle truppe di occupazione. L’euforia sarà però di breve durata. L’assassinio al Cairo, il 19 novembre 1924, del “sirdar” Lee Stack – comandante in capo dell’esercito britannico in Sudan – mette fine a questo abbozzo di democrazia parlamentare. Il governo viene sciolto e nuove elezioni vengono indette per il febbraio 1925. Esse daranno nuovamente una larga maggioranza al Wafd, meno assoluta tuttavia, a causa di modificazioni apportate alla legge elettorale.
Costretto a formare un governo di coalizione, Zaghul si riserva la Presidenza della Camera, ma ancora una volta il re pronuncia la dissoluzione della Camera: è l’inizio di un ciclo alternato di liberalismo e di autocrazia che dominerà la scena politica egiziana per tutto il periodo fra le due guerre mondiali. Zaghul  muore il 23 agosto 1927.
Anche questa seconda rivoluzione nazionale è macchiata da ambiguità. L’importanza che essa conserva ancora oggi nella coscienza egiziana dipende, da un lato, dal carisma del suo capo – la cui eloquenza galvanizzava le folle – e dalla sua deliberata mitizzazione. Dall’altro, dall’amalgama che il Wafd ha saputo operare a suo vantaggio fra tutte le componenti della popolazione: durante le fasi più calde della mobilitazione, le manifestazioni riuscivano a mettere insieme ricchi e poveri, proprietari terrieri ed operai, studenti ed impiegati dello Stato. Per la prima volta le donne vi hanno preso parte ed alcune fra di loro hanno giocato, a fianco della moglie di Zaghul, eretta a “madre della nazione”, un ruolo pubblico significativo.

Per saperne di più
M. Campanini, Storia dell’Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak – Edizioni Lavoro 2005
D. Featherstone, Tel El-Kebir 1882: Wolseley’s Conquest of Egypt – Osprey 1993
P. Pizzo, L’ Egitto agli egiziani! Cristiani, musulmani e idea nazionale (1882-1936) – Zamorani 2003