Editoriale: Settembre mi ha dato ragione. Forse

di Paolo M. Di Stefano -

“Lo avevo detto” è un’espressione per la quale non ho mai avuto simpatia. Per tanti motivi , non ultimo quello che l’aver ragione crea, nell’interlocutore, un immediato moto di antipatia nei confronti di chi ne fa uso. Soprattutto quando questi ha veramente ragione. Anche perché di solito è proprio l’essere dalla parte della ragione che induce i nostri simili al dubbio. Tanto che c’è stato chi, in un certo senso ribaltando la situazione, ha ritenuto di poter affermare che (cito approssimativamente) “se tutti gli altri dicono di aver ragione e affermano una verità diversa dalla mia, sono tranquillo: ho ragione io”.
Ne consegue che il dover ammettere di “averlo detto” – e dunque di aver avuto ragione – somiglia ad un harakiri sociale.
In più, questo: io credo di non far parte del gruppo – piuttosto numeroso – di coloro che pensano che il fine ultimo del creato sia di dar loro fastidio, di metterli in difficoltà, di spingerli a lottare e, al dunque, a costringerli a soccombere. Ebbene: l’appena trascorso settembre ha così talmente sottolineato il mio aver ragione da farmi pensare che l’intero creato l’avesse con me.
Che è una vera presunzione, non essendo io così importante da interessare in un modo o nell’altro il mondo che mi circonda, e neppure da immaginarmi tra i pochissimi ad aver ragione e ad utilizzare il buon senso, se non l’intelligenza.
Resta, però, che i fatti sembrano svolgersi in modo organizzato proprio per darmi ragione.

Il viaggio di Papa Francesco in America ha pieno diritto alla priorità tra gli eventi del mese trascorso. Non tanto e non solo perché protagonista ne è stato il Papa, tra le massime autorità e personalità di    questo nostro mondo, se non la massima in assoluto; e neppure per i primati stabiliti di durata e di livello degli incontri; e neanche per l’accoglienza ricevuta in tutti i Paesi visitati oppure per il messaggio di pace portato e ribadito ovunque, quanto piuttosto per la semplicità con la quale ha parlato, esponendo in modo assolutamente chiaro e comprensibile quei principi e quei fatti concreti che dovrebbero guidare le azioni di tutti gli esseri umani in ogni tempo e sotto ogni cielo. In qualche modo si potrebbe sostenere che ha “recitato” i punti salienti di quella splendida enciclica della casa comune che è Laudato si’.
Ascoltando tutti i suoi discorsi, mi sono reso conto che Papa Francesco ha il senso dei corretti rapporti tra individuo e società. Meglio, tra individui e umanità nel suo insieme. Se fossi un politico, cercherei di sostenere che il Pontefice si è ispirato alle mie parole ed ai miei scritti. Ma dal momento che so perfettamente come egli nulla sappia di me e del mio lavoro, non posso che prendere atto con soddisfazione della coincidenza e trarne incoraggiamento a continuare.
Di più: il Papa avverte con chiarezza estrema i difetti e i limiti del sistema economico in atto, fatto di prepotenze, di ingiustizie, di assenza di etica e di morale, di continui tentativi di violare quelle norme giuridiche che in qualche modo ostacolano l’azione “economica” di privilegio del capitale e di massimizzazione del profitto a qualsiasi costo. È stato, questo, anche il senso del mio insegnamento in Università (cosa abbastanza semplice) ma soprattutto in ogni corso di formazione aziendale ai quali ho avuto occasione di partecipare. Soprattutto quando si è toccato (e svolto) il tema della funzione sociale dell’impresa. Ed è anche il senso della mia revisione del concetto stesso di marketing, così caro agli stenterelli che in Italia tentano di allinearsi ai dettami statunitensi, in genere dopo aver letto qualche pagina di quel Kotler di cui hanno fatto un santone.
E ancora: il Papa ha sottolineato l’importanza dell’attenzione ai più piccoli, ai più poveri, ai meno fortunati: una specificazione autorevolissima di quella “attenzione alle piccole cose” che ho sempre cercato di istillare nei miei studenti e di propagandare nei miei scritti.
A coronamento dei suoi discorsi, Papa Francesco ha detto qualcosa che, mi pare, non abbia ricevuto l’attenzione e l’approfondimento che merita, e che cito a memoria: i principi, la teoria, non servono se non c’è chi opera per metterli in pratica. Che non vuol dire – credo – che la pratica è sovrana e la teoria inutile o quasi, bensì che la teoria va elaborata e la pratica attuata alla luce dell’obiettivo finale: la vita dell’intero genere umano, della quale il preservare il creato è a un tempo “causa” e “condizione”.

