CINQUE PERSONAGGI PER UN POSTO NELLA STORIA
di Matteo Daniele Gualtieri -
Cosa hanno in comune Gan Ying, Carlo Martello, Gavrilo Princip, Alois Delug e Stanislav Petrov? Anche loro, come i grandi condottieri, hanno cambiato il corso della storia. Ma senza esserne consapevoli.
I libri di Storia sono pieni di imprese e date che verranno ricordate in eterno, ricollegate spesso al nome di un grande personaggio storico. Garibaldi con lo Sbarco dei Mille, Annibale con la Battaglia di Canne o, ancora, Carlo Magno e la sua storica incoronazione del 25 dicembre dell’800. Esistono però altri personaggi le cui scelte, fatte o non fatte, hanno condizionato il corso degli eventi.
Gan Ying
Esploratore e militare cinese, fece parte della spedizione del generale Ban Chao che nel 97 d.C. arrivò fino ai confini occidentali della Partia e, sempre per ordine di Ban Chao, intraprese un viaggio diplomatico per il Da Qin, ovvero l’impero Romano. Gan Ying però, pur riuscendo a riportare alcune informazioni sull’organizzazione territoriale, i prodotti commerciali e la struttura monarchica dell’imperatore Nerva, non riuscì mai a entrare in contatto diretto con Roma. Questo fu a causa dell’astuta politica dei Parti, che non potevano assolutamente permettere che le due superpotenze di allora, ovvero l’impero Romano e quello Cinese, iniziassero una qualsiasi forma di collaborazione. La Partia fu sempre abile nello sfruttare la propria posizione strategica, intermedia fra i due imperi, non permettendo mai un contatto diretto tra le due entità. Se le due estremità della Via della Seta si fossero incontrate, probabilmente il corso della Storia avrebbe avuto una diversa evoluzione.
Stiamo infatti entrando nel periodo di massima espansione dell’Impero Romano, durante il governo di Traiano (98-117). La potenza di Roma non ha rivali in Occidente e persino nel lontano Oriente il grande impero Cinese è a conoscenza della sua grandezza. Una prova è proprio l’appellativo con cui i cinesi erano soliti chiamare Roma, Da Qin, che nella loro lingua significava Grande Cina, testimoniando quanto fossero consapevoli della sofisticata cultura e civiltà romana. Molti storici affermano che se l’impero Romano non fosse mai caduto, il mondo di oggi sarebbe culturalmente e tecnologicamente avanti di centinaia d’anni. Se nel 97 d.C. il viaggio diplomatico dell’ambasciatore Gan Ying fosse andato a buon fine, Roma sarebbe entrata in contatto con una cultura completamente nuova e tutta da scoprire. In quegli anni, i cinesi avevano già scoperto quella che sarebbe poi diventata la polvere nera, ma non avevano ancora le conoscenze per svilupparla. Al contrario, l’impero Romano, seppur non nell’immediato, avrebbe di certo compreso il potenziale di tale polvere. E con l’appoggio commerciale del gigante Orientale e la potenza di innovative armi da fuoco i Parti, gli unici che potevano in qualche modo contrastare il dominio romano, non avrebbero avuto scampo. Probabilmente, in un contesto di fantapolitca, prima o poi si sarebbe arrivati allo scontro tra gli imperi di Cina e Roma per il controllo della Via della Seta e del mondo conosciuto, e forse, a quest’ora, la lingua ufficiale non sarebbe l’inglese.
