Editoriale: Febbraio, il Governo ha consegnato l’Italia alla storia

di Paolo M. Di Stefano -

L’Italia è nella storia! E sì, perché finalmente sembra che la legge nota come Cirinnà sia stata praticamente approvata, con questo innovando profondamente una congerie legislativa confusionaria, primitiva, in gran parte sbagliata, senza tradizioni, almeno per quanto concerne la famiglia e la sua struttura. E dunque, il legislatore è e non può non essere degno di ammirazione, non fosse altro che per lo sforzo creativo compiuto partendo dal nulla assoluto e dal caos più buio.
Anche noi italiani disponiamo finalmente di una legge sulle unioni civili, grazie a questo febbraio bisesto che, lungi dal confermare l’anno come funesto, ha lasciato che la creatività e il genio italiano brillassero nei cieli della civiltà.

Che paura, però. Anzi: quali paure! Ancora ci attanaglia il terrore che le unioni civili provochino la distruzione del matrimonio e quindi, come molti hanno sostenuto, della famiglia; e che le unioni gay, se non regolamentate, possano perpetuare una ingiusta discriminazione e sancire una intollerabile limitazione alla libertà ed ai diritti delle persone. E sono stati chiamati in causa la Chiesa e lo Stato, la cultura e l’incultura, l’oscurantismo più bieco e la visione ampia e liberale, il destino dei figli e quello dei compagni e delle compagne…
Soprattutto, si è strillato a più non posso, anche col risultato di non poter utilizzare – magari soltanto a scopo ornamentale – coccarde multicolori senza essere immediatamente classificati.
E quelli di noi che hanno sollevato il dubbio che tutto o quasi fosse già stato regolamentato da tempo e che disponevamo di tradizioni assolutamente affidabili sono stati guardati come oggetti misteriosi, probabilmente anche pericolosi, certamente retrivi e portati alla discriminazione sessuale.

Ci si è scatenati sulla coincidenza dei concetti di “famiglia” e “matrimonio”, dimenticando quanto meno:

  • che la famiglia nella nostra tradizione latina (ma non solo) da sempre è stata la base della società, dello Stato e delle istituzioni intermedie, e che ha sempre compreso soggetti legati tra di loro da rapporti di cognazione, di agnazione, di clientela, di prestazione d’opera e tutto ciò almeno fino a quando non è iniziato un progressivo restringimento per ragioni diverse, non escluse quelle religiose;
  • che il matrimonio non era che uno dei modi, delle formalità con le quali si entrava a far parte di una famiglia oppure se ne costituiva una ex novo, e che, quindi, tra i due concetti esisteva un rapporto di mezzo o modo (il matrimonio) a risultato (formazione o ingresso in una famiglia);
  • che il rapporto tra coniugi ha sempre previsto nozze formalmente celebrate di stampo sia religioso che civile, da un lato, e la pura e semplice convivenza, dall’altro;
  • che la società ha sempre riconosciuto la prevalenza alle unioni tra sessi diversi in vista della necessità di generare quella prole che avrebbe potuto assicurare il perpetuarsi della famiglia e della specie;
  • che la società si è sempre occupata della priorità dell’educazione della prole secondo “natura”;
  • che la società ha sempre considerato “naturale” il rapporto tra maschi e femmine, mentre i rapporti omosessuali hanno sempre occupato un posto diverso proprio per la impossibilità di generare.

Estrema sintesi alla quale non possiamo in questa sede dedicare spazio ulteriore se non per semplici annotazioni puramente esplicative, rimandando coloro che siano eventualmente interessati alla sterminata letteratura in materia, a partire – se proprio non si può o non si vuole risalire ancora – da un qualsiasi buon testo di diritto romano.