Spero che quanto Papa Francesco ha comunicato con l’estrema chiarezza e semplicità che distinguono le Sue azioni non sia sottovalutato: l’Italia è uno strano Paese nel quale chi non parla o non scrive in modo criptico, astruso, incomprensibile non è degno di attenzione. Vedasi la produzione dei docenti universitari e quella di più d’uno dei giornalisti.

Il problema economico ha una sola possibile soluzione: modificare il sistema alle radici. È una delle cose che sostengo da sempre e della quale cerco di convincere tutti coloro ai quali riesco a parlare. Con nessun risultato, peraltro.
E ciò non ostante i segnali del degrado, dell’agonia, della morte imminente del sistema economico che abbiamo costruito, del quale ci serviamo, nel quale viviamo, in vista del quale ordiniamo la Politica e le politiche siano sempre più numerosi e sempre più evidenti.
Ed è probabile che a quei segnali che vengono letti come una “ripresa” economica del nostro Paese debba darsi una interpretazione drammatica, poiché se quella che chiamiamo economia riguadagna le strade fin qui seguite, significa che nulla faremo per modificarla. E la prossima crisi ci verrà incontro in tempi brevissimi e avrà caratteristiche di una gravità estrema, e ci coglierà ancora una volta impreparati.
E i nostri Politici vantano segnali concreti di ripresa: da essi hanno dedicato la gran parte di agosto e di settembre, vantandoli come successi in più di un caso eccezionali.

