Editoriale: Nella botte piccola c’è il vino buono. Ma chi l’ha detto?

di Paolo Maria di Stefano -

Febbraio: la botte piccola dell’anno, il vino della quale non pare, però, particolarmente buono. E, forse, è destinato a peggiorare con l’invecchiamento.

Roma assaltata, e piazza di Spagna in particolare sfregiata da una banda di huligans ubriachi, violenti e chiaramente in preda ad una crisi di imbecillità (forse innata) mista ad arroganza. Come nel caso di quel giovane olandese abbiente e di buona famiglia che pare abbia pagato cinquantamila euro senza batter ciglio, ma soprattutto senza dimostrare alcun pentimento per le azioni compiute. Il principio informatore: con i soldi si aggiusta tutto. Che non è solo cultura olandese, evidentemente, ma che in questo caso è balzata in primo piano ad opera di un appartenente ad uno Stato la cui immagine è sempre stata positiva, e di un popolo laborioso e serio, il quale proprio per questo dovrebbe punire con la massima severità chi ne sporca l’immagine.
Perché di permanente non restano solo i danni alla Barcaccia, ma anche quelli all’immagine.
E non solo degli olandesi, ma dei tifosi tutti.
Le centinaia di imbecilli violenti erano a Roma per un incontro di calcio, e dunque questo ne esce malissimo ancora una volta: le partite tendono a divenire un’occasione per dare sfogo alla violenza, alla aggressività, agli istinti peggiori dell’uomo-bestia.
Che non è cosa nuova e dunque poteva esser prevista.
Non solo, ma proprio perché prevedibile “in causa” avrebbe dovuto a mio parere essere immediatamente punita con l’annullamento dell’incontro, l’arresto dei colpevoli (quelli individuati e catturati), e l’immediata condanna da scontare nelle nostre carceri. Per intero e senza sconti, ivi compreso il pagamento della cauzione.
Poi, la condanna al risarcimento dei danni. Non solo di quelli arrecati al monumento (difficilmente valutabili), ma anche a quelli derivanti dai costi della “restitutio in pristinum” dei luoghi e dalla chiusura obbligata (per ragioni di sicurezza) dei negozi e degli altri esercizi pubblici.

Abbiamo comunque dimostrato di fare molta fatica a prevenire, a respingere ed a punire la violenza. A partire da quella – in fondo, in qualche modo trascurabile – degli scafisti che riescono a riconquistare il gommone catturato dai soccorritori .
Tutto questo a me sembra ancor più grave in un momento come quello che stiamo attraversando. Se non siamo capaci di vincere una battaglia con tifosi maleducati ed imbecilli, come speriamo di poter resistere alla minaccia dell’Isis? Lo Stato Islamico annunzia di essere a Roma, ormai. E la minaccia non è da sottovalutare, anche perché pare sia già in Libia, e dunque a distanza “fisica” pressoché ridicola, e per di più in possesso di un arsenale non trascurabile abbandonato da Gheddafi e in precario possesso delle tribù che si combattono sul territorio di quello che bene o male era uno Stato neppure tanto male organizzato e gestito e che ora è solo un luogo di scontri.
Con questo (anche) in comune con l’Isis: la mancanza di referenti con i quali cercare la costruzione di un argine alla violenza cieca.
In più, l’Isis dimostra di non aver nessun principio morale, nessun rispetto per la vita umana, nessuna remora nel far ricorso ai mezzi più biecamente subdoli e crudeli, pur di vincere.
Che mi pare sia l’unico credo certo del sedicente stato islamico: la guerra non ammette infingimenti e compromessi. La guerra si fa per vincere, e per vincere tutti i mezzi sono buoni, senza esclusione di colpi.
La posta in gioco è il potere e, con questo, la ricchezza.
Posso concludere “nulla di nuovo sotto il sole”?
Neppure i roghi con l’accusa di stregoneria.
Che sarebbe risibile, se non fosse tragico.
Certo è che i terroristi (da un lato, forse) e l’Isis (dall’altro, ancora forse) hanno portato la storia dell’umanità indietro di qualche centinaia di anni.