Carlo Martello
“Re Carlo tornava dalla guerra, lo accoglie la sua terra, cingendolo d’allor” cantava Fabrizio De André nella sua ballata dedicata al sovrano merovingio. E la guerra a cui si riferisce l’indimenticabile cantautore genovese è la battaglia di Poitiers dell’11 ottobre 732, combattuta tra l’esercito musulmano di al-Andalus e quello franco di Carlo Martello, maggiordomo di palazzo e re dei Merovingi. A tale battaglia si arrivò a causa delle mire espansionistiche degli arabi che, attraverso l’Aquitania, puntavano dritti verso la città di Tours con lo scopo di depredare la ricca basilica dedicata a Martino di Tours, razzia che se portata a buon fine si sarebbe trasformata in una vera e propria campagna di conquista. Il duca Oddone di Aquitania, dopo un’iniziale intesa con i musulmani, non riuscì più ad arginarne la pressione, trovandosi a dover chiedere aiuto proprio a Carlo Martello, con il quale in passato aveva avuto dei dissapori. Carlo guidò personalmente l’esercito in battaglia, schierandolo tra i fiumi Clain e Vienne, e riuscendo a non cadere nella trappola della falsa ritirata musulmana. Quando dopo un suo segnale il duca Oddone sbucò dalla foresta in cui era nascosto con la propria cavalleria, il fianco destro dei musulmani non resse all’impatto e i fanti franchi costrinsero i nemici a uscire dai ranghi. L’esercito musulmano si diede definitivamente per sconfitto quando il loro generale, Abd al-Rahmab, venne ucciso, secondo alcuni da un colpo d’ascia dello stesso Carlo Martello. La ritirata nemica fu talmente caotica e precipitosa che lasciarono indietro tutto il bottino razziato in Aquitania.
Se per i contemporanei la battaglia di Poitiers non fu determinante, in quanto arrestò solo temporaneamente la minaccia musulmana, per alcuni storici ottocenteschi e novecenteschi questa vittoria di Carlo Martello, seppur limitata, fu decisiva nell’evoluzione storica e culturale dell’Europa come noi la conosciamo oggi. Se infatti l’esercito musulmano avesse trionfato e raggiunto Tours, probabilmente nessuno sul continente avrebbe potuto contrastare un’ulteriore avanzata nel cuore dell’Europa. Inoltre, secondo il monaco lusitano Isidoro Pacense con la battaglia di Poitiers si parlò per la prima volta di guerrieri europei uniti contro un nemico comune. L’11 ottobre del 732 Carlo Martello vinse ben più di una battaglia di confine: permise inconsapevolmente all’Europa di sviluppare la cultura Occidentale come la conosciamo oggi.
Gavrilo Princip
Siamo a Sarajevo. È il 28 giugno 1914. Un giovane rivoluzionario bosniaco di origine serba esplode due colpi contro il principe ereditario al trono di Austria-Ungheria, Francesco Ferdinando, e la moglie Sofia di Hohenberg, uccidendo entrambi. L’uomo, appartenente al movimento nazionalista jugoslavo Giovane Bosnia e affiliato al gruppo terroristico della Mano Nera, verrà immediatamente arrestato. Il giovane è Gravilo Princip, e il suo attentato sarà il casus belli che darà inizio alla Prima guerra mondiale.
Non era la prima volta che un sovrano periva in un attentato. Solo alcuni anni prima, nel 1900, il re d’Italia Umberto I di Savoia perdeva la vita per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. La grande differenza tra i due attentati risiedeva nel clima sociale e politico. Nel 1914, infatti, nonostante vent’anni di equilibrio, l’Europa era una polveriera pronta a esplodere. La morte del principe ereditario Francesco Ferdinando e della consorte fornì al governo di Vienna il pretesto per dichiarare guerra alla Serbia, mettendo in moto una serie di alleanze che diedero inizio a un conflitto senza precedenti. Ma cosa ne fu dell’uomo che inconsapevolmente fu l’artefice di questa guerra? Princip, appena arrestato, tentò di suicidarsi due volte, fallendo. La sua vita finirà comunque qualche anno più tardi, nel 1918, morendo in carcere di tubercolosi, a 23 anni.
La sua figura suscita tutt’oggi opinioni discordanti. Per il popolo serbo è considerato un eroe, quasi un martire che ha lottato contro la tirannia asburgica. In Austria, al contrario, viene tacciato alla stregua di un terrorista. Martire o carnefice, con quei due colpi di pistola Gavrilo Princip causò la morte, seppur indirettamente, di quasi 13 milioni di persone.