La Volkswagen ha conquistato un altro primato. Oltre ad essere, (con Toyota, mi pare), la maggior fabbrica di automobili del mondo, è riuscita ad essere la prima a guadagnarsi una (ancora solo probabile) multa da diciotto miliardi di dollari, a sua volta – la multa – senza precedenti. Undici milioni di autoveicoli pare circolino grazie ad un software truccato per farla in barba alle leggi che regolano l’immissione di inquinanti nell’aria. L’ormai ex amministratore delegato sembra abbia affermato di non avere nessuna responsabilità nella truffa, di non saperne assolutamente nulla, e di chiedere scusa per l’accaduto. Che non è male.
È giusto e bello che l’AD di un gruppo di quella importanza ignori ciò che accade: è in linea perfetta con i principi della gestione d’impresa (e forse non solo) in tutto il mondo Non per niente nella gerarchia aziendale le conoscenze dei fenomeni diminuiscono con l’avanzare verso il vertice della piramide, secondo il principio della delega dei compiti e delle responsabilità. Più si sale, più si delega e dunque più in generale si conoscono le questioni. Ed è chiaro che il massimo esponente di quella gerarchia non possa sapere, guidare e controllare nei dettagli tutto ciò che accade.
Anche per una ragione: se le responsabilità e le conoscenze dovessero aumentare con la carica ricoperta, solo autentici masochisti si dannerebbero l’anima pur di percorrere la scala fino al vertice. Ma siccome c’è chi lo fa, e vende l’anima e la dignità per la carriera, una ragione dovrà pur esserci.
E c‘è ed è validissima: le retribuzioni tendono ad aumentare in maniera esponenziale e le liquidazioni a raggiungere livelli stratosferici, in proporzione diretta al livello di “incompetenza” duramente guadagnato, non necessariamente in azienda.
Il colpo inferto all’immagine della Germania è certamente durissimo, ma alla fine sul mercato non accadrà più che tanto. Chi si attende un crollo delle vendite è un illuso. Forse un calo nell’immediato, ma le vetture continueranno ad essere vendute ed acquistate, e la Volkswagen ed i suoi marchi rimarranno sulla cresta dell’onda.
Per due ragioni, fondamentalmente. La prima, perché quel tipo di truffa sarà considerato un infortunio insito in un comportamento “normale” e generalizzato in un mercato vasto e competitivo che fa parte integrante del sistema economico vigente; la seconda, perché negli acquirenti è del tutto assente quella coscienza ecologica che dovrebbe guidare tutte le azioni di noi esseri umani.
Domina, invece, l’egoismo degli interessi personali, e l’interesse di chi acquista un veicolo a tutto si avvicina, meno che a quelli della comunità e dell’ambiente.
Che è, questo “perseguire esclusivamente l’interesse individuale”, il principio basilare della nostra economia e il valore fondante sul quale si basa ogni insegnamento economico.
Nota a margine: non sembra sia stato neppure accennato alla possibilità di trattenere la liquidazione milionaria e l’altrettanto milionaria pensione a titolo di parziale risarcimento dei danni apportati all’impresa e, soprattutto, al Paese. E con una certa fatica, mi pare, si sta vagliando la possibilità di denunziare per frode, raggiro o simili reati l’AD ed i suoi complici. E una ragione c’è, precisa e inconfutabile: il sistema ha deciso – praticamente da sempre – che l’economia prescinde dall’etica, dalla morale e dal diritto.
Amen.

Ottantacinque milioni gli emendamenti (forse ridotti ad appena settanta milioni) presentati in occasione della discussione in Parlamento della legge che dovrebbe modificare la natura stessa del Senato, oltre al sistema di scelta dei Senatori. Il promotore ha fatto esplicito riferimento all’uso di algoritmi che sembra siano in grado di dar vita ad una serie infinita di “distinguo”. E dal momento che ogni emendamento andrebbe approfondito nel merito, se ne dovrebbe discutere l’ammissibilità, andrebbe discusso in aula e poi votato, se ne sarebbe parlato tra un centinaio di anni se il Presidente del Senato non avesse sottolineato l’immoralità del comportamento dei presentatori, chiaramente mossi, sì, dal desiderio di bloccare i lavori ma, credo, anche e forse soprattutto da quello di far parlare di sé, consci che il popolo bue accoglie le voci ed i rumori, senza approfondimenti di sorta perché non in grado di esprimere valutazioni.
Ancora una volta, quello che sembra prevalere è l’interesse personale a far parlare di sé nel bene (mai) e nel male, purché se ne parli.
Comunque, il Presidente del Senato ha dichiarato irricevibile il delirante risultato dell’altrettanto delirante ricorso agli algoritmi.

