DRONI E NUOVI SISTEMI DI DIFESA
di Massimo Iacopi -
Parallelamente all’intensificarsi della guerra dei droni ha luogo un altro scontro, più discreto ma non meno cruciale: quello dei sistemi di difesa contraerei. L’incremento di efficacia della lotta anti-drone (LAD) complica significativamente l’impiego dei velivoli senza pilota e potrebbe rimetterne in discussione l’efficacia sui diversi teatri d’operazioni.
I droni da combattimento si sono progressivamente imposti come strumenti capaci di rivoluzionare la tattica sul campo di battaglia. Questa crescita di potenza si è accelerata in occasione della guerra dell’Alto Karabakh, nel 2020, durante la quale il drone turco Bayraktar TB2 si è messo in evidenza nelle missioni di ricognizione e di attacchi di precisione, rivestendo un ruolo determinante nel successo dell’Azerbaigian.
Passando per Siria, Gaza, ma soprattutto Ucraina, questi vettori senza piloti, principalmente aerei, offrono agli eserciti una capacità d’azione impensabile fino a pochi anni fa, ottenendo nel contempo l’allontanamento dei combattenti dal fronte. Essi consentono una miriade di possibili missioni: interventi di precisione a basso costo, reperimento e scelta bersagli/obiettivi, ricognizione avanzata, saturazione delle linee di difesa avversarie… Tuttavia, questo dominio tecnologico non è rimasto incontestato. Se i droni hanno contribuito largamente a diversi successi tattici ucraini di fronte alle forze russe, la controffensiva tecnologica ha segnato una svolta decisiva. Disturbatori elettronici sofisticati, laser ad alta energia, intercettori autonomi e altre contromisure vengono utilizzate per neutralizzare questa minaccia aerea ormai onnipresente.
Strumenti sempre più sofisticati
Sebbene i droni appaiano come apparecchiature ultra tecnologiche, che dispongono di una autonomia crescente, nondimeno essi rimangono vincolati ai sistemi di comunicazione. Per eseguire le loro missioni questi strumenti senza pilota hanno infatti bisogno di un collegamento costante con gli operatori o con un sistema di guida. Di fatto, tale dipendenza costituisce un tallone d’Achille di fronte allo sviluppo dei sistemi di guerra elettronica, che, a loro volta, hanno per missione quella di disturbare o interrompere le trasmissioni che collegano il drone al suo posto di controllo. La Russia, attaccata frontalmente dai droni ucraini, figura fra gli attori più avanzati tecnologicamente in questo settore. Essa ha schierato sul campo diversi sistemi di disturbo elettronico di nuova generazione, fra i quali risultano più efficaci il Krasukha 4 e il Tirada 2. Il Krasukha 4, un dispositivo montato su veicolo, è stato specificamente concepito per neutralizzare i radar aeroportati e interferire con le comunicazioni satellitari dei droni. Utilizzato in Ucraina, esso ha evidenziato la sua capacità nel disorientare i droni da ricognizione e i droni kamikaze, disturbando i loro segnali GPS e ostacolando la loro telemetria. Questa azione rende più difficile la navigazione dei droni, in particolare il tipo FPV (First Person View), massicciamente utilizzato dagli Ucraini, forzandoli spesso a distruggersi al suolo o a perdere il loro bersaglio; episodi di questo genere si sono registrati specialmente nella regione di Kursk a partire dall’inizio del 2025. L’apparecchiatura Tirada 2 consente ugualmente di disturbare le comunicazioni satellitari, puntando direttamente ai collegamenti che legano i droni agli operatori. Questo tipo di tecnologia rappresenta una reale minaccia e un ostacolo per i droni tipo Bayraktar TB2 impiegati dagli Ucraini.
Le armi a energia diretta: verso una neutralizzazione istantanea?
I disturbatori costituiscono, in effetti, la prima linea di difesa, ma le loro capacità di neutralizzazione rimangono limitate di fronte ai droni autonomi o funzionanti su frequenze difficilmente disturbabili. È proprio in questo contesto che le armi ad energia diretta (AED o DEW, Direct Energy Weapons) e in particolare i laser ad alta potenza sono apparsi una soluzione rivoluzionaria. Sono infatti caratterizzate dall’emissione di energia concentrata che viene trasferita al bersaglio senza l’utilizzo di un proiettile. Il processo di trasferimento può assumere forme diverse: microonde, raggi laser, raggi di particelle e persino onde sonore. Capaci di distruggere un drone in una frazione di secondo, senza necessità di munizioni tradizionali, questi sistemi offrono una risposta istantanea ed economica alla proliferazione dei droni da combattimento.