E le annotazioni di maggior rilievo sembrano essere le seguenti:

  1. I figli del genere umano nascono – come natura ha stabilito – da un rapporto eterosessuale, ed è bene che la natura sia rispettata anche nel processo di crescita fino alla maturità ed alla indipendenza. Dunque, i bambini ed i giovani almeno fino alla maturità sarebbe opportuno venissero educati da un padre uomo e da una madre donna. Ripeto: è normale che sia così: in questo modo certamente si limitano i rischi di “disturbi” di ogni tipo a livello individuale prima e a livello di comportamento sociale, poi;
  2. Per quei bambini per qualsiasi motivo privi di uno o di entrambi i genitori, si è sempre pensato che sarebbe bene fossero cresciuti ed educati in una struttura (famiglia o altra che sia) nella quale fossero chiari i ruoli derivanti dalla diversità dei sessi. Quando la famiglia aveva natura patriarcale, il bambino restava naturalmente “nella casa”, a contatto con la “normale” vita dei parenti i quali se ne occupavano in toto; quando proprio era necessario, anche per il modificarsi della ampiezza della famiglia e in pratica anche dei suoi compiti, il bambino orfano di entrambi i genitori poteva essere adottato da una famiglia diversa, sempre costituita da coniugi eterosessuali; se proprio non era possibile, e quando – come avveniva in alcune società – lo Stato riteneva che i figli dovessero comunque essere educati “dalla società”, almeno quelli carenti di genitori venivano affidati ad una struttura sociale, per esser formati ad essere buoni cittadini e, quando fosse giunto il momento, buoni genitori;
  3. Non si trovano tracce rilevanti di bambini affidati a coppie omosessuali, le quali peraltro avevano carattere “non naturale” e non di rado seguivano la sorte degli omosessuali singoli, esseri “difformi” e non di rado da perseguirsi e, nella migliore (per loro) delle situazioni, strumenti di piacere.

Da tutto quanto precede e dalle molte cose non dette, si può ritenere che le unioni non formalizzate tra eterosessuali fossero ampiamente tollerate, mentre le unioni tra omosessuali fossero più semplicemente ignorate e, quando di pubblico dominio, riprovate come contra naturam. La qual cosa non impediva agli imperatori che lo volessero ed ai ricchi patrizi di Roma di celebrare nozze omosessuali, assumendosi di volta in volta un ruolo attivo oppure un ruolo passivo. Sempre, però, si può pensare che almeno uno dei componenti la coppia fosse bisessuale, il che contribuiva a tenere distinte le due famiglie eventualmente costituite: quella nata da justae nuptiae in grado di propagare la specie; quelle omosessuali, puro strumento di piacere, innocue ai fini della procreazione nel senso che si trattava di cosa altra in un mondo diverso.

La questione delle adozioni da parte di coppie omosessuali è stata stralciata dalla legge Cirinnà, e forse sarà oggetto di normazione ad hoc. A quel momento, sarebbe bene che il legislatore ricordasse che:

  • ciò che conta è l’interesse del bambino, mentre nessuna rilevanza dovrebbe avere il desiderio della coppia o di uno dei due di “averne”, manifestazione di puro egoismo, sia pure in qualche modo “buono”.
    Escluso il ricorso all’utero in affitto, che la legge vieta e punisce, rimarrebbe l’adozione la quale, a sua volta, può avere per oggetto un bambino estraneo alla coppia, oppure un bambino figlio di uno dei componenti la coppia stessa.
    Per quanto concerne la prima ipotesi – adozione di uno dei tanti, troppi bambini in cerca di una famiglia – io credo che consentirne l’adozione da parte di una coppia omosessuale equivalga ad esporli ad un grave rischio di distorsione, probabilmente anche con l’effetto di renderli quanto meno indifferenti alla “missione” di procreare, oltre che all’altro sesso: in un certo senso, si potrebbe parlare di “omosessualità indotta”; per quanto concerne, invece, l’adozione del figlio del partner da parte di una coppia omosessuale, il ragionamento diviene, se possibile, più complesso.

Io credo che bisognerebbe sempre e comunque ricordare che:

  • se è stato generato – e lo è stato – questo è accaduto in seguito ad un rapporto naturale tra un uomo e una donna, al momento del concepimento eterosessuali, dotati di potentia coeundi e di potentia generandi, e dunque in seno ad una famiglia “normale”;
  • La scoperta della omosessualità da parte di uno o di entrambi i genitori si può tradurre
  1. nella fine della unione eterosessuale e nella costituzione di una unione omosessuale tra gli stessi partner, se la scoperta è di entrambi;
  2. oppure di due unioni omosessuali diverse, nelle quali entrambi hanno scelto un nuovo partner;
  3. oppure ancora di una o due unioni diverse, delle quali una omosessuale ed una, probabilmente, eterosessuale.