Decine di migliaia i morti tra i migranti, ancora una volta, con questo in più: che una giornalista – forse anche per sottolineare la raggiunta parità tra i sessi – ha pensato bene di affermare la propria contrarietà all’accoglienza sgambettando e facendo cadere un padre con in braccio un bambino. In questo caso, però, pare che le autorità del Paese siano corse ai ripari, licenziando in tronco l’autrice del gesto. Forse per un senso di protezione della immagine, più che per ragioni morali o legali. Ma almeno una reazione “umana” sembra esserci stata.
Pare comunque continui la costruzione di “muri” e il frapporre gli ostacoli più diversi al movimento delle persone: dai cannoni ad acqua ai lacrimogeni al blocco dei collegamenti ferroviari e stradali all’arresto immediato e via dicendo. E c’è chi sostiene che la creatività è morta! Ad ogni modo, la sensazione è che coloro che possono permetterselo abbiano a disposizione taxi (forse solo privati) con i quali quanto meno avvicinarsi alla destinazione finale. A pagamento, naturalmente.
Il tutto, mentre l’Europa discute e proprio i Paesi dell’Est, quelli che dell’accoglienza da noi hanno fatto rifugio, si dimostrano i più intransigenti.
Il non volere o il non sapere prendere atto che il movimento di emigrazione è inarrestabile e va affrontato in modo totalmente diverso a me pare in qualche modo inspiegabile, a meno che non si prenda atto che la Politica è solo una fabbrica di pezze a colori e che l’Europa un falso assoluto.
Nel frattempo, la Francia ha impiegato i propri aerei per cercar di colpire l’ISIS (spinta teorica: colpire alla radice per eliminare o ridurre le cause della fuga verso l’Europa; motivo pratico ed immediato: legittima difesa e prevenzione) e in altri Paesi più di qualcuno predica l’uso delle armi contro i migranti.
Giustamente, in fondo. Usare le armi significa dare una mano ai fabbricanti e dunque aiutare l’economia del Paese che le usa, almeno.

In Catalogna hanno vinto i separatisti. Fatti loro: la Spagna è stata, è e rimane un grande Paese, e il distaccarsene, forse, non è la soluzione migliore. Non è detto che la Catalogna da sola diventi più ricca e potente, mentre è quasi certo che più ricchi e forse anche più potenti divengano a Spagna unita i leader dei movimenti separatisti. I quali leader e relativi sodali scommettiamo che sarebbero pronti a recedere dalle loro posizioni se la separazione dovesse concretarsi?
C’è comunque qualcosa che mi dà da pensare.
L’Europa non riesce a raggiungere quella unità sopranazionale per la quale era stata concepita. I Paesi che la costituiscono sembrano animati da un solo obbiettivo: affermare meglio, con maggior vigore, i propri interessi, ovviamente a scapito di quelli degli altri.
In linea perfetta con i principi di una economia che la racconta su sul fare profitto e incrementarlo e che fa della difesa dei privilegi raggiunti sfruttando e immiserendo gli altri un obbiettivo prioritario.
Un vecchissimo adagio recita “chi fa da sé fa per tre”, e alcune Regioni sembra ne facciano un principio di fede, e dunque pensano di “fare da sé”, anche a costo di demolire l’unità comunque raggiunta.
Premesso che almeno da noi pare assodato che le Regioni che godono di maggiore autonomia e beneficiano di uno statuto speciale siano quelle a maggior rischio, mi chiedo: una volta ottenuta la separazione dalla Spagna, la Catalogna diverrà Stato e dunque sovrana? E come tale, sarà libera di aderire all’Europa? E l’Europa, potrebbe non accettare l’adesione dei nuovi Stati? Oppure, potrebbe accettarla imponendo condizioni e limitazioni all’esercizio della sovranità?
È possibile immaginare che se il coordinare l’azione di una trentina di Stati è difficile, se non impossibile, più facile e quindi meno impossibile potrebbe essere il “governare” qualche centinaia di milioni di individui non più organizzati in Stati sovrani?

Allora, non è pensabile che la secessione di tutte o parte delle regioni potrebbe portare alla lunga ad una rafforzamento dell’Europa nel suo insieme? L’iter potrebbe essere questo: gli Stati si frantumano in Regioni Autonome, sostanzialmente in Stati più piccoli e (forse) meglio governabili. Ma questi Stati più piccoli si frantumano in Province o simili a loro volta dotate di autonomia, e queste in Comuni e questi in quartieri. Fino al traguardo degli individui non organizzati.
Che sarebbe il trionfo dell’individualismo, dell’anarchia, della insicurezza. E dunque della “necessità” di organizzarsi o di “essere organizzati” da qualcuno più forte.