Sono stati gli Israeliani a sviluppare per primi un laser operativo anti droni: l’Iron Beam. Questo apparecchio, concepito dall’impresa Rafael Advanced Defense System, offre un laser ad alta energia capace di bruciare un drone nel giro di qualche secondo a una distanza superiore a 7 chilometri. Uno dei vantaggi principali di questo sistema è rappresentato dal suo costo di utilizzo. Considerando che il sistema funziona semplicemente attraverso l’alimentazione elettrica, ogni tiro costa meno di tre dollari statunitensi, contro le diverse decina di migliaia di dollari necessari per un missile intercettore. In definitiva, oggi risulta ormai possibile rispondere a un attacco massiccio di droni, come quello dell’Iran contro l’Iron Dome israeliano, a costi drasticamente ridotti.
Gli USA, a loro volta, hanno sviluppato un sistema che utilizza lo stesso principio: il DE-M-SHORAD. Quest’ultimo può essere installato su veicoli blindati, come lo Stryker, consentendo una protezione mobile contro i droni e le granate di mortaio.
Sviluppo generalizzato della lotta anti-drone (LAD)
La guerra in Ucraina è il primo conflitto in cui la lotta anti-drone si è imposta come una componente indispensabile nei combattimenti. Questo non è avvenuto in occasione del conflitto nell’Alto Karabakh, durante il quale le batterie contraeree armene si sono rivelate completamente superate e inadeguate.
L’Ucraina si è dotata di una difesa multi strato anti-drone. Con uno spiegamento massiccio di batterie LAD, al fine di proteggere principalmente siti sensibili, equipaggiate di radar specializzati, cannoni contraerei, missili o ancora di disturbatori elettronici. Le basi militari sono spesso protette con sistemi che combinano guerra elettronica e difesa cinetica, specialmente con i sistemi NASAMS e Gepard, estremamente efficaci contro i droni kamikaze iraniani Shahed 136, impiegati dalla Russia.
Le difese ucraine rivendicano nei loro comunicati ufficiali tassi di intercettazione di questi droni molto vicini al 75%. Le grandi città come Kiev, Odessa e Leopoli possiedono tutte sistemi di allarme e di difesa efficaci, che consentono un rilevamento precoce dei bersagli e una migliore reattività a un attacco di droni a sciame. L’Ucraina dispone in tal modo di una vera strategia proattiva di fronte ai droni, in cui ogni settore di territorio e le relative infrastrutture coperte da mezzi adeguati.
Efficacia e redditività sempre più discusse
Se i droni continuano a rivestire un ruolo basilare nei colpi alle infrastrutture strategiche, la loro efficacia diminuisce di fronte ai bersagli mobili e protetti. L’esempio degli attacchi ucraini sui depositi petroliferi russi, specialmente quello di Smolensk nel dicembre 2024, illustra perfettamente il loro potenziale distruttore. Puntando su installazioni fisse e debolmente difese, i droni consentono di colpire il nemico in profondità, minimizzando al massimo i rischi per gli operatori.
Ma quando si tratta di un campo di battaglia dinamico, questa efficacia e ben lungi dall’essere sistematica. In primo luogo, le colonne di blindati, specialmente da parte russa, sono abituate ad applicare sistematicamente manovre di dispersione e di diversione. Queste operazioni rendono molto più difficili l’identificazione e la distruzione di bersagli da parte di droni d’attacco. Tra l’altro, i veicoli risultano sempre di più equipaggiati da disturbatori imbarcati, capaci di interferire sulle traiettorie, come anche nel creare falsi bersagli termici e radar per ingannare i droni, simulando falsi echi e falsi veicoli in movimento, o creando interferenze. Numerose imprese si sono specializzate nella LAD, come l’americana Dedrone e la francese Cerbait.
Di fronte allo sviluppo delle difese anti-drone a basso costo si è accresciuta la necessità di produrre droni più moderni e sofisticati. L’esempio più efficace di ciò che si sta verificando è il disequilibrio fra il costo di un drone Shahed 136 (20 mila dollari) e un disturbatore portatile (5 mila dollari) che ogni soldato può portare nello zaino.