Come accade per quell’esodo biblico che investe il nostro Paese e che vede centinaia di migliaia di esseri umani cercare un approdo, rischiando per questo la vita. Il Mediterraneo si sta saturando di cadaveri, e su entrambe le sponde c’è chi su tutto questo si arricchisce. E l’esodo è pensabile possa essere anche un mezzo per far giungere in Italia e in Europa terroristi e combattenti dello stato islamico.
“Siamo quasi al sicuro – sembra sia stato affermato – noi a tutti i profughi prendiamo le impronte digitali e chiediamo le generalità”.
Contenti loro…
Da parte mia, continuo a credere che se organizzassimo il viaggio dei profughi (come più volte suggerito come ipotesi di lavoro per un esame appena un po’ approfondito), sapremmo fin dall’inizio chi, perché, quando e con quale destinazione finale lascia il proprio Paese per cercar rifugio e lavoro. E potremmo non solo pianificare meglio l’accoglienza e il soggiorno, ma anche spendere molto meno e guadagnare in sicurezza.
Oltre che infliggere un colpo forse mortale alle mafie attive nel settore.
Dice: ma i terroristi e i militanti dell’Isis riuscirebbero comunque a mimetizzarsi e ad approdare… Certo che sì, ma almeno avremmo fatto qualcosa e forse avremmo posto un limite ai rischi.
Sempre che si lavori seriamente, e dunque anche non ignorando che le mafie interessate – e l’Isis – certamente cercherebbero di correre ai ripari.
Certo appare come la collaborazione dell’Europa sia quasi assente e comunque indecisa e soprattutto non pianificata. Che è senza dubbio una delle dimostrazioni che per parlare di Stati Uniti d’Europa troppo mare è da attraversare!
Ma anche qui una ragione c’è, ed è semplice: l’Europa è assente e comunque indecisa per la ragione che assente e comunque indecisa è la sua stessa esistenza. Quella “culturale”, intendo, che pare scontrarsi contro il muro delle “sovranità” espressioni di quegli interessi di parte che occorrerebbe rivedere alla luce di interessi da riferirsi a gruppi e strutture più ampie – e per questo diverse – dei singoli Stati.

Il Presidente del Consiglio è un uomo fortunato, come lo sono tutti coloro ai quali si presentano delle opportunità. A metà Febbraio, in particolare la possibilità di dimostrare la serietà e la coerenza più volte vantate: sarebbe bastato non accogliere quei “transfughi con poltrona” particolarmente efficienti nell’arte del mimetismo e dell’inerzia e dell’opportunismo, qualità delle quali qualcuno di loro ha dato più di una prova in quella “vita civile” che avrebbe dovuto prepararlo alla “salita in politica”.
Il correre ad occupare un posto sul carro del vincitore è abitudine generalizzata quanto inveterata, soprattutto in politica, ma non solo. E sempre, senza eccezione alcuna, ha dimostrato e dimostra la prevalenza accordata agli interessi personali, proprio quelli che in Politica dovrebbero esser dimenticati. È possibile che in quest’ultimo (per ora) episodio non si sia trattato di compravendita, ed anche è pensabile che il Presidente del Consiglio sia stato preso alla sprovvista, ma una cosa è certa: gli otto/nove “viaggiatori” se qualcosa di positivo hanno fatto lo hanno realizzato inconsciamente a favore di Scelta Civica, liberando il nebbioso partito da presenze inutili quanto ingombranti.
E dal momento che gli incarichi di Governo affidati ad alcuni di loro non lo sono stati per riconosciuta e dimostrata capacità politica e gestionale, bensì soltanto per assicurarsi un appoggio, io credo che il PD non avrebbe nulla da perdere se, in nome della coerenza e della onestà politica e delle capacità, rifiutasse di far loro posto, magari a costo di un rimpasto di Governo, con ciò dimostrando di saper cogliere le occasioni nell’interesse dello Stato e della Politica, oltre che del partito. È ben vero che gli interessi personali sono e rimangono la vera “causa” che induce più di qualcuno a “fare Politica”, ma a me sembra anche vero che proprio per questo un qualsiasi professionista della Politica dovrebbe prestare la massima attenzione a chi imbarca nel carro che guida: dovrebbe sapere che si tratta di una semplice tappa nell’attesa dell’avvistamento di un prossimo vincitore. E se dovessi fare una previsione, credo che qualcuno degli emigrati da Scelta Civica non tarderà ad offrirsi a quella destra più o meno collegata al centro che, proprio per ragioni di bottega, sembra cercare di ricompattarsi. Non si è trattato, infatti, di un pensiero politico, sia pure ondivago e appena accennato: i transfughi sono stati animati soltanto dalla certezza che le ambizioni di cui sono portatori è possibile si realizzino se si sta dalla parte di chi detiene il potere, almeno quello sufficiente per chiedere di occupare qualche poltrona di prestigio, in Italia o in Europa.
È anche vero che “nihil sub sole novi”. La rottura (?) del patto del Nazareno sembra dovuto alla volontà di proteggere interessi personali meglio di quanto non si sia riuscito a fare fino ad ora. E allora, dinanzi al rischio che un giovane Presidente del Consiglio faccia una questione di principio del non scendere a compromessi più che tanto, meglio mettersi in stand-by: gli eventi avranno una evoluzione e non è detto che ai transfughi non venga fatta un’offerta, più probabile se non si tratta di gente dalla collocazione politica certa.
L’unica cosa sicura, a me sembra essere la dimostrazione della inaffidabilità di soggetti che, in parte parvenus della Politica, hanno contribuito al “non fare” o al “fare troppo poco pur parlando molto” di cui l’attuale Governo è accusato.