Alois Delug
Pittore austriaco diplomatisi all’accademia di belle arti di Vienna nel 1880 e successivamente divenuto professore fino al 1928, Delug è titolare di una piazza nel distretto di Dobling a Vienna. Furono molti i suoi allievi ma, uno in particolare, merita di essere citato. Nel 1907, infatti, il professore Delug negava l’accesso all’accademia a un giovane Adolf Hitler. Sarà una svolta decisiva nella vita del futuro Fuhrer del Nazismo. È in questi anni turbolenti (la madre, alla quale era molto legato, morirà proprio in questo periodo), più precisamente tra il 1907 e il 1913, che Hitler svilupperà le idee antisemite che saranno alla base della dottrina nazista. Ed è questa una delle domande che si sono fatti molti storici nel corso degli anni: cosa sarebbe successo se Alois Delug non avesse bocciato il giovane Adolf, permettendogli di entrare nell’accademia di belle arti di Vienna? Forse Hitler sarebbe diventato lui stesso un pittore, avrebbe aperto una sua galleria e non avrebbe sviluppato l’ideologia violenta della superiorità ariana. Forse sarebbe diventato un professore, e il partito Nazista non avrebbe mai visto la luce. Nessuno può sapere se, senza Adolf Hitler, la Seconda guerra mondiale sarebbe comunque scoppiata. Forse Stalin, privo di un nemico pericoloso come la Germania nazista, avrebbe scatenato un conflitto per la supremazia in Europa. Oppure, senza le azioni squadriste delle SA e delle SS, la Repubblica di Weimar avrebbe avuto più tempo per riorganizzare una Germania prostrata dal diktat delle potenze vincitrici.
Se il mondo è stato testimone della follia di un uomo come Hitler – follia che costò la vita a oltre 60 milioni di persone e il quasi completo sterminio degli ebrei d’Europa -, di certo non fu colpa della decisione presa da Alois Delug nel 1907 trovandosi davanti uno studente giovane e poco dotato. Probabilmente, però, se lo stesso Delug avesse conosciuto il peso di quella sua decisione, probabilmente a quello studente avrebbe dato una possibilità.
Stanislav Petrov
Stanislav Evgrafovic Petrov fu un militare sovietico, con il grado di tenente colonnello. Ma fu, più di ogni altra cosa, l’uomo che salvò il mondo dalla Terza guerra mondiale.
Il 26 settembre 1983, infatti, in un bunker vicino a Mosca, l’ufficiale di comando Petrov stava monitorando un complesso sistema satellitare posto a sorveglianza di tutti i siti missilistici statunitensi, quando a un certo punto, il sistema segnalò un missile lanciato da una base statunitense nel Montana e diretto verso l’URSS. In un caso del genere la prassi prevedeva di segnalare l’attacco e di contrattaccare immediatamente con una testata nucleare. Il tenente colonnello Petrov, invece, non fece nulla di tutto questo. E mentre il satellite rilevava altri quattro ordigni atomici, Petrov capì che si doveva trattare di un errore del sistema. Segnalò quindi l’anomalia, che si rivelerà causata da una rara congiunzione astronomica del satellite con la Terra e il Sole, proprio in coincidenza con l’equinozio d’autunno. Coincidenza che probabilmente non si ripeterà più nella Storia e che, in presenza di un altro ufficiale più zelante, avrebbe dato inizio a un conflitto di proporzioni e conseguenze inimmaginabili. In quel momento di panico e tensione Stanislav Petrov riuscì invece a mantenere il sangue freddo, senza rendersi nemmeno conto di aver salvato l’umanità dalla più grande catastrofe di sempre.
Per saperne di più
David Nicolle, La battaglia di Poitiers 732 d.C., Carlo Martello blocca l’espansione islamica – Libreria Editrice Goriziana
Christopher Clark, I sonnambuli, come l’Europa arrivò alla Grande Guerra – Laterza
Valentina Natale, Guerra fredda: Stanislav Petrov salva il mondo http://www.storie.it/numero/salvatori-e-salvatrici-2/guerra-fredda-stanislav-petrov-salva-il-mondo/