Editoriale: I grilli parlanti, ieri poesia d’estate oggi dramma

di Paolo Maria di Stefano -

La lunga notte dei grilli parlanti è iniziata per tempo: a metà giugno (giorno più giorno meno), e con la chiara intenzione di raggiungere almeno il settembre inoltrato. Non tanto e non solo per richiamare l’attenzione della femmina, quanto soprattutto per dare sfogo alla passione per l’insegnamento che distingue il grillo da tutti gli altri insetti. Senza eccezioni, pare.
E quale occasione migliore delle avvenute elezioni amministrative per rivolgersi all’inclito, al colto ed al popolo tutto, toccando così le corde sensibili di tutte le anime, anche di quelle che non vogliono sentire, forse perché stanche di sentirsi ripetere sempre la stessa “tiulla”, versione ormai solo dialettale e probabilmente in stato preagonico di “tormentone”, lemma di maggior fortuna ai nostri giorni?
Nessuno si è lasciato sfuggire l’occasione per dire la sua e nessuno se la lascerà scappare almeno per tutta l’estate. Era Terenzio, nel suo Formione, ad affermare “quot homines tot sententiae”? O si trattava di Cicerone? O di entrambi? E forse, anche altri prima e dopo di loro hanno avuto occasione di affermare la stessa cosa, che è una verità che afferma che ognuno ha una sua propria idea.
Un piccolo problema – grande spunto di meditazione – è costituito a mio parere dal legame tra questo, che è vecchio adagio, e l’esercizio della libertà, per cui l’interpretazione generale è che ogni individuo ha il diritto non soltanto di averla, una sua idea, ma soprattutto di esprimerla prima ancora di averne preso coscienza o addirittura anche senza averne coscienza. Pare si tratti di uno dei diritti che concretano la libertà, diritto personalissimo, non irrinunciabile ma insopprimibile.
Ed ecco il dilagar del frinire dei grilli parlanti, uno tsunami in confronto al quale quelli provocati dal sommovimento della terra sono uno scherzo o poco più.
Ascoltare e analizzare il frinire incessante sarebbe comunque istruttivo, quando se ne potessero identificare i temi, anche in via approssimativa. Purtroppo, la gran parte di essi va perduta, ma credo si possa in qualche modo semplificare le cose ricordando che i grilli parlanti ripetono all’infinito le proprie personali ragioni ponendole ad obiettivi della comunità e per questo “vendendole” come degne di attenzione.
E si tratta di argomenti sempre eguali, probabilmente dalla notte dei tempi, tutti diretti ad affermare che i risultati sono quelli che sono, ma che per il bene della città e dei suoi abitanti è necessario distinguere e scoprire che in fondo i cittadini hanno espresso una volontà chiara, quanto meno a ciascuno di loro, punitiva o premiante a seconda dei punti di vista.
Così i grilli parlanti hanno scoperto che la destra – organizzata o meno – ha ampiamente vinto sulla sinistra, a sua volta più o meno disorganizzata (ben più che meno) e dunque è stata indicata la strada che verrà imboccata per le prossime politiche…

Il massimo del rumore par giungere da destra, anche per la ricomparsa in orchestra di rumoristi di classe e tradizione, assieme a solisti di nuova (si fa per dire) formazione, orecchianti e tardi imitatori, persuasi di essere in grado di farsi riconoscere come innovativi creatori e, soprattutto, leader in grado di guidare lo Stato. Perché ancora una volta, che si tratti di politica locale o di politica dello Stato, una cosa è certa: lo svolgimento del tema “Cosa Politica significa” con le varianti “Cosa significa Politica locale” e cosa “Politica dello Stato” è a malapena accennato, subito perduto nel gran pieno di rumori che l’orchestra acefala produce. Che è abitudine, io credo, non solo italiana: basta accennare a chiedere la definizione di un qualsiasi argomento, soprattutto di rilevanza generale, che subito si dichiara ovvia una definizione mai detta e si procede con immediatezza ai distinguo di rito. Così avviene per la libertà, per esempio, e per l’etica, e per l’economia e la politica.
E questo conferma l’abitudine a dare per scontato – ormai- quasi tutto ed a costruire su ciò che è scontato, salvo poi a stupirci che le cose non si svolgano come ci si aspetta.
Non potrebbe, l’estate ormai più che presente, invitare a costringere i sindaci ed i loro sostenitori a ragionare (almeno) su quale sia la funzione del Sindaco? E dato per scontato – perché così sarebbe, comunque – che il Sindaco debba amministrare la città, perché non assicurarsi che almeno i diretti interessati alla funzione sappiano cosa nella realtà significhi “amministrare”?
Che non è “un’altra storia”. Forse, se i sindaci avessero conoscenza dei contenuti della “Professione” di amministratore di una città…
Io propongo di fare un pensiero su di una definizione che può sembrare astratta: amministrare una città significa gestire gli scambi che nella città e con la città avvengono, al fine di soddisfare i bisogni comuni.