Ecco, allora, anche un’occasione per Scelta Civica: chiedere che le poltrone a suo tempo assegnate siano ricoperte da personaggi che godano (almeno) la fiducia del Partito.
E dunque, operare per un rimpasto che avrebbe, tra l’altro, il vantaggio di rafforzare il Governo nella immagine degli elettori. E le dimissioni da tutti gli incarichi rimasti agli iscritti potrebbe essere la mossa giusta. Scelta Civica ha la possibilità, muovendosi intelligentemente e in fretta, di lanciare sul “mercato della Politica” tutta una serie di proposte che, se ben formulate e comunicate, potrebbero da un lato spiazzare i nostri “politici d’abitudine e mestiere e d’opportunismo”; dall’altro, richiamare l’attenzione anche operativa di quel “popolo sovrano” che continua a subire le chiacchiere dei politici vecchia maniera, da nessuno e in nessun modo sostituiti.
Salvo per un aspetto: la “vendita” di una asserita capacità di “fare in fretta”.
E forse è fin troppo facile. Scelta Civica potrebbe farsi paladina di un metodo di pianificazione di gestione della produzione e dello scambio dei prodotti della Politica; e del cambiamento “vero” della materia elettorale, sottoponendo pianificazioni di gestione e non parole al giudizio del popolo degli elettori; e della scelta corretta dei “responsabili di gestione” dello Stato e del modo “reale” di valutazione del loro operato; e di una pianificazione di gestione degli scambi relativi a quella forma di marketing finanziario che è il fisco; e di una pianificazione di gestione della “formazione e della cultura” in questo disgraziato Paese; e di un piano di gestione affidabile per il turismo; e un altro par l’agricoltura… Che significa anche: Scelta Civica ha un’occasione per richiamare l’attenzione del “popolo sovrano” sulla Economia, il cui reale problema non è il continuare a crescere così com’ era, bensì il “come rinnovarsi e cambiare” in vista di una migliore e più equa e più giusta soddisfazione dei bisogni di tutti.
E tutto questo mentre il PD si dimostra tutto men che granitico; i 5Stelle continuano a non elaborare la benché minima proposta; la Lega propugna separatismi, egoismi, razzismi di tutti i tipi e nessuna vera alternativa in economia; Forza Italia, sia pure con qualche singulto, appare sempre di più inchinata agli interessi di un padre-padrone ormai in gran parte obsoleto. Gli altri…