I figli della coppia la cui unione non esiste più come potrebbero essere sistemati?

  • Quando l’unione si modifica perché entrambi i coniugi hanno seguito le pulsioni omosessuali sopravvenute, ma rimangono insieme, i figli, credo, possano e debbano rimanere in famiglia, forse con qualche attenzioni in più da parte dei genitori;
  • Quando dalla disgregazione nascono due nuove unioni, entrambe omosessuali, io credo che ai figli debba essere data la possibilità di crescere e di essere educati in strutture dedicate, e di mantenere rapporti quanto più stretti possibile con quelli che erano i genitori, lontani dalle nuove unioni almeno fino al raggiungimento di una età che consenta la capacità di acquisire la consapevolezza necessaria a non turbare il proseguire della vita;
  • Quando accade che l’unione si traduca in due nuove unioni, una sola delle quali omosessuale, io credo che i figli debbano essere affidati al genitore eterosessuale ed alla eventuale sua nuova famiglia,

Tutto da approfondire, naturalmente e da rivedere, ma tutto basato sull’interesse e la protezione dei figli. E a questo proposito è forse da ricordare che quello che genericamente si indica come “interesse e protezione della gioventù” è a un tempo origine e portato dell’interesse della società umana alla tutela di sé e del mondo in cui vive, e dunque investe tutti i settori della vita e della attività degli esseri umani. Della materia le società (o, se si preferisce, la società) si occupano da sempre, spesso con risultati distorti, ma sempre in vista di una qualità della vita spesso soltanto immaginata, talvolta programmata, più raramente addirittura pianificata, ed al raggiungimento della quale tutte le istituzioni pubbliche e talune di quelle private sono o dovrebbero essere ordinate. Che è poi il compito primo della Politica e della esistenza stessa degli Stati.

Voto segreto e voto palese sono stati di nuovo oggetto di polemica, scoppiata proprio a proposito della legge sulle unioni civili. Io credo che il voto segreto dovrebbe essere cancellato. Si guadagnerebbe in chiarezza. Da tutti i punti di vista. Con l’occasione, qualcuno ha creduto opportuno rispolverare l’obsoleta questione della Chiesa che – udite…udite – osa fare politica! Come se le Chiese, tutte, non abbiano il diritto di pensare al benessere dei fedeli, i quali sono anche cittadini e, prima ancora, componenti di quel genere umano che tutti ci ricomprende.
La separazione tra Stato e Chiesa – tema di interesse infinito oggetto di “svolgimenti” a loro volta numerosissimi e spesso fantasiosi – mi pare possa ridursi ad una proposizione abbastanza semplice, in fondo: lo Stato, a differenza delle religioni, ha un suo proprio orizzonte limitato e terreno, e la sua funzione è di far sì che qui e al più presto ogni cittadino possa godere di pari libertà, di pari diritti, di qualità di vita migliore possibile: tutto controllabile nell’immediato a tutto in qualche modo certo; e tutto rivolto a persone diverse per una somma enorme di elementi, dal fisico all’intelligenza alle disponibilità finanziarie, agli obbiettivi individuali, alla fede in mondi extra sensoriali, a loro volta diversi; le Religioni hanno in più il compito di guidare gli uomini verso un aldilà in fondo solo sperato, non conosciuto se non per atto di fede e da guadagnarsi anche sacrificando tutto o parte degli interessi terreni. Ma questo compito è, appunto, in più, non fosse altro che perché la formazione religiosa è in grado di condizionare i comportamenti umani alla radice, strutturando bisogni e interessi e motivazioni e comportamenti, ordinandoli “anche” ad una diversa realtà, proprio partendo dalla gestione di questa.
Che concreta il massimo del “fare Politica”.

Migliaia di profughi continuano a sbarcare sulle nostre coste, ad ammassarsi ai confini anche di altri Paesi, a soffrire e morire, soprattutto i bambini. E gli Stati d’Europa costruiscono muri e barriere di filo spinato, sola idea di colti governanti e di politici di vaglia…
Me ne sono occupato tante di quelle volte da essere rimasto ormai senza parole.
Comunque, in Cattedra qualcosa sull’Europa che potrebbe esser d’aiuto anche nella soluzione di questi problemi.