I droni rimangono un’arma necessaria e imprescindibile
In Ucraina il loro impiego si è intensificato nelle unità di fanteria e nei gruppi specialisti. È stata persino creata una brigada di droni: l’Aerorozvidka. Diversi video mostrano droni FPV ucraini che neutralizzano carri russi T-71 e T-80. colpendo direttamente i loro punti vulnerabili, come i motori e le torrette. Circa il 75% dei carri distrutti lo sono stati per mezzo di droni. Questi ultimi vengono utilizzati anche per effettuare imboscate su convogli logistici russi, rendendo più difficile il rifornimento delle munizioni e dei viveri sulla linea del fronte. Inoltre, l’Ucraina ha saputo sviluppare droni navali che hanno indebolito la flotta russa nel Mar Nero, con la distruzione di navi da sbarco come la Zar Kunikov il 13 febbraio 2024 o ancora una nave da pattugliamento come la Sergei Kotov, al largo della Crimea, solo un mese prima.
L’attacco ucraino nella notte del 10 maggio 2025 illustra perfettamente il ruolo chiave rappresentato dai droni. Questo raid aereo composto da diverse centinaia di apparecchi è stato il più importante contro la Russia dall’inizio del conflitto. Solo i droni consentono incursioni di questo genere sul territorio nemico, giungendo persino nella regione di Mosca, dove 91 apparecchi sono stati danneggiati. Più di 20 mila droni sarebbero stati impiegati dagli Ucraini, con circa 300 apparecchi distrutti quotidianamente, ovvero poco meno di 9 mila al mese per l’insieme delle forze presenti. Come ricordato da soldati ucraini in una intervista accordata a France 24 nel febbraio 2025, “il ricorso ai droni costituisce una necessità per sopravvivere in questo conflitto che coniuga guerra di trincea e guerra high tech”. Numerosi video mostrano le azioni dei droni di sorveglianza della 127a brigata di difesa territoriale ucraina, di fronte all’offensiva russa a Kharkiv.
Modelli e missioni diversificate
Ogni tipo di drone risponde a specifici bisogni, che vanno dalla ricognizione strategica ad attacchi di precisione, passando attraverso operazioni di disturbo, assillo, imboscata e distruzione logistica. Questa evoluzione testimonia un cambiamento profondo nella condotta dei conflitti, in cui i droni non costituiscono più un semplice appoggio ma piuttosto un vettore operativo basilare.
Ad esempio, da parte ucraina vengono utilizzati numerosi droni kamikaze o d’attacco come gli FPV, Beaver, ASU-1 Valkyrja, i Cajan (drone tattico leggero), Vampire, R18, Punisher oppure lo stesso TB2, polivalente, anch’esso prodotto in territorio ucraino. I Russi impiegano principalmente i Lancet 3, Kronstadt Orion, ma anche i droni iraniani Shahed 136 (valore stimato 20 mila dollari) e Mohajer 16. Oltre ai droni aerei vengono naturalmente impiegati i droni marittimi e terrestri, anche se questi ultimi risultano meno sviluppati.
Costante capacità di adattamento
I droni tradizionali come il TB2 evidenziano i loro limiti di fronte ai disturbatori elettronici e alla difesa contraerea. Per correggere queste vulnerabilità, si stanno sviluppando droni di bassa segnatura radar e bassa osservabilità (Low observable), di difficile rilevamento da parte dei radar e resistenti alle interferenze. Il drone Ghost della impresa Anduril Industries, combina furtività radar e termica e può proseguire la sua missione anche in caso di disturbo elettronico.
Peraltro, al fine di sfuggire ai sistemi di difesa, di ridurre la dipendenza dalle comunicazioni, ma anche per migliorare le capacità, i droni integrano nei circuiti sistemi intelligenza artificiale. Questa misura consente di superare l’eventuale disturbo elettronico, di adattare le traiettorie in tempo reale e soprattutto, di costituire uno sciame intelligente al fine di saturare il campo di battaglia e di effettuare manovre complesse in maniera autonoma. Questa è una delle sfide maggiori sul campo di battaglia: i droni in grande numero possono coordinare i loro attacchi senza supervisione umana. Il programma Cohesion di Thales consente di aggiustare il livello di autonomia degli sciami allo scopo di rispondere alle esigenze delle forze durante le diverse fasi della missione.
Infine, dagli inizi del 2025, le forze ucraine hanno trasformato il drone FVP per equipaggiarlo di fucili d’assalto e non di cariche esplosive. Questo sistema consente dunque di mirare direttamente e a più riprese il combattente avversario. Questo droni diventano in tal modo riutilizzabili e possono assolvere nel tempo diverse missioni, a testimonianza evidente della notevole adattabilità di tali strumenti. A puro titolo di curiosità conviene ricordare che per un certo periodo i combattenti delle trincee ucraine sono stati riforniti di doppiette a pallini, da utilizzare come difesa diretta da attacchi di sciami di droni.