La Presidente della Camera sembra paventare una deriva autoritaria, e dunque una minaccia grave – a suo dire – per la nostra democrazia. Su questo argomento torneremo in “cattedra” per svolgere insieme alcune considerazioni che, pur essendo essenziali per la Politica, sembrano non aver audience tra i politici. In questa sede, mi pare importante notare come la Presidente abbia parlato di Governo che non terrebbe nella debita considerazione il parere delle Commissioni, peraltro non vincolante, così umiliando il Parlamento. La svolta autoritaria consisterebbe – dunque – in buona sostanza nel fatto che il Governo si assume le proprie responsabilità decidendo il da farsi, e perseguendo gli obbiettivi proposti. Ho ascoltato le parole della Presidente della Camera, e penso che ancora una volta ci si trovi di fronte ad un tentativo di strumentalizzazione, attribuendo alle parole della terza carica dello Stato un significato che non hanno. E dunque anche ipotizzando un aperto contrasto con il Presidente del Consiglio.
Antico vezzo dei nostri politici, questo di andare oltre le intenzioni di chi esprime opinioni proprie, piegandone il significato ai propri interessi.

Il Presidente della Repubblica si è recato in treno e in tram a Scandicci. Sono ovviamente stupito ed ammirato, e spero vivamente che si stia profilando un modo diverso di servire lo Stato e i cittadini e di svolgere il ruolo di competenza.
Ho solo una perplessità: ministri, alti (ed anche bassi) dirigenti e funzionari pubblici, rettori delle Università statali, Presidenti e amministratori di enti inutili, e chi più ne ha più ne metta, continuano imperterriti ad utilizzare al massimo grado ogni e qualsiasi simbolo di status, e questo fanno non soltanto a loro maggior gloria, quanto – così i più colti si giustificano – per soddisfare quel bisogno del popolo a bearsi nel guardare gli abiti del potere. Il brutto è che qualcosa di vero c’è: abiti da cerimonia, paramenti, divise servono anche per tranquillizzare il popolo circa il prestigio e l’imponenza dei potenti che lo rappresentano in patria e fuori. In una Università nella quale – si diceva – mancavano i fondi per l’acquisto di PC per gli studenti, l’auto blu del Rettore (in panne – l’auto, non so il rettore, ma…) fu cambiata con una vettura nuova, di marca straniera, lussuosa o, come sul dirsi, di alta rappresentanza. Indispensabile. Vuoi vedere che presto qualcuno criticherà il nostro Presidente per scarsa attenzione ai bisogni di “rappresentanza” avvertiti da un popolo il quale, tra l’altro, scivola sempre di più verso l’indigenza?

Poi, a Febbraio, ecco di nuovo la questione della responsabilità civile dei giudici. Di vitale importanza. Il problema a me sembra essere che a tutto si pensa, meno che a far sì che le leggi che i giudici sono chiamati ad applicare siano talmente chiare da ridurre al minimo le possibilità di interpretazione. E questa, l’interpretazione, in gran parte alla base degli errori che i giudici sono o saranno chiamati a pagare. Certo, non si tratta del solo problema, ma credo sia indubitabile che ogniqualvolta la norma sia interpretabile in modi diversi le possibilità di errore si moltiplichino. E se la legge mi dà la facoltà e la possibilità di scegliere uno dei suoi possibili significati, perché il risultato mi deve essere rivoltato contro? Se io giudice non ho operato con dolo o colpa grave, e dunque non ho interpretato la legge in modo tale da “creare ingiustizia e pregiudizio” più o meno volutamente, qualcuno sa dirmi perché la mia attività di “interprete” – che è tipica della funzione che mi è stata affidata – mi si deve rivolgere contro? E non è possibile e lecito, opportuno e giusto che io, giudice e quindi interprete, per evitare di correre i rischi relativi alla ricerca di significati nascosti, mi limiti alla lettera della norma oppure – o anche – mi prende tempi di studio e di analisi che possono essere lunghissimi?
E siamo di nuovo alla dimostrata incapacità del legislatore di esprimersi con quella chiarezza che sarebbe opportuna, oltre che necessaria.

E siamo di nuovo a quella svolta autoritaria che il Presidente del Consiglio in qualche modo è accusato di perseguire, e sulla quale faremo insieme qualche considerazione in “cattedra”, che non è pagina di insegnamento ma luogo di pensiero e discussione.