Attenzione ai grilli silenti. Tacciono non perché assenti o defunti, ma perché in attesa dell’evolversi degli eventi, pronti a risorgere al momento giusto ed a proporsi come salvatori della Patria.
Che per gli italiani sembra la soluzione migliore perché tradizionale: riconoscere l’uomo del destino, cui affidare le proprie sorti ma, soprattutto, al quale far svolgere la missione di capro espiatorio.

Pare che il Governo abbia salvato le Banche Venete, con questo completando il ciclo iniziato con il salvataggio di MPS. A me resta un dubbio di fondo: se la nostra è una economia liberale e se il sistema che ad essa si ispira è tale da consentire a chiunque di divenire imprenditore e di rischiare l’eventuale fallimento se incapace, per quale ragione le banche gestite talmente male da essere giunte sull’orlo della bancarotta non solo devono essere salvate, ma a farlo deve essere lo Stato, anche se si tratta di banche private? Vuol forse significare che il modo di fare impresa senza rischi – che è contraddizione in termini – sia quello di aprire una banca? E per quale ragione i responsabili di quella sciagurata gestione non sono chiamati e costretti a pagare in proprio per l’incompetenza o la disonestà o entrambe le cose di cui si sono resi responsabili? Vuol forse significare che l’impiego in banca è divenuto talmente sicuro che nessuno è chiamato a rispondere del malfatto e che dunque è il massimo della sicurezza del lavoro, ad ogni livello? Cosa, questa, peraltro smentita dai fatti, anche perché si è sentito e si sente ancora parlare di licenziamenti per i bancari, ma soltanto per quelli dei gradini più bassi. Da funzionario compreso in poi, la sicurezza è assoluta. O no?

Lo jus soli deve aver risentito da più di un punto di vista del caldo anomalo di giugno. O, se si preferisce, di quell’altra abitudine dei così detti Politici di affrontare i “grandi temi” quali diversivo delle discussioni sulle questioni irrisolte. Come quasi tutti i problemi giuridici e di interpretazione delle norme italiane, la cosa è divenuta quasi irrisolvibile, tali e tanti sono i cavilli presentati dai legislatori e la strumentazione che da più parti si fa di un argomento, lo jus soli, appunto, in realtà molto meno complesso di quanto possa non apparire. Eppure…
Sembra che da noi il calo delle nascite – e dunque l’arrivo di nuovi cittadini – sia un problema di gravità estrema, al quale si deve il calo della popolazione, a sua volta un problema di vita o di morte. Riconoscere a chi è nato in territorio italiano (e dunque anche a chi nasce in aereo o in nave battente bandiera italiana) la cittadinanza italiana potrebbe almeno alleviare, se non risolvere, una parte delle nostre ansie.
Sembra anche che il continuo flusso di migranti crei, tra gli altri, il problema di minori non accompagnati. Il riconoscere loro il diritto alla acquisizione della cittadinanza certamente contribuirebbe a risolvere anche questo aspetto, fosse anche soltanto per la semplificazione di norme e di burocrazia che ne conseguirebbe.
E via dicendo.
Soprattutto, a mio avviso potrebbe aver soluzione il problema morale che, per la verità, non sembra toccarci più che tanto, e che, quando lo si avverte, vien subito messo da parte in nome dei diritti di chi cittadino lo è già, i quali sarebbero lesi dall’impegno di risorse richieste. Che è argomento tipico e costante a sostegno di tutti gli egoismi più biechi.